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“Zen garden”, “Bosco urbano” e la “Green Island”: Roma si tinge di verde.

By : Aldo |Aprile 18, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su “Zen garden”, “Bosco urbano” e la “Green Island”: Roma si tinge di verde.

Come accennato in un precedente articolo, Roma è stata selezionata tra le Città smart incluse nella “Cities Mission” del programma Horizon Europe.

È la città più verde d’Europa e ogni giorno sembra portare alla luce nuovi spazi naturali, fondamentali per la salute umana e la biodiversità.

Roma diventa green

Vari quartieri romani stanno vivendo una rivoluzione green, dimostrandosi al passo con i cambiamenti del secolo.

Precisamente sono stati avviati dei progetti legati agli importanti corridoi ecologici che possono migliorare la salute mentale e fisica dell’uomo e la biodiversità nel centro.

Roma quindi si veste di verde ma con abiti diversi proprio per portare avanti nuovi ideali e piani per la sostenibilità. Si parla del Bosco urbano, lo Zen garden e la Green Island.

Bosco urbano

Un progetto “di evoluzione e rigenerazione urbana” incluso nel programma eUrban, che unisce natura, business e architettura.

Il bosco si posiziona all’ombra della torre EuroSky e del centro commerciale Euroma2, in una piazza tutta da scoprire quasi come piazza Gae Aulenti.

L’area, chiamata “Bosco Transitorio” o “The Moving Forest” è nata in collaborazione con l’Orto Botanico di Roma, miglior alleato per tale piano.

Il disegno prevede la presenza di 400 alberi e oltre 50 arbusti che dovrebbero assorbire circa 250 tonnellate di CO2. Inoltre, consentirebbero il recupero delle polveri sottili e l’abbassamento di 2,3 gradi della temperatura.

Le decine di specie coinvolte spaziano tra grandi varietà andando oltre la macchia mediterranea. Si va dalle roverelle ai corbezzoli, dagli aceri agli olmi, e sono compresi anche meli, ciliegi e pioppi bianchi

 

Il giardino zen e la galleria d’arte.

Vicino al tesoro della piazza nel quartiere finanziario di Roma si possono ammirare un giardino zen e una galleria d’arte contemporanea “en plein air”.

“L’Italian zen garden” è costituito di erbe officinali e aromatiche come timo, calendula e issopo ed è affiancato dall’arte del “The Walkaround Gallery”. Un’installazione pubblica che include 182 opere di 12 artisti internazionali che si snoda per 400 metri nell’area pedonale della piazza.

Questi primi 3 progetti sono stati ideati per conto della Silver Fir Capital con GWM Group per riqualificare il quartiere dei grattacieli. L’idea, in collaborazione con l’artista e co-founder dell’agenzia di comunicazione Arkage, Ria Lussi, crea il connubio perfetto tra architettura, sostenibilità e arte. Senz’altro sarà un’area a favore della biodiversità locale.

 

“Green island” o “Bosco verticale”

Oltre alle 3 novità appena descritte, ce n’è un’altra che richiama il bosco verticale di Milano. Sorge infatti sulla via Ostiense il nuovo rettorato di Roma Tre, definito la “green island” dell’Eur, in piazza dei Navigatori.

La struttura è vicina all’ex velodromo olimpico e si estende per ben 13.200 m2 con una specifica caratteristica: la massiccia presenza di vegetazione.

L’architetto, Gennaro Farina ha unito spazi ampi e aperti con la natura, formando così 16 giardini pensili in tutti i piani. I 4 patii interni (dotati di alberi) rinfrescano lo stabile, mentre i giardini assorbono la CO2 emessa dal traffico.

In pratica, la flora svolge più funzioni riducendo costi ed emissioni per il riscaldamento e il raffreddamento degli ambienti, senza tralasciare l’estetica del palazzo.

Senza dubbio l’edifico rappresenta l’edilizia di ultima generazione, attenta ai nuovi standard di sostenibilità e con una forte impronta ecologica.

 

Il verde e la mental health

Il piano dell’architetto non mira solamente all’ecologia ma anche al benessere dell’uomo; infatti, dopo il covid, molte persone hanno sviluppato un forte legame con la natura.

Pertanto, è sempre più frequente l’associazione della salute fisica e mentale con il verde. Di conseguenza lo stabile presenta dei dettagli ideati proprio su questo connubio, praticamente necessario dopo la pandemia.

Quindi nel nuovo rettorato, lo spazio di lavoro sarà sia interno (come un normale ufficio) che esterno, nelle terrazze ricche di vegetazione.

Gli uffici sono capaci di ospitare ben 1300 persone mentre la struttura gode di 200 posti auto. Il tutto è arricchito dalla lucentezza dell’alluminio trattato con vernici color bronzo, che ricopre il palazzo.

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Torre termica o fotovoltaica: raggiungere due obiettivi con la stessa struttura.

By : Aldo |Marzo 27, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, menorifiuti |Commenti disabilitati su Torre termica o fotovoltaica: raggiungere due obiettivi con la stessa struttura.

