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Riciclare le batterie delle auto elettriche: un futuro business italiano.

By : Aldo |Marzo 08, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menorifiuti |Commenti disabilitati su Riciclare le batterie delle auto elettriche: un futuro business italiano.

Il riciclo è uno dei fattori fondamentali per ridurre lo spreco e alzare il livello di sostenibilità nel mondo.

Con gli ultimi studi, sempre più prodotti possono sottoporsi al processo del riciclo, tra questi anche le batterie.

   

Il nuovo settore

In Italia, dal 2019 al 2021, la diffusione delle auto “plug-in” è aumentata del 251,5% con 60.000 auto immatricolate (tra elettriche e ibride).

Tale crescita avvenuta anche in Europa, ha consentito di studiare in maniera dettagliata i motori di queste macchine sotto ogni punto di vista.

Non a caso, tra i vari aspetti è stato studiato il motore, che ha portato ad un’intuizione di grande rilevanza, economica e non solo.

Di conseguenza in Europa si è aperto un settore dal valore di 6 miliardi di euro: quello del riciclo delle batterie dei veicoli elettrici.

   

Il vantaggio economico

Il vero beneficio di cui potrebbe godere l’Unione è proprio quello legato alla sostenibilità dunque all’economia circolare.  Questo lo dimostra lo studio “Il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici @2050: scenari evolutivi e tecnologie abilitanti”.

   

Presentata il primo marzo da Motus-E, il Politecnico di Milano e Strategy&, l’analisi descrive un futuro brillante la comunità europea.

Nello specifico si ipotizza che al 2050, si potrebbero ricavare 6 miliardi di euro dalla vendita di materie prime, anche rare, riciclate. Si parla di litio, cobalto e nichel, tra i minerali più usati nella composizione di motori elettrici, come in tanti dispositivi elettronici.

Il nuovo settore è poi incentivato dai nuovi target europei sul contenuto minimo di materiale riciclato nelle batterie dei veicoli elettrici.

   

Pertanto, si prevede che nel 2050, 3,4 milioni di tonnellate di batterie alla fine della seconda vita, vengano riciclate. In tal modo si supererebbero le cifre attuali che non vanno oltre le 80.000 tonnellate annue.

Inoltre, la direttiva 2006/66/CE definisce in modo chiaro, la fase finale della vita della batteria di un veicolo elettrico. Dopo l’utilizzo è destinata al riciclo.

Successivamente al primo uso, la batteria viene riportata in vita ed impiegata per applicazioni stazionarie pubbliche o privati. Dopodiché si avvia la fase di riciclaggio.

   

Un futuro business italiano

Includere questo meccanismo nell’economia del nostro Paese potrebbe riconoscergli un ruolo da protagonista in Europa.

Poiché l’Italia ha una grande esperienza con i motori e con il riciclo, potrebbe far convergere i due mondi per crescere.  Secondo le statistiche, potrebbe ricavare tra i 400 e i 600 milioni di euro contando solamente le batterie già presenti nel suo territorio.

   

Se questo settore si ampliasse, si verificherebbe un effetto domino (di incremento) anche sul parco elettrico circolante.

Uno sviluppo simile sarebbe capace di offrire tanti benefici occupazionali e ambientali se non a rendere indipendente lo stato. Esattamente con il riciclo e la lavorazione delle materie prime in “casa”, si potrebbe fare leva sulle proprie potenzialità.

Questa possibilità ha permesso di incentivare nuovi studi ma soprattutto di investire nel campo descritto, per avere un vantaggio competitivo.

    

Se si verificasse concretamente, questa soluzione consentirebbe all’Italia di affermarsi in un settore tecnologico e avanzato. Inoltre, i suoi benefici sarebbero talmente tanti, da coprire una vasta gamma di persone, impieghi e modi di vivere.

Questo è il concetto alla base della sostenibilità, ovvero un’interconnessione tra ambiente, società ed economia.

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Ikea sceglie la colla biologica per ridurre l’impronta ecologica dei suoi prodotti

By : Aldo |Marzo 07, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, plasticfree |Commenti disabilitati su Ikea sceglie la colla biologica per ridurre l’impronta ecologica dei suoi prodotti

Ormai le grandi aziende non possono più voltarsi dall’altra parte. Gli obiettivi dell’agenda 2030 e le nuove leggi promulgate dai vari stati del mondo, definiscono una linea precisa d’azione.

