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Giovani, Minecraft e smart cities: quando la scuola forma a 360° gli adulti di domani.

By : Aldo |Luglio 18, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Giovani, Minecraft e smart cities: quando la scuola forma a 360° gli adulti di domani.
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Troppe volte i videogiochi dei ragazzi sono stati giudicati poco opportuni o diseducativi. Oggi però esistono delle nicchie per le quali il videogame può incrementare la crescita e la formazione del giocatore e non solo.

     

Minecraft per il futuro

È curioso pensare che nel 2023 si cerchino giocatori di Minecraft per progettare le città del mondo. No, non si tratta di un film ma della realtà.

Il progetto Schools Reinventing cities (di C40) è un’iniziativa in collaborazione con Minecraft Education, il famoso videogioco d’avventura.

L’iniziativa prevede che gli studenti delle scuole medie e superiori di tutto il mondo, ridisegnino in modo “sostenibile” le proprie città. In questo modo, i ragazzi, gli adulti del futuro, potranno modificare i centri urbani che abitano, a prova di futuro.

   

Il programma nato a Londra è approdato anche a New York, Buenos Aires e Calgary, con la speranza di farlo arrivare in tanti altri Stati.

L’obiettivo più grande è proprio quello di coinvolgere le nuove generazioni nella gestione cittadina sostenibile. A tal proposito, gli studenti saranno protagonisti dei cambiamenti necessari per un futuro migliore, ovvero il loro.

   

In breve, rappresenta una vera e propria sfida alla pianificazione urbana delle proprie città.

    

Schools Reinventing Cities

É importante che i giovani studenti delle scuole medie e superiori, abbiano la possibilità di ideare e creare una città diversa da quella che conoscono. È rilevante per molteplici motivi che in alcuni casi vanno oltre il “semplice” studio della sostenibilità.

    

Sicuramente è un sistema che aiuta i ragazzi a conoscere sotto vari aspetti, magari anche sconosciuti il luogo in cui vivono. Tale conoscenza li rende consapevoli di tutti i servizi che il centro abitato offre, o in altri casi non presenta. Proprio così gli studenti potranno avere una panoramica della situazione per poi studiare quali modifiche apportare nel loro modello digitale.

   

Vista l’entità del piano, i cambiamenti da proporre riguardano il settore della sostenibilità dunque, i ragazzi dovranno studiare bene le loro mosse. Sicuramente si potrebbe mirare sull’ aggiunta di aree verdi, spazi collettivi e di mobilità sostenibile, oppure sulla riduzione delle isole di calore. Così facendo i giovani si avvicinano anche alle nuove tecnologie utili per la transizione ecologica quindi per le modifiche che proporranno.

   

Tuttavia, la collaborazione tra il videogioco più in voga negli ultimi anni e un progetto per le smart cities offre anche un altro beneficio. Quello della formazione degli adulti del futuro.

Infatti la scuola non dovrebbe anche aiutare i ragazzi a formarsi come cittadini del mondo, con obiettivi e sogni da raggiungere e realizzare. Perciò è fondamentale la possibilità di far conoscere loro, nuove passioni, gli impieghi del futuro, dimostrargli studi e carriere che potranno intraprendere dopo le scuole superiori.

Questo importante punto è centrato pienamente dal progetto, poichè gli studenti interpretano il ruolo dei professionisti quotidianamente incaricati di gestire l’ambiente costruito anche per un solo giorno. Quindi capiranno di cosa si occupa un architetto, un pianificatore, un direttore delle costruzioni piuttosto che un ingegnere o un designer.

   

Dunque saranno in grado di avvicinarsi a determinate professioni, o ad allontanarsi nel caso capissero che quel tipo di impiego non fa per loro.

In entrambi i casi si tratta di formazione di un certo tipo, che raramente si trova negli istituti italiani, nei quali, inoltre, il progetto non è ancora arrivato.

      

L’entità C40

C40 è l’ente all’origine di questo grande progetto. È una rete globale di circa 100 sindaci delle principali città del mondo, che insieme vogliono affrontare la crisi legata al cambiamento climatico.

Il piano intende creare una collaborazione basata su un approccio inclusivo e scientifico. L’obiettivo è quello di dimezzare le emissioni di ogni città, entro il 2030, e di costruire comunità sane, eque e resilienti attraverso una diplomazia internazionale. Inoltre, si punta a facilitare investimenti in lavori verdi e progetti che migliorano la resilienza nelle città.
   

La partecipazione all’iniziativa non si basa sulle tasse ma sulle prestazioni di ogni città che a tal proposito ha dei doveri da rispettare.

Come già detto deve presentare un piano d’azione per il clima resiliente e inclusivo in linea con l’ambizione di 1.5 °C dell’accordo di Parigi. In questo senso servirà poi un regolare aggiornamento di tale piano, anche in virtù del fatto che l’impegno deve essere portato avanti fino al 2024. Successivamente sarà rinnovato per il 2030.

     

Tali modifiche avverranno grazie a strumenti di vario tipo per affrontare la crisi climatica, integrando i propri obiettivi climatici nei processi decisionali maggior impatto. Senza dubbio servono innovazioni e iniziative inclusive e resilienti per affrontare le emissioni al di fuori del controllo diretto del governo della città.

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Economia circolare: in Francia nasce il bonus riparazione tessile.

By : Aldo |Luglio 16, 2023 |Emissioni, Home, obiettivomeno emissioni, plasticfree, Rifiuti |Commenti disabilitati su Economia circolare: in Francia nasce il bonus riparazione tessile.
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L’economia circolare si basa su vari principi tra i quali il riciclo e il riuso, due concetti validi in qualsiasi ambito e per qualsiasi prodotto.