Il solare rappresenta una delle fonti rinnovabili di energia più comuni e diffuse al giorno d’oggi.

Tuttavia, i due metodi distinti che lo caratterizzano, hanno una base comune che garantisce dei benefici per l’uomo senza creare danni all’ambiente.

    

Termico e fotovoltaico

Prima di tutto è fondamentale ribadire che il termico e il fotovoltaico sono due tecnologie che sfruttano l’energia solare in due modi diversi.

I pannelli solari termici sono in grado di usare l’energia del sole per scaldare l’acqua ad uso domestico o per l’impianto di riscaldamento. Mentre i pannelli solari fotovoltaici sono capaci di convertire l’energia solare in energia elettrica.

In entrambi i casi, la fonte energetica è il sole, quindi i pannelli sono costruiti con delle variazioni a seconda della loro funzione. Tuttavia, negli anni, sono stati studiate varie strutture nelle quali concentrare tali unità per rendere efficace ed efficiente la produzione di energia rinnovabile.

Così sono state costruite delle torri solari, con l’obiettivo di produrre più energia usando il minor spazio possibile.

   

Torre solare

È un sistema di produzione energetica fondato sul concetto della serra e si compone di un parco di unità trasparenti, che circondano la torre stessa.

Alla base è posizionato il collettore: un piano di pannelli di vetro o plastica (aperto all’estremità) dove l’aria viene riscaldata dai raggi solari. In questo modo si crea l’effetto serra necessario.

Il collettore è collegato alla torre, alla quale convoglia l’aria calda e fredda, fino alla sommità insieme affinché si crei una corrente d’aria nel complesso.

Infine, le turbine tra le due strutture vengono attivate dalla corrente d’aria creando energia elettrica.

Il vantaggio deriva dal fatto che il calore può essere trasmesso dal suolo o dall’acqua sottostante i vetri, nelle ore successive (massimo 24 ore).

      

Torre solare a concentrazione

Tra i vari modelli realizzati, spiccano delle varianti che presentano una struttura simile, con qualche differenza nelle componenti o nel funzionamento.

Un esempio è il progetto tedesco HelioGLOW che è riuscito ad ottimizzare il solare a concentrazione. Si tratta di un impianto con un campo di specchi (eliostati) che circondano la base della torre, sulla cui sommità si trova un ricevitore.

Quest’ultimo contiene un fluido termovettore che viene riscaldato grazie ai raggi solari riflessi dagli specchi. Successivamente viene accumulato e inviato verso il generatore di vapore a cui cede il calore.

Il materiale in questione può scaldarsi anche oltre i 1000°C ed è sostenibile, poichè non corrosivo e prodotto per mezzo del riciclo.

Il progetto creato dal Fraunhofer ISE (Institute for Solar Energy Systems) è in grado di aumentare la resa e abbassare i costi di tale strumento.  Inoltre, è considerato come una delle soluzioni più potenti nell’ambito del concentrating solar system (CPS).

    

Torre fotovoltaica

Un secondo esempio arriva dalla Three Sixty Solar, azienda canadese che ha creato la torre che resiste agli uragani di categoria 1.

Difatti, oltre ad essere un’ottima struttura per produrre energia usando il 90% di suolo in meno, è pensata per la massima resa.

I pannelli posti in verticale non hanno bisogno di una pulizia costante (come quelli in orizzontale) nè dai rifiuti, nè dalla neve. Tale caratteristica fa sì che i moduli non subiscano variazione di tensione o corrente.

In più la torre è stata pensata per essere collocata nei paesi in cui il sole non è sempre disponibile, senza apportare cambiamenti dannosi all’ambiente.

La sua principale qualità è la resistenza a condizioni meteo particolari: nello specifico resiste a venti fino a 135 km/h, forti piogge, neve e grandine.  

       

Le torri solari sono l’ennesimo esempio di come la produzione energetica rinnovabile possa comportare benefici all’uomo evitando un impatto negativo sull’ambiente.

Sicuramente ci sono tanti aspetti delle nuove tecniche che devono essere migliorati, ma la soluzione è davanti i nostri occhi.

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IPCC: l’ultimo rapporto non presenta scelte. Agire ora è la soluzione.

By : Aldo |Marzo 21, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su IPCC: l’ultimo rapporto non presenta scelte. Agire ora è la soluzione.

L’atteso rapporto IPCC è arrivato ed ha colpito il mondo intero. Sicuramente i dati non sono positivi, ma la fiducia è riposta nell’uomo e nelle sue soluzioni.

  

Report

Il nuovo rapporto sul riscaldamento globale era atteso da ormai nove anni ed è finalmente arrivato come un pugno nello stomaco.

Il report firmato da migliaia di scienziati è definito come la nuova ed ultima guida (per i governi) per cambiare rotta.

Conclude il Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) unito al rapporto di Sintesi (Syntesis Report – SYR), che includono risultati di altri lavori. Tra questi, “Le basi fisico-scientifiche” (2021), “Impatti, adattamento e vulnerabilità” (2022), “Mitigazione dei cambiamenti climatici” (2022).