La novità

Ikea da anni studia come ridurre il suo impatto sul pianeta, per mezzo di maggiori accorgimenti nella produzione e nel commercio dei suoi prodotti.

Di conseguenza non può passare inosservata la notizia del primo marzo, per la quale l’azienda sceglie di puntare sulla colla biologica.

Senza dubbio, sarà un processo graduale, di sostituzione della colla comune di matrice fossile, che è stata usata fino al giorno d’oggi.

Per tale motivo, l’obiettivo preposto è quello di ridurre l’uso di quest’ultima del 40% e le emissioni di gas serra ad essa correlate del 30%.

Perchè cambiare?

La decisione del colosso dell’arredamento deriva da un’attenta valutazione della propria produzione e del mercato.

Precisamente, Ikea ha analizzato che l’uso di colla comune nei materiali di cartone determina il 5% della sua impronta nel mondo.
Questo perchè la colla usata attualmente è di base petrolchimica, quindi, rappresenta un materiale di basso costo facile da usare negli adesivi.

Ma data la sua origine, è nociva per l’ambiente. L’estrazione e l’uso del petrolio creano gravi danni in natura, come anche le sostanze chimiche altamente tossiche che rilascia durante la lunga biodegradazione.

Pertanto, dopo più di 10 anni di studio, l’azienda è riuscita a raggiungere l’obiettivo preposto.

 

Cosa si intende per colla biologica?

Secondo Adhesive Platform, si intendono colle biobased, tutte quelle che possono essere prodotte da amido, olio vegetale, diverse proteine, lignina e resina naturale.

Quindi Ikea si è mossa in modo da trovare la giusta soluzione, avviando dei programmi per acceleratori, proprio per sperimentare varie alternative.

Tra i molteplici esperimenti, sembra che quello attivo in Lituania (Kazlu Ruda) sia il più valido.

Si tratta di una colla composta di amido tecnico di mais che non deriva da coltivazioni alimentari, ma da colture industriali separate.

Perciò, vista l’apparente efficienza, la società introdurrà questo nuovo composto progressivamente nei suoi processi di produzione.

Obiettivi e idee

Tale innovazione, non è la prima considerata da Ikea per la sua transizione ecologica.

Infatti, da tempo ha incrementato l’uso del legno riciclato e si è impegnata per arrivare ad un consumo energetico al 100% rinnovabile entro il 2030.

A queste premesse, segue l’intenzione di integrare la propria sostenibilità con la selezione di materiali rinnovabili e riciclabili.

Secondo Venla Hemmilä, Material and Technology Engineer di IKEA di Svezia, questi sono dei cambiamenti necessari all’interno dell’industria.

Che siano anche delle modifiche minori, come quella appena descritta, sono sempre dei passi in avanti che possono avere dei grandi impatti.

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Nokia torna in pista con un modello di telefonia sostenibile.

By : Aldo |Marzo 06, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti |0 Comment

Dopo anni, la Nokia torna sul commercio con una nuova visione del mondo della telefonia.

Un nuovo logo e nuovi modelli cambieranno le sorti del colosso.

    

Il nuovo modello

G22 è il nuovo smartphone della Nokia, unico al mondo nel suo genere. Si tratta del primo telefono al mondo pensato per essere riparato facilmente, rendendolo molto più sostenibile di tanti altri telefoni.

É dotato di un display da 6,5”, memoria interna che può variare tra i 4 e i 128 GB, 3 fotocamere esterne e una interna.

Ovviamente, quelli elencati non sono i connotati di un pezzo di alta gamma ma d’altronde non era quello l’obiettivo della Nokia.

Questo lo si può intuire anche dal prezzo, di soli 189 euro, una cifra tra le più basse nel mercato dei nuovi smartphone.

Ulteriori caratteristiche che lo rendono particolare sono la scocca in plastica riciclata al 100% e la possibilità di ripararlo direttamente a casa.

 

iFixit

Il nuovo prototipo è accessibile ad un’ampia clientela sia per il prezzo che per la possibilità di una durata maggiore.

Grazie alle tecnologie di iFixit (comunità globale volta a promuovere la riparazione dei dispositivi elettronici), si potrà aggiustare il telefono in pochi minuti.