Tuttavia, la riparazione è un’azione basilare per poter sviluppare tante altre attività: per questo la Francia sta dando una grande lezione a tutti.

  

Fonds réparation textile

Questo il nome in francese di quello che noi definiamo il “Bonus riparazione”, la nuova iniziativa francese per il settore tessile.

Il fondo in questione è stato creato sulla base di due azioni principali con l’obiettivo di migliorare l’economia circolare del paese.

Il primo punto è il “bonus”, ovvero uno sconto applicato in fattura, per coloro che portano a riparare i propri capi d’abbigliamento o le calzature. Tale sconto sarà diverso in funzione del lavoro da svolgere, per un minimo di €6 ad un massimo di €25. Per esempio, sostituire la pelle consumata di un paio di scarpe fino a €25 o incollare una scuola staccata a €8.

    

Il secondo invece è un’iniziativa che indica le azioni complementari al bonus, si tratta di campagne di sensibilizzazione sul servizio, pubblicizzazione e formazione degli operatori.

L’obiettivo è quello di sostenere gli artigiani del settore, aumentando i posti di lavoro, ma anche quello di ridurre sprechi ed inquinamento dell’industria tessile.

Così si mira a prolungare la durata dei beni di consumo, ridurre i rifiuti e cambiare l’approccio culturale agli sprechi. Inoltre, si vuole aumentare il volume di capi d’abbigliamento e scarpe riparati in Francia del 35% entro il 2028.

   

Con questo nuovo sistema, si crea un grande incentivo per i cittadini francesi, i quali potrebbero pian piano cambiare abitudini, aiutando il pianeta.

      

La collaborazione con Refashion

Lo stato ha collaborato con l’organizzazione per la moda sostenibile Refashion. Questa si  occuperà della piattaforma online per l’iniziativa e si impegnerà nella verifica dei requisiti necessari dei negozi, per ricevere i fondi per la riparazione.

Il programma sarà lanciato quando il governo avrà incluso almeno 500 realtà nella nazione entro la fine dell’estate. Così facendo il servizio verrà attivato da ottobre 2023 e sarti e calzolai registrati saranno “etichettati” come partecipanti.

Questa rete consentirà di comprendere gli artigiani senza limitazioni relative alle dimensioni dell’azienda o ai loro rapporti con i grandi brand della moda. Pertanto, i negozi registrati, non potranno rifiutarsi di aggiustare prodotti di firme diverse da quelle con cui hanno collaborazioni.

  

Al momento ben 250 esercenti hanno mandato la loro domanda di adesione.

    

La legge anti-spreco

Il progetto conta finanziamenti per i prossimi 5 anni grazie al fondo dedicato da 154 milioni di euro, raccolti per lo scopo dal 2020.

È un piano che si aggiunge ad una serie di provvedimenti per ridurre i rifiuti, grazie alla cosiddetta legge anti-spreco del 2020. Grazie ad essa sono state vietate varie pratiche abitudinarie che producono grandi quantità di rifiuti inutili.

Quindi sono stati vietati i sacchetti di plastica nei supermercati e le confezioni monouso nei fast food. In più è stato introdotto bonus riparazione per elettrodomestici, giocattoli e altri prodotti e costruito fontanelle negli spazi pubblici.

   

Un ulteriore incentivo è l’eco-score, una certificazione (volontaria) dei prodotti con la quale si indica il loro impatto ambientale e la riparabilità (attiva dal 2024). Queste pratiche favoriscono sempre più i processi circolari che creano benefici sia per l’ambiente che per l’economia del paese.

 

Il contesto ambientale e il fast fashion

Tutte queste attenzioni, soprattutto verso il settore tessile, dipendono da una situazione ben precisa e abbastanza critica.

Per l’ONU, il settore tessile rappresenta attualmente una delle attività umane con l’impatto ambientale più alto a livello mondiale. L’industria è causa di acque reflue piene di componenti chimici, elevate emissioni di CO2, dispersione di microplastiche e una grande quantità di rifiuti. Di preciso annualmente in Francia vengono buttate via 700 mila tonnellate di vestiti, di cui sono 1/3 viene riutilizzato.

     

A questo si aggiungono i problemi correlati al fast fashion, i quali incrementano e velocizzano i danni sopra elencati.  Secondo la Banca Mondiale, il totale di rifiuti a livello globale sarà di 3,4 miliardi tonnellate all’anno entro il 2050. Questa moda mette in pericolo l’intera industria tessile, danneggiando non solo l’ambiente ma anche e i piccoli artigiani.

    

Da qui la scelta del nuovo fondo.

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L’Europa approva la Nature Restoration Law: obiettivi, target e disaccordi.

By : Aldo |Luglio 14, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’Europa approva la Nature Restoration Law: obiettivi, target e disaccordi.

L’Unione Europea è una delle comunità più virtuose per quanto riguarda la sostenibilità e l’ambiente. A volte però in Parlamento, non sono tutti d’accordo e degli obiettivi importanti faticano ad essere raggiunti.

    

L’atteso “SI”

Finalmente dopo vari tentativi, è stata approvata la legge per il ripristino della natura (Nature Restoration Law). La norma è passata al voto più volte ma mercoledì 12 luglio il parlamento europeo l’ha approvata con ben 366 voti favorevoli.

Questa vittoria, raggiunta con fatica, determina un punto di svolta per la salvaguardia della natura, dei suoi habitat e non solo.

Già a maggio 2020 venne pubblicata la strategia europea per la biodiversità (per il 2030). Durante il 2021 ci sono stati vari incontri per definire i punti della nuova norma proposta poi a giugno 2022.