E di tre rapporti speciali “Riscaldamento Globale di 1.5”, (2018), “Climate Change and Land” (2019), “Oceano e Criosfera in un clima che cambia” (2019).

Questo ciclo di studi si è protratto per otto anni, terminando proprio domenica 19 marzo in Svizzera con l’approvazione del Rapporto di Sintesi.

    

Previsioni

Il report si indentifica come una guida per i governi dei 195 Paesi membri delle Nazioni Unite e manda un chiaro segnale al mondo.

Infatti, conferma che le emissioni di gas serra (originate dalle attività umane) siano le responsabili della crisi climatica che stiamo vivendo. Ma allo stesso tempo dichiara la possibilità di invertire la rotta, per poter mitigare il drastico cambiamento in corso.

Se non si cambia direzione le previsioni sono negative per l’intero pianeta. Ma sono chiari da tempo i possibili effetti del cambiamento climatico e quali siano le condizioni di base per poterli innescare.

    

Misure

Il documento quindi riporta le misure chiave per poter invertire la rotta e limitare i danni di tale fenomeno.

Difatti è affermato con sicurezza che esistono opzioni “multiple, fattibili ed efficaci” disponibili ora, quindi nessuno può tirarsi indietro.

Si tratta di un un’ampia varietà di soluzioni anche a livello intersettoriale: la prima in assoluto riguarda il taglio delle emissioni di CO2.  Tra le varie transizioni serve principalmente quella energetica, dal fossile alle rinnovabili, seguita da altri accorgimenti.

La gestione sostenibile (e protezione) delle foreste e dell’agricoltura, per assorbire CO2 e migliorare i servizi ecosistemici quindi le condizioni di vita di molte popolazioni.

Fondamentale anche lo sviluppo resiliente al clima, poiché le strade sostenibili possono effettivamente garantirci un futuro migliore.

Le tecnologie pulite legate all’energia, minori emissioni di carbonio e quindi un efficientamento dei più importanti servizi ai cittadini, migliorerebbero la vita di tutti. Dunque si punta ad un benessere complessivo, quindi ambientale e sanitario.

Insomma, bisogna considerare tutte le strade possibili, al massimo delle loro capacità, per frenare questo grande problema.

      

Politica

Il lavoro dell’IPCC non è solo un documento scientifico, ma ha infatti ha anche un contenuto politico perché è stato revisionato ed approvato dai delegati di tutti i 195 Stati membri.

É certo che il cambiamento di ognuno di noi possa fare la differenza, ma non c’è dubbio che il grande lavoro debba essere svolto dalla politica.

Non a caso un grande conflitto che non permette una progressione positiva, è proprio quello tra i paesi più ricchi e quelli in via di sviluppo.

I primi, hanno letteralmente scaturito la crisi climatica, mentre i secondi che hanno bisogno di uno sviluppo industriale ne stanno pagando le conseguenze.

Inoltre, è fondamentale la questione degli investimenti portati avanti dai governi rispetto a tali transizioni. Purtoppo ancora non raggiungono i livelli adeguati a trasformare le politiche ambientali, quindi rimane un’altra questione aperta, da risolvere velocemente.

    

Agire ora

Per tale motivo, il report ribadisce l’importanza di “agire ora”. Non si può aspettare un minuto, visto che  questo sembra essere il decennio definitivo, dopo il quale sarà sempre più difficile cambiare rotta.

Quindi è d’obbligo lo stop immediato ai combustibili fossili e il via a dei finanziamenti per le aree più vulnerabili. Se non altro serve dimezzare le emissioni nell’arco dei prossimi 7 anni, per mantenere il target di Parigi di +1,5 gradi.

   

Proprio Guterres avanza: 

“Chiedo agli amministratori delegati di tutte le compagnie petrolifere e del gas di essere parte della soluzione, presentando piani di transizione credibili, completi e dettagliati in linea con le raccomandazioni del nostro gruppo di esperti ad alto livello sugli impegni net zero”.

 

Dunque, anche se la realtà è abbastanza minacciosa, nessuno ha parlato di una vera e propria fine, anzi.

C’è speranza nella collaborazione internazionale, soprattutto nelle soluzioni già presenti per lo sviluppo resiliente, e socialmente accettabili. Serve un vero e proprio salto di qualità nell’azione per il clima, facendo particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili.

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Digital Clean Up day: ripulire il pianeta dai rifiuti digitali.

By : Aldo |Marzo 20, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su Digital Clean Up day: ripulire il pianeta dai rifiuti digitali.

Dal 2018 esiste il World Clean Up Day che si svolge nel mese di settembre per ripulire la natura dai nostri rifiuti.

Ma qualcuno ha pensato bene di occuparsi anche dei rifiuti “invisibili” e di sensibilizzare il mondo intero.

    

L’evento

Il 18 Marzo si è svolto il Digital Clean up Day, ovvero una giornata rivolta alla sensibilizzazione per quanto riguarda i rifiuti digitali.