Che si tratti di uno schermo danneggiato, il cambio della batteria o la porta di ricarica piegata, nulla sarà più costoso.

iFixit ha messo appunto un kit di riparazione (probabilmente del costo di 5 euro) che permetterà di poter risolvere delle problematiche comuni in maniera efficiente.

         

I vantaggi

In primo luogo, non si dovrà portare il telefono in assistenza, quindi si risparmieranno soldi e tempo, inoltre si aiuta anche l’ambiente.

Infatti, tra le soluzioni più sostenibili è compresa la riparazione del dispositivo. Poiché ad oggi solo l’1% degli smartphone nel mondo viene riciclato, la possibilità di riparare il proprio, in casa, rende il G22 un modello all’avanguardia.

 

Oltretutto, le tecnologie impiegate consentono alla batteria di durare addirittura 3 giorni, prolungando la vita dello stesso telefono.

Tale peculiarità permette di ridurre le emissioni di CO2 del 26% annuo, senza tenere conto di tutti gli altri passaggi della produzione.

      

Produzione europea.

La Nokia ha un’ulteriore sorpresa nel campo della sostenibilità.

L’azienda avrebbe deciso di portare la produzione in Europa. Il colosso è di proprietà dell HDM Global che ha annunciato tale cambiamento; una scelta di rilievo soprattutto per quanto riguarda il benessere della Teerra.

Questo perchè l’83% delle emissioni riconducibili alla vita di un dispositivo, sono riconducibili alla fase di produzione e trasporto.

   

Per tale motivo, la decisione di spostare le fabbriche in Europa nei prossimi anni garantirebbe un minor impatto sul pianeta.

Altresì, Ben Wood, Chief Analyst di CCS Insight dichiara:

 

… al di fuori del periodo di garanzia, circa metà degli intervistati e possessori di smartphone hanno dichiarato l’interesse a poter riparare il proprio dispositivo a un costo ragionevole e autonomamente in caso di rottura.

 

Sembra così, che l’idea della Nokia possa far breccia nei cuori dei più attenti alla sostenibilità e non solo.

Sicuramente se riuscisse in questa impresa, si cambierebbero le sorti del settore della telefonia, dimostrando quanto le tecnologie siano di aiuto per raggiungere un futuro sostenibile.

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Se fossero uno stato i SUV sarebbero il 9° inquinatore mondiale.

By : Aldo |Marzo 02, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni |0 Comment
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L’Europa fa i primi passi per cambiare rotta nell’ambito della mobilità, ma alcuni recenti studi hanno rivelato che un tipo specifico di auto è un antagonista in questa transizione.

        

Il record

Sembra che i SUV siano l’automobile più inquinante in circolo e detiene un record alquanto incredibile.

Infatti, secondo gli studi, se tutti i SUV nel mondo fossero riuniti e formassero uno stato, questo sarebbe il 9° inquinatore mondiale.

Il posto nella top 10 è dato dall’elevata quantità di emissioni di CO2 prodotta proprio dal numero complessivo di tali veicoli, nel mondo.

La quota si aggira intorno al miliardo di tonnellate di CO2, cifra che tende a crescere con l’aumentare del commercio di SUV.

Se questi ricoprono il 9° posto, vuol dire che si posizionano subito dopo il Giappone, ma precedono la prima potenza economica Europea, la Germania.

        

Cifre delle vendite

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), nel 2022 sono stati venduti 75 milioni di auto in più rispetto al 2021.

Tale dato è una media mondiale, in cui la Cina ha contato un 10% di crescita, mentre gli Stati Uniti e l’Europa hanno registrato delle flessioni.  

Ad ogni modo, le auto elettriche rappresentano il 60% delle vendite.

Nello specifico durante gli ultimi 2 anni, il settore dei SUV ha registrato un aumento del commercio pari al 3% determinando oggi, il 46% delle nuove vendite. Di cui il 16% di essi sono elettrici.

     

Le conseguenze ambientali

Essendo più grandi e pesanti rispetto alla norma, i SUV richiedono il 20% in più di gasolio e questa necessità, crea dei problemi.

Non a caso, con l’impennata delle vendite di SUV, cresce anche la domanda petrolio, e delle emissioni di CO2 (di 70 Mt CO2 nel 2022).

Pertanto l’Iea afferma che

      

“…il consumo di petrolio dei SUV è aumentato a livello globale di 500.000 barili al giorno, rappresentando un terzo della crescita totale della domanda di petrolio.”