La legge è stata approvata con 366 voti favorevoli e 300 contrari. Purtoppo questo risultato dimostra come ancora molti governi non abbiano capito l’importanza della proposta, che porterebbe benefici sia al pianeta che all’uomo.

   

Cosa prevede la legge

Gli obiettivi della legge mirano al ripristino degli ecosistemi, degli habitat e delle specie delle terre e dei mari dell’unione europea.

Questo per consentire il recupero duraturo e sostenibile della biodiversità e della natura resiliente. In più è necessaria per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’UE in materia di mitigazione e clima adattamento al clima.

Un ulteriore motivo per il quale era opportuno approvare questa legge è quello di rispettare gli impegni internazionali. Questi obiettivi saranno supportati da svariati target che determinano la riuscita di tale “sfida” con il cambiamento climatico.

  

I target

Lo scopo generale è quello di proteggere almeno il 20% delle aree marine e terrestri dell’UE entro il 2030. Con esse tutti gli ecosistemi che hanno bisogno di un ripristino entro il 2050. Questo sarà possibile per mezzo di tante azioni specifiche sviluppate in ogni paese dell’Unione, descritte di seguito.

Un primo ambito è quello legato alla legislazione esistente, (per zone umide, foreste, praterie, fiumi e laghi, brughiera e macchia, habitat rocciosi e dune). Si intende migliorare e ripristinare gli habitat su larga scala e le popolazioni di specie migliorando e ampliando i loro habitat.

    

Nello specifico verranno sviluppati progetti di salvaguardia di habitat e specie, tra questi programmi per:

   

  • gli insetti impollinatori, fondamentali per l’agricoltura e quindi anche per l’uomo. Per questo, servirà un’inversione del declino delle loro popolazioni entro il 2030, anche grazie alla riduzione dei pesticidi chimici del 50% entro il 2030;
  • il settore agricolo, per il quale la legge la legge mira all’aumento delle farfalle dei pascoli e degli uccelli dei terreni agricoli. Si parla inoltre di un aumento dello stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati e di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche di elevata diversità. Infine, si punta alla riumidificazione delle torbiere prosciugate per un maggiore assorbimento di carbonio;
  • gli ecosistemi forestali, per i quali si ripristineranno la connettività forestale, l’abbondanza di uccelli forestali comuni e non solo. Saranno inclusi progetti per lo stock di carbonio organico e il ripristino di foreste irregolari e invecchiate.
  • gli ecosistemi urbani, che non dovranno subire alcun tipo di perdita netta di spazio urbano verde entro il 2030. In più si richiede un aumento (minimo del 10%) della superficie totale coperta da spazio urbano verde entro il 2040 e il 2050.

Passando invece all’ambito marino e acquatico, sono previsti altri piani (più o meno simili a quelli della terra ferma. Si parla quindi di:

   

  • ripristino di habitat marini. Tra questi fondali marini o fondali sedimentari che definiscono grandi benefici anche per mitigare il cambiamento climatico. Tuttavia, c’è una maggiore attenzione per le specie marine ioniche come delfini e focene, squali e uccelli marini.
  • connettività fluviale. In questo campo, si vuole identificare e rimuovere le barriere che impediscono la connettività delle acque di superficie. Questo serve affinché almeno 25 000 km di fiumi siano ripristinati in uno stato di flusso libero entro il 2030.

 

La legge fondamentale per il recupero di biodiversità, garantendo una maggiore sicurezza alimentare e che porterà benefici anche economici…. Non poteva non essere approvata. Si stima infatti che gli investimenti in tali progetti porteranno fra gli 8 e i 38 euro in benefici, per ogni euro speso.

     

È una vittoria che dimostra anche quanto si sia ampliata la consapevolezza delle persone. Infatti, oltre alle associazioni ambientaliste d’Europa, i giovani dei movimenti verdi si sono schierati 6000 scienziati europei. Oltre a loro numerosi accademici e oltre 1 milione di cittadini che hanno firmato un appello per il “sì”.

    

Gli investimenti dell’UE ammontano a 10 milioni di euro. A questi si aggiungeranno i cofinanziamenti di 16 Paesi europei, che metteranno a disposizione i propri mezzi per le attività di ricostruzione del capitale naturale.

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Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.

By : Aldo |Luglio 12, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.
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I centri urbani si stanno evolvendo per abbracciare la sostenibilità nel miglior ed efficiente modo possibile, determinando un trend che aumenta ogni giorno di più.

Ma questo avanzamento tecnologico si sta verificando anche nelle campagne, in modo da renderle ancora più “green” di quanto già lo siano.

     

Nuovo bando PNRR

Il nuovo bando “Parco Agrisolare” mette a disposizione ben un miliardo di euro del PNRR per efficientare il consumo di energia delle aziende agricole. Si tratta di un investimento per l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei fabbricati agricoli, per produrre e vendere energia.

Un bando del genere era già uscito ma non prevedeva tante delle nuove caratteristiche per migliorare le prestazioni nei terreni coltivati. Le principali novità vertono sul consumo e la produzione di energia, ma anche sull’incremento dei contributi a fondo perduto.

Ovviamente le imprese che avranno la possibilità di godere di questo bando sono quelle correlate al settore. Parliamo di imprese e cooperative agricole, agroindustriali, consorzi, associazioni temporanee e raggruppamenti temporanei di impresa e infine all’agriturismo.

    

Nuovi finanziamenti

La nuova pubblicazione prevede la divisione dei finanziamenti per molteplici attività legate ad imprese di produzione e trasformazione di prodotti agricoli.