Questo evento è stato pensato a seguito di attenti studi correlati alla quantità di dati conservati nei server e l’inquinamento che ne deriva.

Un problema sottovalutato che è stato riportato a galla da World Clean up Day France che lanciò l’iniziativa nel 2020 come di Cyber World CleanUp Day.

Difatti l’invito avanzato è quello di dare una seconda vita ai dispositivi digitali, ripulire le loro memorie e di non inviare mail e messaggi superflui.

Tale iniziativa è stata condivisa (per ora) da 91 paesi in tutto il mondo.

    
Inquinamento digitale in cifre

I dati che girano nella rete sono infiniti, ma essendo numeri e codici chiusi in un mondo invisibile, non vengono presi in considerazione come rifiuti.

In realtà, messaggi, mail, video, foto e lo streaming hanno un costo molto elevato che solitamente viene ripagato a spese dell’ambiente.

In Italia l’evento è stato condiviso dal presidente della no-profit “Let’s do it Itay”, Vincenzo Capasso, che ha condiviso un elenco dettagliato di dati importanti.

Gli esempi riportati riguardano il mondo dello streaming, le e-mail e la messagistica e le emissioni di CO2 legate a tali attività.

     

Infatti, se 70 milioni di abbonati in streaming, riducessero la qualità dei video, si taglierebbero mensilmente 3,5 milioni di tonnellate di CO2 .

Tale cifra è pari al 6% del consumo mensile di carbone negli USA, si tratta quindi di un inquinamento abbastanza rilevante.

Ancora, le e-mail sono un altro fattore importante al centro di questa situazione.

Secondo le analisi il 60% delle e-mail non viene aperto, e di norma ne vengono inviate 62 trilioni in spam. Per questo si consiglia di disiscriversi dalle mailing list per evitare di creare nuovi dati superflui che verranno tenuti nel server per mesi. 

    

Si citano anche le videochiamate: mezzo di comunicazione che favorisce gli incontri a distanza, sempre più in voga soprattutto dopo la pandemia.

È stato stimato che se un impiegato segue 15 ore di riunioni online, con la videocamera accesa, emette 9,4 kg di CO2 al mese. Mentre solo spegnendo la videocamera, si ridurrebbe la stessa quantità di emissioni create dalla carica notturna di un telefono per tre anni.

  

Anche i bitcoin hanno il loro ruolo, poiché il mining, richiede tanta energia quanta quella consumata in Nuova Zelanda in un anno.

     

Consumo energetico

Ovviamente non si parla solo di emissioni di gas serra ma anche del consumo di energia legato a questo settore.

Non a caso tutti questi “rifiuti digitali” si trovano nei backup dei server, che con i servizi di cloud usano costantemente energia elettrica.

Per esempio, Google, usa 15.616 MWh di energia al giorno, che sono più di quelli prodotti dalla diga di Hoover. In pratica Google potrebbe alimentare un paese di un milione di abitanti per un giorno.

Forse il problema più grande sta nel fatto che internet è alimentato principalmente da combustibili fossili. Quindi foto, video, click, email ecc superflui, oltre allo streaming passivo, determinano l’emissione di 870 milioni di tonnellate di CO2 .

    

In conclusione, il mondo del web è immenso e allo stesso tempo invisibile si nostri occhi, ma grazie a tali studi lo conosciamo in maniera più approfondita.

Sarebbe auspicabile quindi che ognuno cambi ulteriori abitudini ma ancor di più che si sensibilizzi il mondo intero su questo argomento così importante.

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Ikea sceglie la colla biologica per ridurre l’impronta ecologica dei suoi prodotti

By : Aldo |Marzo 07, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, plasticfree |Commenti disabilitati su Ikea sceglie la colla biologica per ridurre l’impronta ecologica dei suoi prodotti

Ormai le grandi aziende non possono più voltarsi dall’altra parte. Gli obiettivi dell’agenda 2030 e le nuove leggi promulgate dai vari stati del mondo, definiscono una linea precisa d’azione.

La novità

Ikea da anni studia come ridurre il suo impatto sul pianeta, per mezzo di maggiori accorgimenti nella produzione e nel commercio dei suoi prodotti.

Di conseguenza non può passare inosservata la notizia del primo marzo, per la quale l’azienda sceglie di puntare sulla colla biologica.

Senza dubbio, sarà un processo graduale, di sostituzione della colla comune di matrice fossile, che è stata usata fino al giorno d’oggi.

Per tale motivo, l’obiettivo preposto è quello di ridurre l’uso di quest’ultima del 40% e le emissioni di gas serra ad essa correlate del 30%.

Perchè cambiare?

La decisione del colosso dell’arredamento deriva da un’attenta valutazione della propria produzione e del mercato.

Precisamente, Ikea ha analizzato che l’uso di colla comune nei materiali di cartone determina il 5% della sua impronta nel mondo.
Questo perchè la colla usata attualmente è di base petrolchimica, quindi, rappresenta un materiale di basso costo facile da usare negli adesivi.