Successivamente a tali considerazioni, si può affermare che una scelta sostenibile sia fondamentale anche in questo campo. Sicuramente il tipo di automobili descritto garantisce una maggiore comodità e sicurezza della guida, ma emette circa il 25% delle emissioni generate in un anno dall’Italia.

       

Quindi nel caso in cui si debba comprare un’auto, è importante considerare la grandezza e di conseguenza la potenza del veicolo e optare per un’alternativa più green.

         

Una macchina più piccola, anche se meno bella potrebbe inquinare di meno rispetto ad un SUV, ma se proprio non si avesse la possibilità di scelta, sarebbe meglio indirizzarsi verso l’auto elettrica.

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Riscaldamento domestico: decarbonizzarlo non basta.  

By : Aldo |Febbraio 28, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

Gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 sono diversi, importanti se non fondamentali per una valida transizione ecologica.

Per arrivare alla meta però ci sono molteplici modifiche da effettuare nella vita di tutti i giorni.

Riscaldamento e raffreddamento domestico

Il report condotto dall’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), rivela dati e statistiche per quanto riguarda il riscaldamento (e il raffreddamento) domestico.

Secondo le analisi svolte, gli edifici sono il principale responsabile di emissioni di CO2, poiché consumatori al 42% dell’energia finale impiegata in tutti i settori.

Difatti, nel 2020 il servizio di riscaldamento di ambienti e dell’acqua ha determinato l’80% del consumo domestico in Europa.

Il problema? Più della metà di tale energia è garantita da sistemi ad alta temperatura che bruciano principalmente combustibili fossili. Tra questi gas (39%), petrolio (15%) e carbone (4%).

Pertanto, l’agenzia afferma


Decarbonizzazione del riscaldamento e del raffreddamento: un imperativo climatico.

Soluzioni possibili

Senza dubbio le rinnovabili sono le prime candidate per la decarbonizzazione del riscaldamento. Purtoppo però servono degli incentivi su altre tecniche prima di poter cambiare totalmente il sistema: serve un cambio di rotta progressivo.

La biomassa è stata avanzata come ipotesi, poiché molto diffusa nel nord Europa, in cui è il principale combustibile per il riscaldamento.  

Tuttavia, non potrebbe essere scelta come soluzione a livelli industriali, sarebbe più auspicabile per una produzione energetica minore. Anche perchè è un sistema che può avere degli effetti nocivi sulla salute umana, sul sequestro di carbonio del suolo e sulla biodiversità.  In sostanza determinerebbe un effetto controproducente.

Proprio per questo le rinnovabili restano le più accreditate per un cambiamento più sicuro sotto tutti i punti di vista.

          

Procedere con le rinnovabili

Una volta capito che le rinnovabili sono effettivamente la scelta migliore per tale transizione, bisogna capire in che modo usarle.

L’EEA suggerisce vari programmi per una valida decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento che consistono nell’affiancamento e l’efficientamento degli stessi.

Ma ancora di più, per poter sviluppare un nuovo piano energetico, serve implementare le fonti rinnovabili a livello locale, coinvolgendo i cittadini stessi.

Questo perchè riqualificare un edificio mettendo a punto l’involucro e efficientando il risparmio non basterebbe ad abbattere le emissioni di CO2 entro il 2030.

     

Le politiche

Ovviamente in queste situazioni entrano in gioco anche le politiche europee di modo che tutta l’unione si muova nella stessa direzione.  Sebbene ci siano stati dei passi in avanti, l’idea delle rinnovabili negli edifici non ha ancora ottenuto l’adeguato consenso.

Pertanto, nell’ultima revisione della Direttiva UE “Case Green” viene richiesto di aumentare di almeno 1.1% annuo, l’uso di fonti rinnovabili.

Come detto in precedenza, oltre a linee guida, direttive e leggi, serve un miglior coinvolgimento dei cittadini. Infatti, se si spiegasse che con un cambiamento del genere le persone potrebbero diventare consumatori e produttori allo stesso tempo, si avrebbe un riscontro diverso.

Tale veduta migliorerebbe la vita della società, riducendo la povertà energetica, incrementando i benefici economici e sanitari.

         

In battuta finale si può dire che l’obiettivo è quello di sviluppare edifici che possano produrre energia, usata dalla comunità che li ospita.