Il primo cambiamento fondamentale è l’incremento del contributo a fondo perduto, che con l’ultimo aggiornamento coprirà l’80% della spesa. Successivamente si riscontra un raddoppio della spesa massima ammissibile per i sistemi di accumulo e ricarica.

  

Si tratta di un aumento delle spese, che ammonta a 100.000 euro (prima pari a 50.000 euro), eventualmente integrabile ad un’ulteriore quota. È prevista una spesa fino a 30.000 euro, se si installano dei dispositivi di ricarica elettrica per la mobilità e le macchine agricole. Ma non è tutto.

 

Nella stesura della gara è stato introdotto un nuovo concetto di autoconsumo condiviso. In pratica ci sarà la possibilità di installare impianti di autoconsumo condiviso, per aziende che svolgono lo stesso tipo di attività. Per l’installazione degli impianti sono stati stanziati 700 milioni di euro (per la produzione) e 150 milioni di euro per le aziende di trasformazione. Mentre una quota maggiore sarà destinata alle PMI, soprattutto se in aree svantaggiate.

 

Novità energetiche

Nel campo energetico invece, si riportano delle novità che possono cambiare a tutti gli effetti il settore agricolo (sia di produzione che di trasformazione).

Senza dubbio, un passo in avanti è stato definito dall’eliminazione (in alcuni casi) del vincolo di autoconsumo. Pertanto, sarà possibile per la prima volta, ricevere dei contributi designati per la vendita dell’energia prodotta. Mai prima d’ora i bandi si erano spinti così oltre ed oggi si promuove l’installazione di impianti per la vendita sul mercato di energia prodotta.

 

La novità sta nel fatto che non ci saranno limiti nell’autoconsumo, l’unico criterio imposto riguarda il posizionamento dei sistemi. Questi devono essere installati esclusivamente sulle coperture. I beneficiari sono ancora le imprese di produzione primaria e quelle di trasformazione, che potranno attingere ad un contributo di 75 milioni di euro.

 

Mentre se si parla di tecnicismi è importante ricordare i nuovi target per la potenza installabile. Infatti, i nuovi impianti ammessi, devono avere una potenza maggiore uguale a 6kWp ma non superiore a 1000 kWp. Si tratta di cifre raddoppiate rispetto all’ultima pubblicazione.

In aggiunta saranno possibili interventi per la sostituzione delle coperture di amianto dei fabbricati agricoli (totale o parziale) per mezzo dei nuovi impianti. Dunque, sono inclusi interventi mirati al loro efficientamento energetico.

    

Con bandi e iniziative simili, si potrà trasformare un settore primario fondamentale soprattutto per l’Italia, rendendolo più sostenibile.

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CDP: solo il 3% delle aziende è veramente impegnato nella lotta alla desertificazione.

By : Aldo |Luglio 11, 2023 |Emissioni, Home, menorifiuti |Commenti disabilitati su CDP: solo il 3% delle aziende è veramente impegnato nella lotta alla desertificazione.

Gli impegni a favore dell’ambiente sono tanti e vari e le aziende sono le prime a dover rispettarli a pieno.

Tuttavia, in alcuni settori si notano ancora troppi pochi sforzi e in alcuni casi poca trasparenza nelle azioni sviluppate.

    

Carbon Discolure Project

Carbon Discolure Project è un’organizzazione no-profit che amministra il sistema di divulgazione globale per specifici settori. In pratica investitori, aziende, città, stati e regioni vi si affidano per gestire i propri impatti ambientali.

L’organizzazione è leader mondiale (definito anche gold standard) del reporting ambientale, poichè possiede il data set più ricco e completo sull’azione aziendale e urbana.

     

L’obiettivo è quello di costruire un’economia sostenibile che funzioni a lungo termine, per mezzo di azioni concrete e trasparenti, per un successo collettivo.

Nello specifico, il CDP misura e gestisce rischi e opportunità sul cambiamento climatico, la sicurezza idrica e la deforestazione dei suoi membri.

Attualmente conta più di 5.800 aziende europee, 18.700 a livello globale; più di 150 governi locali europei e 1.100 in tutto il mondo. Inoltre, il ministero francese, tedesco ed italiano sono partner governativi di CDP Europe.

   

L’ultimo report CDP

Nell’ultimo report riguardo la deforestazione, il CDP riporta dati che sottolineano l’importanza di una modifica dell’approccio nei confronti della deforestazione.

Lo studio dichiara che solo il 3% delle aziende traccia il rischio di deforestazione lungo la filiera, ossia garantiscono la piena tracciabilità dei propri movimenti. Quindi tali realtà sono le uniche ad effettuare valutazioni di rischi delle foreste, includendo la mappatura e la segnalazione dell’ubicazione delle operazioni e dei fornitori.

 

Ancora, il 60% delle imprese campionate ha delle misure anti-disboscamento, tuttavia sono poche quelle veramente virtuose.  Concretamente significa che 6 imprese su 10 sono trasparenti sull’impatto delle loro attività nelle foreste del mondo. Mentre il 10% ha dei programmi saldi e validi per ridurre la deforestazione a zero nell’arco di 2 anni. Ed infine, esclusivamente l’1% oltre alla deforestazione zero, si impegna nella tutela sociale ed economica per i lavoratori.

     

Deforestazione nel 2023

Quello della deforestazione sfortunatamente resta uno dei principali argomenti trattati se si parla di cambiamento climatico. In genere si discute della situazione in cui versano le foreste amazzoniche che sono state distrutte come mai prima d’ora.

Attualmente i dati a riguardo sono controversi poiché, nei primi 6 mesi del 2023, il tasso di deforestazione è calato del 34% rispetto al 2022. Purtroppo, però, determinate attività sono continuate in tutta tranquillità e nello stesso periodo sono stati rasi al suolo 2650 km2 di foresta tropicale.