Ma data la sua origine, è nociva per l’ambiente. L’estrazione e l’uso del petrolio creano gravi danni in natura, come anche le sostanze chimiche altamente tossiche che rilascia durante la lunga biodegradazione.

Pertanto, dopo più di 10 anni di studio, l’azienda è riuscita a raggiungere l’obiettivo preposto.

 

Cosa si intende per colla biologica?

Secondo Adhesive Platform, si intendono colle biobased, tutte quelle che possono essere prodotte da amido, olio vegetale, diverse proteine, lignina e resina naturale.

Quindi Ikea si è mossa in modo da trovare la giusta soluzione, avviando dei programmi per acceleratori, proprio per sperimentare varie alternative.

Tra i molteplici esperimenti, sembra che quello attivo in Lituania (Kazlu Ruda) sia il più valido.

Si tratta di una colla composta di amido tecnico di mais che non deriva da coltivazioni alimentari, ma da colture industriali separate.

Perciò, vista l’apparente efficienza, la società introdurrà questo nuovo composto progressivamente nei suoi processi di produzione.

Obiettivi e idee

Tale innovazione, non è la prima considerata da Ikea per la sua transizione ecologica.

Infatti, da tempo ha incrementato l’uso del legno riciclato e si è impegnata per arrivare ad un consumo energetico al 100% rinnovabile entro il 2030.

A queste premesse, segue l’intenzione di integrare la propria sostenibilità con la selezione di materiali rinnovabili e riciclabili.

Secondo Venla Hemmilä, Material and Technology Engineer di IKEA di Svezia, questi sono dei cambiamenti necessari all’interno dell’industria.

Che siano anche delle modifiche minori, come quella appena descritta, sono sempre dei passi in avanti che possono avere dei grandi impatti.

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Se fossero uno stato i SUV sarebbero il 9° inquinatore mondiale.

By : Aldo |Marzo 02, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni |0 Comment
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L’Europa fa i primi passi per cambiare rotta nell’ambito della mobilità, ma alcuni recenti studi hanno rivelato che un tipo specifico di auto è un antagonista in questa transizione.

        

Il record

Sembra che i SUV siano l’automobile più inquinante in circolo e detiene un record alquanto incredibile.

Infatti, secondo gli studi, se tutti i SUV nel mondo fossero riuniti e formassero uno stato, questo sarebbe il 9° inquinatore mondiale.

Il posto nella top 10 è dato dall’elevata quantità di emissioni di CO2 prodotta proprio dal numero complessivo di tali veicoli, nel mondo.

La quota si aggira intorno al miliardo di tonnellate di CO2, cifra che tende a crescere con l’aumentare del commercio di SUV.

Se questi ricoprono il 9° posto, vuol dire che si posizionano subito dopo il Giappone, ma precedono la prima potenza economica Europea, la Germania.

        

Cifre delle vendite

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), nel 2022 sono stati venduti 75 milioni di auto in più rispetto al 2021.

Tale dato è una media mondiale, in cui la Cina ha contato un 10% di crescita, mentre gli Stati Uniti e l’Europa hanno registrato delle flessioni.  

Ad ogni modo, le auto elettriche rappresentano il 60% delle vendite.

Nello specifico durante gli ultimi 2 anni, il settore dei SUV ha registrato un aumento del commercio pari al 3% determinando oggi, il 46% delle nuove vendite. Di cui il 16% di essi sono elettrici.

     

Le conseguenze ambientali

Essendo più grandi e pesanti rispetto alla norma, i SUV richiedono il 20% in più di gasolio e questa necessità, crea dei problemi.

Non a caso, con l’impennata delle vendite di SUV, cresce anche la domanda petrolio, e delle emissioni di CO2 (di 70 Mt CO2 nel 2022).

Pertanto l’Iea afferma che

      

“…il consumo di petrolio dei SUV è aumentato a livello globale di 500.000 barili al giorno, rappresentando un terzo della crescita totale della domanda di petrolio.”

Successivamente a tali considerazioni, si può affermare che una scelta sostenibile sia fondamentale anche in questo campo. Sicuramente il tipo di automobili descritto garantisce una maggiore comodità e sicurezza della guida, ma emette circa il 25% delle emissioni generate in un anno dall’Italia.

       

Quindi nel caso in cui si debba comprare un’auto, è importante considerare la grandezza e di conseguenza la potenza del veicolo e optare per un’alternativa più green.

         

Una macchina più piccola, anche se meno bella potrebbe inquinare di meno rispetto ad un SUV, ma se proprio non si avesse la possibilità di scelta, sarebbe meglio indirizzarsi verso l’auto elettrica.

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Riscaldamento domestico: decarbonizzarlo non basta.  

By : Aldo |Febbraio 28, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

Gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 sono diversi, importanti se non fondamentali per una valida transizione ecologica.

Per arrivare alla meta però ci sono molteplici modifiche da effettuare nella vita di tutti i giorni.

Riscaldamento e raffreddamento domestico

Il report condotto dall’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), rivela dati e statistiche per quanto riguarda il riscaldamento (e il raffreddamento) domestico.