Forse l’ostacolo più grande sarebbe quello di superare le proprie abitudini visto che eolico e solare dipendono dal clima. Tale correlazione determinerebbe un’efficienza altalenante, dunque, dovremmo diventare più flessibili a picchi o cali di produzione.

Da non escludere inoltre, la solita questione burocratica che potrebbe rallentare o rendere più difficile tali processi.

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Biometano: da Vicenza più di 200 camion si spostano grazie agli scarti agricoli.

By : Aldo |Febbraio 27, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

Ridurre l’inquinamento causato dai mezzi di trasporto è un’impresa abbastanza difficile ma non impossibile.

Le soluzioni valide sono svariate e tra l’ibrido e l’elettrico di ultima generazione spicca anche il biometano.

L’eccezione italiana

A Vicenza, le aziende agricole più lungimiranti hanno usufruito del servizio degli impianti, Motta Energia e EBS per la produzione di biometano. Si tratta della produzione di 7 mila tonnellate all’anno, grazie al rifornimento di scarti agricoli di ben 120 aziende locali.

Sebbene il nuovo carburante sia sostenibile per la sua natura organica, lo è anche per quanto riguarda i trasporti della materia prima.  Infatti, le imprese che consegnano i loro “rifiuti” naturali si trovano nei pressi degli impianti, creando così un combustibile a km0.

La produzione del biometano a km0 è possibile grazie alla raccolta di scarti ed effluenti zootecnici quali letame e liquami bovini, pollina.

AB e la cooperazione

AB è l’impresa di riferimento “globale” come riportato nel sito web, in merito alle soluzioni di sostenibilità energetica, impianti, competenze, tecnologie e altri servizi.

Non a caso l’azienda ha fornito le migliori tecnologie agli stabilimenti al fine di contraddistinguerli per l’efficienza e per l’offerta di servizi unici nel settore.

In questo caso entrambi sono di proprietà di Iniziative Biometano ma si differenziano per le loro origini. Motta Energia è un cosiddetto “greenfield” quindi un impianto totalmente nuovo adibito a questo tipo di produzioni, al contrario dell’EBS. Quest’ultimo è definito “brownfield”, poichè è uno stabilimento di biogas riconvertito

Proprio grazie a tale cooperazione, si è raggiunto l’obiettivo prefissato ovvero quello di coprire l’intera filiera di trasformazione del biogas in biometano. 

         

Le tecnologie AB

La trasformazione da biogas a biometano possibile per mezzo di sistemi di depurazione a membrane BIOCH4NGE®, in grado di produrre 1200 Sm³/h di biometano.

Sono attivi anche due liquefattori CH4LNG®, che sfruttano la tecnologia Stirling capace di convertire il biometano purificato in biometano liquido.

Per ultimi, i due cogeneratori ECOMAX®, alimentati da biogas o gas naturale, per la produzione di energia impiegata in altri processi.  Ed è proprio con questa tecnologia che gli impianti si rendono portavoce di una produzione al massimo della sostenibilità.

             

Impieghi 

Il bioo-GNL prodotto a Vicenza è attualmente usato come carburante da più di 200 camion che percorrono complessivamente 100 mila km all’anno.

Ma in alternativa può essere impiegato come fertilizzante e quindi perchè no, ritornare nelle imprese agricole che forniscono gli scarti.  Anche questa produzione è realizzabile per via delle nuove tecnologie, le quali permettono un’ulteriore trasformazione rilevante.

Concretamente il digestato (residuo della digestione anaerobica) può diventare concime di ottima qualità, capace si arricchire il terreno e non solo. In questo modo il nuovo fertilizzante potrebbe contribuire notevolmente al sequestro e stoccaggio del carbonio nel suolo.

           

Piano europeo 

Se si sviluppassero attivamente altre realtà simili a quella descritta, si potrebbero cambiare le sorti della transizione energetica.

Anche perchè da poco è stato pubblicato il decreto da parte del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Nel documento sono riportate le regole per accedere agli incentivi per l’immissione del biometano nella rete del gas naturale.

Inoltre, il piano REPowerEU mira alla produzione di 35 miliardi di m3 di biometano al 2030, un’opportunità di crescita e sviluppo del settore. Una chance che l’Italia dovrebbe cogliere poiché dovrebbe arrivare a 6 miliardi di m3, raggiungendo i primi posti europei per gas “verde”.

