Home

“La Città della Gioia” sarà il nuovo polmone verde di Roma.

By : Aldo |Novembre 06, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su “La Città della Gioia” sarà il nuovo polmone verde di Roma.

Le nostre città sono stracolme di cemento. Questo grigio si prende sempre più aree, anche le più remote per sopperire alle necessità demografiche, a volte anche quando non serve. Siamo sempre più stretti tra smog e edifici che i piccoli parchi o le aiuole quasi assomigliano alle oasi del deserto. È per questo e tanti altri motivi che i giardini, i parchi e le microforeste sono fondamentali nei grandi centri abitati. Ma in generale è essenziale rendere la città a portata d’uomo senza dimenticarsi dell’importanza della natura. Ecco il nuovo progetto dell’Ex Fiera di Roma.

Il verde urbano

I progetti di verde urbano mirano a migliorare la qualità della vita nelle città italiane attraverso la creazione e gestione di spazi verdi come parchi, giardini e aree boschive. Questi spazi offrono benefici ecologici e sociali: mitigano il cambiamento climatico, favoriscono la biodiversità, migliorano la salute e il benessere dei cittadini, e arricchiscono l’estetica urbana, aumentando il valore immobiliare.

In Italia, dal 2013 la Strategia Nazionale del Verde Urbano ha stabilito linee guida per pianificare queste aree, portando a risultati concreti: le città italiane hanno una media di 30 m² di verde per abitante, con punte elevate in città come Torino. Nel Sud Italia sono stati approvati oltre 770 progetti di rigenerazione urbana per riqualificare aree vulnerabili, e il 70% delle città italiane ha avviato iniziative per incrementare il verde pubblico. Inoltre, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede ulteriori investimenti in rigenerazione urbana e verde, con un valore stimato dei servizi ecosistemici di 338 miliardi di euro.

La “Città della Gioia”

Si chiude il bando per la riqualificazione dell’ex Fiera di Roma con un progetto centrato sul concetto di “verde attivo,” che promuove la biodiversità e uno stile di vita sano a misura di famiglia. L’inizio dei lavori per la costruzione della “Città della Gioia” è previsto per il 2025. Grazie a tale progetto l’area in questione, si trasformerà in una città a misura di bambino, inclusiva e immersa nel verde. Si chiamerà “Città della Gioia”, la transizione ecologica alla circolarità dei materiali, alla riduzione delle emissioni di carbonio, all’adattamento climatico, e alla valorizzazione della qualità urbana e del tessuto sociale.


Lo sviluppo del masterplan avverrà attorno a due piazze pubbliche: Piazza del Sole a nord, lungo viale Tor Marancia, e Piazza degli Eventi a sud, su via Georgofili. In questa area è prevista anche l’istituzione di un centro della conoscenza e della crescita consapevole, in collaborazione con l’Università di Roma Tre. Così facendo sarà possibile per i giovani e per l’intera comunità avere un punto di riferimento.

La novità del progetto “Città della Gioia” è quella di mettere al centro i bambini, creando una città innovativa e inclusiva, pensata per il loro benessere e la loro crescita. Tale masterplan presenta un modello urbano in cui le necessità dei più piccoli diventano il focus della pianificazione. In tal modo, si prioritizzano la cura, il gioco e la socialità, con spazi progettati per favorire l’inclusione e l’apprendimento attraverso il gioco. Il tutto è possibile grazie ad aree sicure e stimolanti che promuovono la creatività e il benessere per ogni fascia di età e abilità.

Il progetto è stato ideato da un team composto da ACPV ARCHITECTS, Arup, Asset e P’arcnouveau, quattro studi di architettura e ingegneria di rilevanza internazionale.

 

La sostenibilità del progetto

Senza dubbio, il verde è uno degli elementi distintivi del programma, coprendo il 50% della superficie, aumentando la permeabilità del suolo di circa 3,9 ettari, pari a metà dell’area complessiva.  A livello tecnico, il progetto prevede che l’80% della superficie utile, ossia oltre 35.000 mq, sia sia destinato a residenze, di cui più di 7.000 mq riservati all’housing sociale. Mentre il restante 20% (circa 8.800 mq), sarà adibito ad un uso non residenziale, diviso tra servizi direzionali (6.800 mq) e spazi commerciali (2.000 mq). Nello specifico, 27.000 mq saranno lasciati agli spazi verdi pubblici e altri 12.500 a quelli privati per attività all’aperto correlate a sport e socializzazione.

Non a caso il progetto mira a rigenerare l’ex area della Fiera attraverso la decarbonizzazione, la resilienza climatica e l’economia circolare. In questo caso, la sostenibilità del masterplan è rafforzata dalla forte integrazione della natura, che rende il nuovo quartiere un “corridoio ecologico” con viali alberati e ampi parchi, collegando armoniosamente le aree residenziali con piazze pubbliche e spazi per eventi, che diventano luoghi di incontro e cultura per la comunità.

Certamente, il coinvolgimento attivo della comunità e l’attenzione alla biodiversità e alla permeabilità del suolo rendono questo progetto un esempio di rigenerazione urbana che coniuga natura e innovazione, offrendo una nuova visione per il futuro delle città.

Read More

La startup finlandese Aviogel ha trovato una nuova soluzione per combattere gli incendi.

By : Aldo |Novembre 04, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su La startup finlandese Aviogel ha trovato una nuova soluzione per combattere gli incendi.

Al giorno d’oggi la parola d’ordine è “soluzione”. Scienziati e ricercatori, infatti, lavorano di continuo alla ricerca di nuove soluzioni per problemi globali che devono essere almeno mitigati, se non risolti. A volte sembra essere una corsa contro il tempo, in altri casi, pare esserci tutto il tempo del mondo. Tuttavia, non si può mai mollare la presa e tra le ultime scoperte è arrivata quella che riguarda il problema degli incendi. Si parla del lavoro della startup finlandese, Aviogel.

Incendi in Europa

Gli incendi boschivi in Europa derivano in gran parte da attività umane, e solo il 4% causato da eventi naturali come fulmini. Ovviamente, le condizioni climatiche estreme, come siccità, alte temperature e venti intensi, aumentano il rischio di incendi. Purtoppo le regioni mediterranee sono le più vulnerabili a questo tipo di fenomeni: per esempio in Italia, gli incendi prevalgono in estate al sud, mentre al nord si verificano anche in inverno e primavera per via della siccità.  Il 2023 ha registrato una delle stagioni più gravi di incendi in Europa, con paesi come Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Italia e Slovenia pesantemente colpiti. Di certo i cambiamenti climatici hanno aumentato la frequenza e l’intensità di tali eventi fino al punto che anche Tunisia e Cipro hanno richiesto assistenza internazionale per fronteggiare le fiamme.

In generale, per prevenire gli incendi si promuovono pratiche di gestione forestale, sistemi di previsione ambientale avanzati, campagne di sensibilizzazione pubblica e regolamentazioni per le attività a rischio.
Nonostante ciò, spesso e non si riesce ad evitare che il fenomeno si sviluppi, dunque è necessario intervenire in modi diversi. Si può spegnere un incendio con mezzi aerei, squadre specializzate e cooperazione internazionale, utilizzando anche droni e tecnologie satellitari per il monitoraggio.

Pertanto, questa emergenza richiede un approccio integrato che combini prevenzione, educazione e interventi tempestivi per limitare i danni ambientali e sociali. Un esempio è la nuova tecnologia delle sfere idrogel.