Secondo le analisi svolte, gli edifici sono il principale responsabile di emissioni di CO2, poiché consumatori al 42% dell’energia finale impiegata in tutti i settori.

Difatti, nel 2020 il servizio di riscaldamento di ambienti e dell’acqua ha determinato l’80% del consumo domestico in Europa.

Il problema? Più della metà di tale energia è garantita da sistemi ad alta temperatura che bruciano principalmente combustibili fossili. Tra questi gas (39%), petrolio (15%) e carbone (4%).

Pertanto, l’agenzia afferma


Decarbonizzazione del riscaldamento e del raffreddamento: un imperativo climatico.

Soluzioni possibili

Senza dubbio le rinnovabili sono le prime candidate per la decarbonizzazione del riscaldamento. Purtoppo però servono degli incentivi su altre tecniche prima di poter cambiare totalmente il sistema: serve un cambio di rotta progressivo.

La biomassa è stata avanzata come ipotesi, poiché molto diffusa nel nord Europa, in cui è il principale combustibile per il riscaldamento.  

Tuttavia, non potrebbe essere scelta come soluzione a livelli industriali, sarebbe più auspicabile per una produzione energetica minore. Anche perchè è un sistema che può avere degli effetti nocivi sulla salute umana, sul sequestro di carbonio del suolo e sulla biodiversità.  In sostanza determinerebbe un effetto controproducente.

Proprio per questo le rinnovabili restano le più accreditate per un cambiamento più sicuro sotto tutti i punti di vista.

          

Procedere con le rinnovabili

Una volta capito che le rinnovabili sono effettivamente la scelta migliore per tale transizione, bisogna capire in che modo usarle.

L’EEA suggerisce vari programmi per una valida decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento che consistono nell’affiancamento e l’efficientamento degli stessi.

Ma ancora di più, per poter sviluppare un nuovo piano energetico, serve implementare le fonti rinnovabili a livello locale, coinvolgendo i cittadini stessi.

Questo perchè riqualificare un edificio mettendo a punto l’involucro e efficientando il risparmio non basterebbe ad abbattere le emissioni di CO2 entro il 2030.

     

Le politiche

Ovviamente in queste situazioni entrano in gioco anche le politiche europee di modo che tutta l’unione si muova nella stessa direzione.  Sebbene ci siano stati dei passi in avanti, l’idea delle rinnovabili negli edifici non ha ancora ottenuto l’adeguato consenso.

Pertanto, nell’ultima revisione della Direttiva UE “Case Green” viene richiesto di aumentare di almeno 1.1% annuo, l’uso di fonti rinnovabili.

Come detto in precedenza, oltre a linee guida, direttive e leggi, serve un miglior coinvolgimento dei cittadini. Infatti, se si spiegasse che con un cambiamento del genere le persone potrebbero diventare consumatori e produttori allo stesso tempo, si avrebbe un riscontro diverso.

Tale veduta migliorerebbe la vita della società, riducendo la povertà energetica, incrementando i benefici economici e sanitari.

         

In battuta finale si può dire che l’obiettivo è quello di sviluppare edifici che possano produrre energia, usata dalla comunità che li ospita.

Forse l’ostacolo più grande sarebbe quello di superare le proprie abitudini visto che eolico e solare dipendono dal clima. Tale correlazione determinerebbe un’efficienza altalenante, dunque, dovremmo diventare più flessibili a picchi o cali di produzione.

Da non escludere inoltre, la solita questione burocratica che potrebbe rallentare o rendere più difficile tali processi.

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Stop a diesel e benzina entro il 2035: la legge del Parlamento Europeo per una maggiore sostenibilità.

By : Aldo |Febbraio 20, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Il Parlamento Europeo punta al raggiungimento dei vari obiettivi sostenibili dell’Unione e di conseguenza è sempre più attento ad ogni particolare.

   

Il provvedimento


Il parlamento di Strasburgo ha finalmente approvato la nuova legge per raggiungere un obiettivo fondamentale, ossia quello delle auto ad emissioni zero.

Si parla della nuova direttiva per la quale la vendita di macchine a diesel e benzina si fermerà nel 2035; tra queste sono incluse anche le ibride.

Tale decreto ha lo scopo di eliminare le emissioni di CO2 scaturite dall’uso delle automobili, ma di seguito saranno compresi anche furgoni e autobus.

    

In cosa consiste

Con il regolamento 2019/631/CE l’Unione Europea dichiara che dal 1° gennaio 2035 non sarà possibile la vendita di auto a benzina o diesel. Da quella data, infatti, tutti i veicoli leggeri che verranno messi in commercio dovranno essere a zero emissioni.

La scelta della direttiva mira al raggiungimento degli obiettivi nel quadro delle misure previste dal piano “Fitfor55” (un insieme di riforme per ridurre l’impatto ambientale).

     

Tuttavia, i  veicoli immatricolati prima del 2035 non cambierà nulla; pertanto, sono stati fissati dei target per arrivare al traguardo finale. Si tratta di tagli della CO2 entro il 2030 al 55% per le auto e al 50% per i furgoni.