 

Anche per quanto registrato dal CDP si può osservare una grande ripresa o crescita, accompagnata da dati meno positivi. Per esempio, dal 2017 le aziende che comunicano alcuni dei rischi del proprio business, legate alla deforestazione, sono cresciute del 300%. Nonostante ciò, azioni e piani validi per la salvaguardia delle foreste risultano pochi e poco efficaci.

In breve, ci sono tante parole e pochi fatti.

     

Economia

Come detto nel paragrafo precedente, il CDP si occupa anche di economia dimostrando nei suoi report cifre legate ad attività nell’ambito del “polmone verde”.

Quello che si legge nell’ultima analisi, afferma che gli investimenti per mitigare i rischi della deforestazione convengono più della noncuranza di un’azienda.

Il totale delle perdite potenziali, ossia perdite legate alla compensazione de danni provocati è di 330 milioni di dollari per azienda. Quando per le misure di mitigazione servono appena 17 milioni di euro.

Anche in questo caso la prevenzione conviene sotto tutti i punti di vista.

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I contenziosi climatici possono effettivamente contrastare il cambiamento climatico?

By : Aldo |Luglio 06, 2023 |Acqua, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su I contenziosi climatici possono effettivamente contrastare il cambiamento climatico?
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Negli ultimi anni l’attenzione verso la questione climatica è cresciuta per via di una maggiore informazione, nuovi studi e corsi universitari.

Contemporaneamente si è ampliato il campo dell’attivismo che cerca quotidianamente di cambiare le cose… Ma gli attivisti riusciranno davvero a fare la differenza?

   

Gli esiti positivi

Secondo il monitoraggio annuale della London School of Economics, i casi positivi di processi per il clima contro governi e imprese sono in crescita.

L’analisi presenta cifre rilevanti di cui però si parla poco. Questi dati dovrebbero essere resi noti ad una maggior parte della popolazione, di modo che tutti capiscano quanto sia importante l’attivismo al giorno d’oggi.

Infatti, lo studio afferma che in tribunale gli esiti positivi sono più del 50% e di solito le aziende sono gli enti più accusati.

    

Nonostante ciò, a prescindere dall’esito del contenzioso, portare in tribunale un’impresa o un governo, ha sempre un grande impatto nel mondo.

L’analisi, infatti, riporta che le cause sul clima hanno comunque degli effetti indiretti significativi, anche per chi viene accusato. Questo perchè, un contenzioso, anche se climatico, può diventare un precedente per processi futuri. A quel punto l’accusato è obbligato a correggere il tiro delle sue azioni, per non incappare nuovamente in un caso simile, partendo però svantaggiato.

    

I numeri dell’attivismo

La crescita di tali pratiche ha registrato un picco di 2.341 casi totali nel 2021: di questi 1.557 (ossia i 2/3) risalgono a dopo il 2015.  

Nell’arco di un anno, tra maggio del 2022 e maggio del 2023 sono stati avviati altri 190 contenziosi, di cui 7 in paesi ancora “intonsi”.  Tra questi Bulgaria, Cina, Finlandia, Romania, Russia, Thailandia e Turchia.

Seppur le cause contro i governi sono diminuite dal 70% al 54%, le imprese continuano ad essere condannate maggiormente per quanto riguarda il climate washing.

   

Le aziende nel mirino

Le cifre parlano chiaro: negli ultimi 7 anni sono state intentate 81 cause di cui 27 nel 2021 e 26 nel 2022.

Solitamente le aziende vengono chiamate in giudizio proprio per le loro pubblicità ingannevoli (che si tratti di climate o green washing). Precisamente vengono contestati i contenuti, la comunicazione e la veridicità degli impegni climatici delle aziende, poiché spesso sono falsi o si basano su programmi inappropriati.

    

Un ulteriore dissenso riguarda l’enorme potere che tali realtà hanno, con il quale influenzano il mondo, ma in maniera negativa. Se invece tale potere venisse usato opportunamente, si potrebbe contrastare il cambiamento climatico più facilmente e rapidamente.

Ma la poca trasparenza e coerenza delle azioni delle imprese non consentono tale opposizione ed è per questo che le aziende vengono portate in tribunale.

Gli accusatori sono generalmente enti amministrativi o grandi associazioni di attivismo e non dei singoli. Così facendo si è più sicuri che la causa venga presa in considerazione vista l’importanza di chi si espone in primo luogo.

    

Dallo studio si percepisce quanto sia importante la collettività e la collaborazione tra enti, associazioni e cittadini per dare una svolta al futuro.

Nuovamente si ripresenta l’idea che il singolo ha un potere ben specifico che, se unito a quello di tanti altri individui, può effettivamente fare la differenza.

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La Convenzione di Honk Kong entra in vigore: al via il riciclo delle navi.

By : Aldo |Luglio 04, 2023 |Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |Commenti disabilitati su La Convenzione di Honk Kong entra in vigore: al via il riciclo delle navi.

L’economia circolare si basa su un ciclo continuo che considera i rifiuti come risorse e materie con le quali dar vita a nuovi prodotti.

Al giorno d’oggi possiamo approssimativamente riciclare tutto quello che creiamo e dal 27 giugno anche le navi attraverso un nuovo regolamento.

La convenzione di Hong Kong

La Convenzione di Hong Kong venne approvata nel 2009 con la descrizione di obiettivi e criteri ben precisi.

Lo scopo della convenzione era quello di garantire che il riciclo delle navi non presentasse più rischi inutili per la salute e la sicurezza umana e ambientale.