Spegnere un incendio con l’idrogel

La tecnologia delle sfere idrogel biodegradabili rappresenta una soluzione innovativa per la lotta agli incendi boschivi. Queste sfere, progettate per essere rilasciate da mezzi aerei, assorbono acqua o altri liquidi, aumentando il loro peso e migliorando la precisione dei lanci, anche da quote più elevate. Tale caratteristica rende gli interventi antincendio più sicuri ed efficienti, poiché riduce il rischio per i piloti. Inoltre, le sfere idrogel trattengono l’acqua limitando l’evaporazione prima che essa raggiunga le fiamme, così facendo, aumentano l’efficacia dello spegnimento.

Un’ulteriore innovazione di questa tecnologia è la presenza di semi nelle sfere. Infatti, oltre alla funzione antincendio, le sfere rilasciano semi e nutrienti nelle aree colpite, avviando immediatamente un processo di riforestazione. Questa doppia funzione consente agli interventi aerei di contrastare l’emergenza seminando le basi per la rinascita dell’ecosistema locale, spesso non considerata.

La startup Aviogel

Aviogel è una startup innovativa impegnata nella sostenibilità e nella protezione ambientale. Nasce nel 2024, con sede a Helsinki, da William Carbone, Stéphanie Jansen-Havreng, Sevan Daniel Gerard con l’obiettivo di affrontare le sfide legate alla gestione delle risorse naturali con un approccio che integra ricerca scientifica e pratiche eco-sostenibili. La sua missione, infatti, è quella è contribuire a un futuro più verde e sostenibile, proponendo soluzioni volte a migliorare la qualità della vita e proteggere il pianeta, sensibilizzando il pubblico all’importanza di comportamenti responsabili verso la natura.

Aviogel è presente in numerosi progetti riguardanti la sostenibilità, incentivando un uso più consapevole delle risorse naturali, offrendo programmi educativi e laboratori per la sensibilizzazione sulla tematica ecologica. Inoltre, collabora con enti pubblici e privati per sviluppare strategie efficaci nella gestione ambientale, puntando non solo alla tutela dell’ambiente, ma anche al benessere delle comunità locali. Questo è possibile grazie alla creazione di opportunità economiche basate su pratiche sostenibili. Aviogel rappresenta così un esempio di come innovazione e sostenibilità possano unirsi per rispondere alle sfide ambientali moderne.

Combattere i cambiamenti climatici

Con l’aggravarsi della crisi climatica, che intensifica la frequenza e la portata degli incendi boschivi, il team di Aviogel evidenzia l’urgenza di soluzioni capaci di spegnere le fiamme, e non solo. Infatti, è necessario anche di contribuire alla rigenerazione degli ecosistemi danneggiati, pratica poco considerata o quasi mai svolta. E proprio grazie a un investimento di 300 mila euro ottenuto dal fondo italiano Scientifica Venture Capital, Aviogel può ora accelerare lo sviluppo della sua tecnologia per combattere gli incendi promuovendo la resilienza degli ecosistemi. Dunque, la startup finlandese, troverà nella fase di industrializzazione il prossimo traguardo fondamentale per estendere il proprio impatto su vasta scala. Questo processo si svilupperà all’interno dei laboratori all’avanguardia di Scientifica a L’Aquila, un centro di oltre 4.000 m², creato per aiutare le startup a trasformare le idee in prototipi e facilitare il rapido ingresso sul mercato grazie a un contesto ricco di risorse e competenze avanzate.

Sicuramente Aviogel rappresenta più di una sola innovazione, poiché è caratterizzata da una grande lungimiranza, secondo Riccardo D’Alessandri, managing partner di Scientifica Venture Capital. Esattamente tale caratteristica ha portato alla vittoria della startup. Per l’appunto si evidenzia l’approccio sinergico e lungimirante del team, che non si limita ad una semplice innovazione tecnologica, ma offre un concetto che include benefici concreti e misurabili alla comunità e alla tutela degli ecosistemi.

Read More

Le batterie bidirezionali delle auto elettriche possono essere una nuova fonte di energia.

By : Aldo |Ottobre 30, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Le batterie bidirezionali delle auto elettriche possono essere una nuova fonte di energia.

Le tecnologie e le innovazioni ci consentono di portare avanti lo sviluppo e solitamente anche la crescita delle popolazioni. Inoltre, le nuove scoperte ci indicano la via migliore per poter continuare a vivere in questo pianeta riducendo il nostro impatto. Dunque, spesso, le nuove tecnologie oltre ad apportare delle migliorie in settori specifici, diventando delle soluzioni che ci permettono di alleviare il “nostro peso” sul mondo. Un esempio è la nuova scoperta sulle batterie bidirezionali.

Le batterie bidirezionali

Le batterie bidirezionali sono un sistema innovativo per la ricarica dei veicoli elettrici (EV) che consente sia di ricaricare la batteria dalla rete elettrica sia di restituire energia alla rete stessa. Questa tecnologia, conosciuta come V2G (Vehicle to Grid) e V2H (Vehicle to Home), trasforma il veicolo in un “accumulatore” mobile in grado di immagazzinare e rilasciare energia. Tale tecnologia si basa su convertitori di potenza avanzati che consentono il flusso bidirezionale di energia. Questo è possibile grazie ad un caricatore specifico che converte la corrente continua (DC) della batteria in corrente alternata (AC).


Queste batterie hanno molteplici modalità di ricarica, tra cui le principali V2G, che consente di restituire energia alla rete, V2H, che alimenta direttamente l’abitazione, e V2L, che fornisce energia a dispositivi elettrici dal veicolo.

I vantaggi delle batterie bidirezionali sono vari e spaziano principalmente tra i 3 pilastri della sostenibilità. A livello economico, vediamo come i proprietari possono ridurre i costi energetici ricaricando durante le fasce orarie più convenienti e vendendo energia in eccesso. Nel settore ambientale, ottimizzano l’uso delle fonti rinnovabili contribuendo a ridurre l’impatto ambientale. Mentre per quanto riguarda il sociale, favoriscono la condivisione dell’energia tra veicoli all’interno di una comunità, stabilizzando la rete elettrica locale e migliorando la gestione dei picchi di domanda.



In sintesi, queste batterie non solo migliorano l’efficienza energetica dei veicoli elettrici, ma offrono anche opportunità significative per il risparmio economico e la sostenibilità ambientale.

Specialità e caratteristiche

Le batterie bidirezionali, grazie a un sistema di collegamento a due vie e a nuove configurazioni dei convertitori di potenza, possono indirizzare l’energia elettrica verso la batteria o la rete elettrica, a seconda delle necessità. Di conseguenza, quando c’è energia in eccesso, queste batterie possono restituirla alla rete. Tale innovazione, si integra perfettamente con i sistemi di energia rinnovabile. Ad esempio, in una giornata soleggiata, un impianto fotovoltaico può produrre più elettricità del necessario per i consumi domestici. A questo punto è possibile immagazzinarla direttamente nelle batterie dei veicoli elettrici e utilizzarla successivamente per alimentare la casa nei giorni in cui è richiesta. Per questo motivo, le ricariche bidirezionali stanno acquisendo sempre più attenzione dai produttori automobilistici, che stanno implementando questa tecnologia nei loro modelli.

Il report di Transport&Environment prevede che in futuro queste ricariche potrebbero addirittura diventare il quarto fornitore di energia in Europa. Si stima che lo sviluppo delle ricariche bidirezionali possa portare a un risparmio complessivo di oltre 100 miliardi di euro in dieci anni. Così facendo consentirebbe ai proprietari di veicoli elettrici di ottenere fino al 52% di risparmio sulla bolletta elettrica annuale, con riduzioni fino a 780 euro all’anno. Questo ovviamente sarà possibile a seconda della localizzazione geografica, della presenza di pannelli solari e delle dimensioni della batteria del veicolo.