Col passare degli anni la richiesta di servizi di questo tipo cresce, come cresce anche la necessità di trovare soluzioni per salvare il pianeta.

L’obiettivo del Governo è quello di sostituire il  30% del gas importato con il biometano nazionale entro il 2030; che sia solo un punto di partenza per una futura Italia verde?

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Grazie all’agrivoltaico, è possibile produrre energia su un terreno coltivato.

By : Aldo |Febbraio 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |0 Comment

Il dissenso generale nei confronti del solare è ancora presente soprattutto in Italia.

Ma la ricerca di nuove tecnologie non si ferma mai e l’agrivoltaico è una delle recenti scoperte sostenibili che potrebbe cambiare il parere della società.

 

L’agrivoltaico

L’argivoltaico è una tecnologia che unisce l’agricoltura al fotovoltaico permettendo una duplice fruizione di un solo terreno, riducendo l’abbandono dei suoli.  Il sistema è stato studiato in modo dettagliato al punto che i vantaggi offerti sono alquanto rilevanti per la sostenibilità a breve termine.

Non a caso l’Europa ha promosso un progetto nel programma Horizon Europe, al quale collaborano 18 realtà (centri di ricerca e imprese) . Lo scopo dell’iniziativa è esattamente quello di cambiare l’idea che il solare possa sottrarre suoli all’agricoltura, quando in realtà può solo raddoppiare i suoi benefici.

Infatti, il messaggio che vuole essere diffuso è che l’agrivoltaico possa aiutare in maniera concreta l’ambiente ma soprattutto anche le piccole aziende.

 

I vantaggi

Come affermato nel paragrafo precedente, i pro di tali innovazioni sono tanti e soddisfano le nuove necessità delle imprese agricole.

Sicuramente il primo beneficio è la riduzione del consumo del suolo, poichè gli impianti sono situati anche a 3 metri di altezza sopra le colture.  Proprio in questo modo è possibile fruire dei terreni duplicemente, garantendo anche la riduzione del loro abbandono, in modo specifico quelli a rischio desertificazione.

Possono anche integrare e migliorare l’agricoltura poiché aumentando l’ombra sul suolo, sono capaci di diminuire l’evapotraspirazione senza, perciò, ridurre la radiazione solare. In aggiunta, il fotovoltaico può stimolare nuove professionalità, creando nuovi posti di lavoro, migliorando le competenze tecnologiche e anche l’economia locale.

Ci sono degli ottimi vantaggi anche nel settore energetico. Sebbene sia ancora poco sviluppato, l’agrivoltaico conta 32MW di serre fotovoltaiche che possono generare all’anno oltre 44 mln di kWh.  Analogamente, questo tipo di integrazione può essere estesa anche agli allevamenti, come agrivoltaico zootecnico, già in sperimentazione in Cina.

La burocrazia

Come in tanti altri casi, la burocrazia resta un grande ostacolo per le realizzazioni di opere più grandi, o semplicemente per la diffusione dell’installazione.  Nello specifico, mancano dei decreti attuativi che non sono stati emessi nel 2022 e delle linee guida nazionali.

Un ulteriore questione da risanare è la mancanza di una rete tra regioni e di comunicazione tra paesi vicini per la cooperazione. Questo anche in virtù degli obiettivi del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030), per i quali serve una struttura organica.

Il progetto

L’entourage di imprese e centri di ricerca mira a sviluppare delle tecnologie adattabili a vari assetti colturali e a migliorare la standardizzazione dell’opera.  

Sicuramente è un piano che prevede un’attenta cura ai dettagli per i fattori determinanti l’efficienza dell’installazione. Tra questi l’altezza, la distanza tra pannelli, il posizionamento rispetto alle piante, le strutture usate ed altro.

Quindi per avere un programma vincente, oltre ai finanziamenti ed alle tecnologie, servono aiuti e contatti dunque connessioni tra città, province e regioni. Dove la rete non serve solo a scopo di marketing e di organizzazione ma anche per il repowering di impianti esterni.  Acnor di più delle connessioni servirebbero delle regole, in modo tale che il paese possa cambiare allo stesso modo, nello stesso tempo, ovunque.

L’intero progetto finanziato dall’Ue con 5 milioni di euro include l’ENEA e la EF Solare, collaboratori spagnoli, olandesi e belgi. Tali paesi hanno avviato delle sperimentazioni con caratteristiche diverse per poi raccogliere tutti i dati che serviranno per sviluppare una seconda tecnologia.