Si tratta dunque di un regolamento volto alla sostenibilità che  abbraccia il concetto del ciclo “dalla culla alla tomba”, senza arrecare ulteriori danni al pianeta.

Tuttavia, la norma è entrata in vigore solo dopo 16 anni, poiché sono stati raggiunti tutti e tre i requisiti richiesti dall’IMO (Organizzazione marittima internazionale):

  • non meno di 15 Stati;
  • non meno del 40% del trasporto mercantile mondiale per stazza lorda;
  • capacità di riciclaggio delle navi non inferiore al 3% del tonnellaggio lordo della marina mercantile combinata degli Stati summenzionati.   

L’entrata in vigore e i cambiamenti

Il 27 giugno 2023, la convenzione ha raggiunto il numero minimo di adesioni grazie alla firma di Liberia e Bangladesh.

Oltre a loro avevano già approvato la convenzione Belgio, Repubblica del Congo, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ghana, India, Giappone, Regno dei Paesi Bassi, Norvegia. E ancora Panama, Portogallo, São Tomé e Principe, Serbia, Spagna, Türkiye, Lussemburgo e Malta.

Con le ultime due firme, il settore di riciclo delle navi è cambiato per sempre; sarà più regolamentato quindi sicuro a livello ambientale e umano.

Oggi gli stati contraenti sono 22, rappresentando circa il 45,81% del tonnellaggio lordo, mentre il volume annuale combinato di riciclo ammonta a 23.848.453 tonnellate.Tale cifra è pari al 3,31% del volume richiesto, quindi si prospetta un’ottima partenza, prevista 24 mesi dopo la firma degli ultimi due stati.

La convenzione attribuisce responsabilità e obblighi a tutte le nazioni contraenti e nello specifico a molteplici figure e settori del campo navale.

Tra questi gli armatori, i cantieri navali, gli impianti di riciclo delle navi, gli stati di bandiera, quelli di approdo e quelli dove avviene il riciclo.

A questo punto le navi una volta finita la loro vita operativa, dovranno presentare a bordo un inventario dei materiali pericolosi contenuti in essa.

Gli impianti autorizzati, dovranno fornire un piano di riciclo specifico per ogni imbarcazione e i governi dovranno rispettare l’accordo sugli impatti sotto la loro giurisdizione.

La normativa entrerà in vigore concretamente il 26 giugno 2025.

Bangladesh

Il Bangladesh è uno dei paesi con la maggiore capacità di riciclo, poiché è lo stato in cui vengono portate più navi a fine vita.

Solo nel 2019 sono arrivate a rottamazione ben 674 navi commerciali oceaniche e unità offshore. Di queste, ben 469 sono state demolite solamente su tre spiagge tra il Bangladesh, l’India e il Pakistan.

Per questo il Bangladesh è parte del progetto SENSREC dell’IMO (finanziato dalla Norvegia per 4 milioni di dollari dal 2015).

Il programma ha lo scopo di coltivare un forte senso di proprietà nel riciclaggio ecologico delle navi in Banglades. Sono stati inclusi i lavoratori, i proprietari di cantieri e parti interessate, per sviluppare una comprensione completa delle sfide e delle opportunità all’interno del settore.

Di questo passo, con iniziative, norme, obblighi e finanziamenti, anche i paesi in via di sviluppo possono trovare il loro posto nella transizione ecologica. 

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Mini fotovoltaico da balcone: le soluzioni per l’accumulo di energia domestica.

By : Aldo |Luglio 03, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Mini fotovoltaico da balcone: le soluzioni per l’accumulo di energia domestica.

L’aumento dei prezzi degli ultimi mesi ha consentito una crescita di richieste del fotovoltaico in vari ambiti.

Di conseguenza sono incrementate anche le ricerche per agevolarne l’utilizzo domestico, in modo tale che anche nei condomini, le persone potessero scegliere un’alternativa sostenibile.

    

Mini fotovoltaico da balcone

I pannelli fotovoltaici non sono più una sorpresa: possono essere installati ovunque se sono presenti le opportune condizioni e possono creare tanti vantaggi.

Ad oggi è possibile installarli nei condomini e nei balconi, affinché ognuno abbia la possibilità di scegliere la fonte di energia che più preferisce.

Per questo sono stati creati ed è cresciuta l’attenzione verso i mini-fotovoltaici da balcone, piccoli sistemi di produzione energetica pulita ad uso domestico.

Si tratta di una soluzione contenuta che garantisce dei vantaggi diversi rispetto al solito fotovoltaico installato sul tetto. Tra questi possiamo elencare subito la facilità di installazione tramite dei ganci da montare sulla ringhiera o sulla muratura.

Questo sistema definito “plug-and-play” rende possibile la rimozione del dispositivo in caso fosse necessario, poichè dotato di struttura autoportanti.

    

Questione energetica

Un secondo vantaggio riguarda la possibilità di impiegare direttamente l’energia generata nella rete domestica, grazie ad un micro-invertitore.

Anche se si tratta di una potenza contenuta, il dispositivo permette l’uso immediato dell’energia rinnovabile grazie all’inserimento della spina. Nello specifico il kit venduto prevede moduli da 300-400 watt (a testa).

Inoltre, è semplice anche il procedimento burocratico e autorizzativo, poiché bastano 2 passaggi che coinvolgono due enti.

Bisogna comunicare preventivamente la modifica al condominio e inviare la Comunicazione unica al distributore elettrico di zona.

 

La ricerca per la batteria

Il sistema è sicuramente efficiente per un utilizzo immediato dell’energia ma al momento non è previsto un metodo di accumulo di energia dal dispositivo.