Lo studio

Lo studio condotto dagli istituti di ricerca Fraunhofer ISI e ISE per T&E evidenzia l’importanza delle ricariche bidirezionali, che possono fungere da “batterie su ruote” e i potenziali risparmi economici tra il 2030 e il 2040. Tuttavia, iniziano con l’avvertire tutti che senza standard comuni a livello europeo, questa tecnologia potrebbe non svilupparsi in modo efficace, limitando i benefici ambientali ed economici. Nonostante ciò, le auto elettriche con sistemi di ricarica bidirezionale possono assorbire energia nei momenti di surplus e restituirla quando la domanda aumenta, ma il loro potenziale rimane inespresso senza un’interoperabilità garantita. Secondo il report, l’adozione del V2G (vehicle-to-grid) potrebbe ridurre i costi annui del sistema elettrico dell’UE di oltre 9 miliardi di euro nel 2030 e arrivare a 22 miliardi nel 2040, con risparmi totali superiori a 100 miliardi di euro nel decennio.

A questo punto, l’integrazione con le energie rinnovabili è fondamentale: collegando le auto elettriche alle abitazioni o ai luoghi di lavoro, si può ridurre il fabbisogno di sistemi di accumulo fino al 92% entro il 2040. Specialmente in Italia, queste auto potrebbero rappresentare quasi tutta la capacità di accumulo necessaria per stoccare l’energia rinnovabile in eccesso. Infatti, la tecnologia V2G potrebbe consentire alla flotta europea di veicoli elettrici di contribuire fino al 9% del fabbisogno energetico annuale dell’UE entro il 2040. In questo modo, diventerebbe il quarto fornitore di elettricità in Europa e il secondo in Italia, favorendo un significativo risparmio economico per i consumatori e contribuendo alla stabilizzazione della rete elettrica e alla riduzione delle emissioni di CO2.

In conclusione

In conclusione, La ricarica bidirezionale delle auto elettriche rappresenta una svolta fondamentale per la transizione energetica. Non solo permette di ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili, ma offre anche la possibilità di utilizzare le batterie dei veicoli come veri e propri accumulatori di energia rinnovabile, contribuendo a stabilizzare la rete elettrica.

Transport & Environment sottolinea come questa tecnologia possa prolungare la vita delle batterie e ridurre la necessità di costruire nuove infrastrutture di stoccaggio. Tuttavia, per sfruttare appieno il potenziale della ricarica bidirezionale è necessario un quadro normativo europeo chiaro e uniforme, che definisca standard comuni per garantire l’interoperabilità tra i diversi veicoli e sistemi di ricarica.

Read More

ONU: allarme gas serra. La temperatura potrebbe salire di 3,1 gradi.

By : Aldo |Ottobre 26, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su ONU: allarme gas serra. La temperatura potrebbe salire di 3,1 gradi.

Da più di 50 anni si parla di cambiamenti climatici ed emissioni di gas serra. Ci siamo evoluti con noi le tecnologie, per sostenere la nostra crescita esponenziale. Sembra che ogni giorno, avvenga una nuova scoperta per migliorare la situazione; eppure, sembra andare sempre peggio. Quanto possiamo resistere in queste condizioni? Quanto potremmo permetterci di negare l’evidenza sotterrando la testa nella sabbia? Ancora poco, pochissimo, anzi siamo già in netto ritardo e l’ONU ce lo ricorda lanciando un nuovo allarme.

Il ruolo dell’ONU

L’ONU rappresenta un pilastro fondamentale nella battaglia globale contro il cambiamento climatico. In qualità di più grande organizzazione intergovernativa al mondo, fornisce un forum unico per la cooperazione internazionale su questa sfida esistenziale. Attraverso i suoi numerosi organi e agenzie specializzate, l’ONU coordina gli sforzi globali, conduce ricerche scientifiche, sviluppa politiche e promuove accordi internazionali come l’Accordo di Parigi. L’impegno dell’organizzazione è volto a mobilitare i governi, le imprese e la società civile per ridurre le emissioni di gas serra, promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici e sostenere i Paesi più vulnerabili.

L’ONU ha iniziato a trattare il cambiamento climatico in modo strutturato dagli anni ’80, in seguito all’emergere di prove scientifiche sul riscaldamento globale e sui suoi rischi. Nel 1988, è stato fondato l’IPCC, con il compito di valutare scientificamente i cambiamenti climatici. Successivamente, nel 1992 è stata adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che mira a stabilizzare i gas serra. Da allora, attraverso incontri annuali come la COP, l’ONU coordina azioni e trattati internazionali per mitigare il cambiamento climatico, dimostrando un impegno crescente e globale su questo fronte.

Gli ultimi dati

Le emissioni globali di gas serra hanno raggiunto un nuovo record nel 2023, aumentando dell’1,3% rispetto all’anno precedente e collocandosi a 57,1 GtCO2e. Questo allarmante dato, evidenziato nell’ultimo rapporto UNEP, ci allontana sempre più dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi e ci pone sulla traiettoria di un riscaldamento globale catastrofico di 3,1°C entro la fine del secolo. Nonostante gli sforzi internazionali, la dipendenza dai combustibili fossili persiste, alimentando l’aumento delle temperature e intensificando gli eventi climatici estremi. Secondo l’ONU, per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C, è necessaria una riduzione drastica delle emissioni: del 42% entro il 2030 e del 57% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019. Il rapporto sottolinea l’urgenza di un’azione immediata e coordinata a livello globale.

È indispensabile un impegno concreto da parte di tutti i Paesi per accelerare la transizione verso fonti di energia rinnovabile, proteggere le foreste e promuovere pratiche sostenibili. La finestra di opportunità per evitare le conseguenze più disastrose del cambiamento climatico si sta rapidamente chiudendo. È fondamentale che i governi agiscano con determinazione e intraprendano misure ambiziose per decarbonizzare le economie e costruire un futuro sostenibile.

La cooperazione necessaria

L’allarme lanciato dall’UNEP è chiaro: le emissioni globali di gas serra stanno accelerando il cambiamento climatico, mettendo a rischio il futuro del pianeta. Per contenere l’aumento della temperatura entro i limiti stabiliti dall’Accordo di Parigi, è urgente una trasformazione profonda e rapida del nostro sistema energetico. Eventi internazionali come il G20 e la COP29 offrono un’opportunità unica ai governi di prendere decisioni coraggiose e di collaborare per un futuro più sostenibile. Infatti, è fondamentale che i Paesi aumentino l’ambizione dei propri obiettivi climatici. Ma soprattutto è cruciale che attuino politiche concrete per ridurre le emissioni, come la transizione verso le energie rinnovabili e l’efficienza energetica.

L’Italia, come tutti gli altri Paesi, ha un ruolo rilevante nel raggiungimento di questo traguardo. Sicuramente, deve accelerare la decarbonizzazione dell’economia e rafforzare il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha sottolineato l’urgenza di agire ora. Nonostante le sfide geopolitiche, è necessario superare le dipendenze dai combustibili fossili e investire in soluzioni sostenibili. In conclusione, il cambiamento climatico rappresenta una minaccia esistenziale per l’umanità. Solo attraverso una cooperazione internazionale ambiziosa e determinata potremo costruire un futuro più sicuro e prospero per le generazioni future.

Le carenze finanziarie e morali

Inger Andersen, a capo dell’UNEP, ha affermato che i mezzi, i finanziamenti e la tecnologia necessari per ridurre le emissioni sono già disponibili. Tuttavia, secondo la direttrice esecutiva, manca la volontà politica, soprattutto nei Paesi del G20 (esclusi quelli africani) che sono responsabili del 77% delle emissioni globali. L’ONU ha ribadito che le energie rinnovabili rappresentano un’opportunità fondamentale per invertire la tendenza. Investendo maggiormente in energia solare ed eolica, si potrebbero ottenere riduzioni delle emissioni pari al 27% entro il 2030 e al 38% entro il 2035. Inoltre, bloccare la deforestazione e la distruzione delle foreste porterebbe ad un ulteriore riduzione del 20% delle emissioni.

