A poche ore dal termine della COP 28, è stata pubblicata l’ultima bozza della presidenza che incontra il consenso di pochi. Tra Stati petroliferi e nazioni più virtuose, il dibattito si fa sempre più acceso attorno al tema più caldo: il “phase out” dei combustibili fossili.
“Phase out” o “phase down”
L’accordo di questa conferenza sembra essere lontano, per quanto invece sia vicino il termine temporale. Alla base delle continue discussioni, ritroviamo sempre lo stesso tema: l’uscita dai combustibili fossili. Purtoppo di fronte a tale necessità, paesi come l’Iraq e l’Arabia stessa si oppongono, portando avanti l’idea che serva una riduzione graduale.
Nello specifico i membri dell’Opec hanno ribadito il proprio “no” a citare l’uscita dai combustibili fossili nel testo finale della COP28. Insieme dichiarano che non sia il momento di abbandonare le fonti fossili perché una mossa simile sarebbe un danno per l’economia mondiale. Piuttosto punterebbero sulla tecnologia e il presidente Sultan Al Jaber, ha chiesto più volte di tenere in considerazione le sue “prospettive” e “preoccupazioni”. Mentre l’Iraq ha affermato che “la riduzione” e “l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e dei sussidi, “distruggerebbero l’economia mondiale e aumenterebbero le disuguaglianze”.
Ovviamente il contrasto ad una richiesta globale ha generato e continua a scaturire lamentele dalla maggioranza. Tanto che una coalizione di attivisti per il clima si è riunita per chiedere ai leader mondiali tre cose fondamentali:
- mantenere la linea per una transizione energetica giusta
- concordare l’eliminazione rapida ed equa dei combustibili fossili
- triplicare le energie rinnovabili entro il 2030
Il Global Stocktake
Ieri pomeriggio, il presidente emiratino Sultan Al-Jaber, ha presentato il cosiddetto Global Stocktake, che dovrà diventare la dichiarazione conclusiva del vertice. Si tratta di una bozza di 21 pagine (prima 27) che non fa gioire nessuno, o quasi.
Quest’ultima è caratterizzata da toni più sfumati, non comporta divieti ma “inviti”. Inoltre, fa sparire dal punto 39, il termine “eliminazione” riferito ai combustibili fossili; tuttavia, si parla per la prima volta di tagli. Le ore di negoziato non sono state facili ed hanno portato ad un risultato prevedibile ma non condiviso. La Proposta della presidenza viene presentata alla plenaria dei ministri e dei negoziatori dei quasi 200 Paesi presenti a Dubai. L’obiettivo condiviso da tutti è quindi arrivare al net zero entro il 2050, peccato però che i modi o i mezzi non siano accettati da tutti. Nonostante si parli di tagli sia alla produzione che dei consumi dei combustibili fossili, il «phase out» tanto atteso non compare da nessuna parte.
Quello che viene ribadito è invece il “phase down” (eliminazione graduale) del carbone non abbattuto (definizione ancora non accettata globalmente). In tale scenario il presidente continua a richiedere al mondo flessibilità per raggiungere il compromesso, come si augura anche il presidente dell’ONU Guterres. Un appello rivolto sia ai produttori di petrolio e gas (Arabia Saudita, Iraq e Russia) e sia a chi vorrebbe un testo molto più ambizioso.
Il documento proposto dalla presidenza esorta le parti ad “accelerare” nelle tecnologie a zero e basse emissioni, tra le quali è indicato anche il nucleare. Si citano anche le tecnologie di abbattimento e rimozione, comprese la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio. E infine la produzione di idrogeno a basso contenuto di carbonio, per potenziare la sostituzione delle tecnologie fossili ‘unabated’ nei sistemi energetici. Sicuramente passerà anche la proposta della triplicazione della capacità delle rinnovabili a livello globale entro il 2030. E il raddoppiamento del tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica.
Ultime considerazioni
Negli ultimi giorni non sono bastati gli interventi dei vari delegati o leader politici per cambiare le sorti di questa conferenza. Per esempio, il Governo olandese ha promosso una coalizione internazionale (di cui l’Italia non è parte) per porre fine ai sussidi al fossile. Poi il capo negoziatore cinese per il clima, Xie Zhenhua si è espresso a favore della sostituzione con le rinnovabili. Tuttavia, non si è impegnato a sostenere una completa eliminazione (phase out) dei combustibili fossili affermando altresì che la Cina si impegnerà per trovare un compromesso.
Anche John Silk, ministro delle risorse naturali delle Isole Marshall si è espresso duramente
Non siamo venuti qui a firmare la nostra condanna a morte. Non accetteremo un risultato che porterà alla devastazione per il nostro Paese e per milioni se non miliardi di persone e comunità più vulnerabili».
Come detto in precedenza, l’unico passo positivo è l’obiettivo di triplicare la capacità globale dell’energia rinnovabile. Anche se, scompare un target numerico e non si indica rispetto a quale anno serve al triplicazione, quindi ci sono delle grandi lacune anche in questo. Inoltre, molte delle tecnologie citate e supportate, sono molto costose e non efficienti, quindi poco utili ad una transizione globale.
Il resto, che va dalla riduzione graduale dei fossili al rilancio del nucleare diventa un masso pesantissimo, un passo indietro più che uno stallo. La COP che doveva fare la differenza ha solamente creato un buco nell’acqua, favorendo gli stati dell’Opec e i loro affari.
Senza contare il fatto che è stata confermata Baku come città ospite della COP 29. Attualmente l’Azerbaigian, ricava 2/3 delle sue entrate da petrolio e gas dunque, le previsioni per il prossimo anno non sono delle più floride. Forse ci resta solo sperare in nuove politiche proattive decise singolarmente dagli stati di tutto il mondo.