Per questo un gruppo di scienziati dell’Offenburg University of Applied Sciences in Germania ha iniziato una ricerca per integrare una batteria d’accumulo.

La squadra ha ideato 2 strategie per riservare l’energia prodotta dal pannello in una batteria a litio di medie dimensioni, simile a quella delle biciclette elettriche.

I due piani puntano ad ottimizzare l’autoconsumo e la copertura del carico di base per raggiungere l’obiettivo finale.

Nello specifico, lo studio cerca di far lavorare la batteria e il pannello insieme, senza modificare il sistema o aumentarne il costo.

Tuttavia, si tratta di un’operazione difficile a livello tecnico, dunque, sarà necessario impiegare delle misure di accoppiamento tra i 3 moduli (fotovoltaico, micro-inverter e batteria)

La prima misura, l’ibridazione passiva, definita “diretta” vista la connessione parallela tra pannello e batteria. La seconda invece, l’ibridazione attiva, è detta attiva perchè prevede un controller tra la batteria e il dispositivo fotovoltaico.

 

Le prove

Attualmente questi sistemi sono stati testati per un arco temporale continuo di 3 giorni, in condizioni reali di irraggiamento solare.

I risultati dimostrano un funzionamento stabile che prevede il passaggio dell’energia fotovoltaica dal giorno alla notte.  

La ricerca può continuare per far sì che, anche gli appartamenti che godono di un’ottima condizione di irraggiamento durante l’anno, possano usufruire di tale tecnologia.

Inoltre, un dispositivo del genere potrebbe essere un ulteriore incentivo per il miglioramento delle prestazioni di un appartamento. Di conseguenza non solo i proprietari delle ville, ma anche chi vive in condomini e appartamenti potrà servirsi di nuovi sistemi e vantaggi economici.

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Risparmiare acqua con l’irrigazione a goccia: ecco l’innovazione sostenibile.

By : Aldo |Giugno 29, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, mare, menoacqua, plasticfree |Commenti disabilitati su Risparmiare acqua con l’irrigazione a goccia: ecco l’innovazione sostenibile.

É arrivata l’estate e il caldo non tarda a manifestarsi e con lui purtoppo la siccità.

Pertanto, c’è chi ha pensato di focalizzare i propri studi su innovativi metodi di irrigazione, per far sì che in agricoltura non si sprechi troppa acqua.

   

La situazione irrigua in Europa

Da anni purtoppo la siccità è parte delle nostre estati se non anche delle primavere. Non è una novità che l’acqua dolce scarseggia sempre più e che la colpa sia dei cambiamenti climatici e della scarsa manutenzione delle reti idriche.

Ma se certe cose sono difficili da ripristinare è comunque vantaggioso scegliere nuovi metodi per l’uso dell’acqua; in primis quello dell’irrigazione.

In tal senso, l’Europa cerca costantemente di migliorare le sue prestazioni anche se presenta casi diversi a seconda della posizione geografica.

    

Per esempio, l’Italia è uno dei paesi con più propensione all’irrigazione a livello europeo. Si posiziona al quarto posto dopo Malta, Grecia e Cipro, tra i paesi in cui più del 20% della superficie agricola utilizzata viene sottoposta a irrigazione.

Poiché nel Belpaese più della metà del volume idrico è impiegato per scopi irrigui, è necessario un efficientamento degli strumenti per ridurre gli sprechi.

Di solito l’irrigazione considerata è quella a spruzzo, a rotore o a pioggia con un’efficienza tra il 35% e il 50%; per questo si parla di irrigazione a goccia (efficienza al 90%).

     

L’innovazione è usata principalmente per gli alberi da frutto, viti e pomodori e di certo è il metodo più efficiente e considerato per le serre. Inoltre, a Piacenza l’80% dei suoli utilizza tale metodo garantendo un’efficienza idrica dell’95% e un risparmio d’acqua variabile dal 35% al 55%.

    

L’irrigazione a goccia di Stanford

Per quanto possa esser un sistema di irrigazione avanzato, efficiente, attento agli sprechi e quindi anche ai costi, c’è ancora margine di miglioramento.

Così che i ricercatori dell’Università di Stanford hanno deciso di ottimizzare ulteriormente l’irrigazione a goccia, riducendo nuovamente l’uso dell’acqua.

    

La studio si basa su un sistema intelligente che possa rilasciare acqua solo quando e dove necessario determinando un risparmio doppio dell’oro blu.

Infatti, la tecnologia permette di stimare la perdita d’acqua per via dellevapotraspirazione, in modo che la pianta riassorba quella evaporata.

Si tratta di un sistema con alti livelli di precisione e di velocità, la quale cambia tanti aspetti di una possibile coltivazione. Perchè se combinata con varie tecnologie si potrebbe adattare l’irrigazione a seconda del bisogno della pianta ma anche alle condizioni meteorologiche.

     

La tecnologia

È proprio la velocità dettata dall’informatica a rendere più efficiente il sistema di Stanford. Infatti, sono stati selezionati 2 algoritmi che lavorano con dati misurati disponibili (umidità del suolo e assorbimento di acqua delle radici) e misurazioni successive. Dopo vengono elaborati dei risultati nell’arco di 10 minuti, rendendo il sistema 100 volte più veloce di uno convenzionale.

    

A tal punto i vantaggi sono molteplici e non riguardano solo l’uso dell’acqua ma anche un efficientamento nell’uso della risorsa suolo e quindi dell’agricoltura.

Nello specifico si pensa che l’applicazione di questo nuovo modello potrebbe nutrire la popolazione mondiale in crescita senza danneggiare ulteriormente l’ambiente. Quindi preservandolo per le generazioni future.