Agire ora non solo permetterebbe di mantenere vivo lo scopo di salvare il pianeta, ma si tradurrebbe anche in un notevole risparmio economico a lungo termine. Secondo le stime dell’ONU, raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro la metà del secolo richiederebbe un investimento aggiuntivo compreso tra 0,9 e 2,1 trilioni di dollari all’anno fino al 2050. Tuttavia, i costi dell’inazione sarebbero molto più elevati a causa degli eventi meteorologici estremi, delle perdite agricole e di altri disastri.

Read More

Il fotovoltaico cresce a dismisura. Ecco i nuovi traguardi.  

By : Aldo |Ottobre 23, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il fotovoltaico cresce a dismisura. Ecco i nuovi traguardi.  

Che le fonti di energia rinnovabili siano il futuro, è ormai chiaro. La loro diversità consente il loro utilizzo in un’ampia gamma di ambienti e situazioni, togliendo qualsiasi dubbio sulla loro efficienza. Inoltre, le tecnologie avanzano e gli strumenti utilizzati per tale produzione sono sempre più sofisticati e promettono grandi risultati in un tempo inferiore alla tecnologia precedente. Non a caso è recente la notizia della loro potenza, efficienza e importanza, con un focus specifico sui rilevanti traguardi raggiunti dal solare.

La nuova certezza

Il solare ora è più forte che mai e questo lo dimostra l’ultimo report IEA-PVPS Trends 2024.
Nel 2023, il settore fotovoltaico ha raggiunto un nuovo record, con 456 GW di nuova capacità installata a livello globale. Tale novità contribuirà a ridurre le emissioni di CO2 di 0,92 gigatonnellate, equivalenti al 2,5% delle emissioni globali legate alla produzione energetica. Precisamente, la capacità produttiva di celle e moduli fotovoltaici ha toccato i 1.032 GW/anno per entrambe le categorie, un traguardo importante nel settore. Anche per quanto riguarda la produzione, ci sono dati rilevanti. Non a caso la produzione di celle solari ha raggiunto i 644 GW, segnando un incremento del 63% rispetto ai 394 GW del 2022.

In questo ambito, la Cina è lo stato che ha consolidato la sua posizione dominante. Tale traguardo lo ha raggiunto con una quota del 91,8% e una produzione di 591 GW di celle fotovoltaiche, su una capacità produttiva totale di 930 GW/anno. Addirittura nella prima metà del 2024, la Cina aveva già prodotto 310 GW. Per quanto riguarda i moduli fotovoltaici, la capacità produttiva globale ha superato per la prima volta il terawatt, arrivando a 1.032 GW/anno. La produzione effettiva è stata di 612 GW, con un aumento del 62% rispetto ai 324 GW del 2022. I prezzi dei moduli hanno raggiunto un minimo storico di circa 0,14 USD/W nel 2023 e sono scesi sotto i 0,10 USD/W nel 2024.

Il report evidenzia che la crescita della capacità manifatturiera sta superando quella del mercato fotovoltaico globale, creando un divario tra domanda e offerta e portando a una continua diminuzione dei prezzi. Se il divario non sarà colmato e le scorte non saranno liquidate, si prevede che i prezzi rimarranno ai livelli attuali.

Gli ultimi esperimenti

EDP ha avviato un importante progetto pilota di automazione nel settore delle energie rinnovabili. Per la prima volta a livello mondiale, ha utilizzato la tecnologia Hyperflex di Comau per la costruzione di un parco fotovoltaico. Questo progetto, denominato AutoPV, coinvolge l’automazione di 3 MW su un totale di 122 MW presso il parco solare di Peñaflor, in Spagna. Tale tecnologia ottimizza la fase di installazione dei pannelli solari, prevedendo l’uso di una fabbrica mobile e robot che collaborano con gli operatori umani per svolgere le attività più pesanti, come il trasporto e il montaggio delle strutture. Questo sistema innovativo consente di ridurre i tempi di assemblaggio dei pannelli fino al 50%, rendendo l’intero processo più rapido, efficiente e sicuro. Così facendo si rende l’energia solare sempre più competitiva e sostenibile.

Questo test rappresenta un passo avanti fondamentale per EDP, che punta a integrare tali tecnologie a livello globale, migliorando la sua capacità di costruzione di parchi solari in tutto il mondo. soprattutto perché, la società produce il 98% della sua energia da fonti rinnovabili, con oltre 4 GW di capacità solare installata, e mira a raggiungere obiettivi ambiziosi di sostenibilità

Gli obiettivi principali sono due:

  • eliminare completamente la produzione di energia a carbone entro il 2025, a essere completamente green entro il 2030;
  • raggiungere la neutralità climatica (net zero) entro il 2040.

Questi passi avanti delle aziende, fanno sì che la transizione energetica possa avvenire nel minor tempo e con la massima efficienza possibile. Senz’altro il cambiamento deve derivare anche da tali enti o quasi dovrebbero esserne i portavoce. Tali ambizioni fanno solo sperare in un  vero cambiamento di rotta.

Il solare in Italia

L’Italia attualmente si trova al centro di una rivoluzione energetica, con l’energia solare che emerge come protagonista indiscussa. Negli ultimi anni, il Paese ha visto un’esplosione nella diffusione di impianti fotovoltaici, tanto da posizionarsi tra i leader mondiali in questo settore. I dati parlano chiaro: si produce oltre 20 TWh di energia all’anno grazie al sole, un traguardo ottenuto grazie a una serie di fattori che hanno contribuito a questo successo. Tra questi gli incentivi statali, per la promozione dell’installazione di impianti fotovoltaici attraverso sgravi fiscali e misure agevolative. A questo si aggiunge la riduzione dei costi delle tecnologie, che ha reso gli impianti più accessibili sia per le famiglie che per le imprese. Infine, la crescente consapevolezza ambientale, alimentata dalle preoccupazioni per il cambiamento climatico, ha spinto sempre più cittadini e aziende a orientarsi verso fonti di energia rinnovabile.

Le prospettive per il solare in Italia sono altrettanto promettenti. Le stime più recenti suggeriscono che il Paese potrebbe coprire una parte sempre maggiore del proprio fabbisogno energetico attraverso il fotovoltaico. Tuttavia, non mancano le sfide da affrontare. Tra queste, il potenziamento della rete elettrica è una priorità, poiché la diffusione capillare del fotovoltaico richiede una rete adeguata per garantire una distribuzione efficiente dell’energia prodotta. Un altro aspetto fondamentale è l’integrazione con sistemi di accumulo energetico, che consentirebbero di immagazzinare l’energia solare garantendo la continuità dell’approvvigionamento anche durante le ore notturne. Infine, lo sviluppo di nuove tecnologie rimane un fattore chiave per migliorare l’efficienza degli impianti e favorire nuove applicazioni, come l’agrivoltaico, che combina produzione agricola ed energia solare.

In conclusione, l’Italia ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento globale nel settore dell’energia solare. Con una politica energetica lungimirante e investimenti strategici, il Paese potrebbe accelerare la sua transizione verso un futuro più sostenibile e indipendente.

 

Read More

World Energy Outlook 2024. Le rinnovabili sono il futuro.

By : Aldo |Ottobre 20, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su World Energy Outlook 2024. Le rinnovabili sono il futuro.