Poi nel 2025, come passo intermedio, la Commissione presenterà una nuova tecnica di analisi dei dati.  Servirà per esaminare e comunicare i valori sulla CO2 che viene emessa durante tutto il ciclo di vita dai velivoli presenti nella comunità europea.

   

Invece entro il 2026, sarà supervisionata la differenza tra i limiti di emissione e i dati reali del consumo di carburante ed energia. In questo modo la commissione potrà consigliare dei metodi ai costruttori, per adeguare le emissioni di CO2 proponendo delle misure per migliorare la produzione.  

Inoltre, proprio i costruttori di piccoli volumi godranno di una deroga di un anno. Questa è riferita quindi a chi produce dalle 100 alle 10 mila auto o dai mille ai 22 mila furgoni.  Tutti coloro che sono al di sotto di tali valori saranno esclusi dal decreto.

     

L’iter burocratico

Sebbene sia servito molto tempo per pensare dettagliatamente a tale direttiva, il parlamento l’ha approvata con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni.

Effettivamente i vincoli erano stati già discussi nel Consiglio di ottobre 2022 e solo dopo una lunghissima trafila legislativa sono stati concordati con l’intera Unione. Secondo Jan Huitema (Renew, NL)


“il regolamento incoraggia la produzione di veicoli a emissioni zero e basse. Contiene un’ambiziosa revisione degli obiettivi per il 2030 e un obiettivo di zero emissioni per il 2035, che è fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.”

         

Ulteriori cambiamenti

Ulteriori proposte saranno presentate prossimamente per incorporarle nel nuovo regolamento. Oltre alle automobili saranno inclusi autobus e camion, che dovranno ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 per rispettare il target delle emissioni zero.

Nello specifico la riduzione avverrà in maniera graduale del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040.

Il fatto che la Commissione europea stia promuovendo e approvando leggi come questa, dimostra la forte volontà dell’Unione di cambiare il futuro.

   

Sebbene i dati affermino che i trasporti producano l’1% delle emissioni di CO2, le auto sono responsabili del 71% della piccola cifra. Di conseguenza direttive che mirano a ridurre vertiginosamente questo trend, sono fondamentali anche se il tempo previsto per concretizzarle sia ristretto.

Anche in questo caso si tratta di passi in avanti di grande importanza.

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Amsterdam apre l’innovativo parcheggio per biciclette… subacqueo

By : Aldo |Febbraio 15, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, mare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Sembra che i Paesi Bassi abbiano un problema con le biciclette: sono troppe e devono trovare nuovi spazi per parcheggiarle.
Ed ecco che arriva l’idea dell’anno.

       

L’idea

Amsterdam inaugura il primo parcheggio di biciclette subacqueo nel centro della città. Si tratta di un’idea che risolve molteplici problemi per cittadini, pendolari e turisti.

Il progetto ideato da Wurck, costato 60 milioni di euro, collocato nei pressi della stazione centrale Stationsplein ha 7 mila slot per le due ruote.

Di questi 7000 posti, 6.300 sono adibiti alle biciclette personali e 700 per il bike sharing, un’ulteriore soluzione sostenibile. Le cifre del maxi-parcheggio sono straordinarie ma giuste in funzione dei dati analizzati del centro urbano.

Proprio Amsterdam conta 600 mila bici per 750 mila abitanti; quindi, non c’è dubbio che dei parcheggi così grandi siano una priorità per la città.

       

I tecnicismi del parcheggio

Ha 7000 rastrelliere disposte su due livelli fornite da VelopA che possono essere monitorate da una tecnologia LumiGuide.

Gode di un servizio aperto tutta la settimana h24 e in più, la prima giornata di sosta è gratuita, dopodiché si paga 1,35 euro. In più, i pagamenti possono essere effettuati con la carta di trasporto olandese OV-chipkaart, oppure con Fietstag (un’etichetta per l’identificazione).

    

L’area in descrizione è situata sotto la stazione metropolitana centrale della città, di modo che i viaggiatori possano arrivare direttamente al garage senza deviazioni.  Per entrarvi si segue la pista ciclabile a livello della strada fino ad arrivare all’interno del garage.

   

Inoltre, il design creato in collaborazione con il Museo di Amsterdam include delle colonne numerate per ricordare le sezioni del garage. Fuori invece dei cartelli digitali riportano il numero dei posti disponibili all’interno dell’area.

          

I vantaggi

Nonostante nell’area di sosta manchino check-in con smartphone e smartwatch o punti di ricarica per le e-bike, resta sempre una grande novità. Questo progetto oltre ad avere un design moderno e una struttura accattivante, regala molteplici benefici alla città e ai suoi abitanti.

    

Senza dubbio offre uno spazio sicuro per le biciclette sia dai ladri che dalle intemperie, in un’area che non toglie spazio a strade e marciapiedi.

In secondo luogo, si incentiva l’uso del mezzo più sostenibile che esista, con grandi vantaggi per la salute. In realtà è stato stimato che si eviterebbero 170 mila morti all’anno grazie alla scelta della bicicletta.