Come in tanti altri casi, serviranno altri test in campo per valutare qualsiasi variabile, miglioramento o chiarire ogni dubbio.

   

Il vantaggio di risparmio idrico si lega al risparmio economico derivante dall’efficienza del sistema. Ulteriori benefici sono dati dal fatto che riduce la lisciviazione di acqua e nutrienti al di sotto della zona radicale.

    

In cosa consiste l’irrigazione a goccia.

Tale tecnica consiste nel posizionamento di una rete di tubi con degli erogatori che si trovano ad una distanza fissa l’uno con l’altro. O comunque sono disposti in corrispondenza delle piante che devono ricevere l’acqua.

Questi consentono un’applicazione uniforme, misurata e controllata di acqua e nutrienti necessarie alla crescita, direttamente nella zona radicale.

Così facendo, la pianta reintegra quasi immediatamente l’umidità e i nutrienti, senza mai arrivare ad uno stato di stress idrico. La pianta, quindi, avrà la possibilità di crescere in maniera ottimale e la piantagione sarà caratterizzata da una resa elevata.

In particolare, il 21,3% della superficie irrigua nazionale è legato alla tecnica della micro-irrigazione, in modo rilevante in Liguria, Puglia, Sicilia e Basilicata.

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Le cozze potranno aiutarci nella riduzione delle microplastiche in acqua.

By : Aldo |Giugno 26, 2023 |Clima, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Le cozze potranno aiutarci nella riduzione delle microplastiche in acqua.

Spesso la natura che noi stessi dovremmo proteggere, ci regala delle soluzioni a problemi da noi creati.

Proprio per queste capacità sarebbe importante studiarla sempre meglio, usufruendone nel migliore dei modi possibili.

      

La scoperta della “natura”

È recente lo studio pubblicato nel Journal of Hazardous Materials che spiega come le cozze possono aiutarci nel ridurre le microplastiche in acqua.

L’analisi condotta dal Plymouth Marine Laboratory afferma che i filtratori, possano intrappolare le microplastiche, concentrandole nelle loro feci.

Nello specifico si tratta della cozza azzurra (Mytilus edulis), un mollusco filtrante e verace caratterizzato da un un guscio blu-nero.

In questo momento, la ricerca svolta ha dato ottimi risultati che tuttavia non sono la soluzione a questo grande problema, ma sicuramente un grande aiuto.

    

Gli step dell’analisi

I ricercatori hanno scelto queste cozze da un allevamento in Cornovaglia e le hanno sottoposte a vari test.

Nella prima prova i bivalvi vengono situati in un contenitore d’acciaio, nel quale viene pompata l’acqua carica di microplastiche.

Con questo primo test, gli studiosi hanno visto che i filtratori consumano circa due terzi delle microplastiche presenti nel serbatoio. Successivamente le secernono dal loro corpo attraverso le loro feci.

Dopo un primo successo, si è attuata una seconda prova in un porto locale, precisamente in un’insenatura soggetta ad inquinamento da imbarcazioni. Dunque, l’ambiente risulta altamente inquinato anche per le fuoriuscite di inquinanti o materiali legate a scarichi delle stesse imbarcazioni.

300 esemplari sono stati riposti in cestini disposti in vasche calate in acqua: ognuno di questi contenitori ha un setaccio per catturarne le feci. Intanto uno sbocco in un altro serbatorio permette all’acqua di ritornare nell’ambiente originale.

A quel punto, gli scienziati hanno confermato il fatto il che le feci con le microplastiche affondano rapidamente nel mare. Pertanto, risulta più facile raccoglierle, al contrario delle particelle sospese in acqua.

    

Le cifre della ricerca

È stato calcolato che 5 kg di cozze in un porto urbano possono raccogliere circa 240 (±145) microplastiche, ma è importante la loro localizzazione.

Perchè si, le cozze filtrano l’acqua dai contaminanti, ma allo stesso tempo le loro concentrazioni non possono eccedere nel piccol corpo dell’esemplare. Tale attenzione è fondamentale per non rovinare l’habitat e permettere una vita sana al bivalve.

In concreto con circa 3 miliardi di cozze, poste in prossimità di un estuario si potrebbe estrarre il 4% delle microplastiche che arrivano dai fiumi.

       

L’incertezza dello studio

I test hanno portato ad un risultato sorprendente: i bivalvi in esame sembrerebbero capaci di rimuovere circa un quarto di un milione di particelle all’ora.

Nonostante tale scoperta sia un passo in avanti, non risulta essere una soluzione definitiva, ma un processo da affiancare ad attività di maggiore impatto.

Questo perchè per fare la differenza serve una quantità immensa di individui in tante aree diverse. Si tratta più o meno di 2 milioni o più di cozze che filtrano 24 ore al giorno (costantemente) per trattare una baia del New Jersey.

Tale situazione è abbastanza irreale poiché le condizioni descritte non sono compatibili con la natura. D’altra parte, instaurando una grande quantità di bivalvi in una determinata area, si romperebbero gli equilibri dell’ecosistema scelto.

           

Le conclusioni

Questo studio dimostra come dei piccoli esseri, possano aiutarci nella lotta contro la plastica, dannosa per l’ambiente e per noi.

Sembra addirittura che da queste microplastiche si possa creare biofilm, così da rimuovere l’inquinante per trarne dei benefici, attuando anche in questo caso un’economia circolare.

Sicuramente serviranno ulteriori studi e test per poter dichiarare questa pratica come efficiente. Nell’attesa è importante ricordare che la prima azione di grande impatto resta sempre il cambio delle nostre abitudini nell’uso e consumo della plastica.

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