Che le rinnovabili stiano prendono sempre più piede nel mondo, è oggettivo. Tale crescita è spinta sicuramente da molteplici ragioni, tra le quali la limitata disponibilità di risorse, i nuovi conflitti e le tensioni geopolitiche. Soprattutto quest’ultime, fanno riflettere maggiormente sulla sicurezza energetica di ogni paese. Tutto ciò è stato affrontato nel World Energy Outlook 2024, che dimostra quali saranno le sorti del settore, nei prossimi anni.

World Energy Outlook

Il World Energy Outlook (WEO) è una pubblicazione annuale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) che offre un’analisi approfondita e proiezioni sullo scenario energetico globale. Solitamente, l’analisi del WEO si sofferma sulle tendenze in atto nel settore energetico, identificando i principali fattori che influenzano la domanda e l’offerta di energia a livello mondiale. Grazie a questo rapporto si presenta una visione d’insieme delle sfide e delle opportunità che caratterizzano la transizione energetica. Analogamente si analizza l’impatto delle politiche energetiche, delle innovazioni tecnologiche e dei cambiamenti climatici sul sistema energetico. Si tratta, di uno strumento fondamentale per governi, imprese e investitori per comprendere le dinamiche del mercato energetico e definire strategie in un contesto in continua evoluzione.

Mercoledì 16 ottobre è stata pubblicata l’analisi del 2024, la quale ha portato una maggiore luce su quello che sarà il futuro dell’energia. In particolare, si evidenzia l’importanza dei questa risorsa a livello globale e quanto influenza i rapporti internazionali tra Stati. Di certo alcune cose non sono una novità, ma anche quest’anno le rinnovabili sono cresciute ad una velocità inaudita.

Lo studio e i suoi temi

Lo studio discute attraverso vari scenari, le prospettive future e globali dell’energia, con particolare attenzione alla sicurezza energetica, alla sostenibilità e alla transizione verso le energie pulite. Questi quadri dimostrano i percorsi che il settore energetico potrebbe seguire, le azioni politiche per raggiungerli, le loro implicazioni per i mercati energetici. Ma anche la sicurezza, le emissioni e per le vite e i mezzi di sussistenza delle persone.  

In particolare, vengono presentate tre panoramiche riguardanti:

  • politiche dichiarate (STEPS) che si basa sui dati di mercato più recenti, sui costi delle tecnologie e su un’analisi approfondita delle politiche in vigore nei vari paesi del mondo.
  • impegni annunciati (APS) esamina cosa accadrebbe se tutti gli obiettivi nazionali in materia di energia e clima, inclusi quelli di zero emissioni nette, fossero raggiunti pienamente e puntualmente.
  • emissioni nette zero entro il 2050 (NZE), la quale delinea un percorso sempre più stretto per raggiungere le emissioni nette zero entro la metà del secolo, limitando il riscaldamento globale a 1,5 °C.

Geopolitica

In questo periodo storico i rischi geopolitici sono vari forse troppi e pertanto il panorama energetico mondiale sta vivendo una profonda trasformazione. Da un lato, la geopolitica instabile e le tensioni internazionali portano ad una situazione di incertezza e aumentano i rischi per la sicurezza energetica. Dall’altro, l’offerta abbondante di combustibili fossili e la sovraccapacità produttiva delle tecnologie pulite (in particolare per il fotovoltaico solare e le batterie).

Di conseguenza si intensifica la competizione tra le diverse fonti energetiche dove i prezzi dei combustibili restano stabili, mentre quelli delle tecnologie pulite diminuiscono. Sebbene in questo modo risultino sempre più competitive, non sarà semplice mantenere e accelerare la transizione con prezzi più bassi per i fossili. Sicuramente saranno decisive le scelte dei consumatori e le politiche di governo, che avranno un forte impatto sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla sicurezza energetica a lungo termine.


La transizione alle energie pulite

Come anticipato, l’energia pulita sta entrando nel sistema energetico con rapidità senza precedenti. Nel 2023 sono stati aggiunti oltre 560 GW di nuova capacità rinnovabile e gli investimenti in tali progetti, hanno raggiunto quasi 2.000 miliardi di dollari all’anno. Si tratta di investimenti duplicati rispetto a quelli per nuove forniture di petrolio, gas e carbone. Dopo una breve crescita post-Covid, i costi delle tecnologie pulite stanno nuovamente diminuendo, favorendo un aumento della capacità di generazione rinnovabile da 4.250 GW attuali a quasi 10.000 GW nel 2030.

Nonostante, si resta sempre sotto l’obiettivo fissato alla COP28, si prevede che questo nuovo raggiungimento sarà sufficiente per coprire la domanda globale di elettricità e ridurre la dipendenza dal carbone. Tuttavia, l’accelerazione della transizione è soggetta alle politiche governative e dalle strategie industriali, di cui l’efficienza è ancora incerta. Non a caso dal 2020, sono state introdotte 200 misure commerciali (maggiormente restrittive) legate alle tecnologie per l’energia pulita, rispetto alle 40 dei cinque anni precedenti. Comunque, entro il 2030, le fonti a basse emissioni, comprese quelle nucleari, produrranno più della metà dell’elettricità mondiale.

Il ruolo della Cina

Nel 2023, la Cina ha dominato il panorama delle energie rinnovabili, contribuendo al 60% della nuova capacità globale. La sua produzione fotovoltaica è destinata a superare, entro i primi anni 2030, l’attuale domanda di elettricità degli Stati Uniti, evidenziando la rilevanza di questo stato. Ad ogni modo, persistono incertezze sulla capacità di integrare rapidamente ed efficientemente questa nuova energia nei sistemi elettrici, sia in Cina che altrove. Tale difficoltà è correlata alla lentezza nell’espansione delle reti e dei tempi di autorizzazione.

Molte economie in via di sviluppo sono frenate dall’incertezza politica e dai costi elevati del capitale, mentre nei paesi avanzati le tendenze sono contrastanti. In più alcune aree vedono accelerazioni, altre rallentamenti, come il calo delle vendite di pompe di calore in Europa nel 2024. Inoltre, l’obiettivo di raddoppiare l’efficienza energetica globale, cruciale per ridurre le emissioni entro il 2030, sembra irraggiungibile con le attuali politiche. Anche se esistono tecnologie per ridurre le emissioni di metano dai combustibili fossili, gli sforzi di mitigazione sono stati irregolari.

In conclusione

In conclusione, è chiaro che nonostante il rapido progresso della transizione energetica, due terzi dell’aumento della domanda energetica globale nel 2023 è stato nuovamente soddisfatto dal fossile. In questo modo le emissioni di CO2 hanno raggiunto un nuovo record di 37,5 miliardi di tonnellate. Comunque, lo slancio dell’energia pulita è sufficiente a far raggiungere un picco nella domanda di petrolio, gas e carbone entro il 2030. Da quel momento in poi, l’economia globale potrà continuare a crescere senza aumentare il consumo di combustibili fossili.

Le economie emergenti e in via di sviluppo, come India, Sud-est asiatico, Medio Oriente e Africa, guidano l’aumento della domanda di energia, mentre i cambiamenti strutturali, soprattutto in Cina, stanno contribuendo a rallentarne la crescita complessiva. Grazie all’elettrificazione e alla maggiore efficienza del sistema energetico basato su fonti rinnovabili, la domanda futura potrà essere soddisfatta interamente da energia pulita. Tuttavia, sfide geopolitiche e politiche frenano il progresso, e le emissioni legate ai combustibili fossili restano un problema critico.

Read More

Cosa chiederà l’UE alla COP29 di Baku?

By : Aldo |Ottobre 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cosa chiederà l’UE alla COP29 di Baku?

