Negli ultimi anni l’attenzione verso la questione climatica è cresciuta per via di una maggiore informazione, nuovi studi e corsi universitari.
Si è ampliato il campo dell’attivismo che cerca quotidianamente di cambiare le cose… Ma gli attivisti riusciranno davvero a fare la differenza?
Gli esiti positivi
Secondo il monitoraggio annuale della London School of Economics, i casi positivi di processi per il clima contro governi e imprese sono in crescita.
L’analisi presenta cifre rilevanti di cui però si parla poco. Questi dati dovrebbero essere resi noti ad una maggior parte della popolazione, di modo che tutti capiscano quanto sia importante l’attivismo al giorno d’oggi.
Infatti, lo studio afferma che in tribunale gli esiti positivi sono più del 50% e di solito le aziende sono gli enti più accusati.
Nonostante ciò, a prescindere dall’esito del contenzioso, portare in tribunale un’impresa o un governo, ha sempre un grande impatto nel mondo.
L’analisi, infatti, riporta che le cause sul clima hanno comunque degli effetti indiretti significativi, anche per chi viene accusato. Questo perchè, un contenzioso, anche se climatico, può diventare un precedente per processi futuri. A quel punto l’accusato è obbligato a correggere il tiro delle sue azioni, per non incappare nuovamente in un caso simile, partendo però svantaggiato.
I numeri dell’attivismo
La crescita di tali pratiche ha registrato un picco di 2.341 casi totali nel 2021: di questi 1.557 (ossia i 2/3) risalgono a dopo il 2015.
Nell’arco di un anno, tra maggio del 2022 e maggio del 2023 sono stati avviati altri 190 contenziosi, di cui 7 in paesi ancora “intonsi”. Tra questi Bulgaria, Cina, Finlandia, Romania, Russia, Thailandia e Turchia.
Seppur le cause contro i governi sono diminuite dal 70% al 54%, le imprese continuano ad essere condannate maggiormente per quanto riguarda il climate washing.
Le aziende nel mirino
Le cifre parlano chiaro: negli ultimi 7 anni sono state intentate 81 cause di cui 27 nel 2021 e 26 nel 2022.
Solitamente le aziende vengono chiamate in giudizio proprio per le loro pubblicità ingannevoli (che si tratti di climate o green washing). Precisamente vengono contestati i contenuti, la comunicazione e la veridicità degli impegni climatici delle aziende, poiché spesso sono falsi o si basano su programmi inappropriati.
Un ulteriore dissenso riguarda l’enorme potere che tali realtà hanno, con il quale influenzano il mondo, ma in maniera negativa. Se invece tale potere venisse usato opportunamente, si potrebbe contrastare il cambiamento climatico più facilmente e rapidamente.
Ma la poca trasparenza e coerenza delle azioni delle imprese non consentono tale opposizione ed è per questo che le aziende vengono portate in tribunale.
Gli accusatori sono generalmente enti amministrativi o grandi associazioni di attivismo e non dei singoli. Così facendo si è più sicuri che la causa venga presa in considerazione vista l’importanza di chi si espone in primo luogo.
Dallo studio si percepisce quanto sia importante la collettività e la collaborazione tra enti, associazioni e cittadini per dare una svolta al futuro.
Nuovamente si ripresenta l’idea che il singolo ha un potere ben specifico che, se unito a quello di tanti altri individui, può effettivamente fare la differenza.