 

D’altra parte, il massiccio utilizzo del veivolo a due ruote, riduce di gran lunga l’inquinamento atmosferico. Secondo un recente studio, se ognuno percorresse 2,6 km al giorno in bicicletta, potremmo tagliare 686 milioni di tonnellate all’anno CO2.

        

Passato e futuro

Non è di certo la prima volta che viene costruito un parcheggio sotterraneo, ma nulla somiglia a quello di Amsterdam. Per esempio, ad Utrecht esiste un garage sotterraneo con ben 12.000 slot: venne realizzato perchè necessario per i cittadini.

Il motivo di tale scelta erano le abitudini del centro urbano: il 50% dei residenti usa la bicicletta quotidianamente.  Difatti su questa falsa riga il governo continua ad incentivare il mezzo per una maggiore sostenibilità grazie anche a varie agevolazioni economiche.

      

Invece se guardiamo al futuro, è già stata dichiarata una nuova inaugurazione: verrà aperto un altro parcheggio sull’IJboulevard nel mese di febbraio.  Anche se più piccolo dell’area subacquea, conterà 4.000 slot e la sua costruzione è stata finanziata con 25 milioni di euro.

         

I Paesi Bassi sono sempre un’ottima guida per la mobilità sostenibile, poiché nulla ferma i loro cittadini dal muoversi in bicicletta; neanche il freddo invernale.

Rappresentano un modello di determinazione da seguire soprattutto in Italia dove sono appena stati tagliati i fondi per le piste ciclabili.

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smart city

L’UE sceglie 9 città italiane tra le 100 smart cities a impatto zero entro il 2030.

By : Aldo |Gennaio 30, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

L’Europa continua ad impegnarsi e a presentare fatti. Per questo presenta 100 smart cities per il 2030.

Le città in Europa

L’Unione intraprende questa importante iniziativa di formare delle smart cities come esempi per il futuro.

La scelta e la selezione delle 100, deriva da vari studi per correlati ai consumi di energia, le statistiche demografiche e l’Agenda 2030.

Dalla ricerca emerge che, le città europee coprono solo il 4% della superficie dell’UE, tuttavia, ospitano il 75% della popolazione dell’unione.  Attualmente le città del mondo sono le responsabili del 65% dei consumi energetici globali e il 70% delle emissioni di CO2.

Per tale motivo la Commissione mira ad agire sugli ecosistemi urbani e a riportare un equilibrio ambientale nelle città. Anche sulla base dell’undicesimo obiettivo dell’Agenda 2030, con la missione di rendere le città sicure, resilienti e sostenibili.

Smart cities

A proposito di questi obiettivi, l’Europa ha selezionato 100 città incluse nella “Cities Mission”, parte del programma di Horizon Europe. Infatti, il piano prevede finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, da investire sulle future smart cities.

Delle 377 candidatesi, le 100 selezionate rappresentano il 12% della popolazione europea.

Si tratta di città che si impegneranno al fine di azzerare il loro impatto sul clima entro il 2030. In questo modo anticiperanno i traguardi stabiliti con il Green Deal europeo (entro il 2050), diventando dei modelli da seguire per gli altri centri abitati.

Il periodo di transizione va dal 2021 al 2027 e comprende 9 città italiane, quali: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.

           

Azioni

I finanziamenti citati, ammontano a 360 milioni di euro, destinati alle spese iniziali per avviare la transizione ecologica (durante gli anni 2022-23).

Tutto quello in cui verte il programma concerne la ricerca e l’innovazione in tanti settori urbani. Mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde, bioedilizia, la gestione dei rifiuti, sono solo alcuni dei campi in considerazione.

Ogni centro, dovrà comunicare le modalità con cui raggiungeranno gli obiettivi, nei Climate City Contracts, allegando la pianificazione del progetto e il piano di investimenti.

Oltre ai finanziamenti, le prescelte, riceveranno assistenza dalla piattaforma gestita da NetZeroCities e l’opportunità di networking nel quale includere anche i singoli individui.

Non a caso, il patto non vincolante consiglia di incrementare il rapporto tra i cittadini, le organizzazioni di ricerca e il settore privato.

         

Il responsabile del Green Deal europeo Frans Timmermans ha affermato:

“[…]le città sono spesso il fulcro dei cambiamenti di cui l’Europa ha bisogno per riuscire nella transizione verso la neutralità climatica[…]”.

Mentre la Presidentessa della Commissione EU, Ursula von der Leyen

“Ormai la transizione verde è iniziata in tutta Europa, ma c’è sempre bisogno di pionieri che si prefiggono obiettivi ancora più ambiziosi. Queste città ci indicheranno il cammino verso un futuro più sano e potranno contare su tutto il nostro appoggio[…]”

Il piano è chiaro: le nostre città come tutte le altre, dovranno lavorare duro per presentarsi nel 2030 con dei nuovi connotati.

Solo tra 7 anni potremmo vedere i risultati del progetto; nel frattempo ci troveremo tutti impegnati, in modalità diverse, al raggiungimento di tali obiettivi.

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