Come ogni anno, si sta avvicinando il periodo di un grande incontro globale, che pone nuovi target, obiettivi e cerca di risolvere delle importanti questioni internazionali riguardanti la sostenibilità, quindi l’ambiente, la società e l’economia. Quest’anno la COP si svolgerà a Baku in Azerbaigian, location che già lo scorso anno ha fatto discutere molti per via di politiche, diritti e processi poco chiari rispetto l’ambiente. Ovviamente a tale evento partecipano centinaia di paesi e l’Europa si presenta con delle idee e richieste ben chiare.

La COP

La COP (Conference of Parties) è un incontro annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Nasce nel 1992 per affrontare il cambiamento climatico come organo decisionale supremo della convenzione e riunisce 198 Paesi per negoziare azioni concrete contro il riscaldamento globale. Il suo obiettivo è quello di promuovere la cooperazione internazionale sul clima definendo politiche globali per migliorare la sostenibilità del mondo.

Nel corso degli anni ce ne sono state varie di grande rilevanza, sia per gli accordi sottoscritti o i nuovi obiettivi fissati come la COP 21, grazie alla quale nascono l’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi. In altri casi, gli incontri sono stati quasi fallimentari o controversi a seconda del Paese che ospitava l’incontro o a causa della poca efficienza dell’evento.

Tra un mese si svolgerò la 29 esima edizione della COP nella capitale dell’Afganistan, Baku. Non sno mancate ovviamente le critiche per la scelta dello stato, vista la situazione dei diritti umani e del contesto politico del paese. In particolare, le autorità azere sono accusate di repressione politica, con arresti di attivisti e giornalisti, e censura delle voci critiche. Tale situaizone preoccupa tutti poiché la chiusura dei media e la limitazione della libertà di espressione potrebbero controllare in modo improprio l’evento. Inoltre, c’è preoccupazione che la conferenza diventi un’operazione di greenwashing per migliorare l’immagine del governo, compromettendo la credibilità della COP e le sue finalità climatiche.

 

L’ideale europeo

L’Unione Europea ha definito la sua strategia per la COP29, che si terrà a Baku, Azerbaijan, a novembre 2024. Sebbene non vi siano novità rilevanti, l’UE conferma il proprio impegno a rispettare l’Accordo di Parigi, mantenendo il riscaldamento globale entro 1,5-2°C rispetto ai livelli preindustriali. L’Unione ribadisce l’obiettivo di eliminare gradualmente i combustibili fossili entro il 2050, con l’obbligo di presentare entro il 2025 nuovi impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDC). Tuttavia, alcuni attivisti ritengono che l’Europa dovrebbe accelerare l’uscita dal carbone entro il 2030, dal gas entro il 2035 e dal petrolio entro il 2040.

 

La finanza climatica sarà al centro dei negoziati. I Paesi ricchi, compresa l’UE, hanno faticato a rispettare l’impegno di versare 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo nella transizione climatica. Nonostante le pressioni per aumentare i contributi, l’UE non ha previsto fondi aggiuntivi. Un altro punto di discussione sarà il ruolo della Cina, che non contribuisce ancora, essendo classificata formalmente come “Paese in via di sviluppo”. Tuttavia, data la sua attuale potenza economica, Europa e Stati Uniti spingono per un suo maggiore coinvolgimento, anche se la Cina ribatte che le responsabilità storiche del cambiamento climatico ricadono principalmente sull’Occidente.

Le grandi questioni

In vista della COP29, c’è attesa per eventuali nuovi impegni climatici da parte dei governi europei. Nonostante ciò, alcuni attivisti, come Climate Action Network Europe, sostengono che l’UE debba accelerare il suo piano per raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Così facendo, eliminerebbe il carbone entro il 2030, il gas entro il 2035 e il petrolio entro il 2040. Tuttavia, molti Paesi, come l’Italia, continuano a investire in infrastrutture per i combustibili fossili, sollevando dubbi sulla possibilità di abbandonarle a breve termine.

Il tema centrale della COP29 sarà la finanza climatica. I Paesi ricchi, pur con difficoltà, stanno cercando di rispettare l’impegno di destinare 100 miliardi di dollari l’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ad ogni modo, non sono previsti contributi aggiuntivi, nonostante le richieste dei Paesi più vulnerabili. Un altro grande obiettivo è quello coinvolgere la Cina. Poiché tale nazione ancora non contribuisce ancora in quanto classificata come “Paese in via di sviluppo” nonostante sia oggi una forza economica molto diversa rispetto al 1992. Pechino, però, sottolinea che la responsabilità storica del cambiamento climatico ricade principalmente sull’Occidente, a causa della Rivoluzione industriale.

Quindi l’Europa si presenterà a Baku, con la speranza che la Cina cambi le sue prospettive riguardo lo sforzo finanziario necessario per aiutare i Paesi a rischio. Inoltre, L’Unione è in attesa anche delle elezioni statunitensi del 5 novembre, che con una eventuale vittoria di Donald Trump cambierebbero completamente lo scenario delle politiche climatiche.

La posizione italiana

In tutto ciò, la premier italiana Giorgia Meloni ha espresso in Parlamento la sua posizione riguardo alla decarbonizzazione, affermando che perseguire questo obiettivo a discapito dell’industria sarebbe un errore fatale. Questa idea rafforza il pensiero della parte più conservatrice del settore imprenditoriale italiano. Così facendo però si trascurano, i grandi risultati derivati dagli investimenti in tecnologie verdi rappresentano una fonte di crescita economica e creazione di posti di lavoro. Soprattutto in Europa, Stati Uniti e Cina.  

Tuttavia, la politica italiana sembra operare su due fronti: da un lato, fa dichiarazioni interne rivolte all’elettorato, e dall’altro sottoscrive accordi internazionali che spesso vanno in direzione opposta. Un esempio di questa contraddizione è il contrasto tra le parole di Giorgia Meloni e il documento approvato dal Consiglio dell’UE, che sottolinea i benefici di un’azione climatica ambiziosa per migliorare la vita, l’economia e la sostenibilità. Infatti, nel testo, si afferma che investire in una transizione verde, attraverso istruzione e innovazione, è essenziale e meno costoso rispetto all’inazione.

Read More

Stoccaggio di CO2 in mare: inaugurato l’impianto più grande al mondo in Sicilia.

By : Aldo |Ottobre 13, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Stoccaggio di CO2 in mare: inaugurato l’impianto più grande al mondo in Sicilia.
DJI_20240904153445_0011_D

La gestione della CO2 è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico, dato che i livelli attuali hanno superato i 420 ppm, con un aumento del 50% rispetto all’era pre-industriale. Pertanto giorno dopo giorno si ricercano le migliori soluzione per limitare i danni causati da tale riscaldamento.  Tra queste troviamo la tecnologia di Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS), che prevede la cattura e lo stoccaggio della CO2 in formazioni geologiche profonde. A riguardo, è recente la notizia di un nuovo impianto di stoccaggio in Sicilia, il primo al mondo in mare.

Lo stoccaggio di CO2

Lo stoccaggio della CO2, noto anche come CCS (Carbon Capture and Storage), è una tecnologia fondamentale per la mitigazione dei cambiamenti climatici, poiché consente di catturare l’anidride carbonica emessa da fonti industriali e stoccarla in formazioni geologiche profonde. Questo processo si articola in tre fasi principali: cattura, trasporto e stoccaggio. Durante la cattura, la CO2 viene separata dai gas di scarico attraverso metodi come l’assorbimento chimico, la combustione in ambiente ossigenato o la criogenia. Una volta catturata, la CO2 viene compressa e trasportata verso siti di stoccaggio, dove viene iniettata in giacimenti di gas esauriti o formazioni saline profonde, a profondità di circa 1-3 chilometri.

L’efficacia dello stoccaggio della CO2 è supportata da studi che mostrano come possa ridurre significativamente le emissioni di gas serra. Tuttavia, ci sono sfide legate ai costi elevati e alla disponibilità limitata di siti adatti per lo stoccaggio. Attualmente, l’Europa detiene solo il 5% della capacità globale di CCS, smaltendo meno di 2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, ma gli investimenti nella tecnologia stanno crescendo. Nonostante le critiche riguardo alla sua efficacia come soluzione a lungo termine per il cambiamento climatico, il CCS rappresenta un’opzione importante per settori difficili da decarbonizzare, come l’industria pesante e i trasporti.

Lo stoccaggio in mare e Limenet.

Lo stoccaggio di CO2 negli oceani è una soluzione innovativa e promettente per combattere il cambiamento climatico, sfruttando il potenziale degli oceani come serbatoi naturali di carbonio. Attualmente, gli oceani assorbono circa il 25-30% delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, ma l’aumento delle concentrazioni atmosferiche richiede nuove tecnologie per potenziare questa capacità senza danneggiare gli ecosistemi marini. Tecniche come L’ocean Alkalinity Enhancement consentono di convertire la CO2 in bicarbonato di calcio, non a caso startup come Limenet stanno sviluppando processi industriali proprio in questo ambito.

Si tratta di una startup innovativa italiana, fondata nel 2023, che si specializza nella cattura e nello stoccaggio della CO2 nel mare. Nata come community scientifica, ha sviluppato una tecnologia brevettata in grado di trasformare l’anidride carbonica in bicarbonati di calcio, un processo che consente di immagazzinare la CO2 in modo duraturo e stabile negli oceani per oltre 10.000 anni. Questo tipo di tecnologie possono dare un contributo significativo alla riduzione globale delle emissioni e alla protezione della biodiversità marina, trasformando gli oceani in un attore chiave nella lotta al cambiamento climatico.

La rivoluzione parte da Augusta

Ad Augusta, in Sicilia, è stato inaugurato il più grande impianto al mondo per lo stoccaggio di CO2 in mare, sviluppato dalla start-up italiana Limenet. Questo impianto, capace di catturare e trasformare fino a 800 tonnellate di CO2 all’anno in bicarbonato di calcio, rappresenta un passo avanti nella lotta al cambiamento climatico. 


Il processo si basa su un principio naturale per cui la CO2 reagisce con l’acqua marina per formare bicarbonati, che vengono poi stoccati in modo sicuro negli oceani. In tal modo l’impianto contribuisce a ridurre l’acidificazione marina, rimuovendo la CO2 dall’atmosfera e rigenerando gli ecosistemi marini. Il tutto è possibile grazie ad elementi semplici come acqua di mare e carbonato di calcio, che rappresenta addirittura il 7% dell’intera crosta terrestre. Questa soluzione, ispirata a fenomeni naturali, è stata ideata e sviluppata da Limenet grazie alle ricerche di Stefano Caserini, pioniere nel campo del sequestro di CO2 in mare.

Mentre Stefano Cappello, amministratore delegato e fondatore di Limenet, ha spiegato in un’intervista con Wired, che l’impianto di Augusta permetterà di avviare il funzionamento continuo della tecnologia, con una capacità produttiva di 100 kg all’ora di CO2 stoccata sotto forma di bicarbonato di calcio. L’obiettivo per questo impianto, e per i futuri, è raggiungere economie di scala che riducano i costi di rimozione e stoccaggio della CO2. Infatti, l’azienda ha già avviato la vendita di crediti di carbonio, segnando l’inizio della sua applicazione industriale, con l’obiettivo di ridurre i costi e aumentare la scala produttiva in futuro.

Non è un punto di arrivo

Nonostante l’entusiasmo per le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2, esistono diverse criticità. Una delle principali preoccupazioni è che queste soluzioni possano essere usate come scusa per ritardare la transizione energetica, permettendo alle aziende di continuare a dipendere dai combustibili fossili. Appunto è probabile che l’industria energetica utilizzi queste tecnologie come alibi per prolungare l’estrazione e la combustione di petrolio, gas e carbone, sostenendo che le emissioni potranno essere rimosse in un secondo momento. Questo potrebbe rallentare gli sforzi globali di decarbonizzazione, poiché molte delle tecnologie di cattura della CO2 si sono rivelate meno efficaci di quanto promesso dalle multinazionali.

Read More

Cicloni tropicali anche in Europa: l’arrivo di Kirk.

By : Aldo |Ottobre 10, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cicloni tropicali anche in Europa: l’arrivo di Kirk.

L’autunno è arrivato nell’emisfero boreale e con lui i cicloni e gli uragani che caratterizzano questo periodo dell’anno in specifiche zone del mondo. Lo stato della Florida (USA) per esempio, è già stato colpito da ben due uragani nell’arco di due settimane e gli effetti sono catastrofici. Come sappiamo, con il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature, questi fenomeni diventano sempre più potenti, frequenti e si stanno verificando anche in aree insolite. Un esempio è l’uragano Kirk che arriverà in Europa sottoforma di Ciclone tropicale.

Tempeste, cicloni ed uragani

La differenza tra uragani, cicloni e tempeste risiede principalmente nell’intensità dei venti e nella struttura del sistema. Il termine “tempesta” è generico e si riferisce a vari fenomeni meteorologici, come tempeste tropicali o perturbazioni con venti forti e piogge intense. L’uragano, invece, è un tipo specifico di tempesta tropicale che si forma nell’Oceano Atlantico o nel Pacifico orientale, caratterizzato da venti sostenuti di almeno 119 km/h e da una struttura con un “occhio” al centro. Gli uragani sono classificati in 5 categorie, con la più alta che include venti oltre 252 km/h.

I cicloni tropicali sono fenomeni simili agli uragani, ma si formano in altre aree, come il Pacifico occidentale o l’Oceano Indiano. Quando si spostano su acque più fredde o sulla terra, perdono le loro caratteristiche tropicali e diventano cicloni extratropicali, alimentati dal contrasto tra masse d’aria calde e fredde. Dunque, possiamo dire che, non tutte le tempeste sono uragani, ma tutti gli uragani sono tempeste.

Un ulteriore aspetto da considerare in questo argomento è la variazione di potenza e frequenza di questi fenomeni spesso catastrofici. Infatti, studi recenti, hanno evidenziato un aumento significativo dell’intensità dei cicloni tropicali negli ultimi quattro decenni. Come riportato, la probabilità di eventi di categoria 3 o superiore è aumentata di circa il 15%. Questo incremento è attribuito principalmente al riscaldamento delle acque oceaniche, che ha portato alla formazione di ben 30 cicloni tropicali (record) nella stagione degli uragani atlantici nel 2020.

Cicloni ed uragani in Europa

L’arrivo di Kirk, la prima grande tempesta della stagione autunnale in Europa, si verifica proprio mentre cresce la preoccupazione per un altro uragano che minaccia gli Stati Uniti. Si tratta dell’11 esima tempesta con un nome a formarsi quest’anno, come previsto dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa). L’ente infatti aveva annunciato che ci sarebbero state da 17 a 25 tempeste con un nome nel 2024, un numero fuori dalla norma.

In particolare, l’Europa è stata colpita in passato da diversi uragani e cicloni post-tropicali di notevole intensità. Uno dei più famosi è stato l’uragano Vince nell’ottobre 2005, che raggiunse la terraferma in Spagna come tempesta tropicale; fu il primo caso documentato di un uragano atlantico che colpisce la penisola Iberica. Nel settembre 2006, i resti dell’uragano Gordon causarono danni e vittime in Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Russia. Più recentemente, nel settembre 2017, l’uragano Ophelia ha portato venti di burrasca e piogge torrenziali su Irlanda e Regno Unito.

Anche l’Italia non è immune da questi fenomeni. Possiamo ricordare quando i resti dell’uragano Leslie hanno portato maltempo estremo su gran parte del Paese nel settembre 2018, con allagamenti, frane e danni ingenti. In particolare, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia sono state le regioni più colpite, con raffiche di vento fino a 180 km/h e accumuli di pioggia localmente superiori ai 300 mm in 24 ore. Un evento ancora più eccezionale si è verificato nell’ottobre 1996, quando un vero e proprio uragano mediterraneo (o “medicane”) ha colpito la Calabria, causando vittime e distruzioni.

Kirk

La tempesta Kirk, originariamente un uragano di categoria 4 nell’Atlantico, ha perso parte della sua intensità trasformandosi in un ciclone extratropicale, ma continua a rappresentare una minaccia per diverse nazioni europee. Dopo aver raggiunto venti fino a 233 km/h, Kirk si sta dirigendo verso l’Europa, dove è arrivata tra l’8 e il 9 ottobre. Nonostante il declassamento, la tempesta porterà forti raffiche di vento, fino a 145 km/h, e piogge intense, soprattutto in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Germania settentrionale. Le condizioni meteorologiche peggioreranno inizialmente nel nord del Portogallo e nella Spagna nord-occidentale, con piogge abbondanti e venti forti tra i 100 e i 150 km/h. Successivamente, la tempesta si sposterà verso la Francia e l’Europa centrale, toccando anche Svizzera e Germania sud-occidentale, portando venti fino a 150 km/h lungo le coste francesi.

La perturbazione è nata come depressione tropicale il 29 settembre al largo delle isole di Capo Verde, evolvendo in uragano il 1° ottobre e raggiungendo la categoria 4 il 4 ottobre. Risalendo verso nord-est, Kirk ha perso energia a causa delle acque più fredde, trasformandosi in un ciclone extratropicale, ma mantenendo una certa intensità grazie alle interazioni atmosferiche. In Italia, la perturbazione non arriverà direttamente, ma il 10 ottobre parte della sua energia residua influenzerà la Liguria e le Alpi, portando temporali, venti forti e mareggiate. Il Centro-Sud, invece, non sarà colpito, con temperature ben al di sopra della media, oltre i 30°C.

Read More

L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

By : Aldo |Ottobre 07, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’UE, vuole rinviare la legge sulla deforestazione tra esultanze e polemiche.

Quando si parla di proteggere la natura ci sono sempre e purtroppo, troppi scontri ideologici, a volte poco condivisibili. Sta di fatto che la protezione della natura e delle sue specie, sia un processo lungo, lento ma di enorme importanza. Tuttavia, spesso e volentieri, “intralcia” gli affari delle aziende di vari settori, tra i quali quello alimentare (il più rilevante). Di recente sembra che l’Europa abbia fato qualche passo indietro rimettendo in discussione la sua propensione ad una forte e corretta transizione ecologica.

 

La deforestazione nel tempo

La deforestazione consiste nell’eliminazione delle foreste o della vegetazione arborea, spesso finalizzata a destinare i terreni ad attività agricole, pascoli o zone urbane. Questo processo ha impatti rilevanti, sia in termini positivi che negativi. Tra i vantaggi si possono annoverare l’incremento dell’agricoltura e lo sviluppo economico in determinate aree, con la creazione di posti di lavoro e un miglior accesso alle risorse alimentari. Tuttavia, gli effetti negativi prevalgono nettamente: la deforestazione causa una grave perdita di biodiversità, contribuisce ai cambiamenti climatici aumentando le emissioni di carbonio e provoca il degrado del suolo, compromettendo la capacità produttiva agricola nel lungo periodo.

In Italia, la regolamentazione della deforestazione ha radici antiche, con il Regio Decreto del 1923 che definiva le prime norme per la gestione delle foreste. Negli ultimi anni, il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali del 2018 ha modernizzato e semplificato la normativa, affrontando le sfide attuali legate alla sostenibilità e alla tutela ambientale. Queste leggi sono cruciali per salvaguardare le foreste e promuovere pratiche agricole sostenibili, contribuendo a un futuro più ecologico e sano per il pianeta.

Regolamento Ue sui prodotti senza deforestazione (EUDR)

Sul piano politico, la deforestazione è diventata una questione di rilevanza globale, spingendo all’adozione di interventi legislativi. Tuttavia è recente la proposta della Commissione Europea di rinviare di un anno la dibattuta legge sulla deforestazione. Tale iniziativa, ha fatto esultare le grandi aziende, poiché il rinvio ola revisione della legge non alzerebbe i prezzi di produzione. Al contrario gli ambientalisti sono sconcertati e invitano a riflettere sui prossimi passi da fare. Perché?

La legge prevede che i produttori che non rispettano il divieto di commercializzare prodotti legati alla deforestazione non possano vendere nei mercati dell’UE. Il testo venne inizialmente apprezzato per la sua finalità di proteggere le foreste, importanti per l’assorbimento di CO₂. Nonostante ciò venne subito criticato per la complessità della sua applicazione, soprattutto da Paesi esportatori come Brasile e USA. Le aziende devono infatti ricorrere a tecnologie come il monitoraggio satellitare e sistemi di tracciabilità per dimostrare che i loro prodotti non provengono da terreni deforestati dopo il 31 dicembre 2020.

Un’altra particolarità è che la legge si rivolge esattamente alle aziende produttrici di materie prime di uso globale quotidiano quali: caffè, cacao, legname, olio da palma e carne bovina. Tutto serviva a proteggere i polmoni verdi della Terra, la biodiversità e a combattere il cambiamento climatico in modo concreto. Si trattava di un incentivo importante, per porre delle basi solide per una produzione (globale) più sostenibile.

Il rinvio

Nonostante la sua importanza, in alcuni Paesi membri, come l’Italia, si sono registrati tentativi di ritardare l’implementazione delle norme, poiché si teme che le imprese non siano pronte a soddisfare i requisiti richiesti. In molti hanno poi definito “”difficile e molto costoso” il cambiamento richiesto e pertanto è arrivata la richiesta di un rinvio o una revisione del regolamento.  Dunque, a inizio ottobre la Commissione Ue ha ceduto, annunciando l’intenzione di un rinvio di 12 mesi. Questo significa che, se la proposta venisse approvata dai ministri dell’UE e dal Parlamento europeo, la legge entrerebbe in vigore il 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e il 30 giugno 2026 per le piccole imprese.

Le accuse degli ambientalisti

Gli ambientalisti temono che un eventuale rinvio della regolamentazione possa portare a una deforestazione aggiuntiva di 2.300 chilometri quadrati. Infatti, Christian Poirier, direttore del programma per Amazon Watch, ha criticato duramente le grandi aziende e i governi. Li ha accusati di collaborare per evitare le responsabilità legate alla deforestazione zero nella catena di fornitura, sfruttando i piccoli proprietari come pretesto. Mentre Nicole Polsterer, attivista di Fern, ha affermato che Ursula von der Leyen avrebbe ceduto alle pressioni di aziende e Paesi che, pur consapevoli da anni dell’arrivo della regolamentazione, non si erano preparati adeguatamente.

Analogamente Greenpeace UE ha definito la decisione un grave passo indietro per le politiche del Green Deal e Sébastien Risso, direttore delle politiche forestali di Greenpeace, ha espresso rabbia. Il direttore sostiene che il rinvio permetterà la presenza di prodotti legati alla deforestazione sugli scaffali europei per altri dodici mesi. Infine, Virginijus Sinkevičius, eurodeputato lituano ed ex commissario all’ambiente, ha sottolineato che il rinvio rappresenterebbe un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico, aumentando il 15% delle emissioni globali di carbonio e compromettendo la credibilità dell’UE nei suoi impegni climatici.

Read More