L’idea è di creare un algoritmo che possa in futuro ottimizzare la produzione elettrica e agricola della coltura in esame.

Se l’Europa ha da poco celebrato il sorpasso delle rinnovabili rispetto al gas, l’Italia non può dire lo stesso. Servirebbe infatti, una volontà comune che consenta un cambiamento rilevante nel settore burocratico e in quello finanziario.
Fortunatamente esistono i progetti europei che fanno da apripista a future iniziative locali, che si attendono con grande curiosità.

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Stop a diesel e benzina entro il 2035: la legge del Parlamento Europeo per una maggiore sostenibilità.

By : Aldo |Febbraio 20, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Il Parlamento Europeo punta al raggiungimento dei vari obiettivi sostenibili dell’Unione e di conseguenza è sempre più attento ad ogni particolare.

   

Il provvedimento


Il parlamento di Strasburgo ha finalmente approvato la nuova legge per raggiungere un obiettivo fondamentale, ossia quello delle auto ad emissioni zero.

Si parla della nuova direttiva per la quale la vendita di macchine a diesel e benzina si fermerà nel 2035; tra queste sono incluse anche le ibride.

Tale decreto ha lo scopo di eliminare le emissioni di CO2 scaturite dall’uso delle automobili, ma di seguito saranno compresi anche furgoni e autobus.

    

In cosa consiste

Con il regolamento 2019/631/CE l’Unione Europea dichiara che dal 1° gennaio 2035 non sarà possibile la vendita di auto a benzina o diesel. Da quella data, infatti, tutti i veicoli leggeri che verranno messi in commercio dovranno essere a zero emissioni.

La scelta della direttiva mira al raggiungimento degli obiettivi nel quadro delle misure previste dal piano “Fitfor55” (un insieme di riforme per ridurre l’impatto ambientale).

     

Tuttavia, i  veicoli immatricolati prima del 2035 non cambierà nulla; pertanto, sono stati fissati dei target per arrivare al traguardo finale. Si tratta di tagli della CO2 entro il 2030 al 55% per le auto e al 50% per i furgoni.

Poi nel 2025, come passo intermedio, la Commissione presenterà una nuova tecnica di analisi dei dati.  Servirà per esaminare e comunicare i valori sulla CO2 che viene emessa durante tutto il ciclo di vita dai velivoli presenti nella comunità europea.

   

Invece entro il 2026, sarà supervisionata la differenza tra i limiti di emissione e i dati reali del consumo di carburante ed energia. In questo modo la commissione potrà consigliare dei metodi ai costruttori, per adeguare le emissioni di CO2 proponendo delle misure per migliorare la produzione.  

Inoltre, proprio i costruttori di piccoli volumi godranno di una deroga di un anno. Questa è riferita quindi a chi produce dalle 100 alle 10 mila auto o dai mille ai 22 mila furgoni.  Tutti coloro che sono al di sotto di tali valori saranno esclusi dal decreto.

     

L’iter burocratico

Sebbene sia servito molto tempo per pensare dettagliatamente a tale direttiva, il parlamento l’ha approvata con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni.

Effettivamente i vincoli erano stati già discussi nel Consiglio di ottobre 2022 e solo dopo una lunghissima trafila legislativa sono stati concordati con l’intera Unione. Secondo Jan Huitema (Renew, NL)


“il regolamento incoraggia la produzione di veicoli a emissioni zero e basse. Contiene un’ambiziosa revisione degli obiettivi per il 2030 e un obiettivo di zero emissioni per il 2035, che è fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.”

         

Ulteriori cambiamenti

Ulteriori proposte saranno presentate prossimamente per incorporarle nel nuovo regolamento. Oltre alle automobili saranno inclusi autobus e camion, che dovranno ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 per rispettare il target delle emissioni zero.

Nello specifico la riduzione avverrà in maniera graduale del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040.

Il fatto che la Commissione europea stia promuovendo e approvando leggi come questa, dimostra la forte volontà dell’Unione di cambiare il futuro.

   

Sebbene i dati affermino che i trasporti producano l’1% delle emissioni di CO2, le auto sono responsabili del 71% della piccola cifra. Di conseguenza direttive che mirano a ridurre vertiginosamente questo trend, sono fondamentali anche se il tempo previsto per concretizzarle sia ristretto.

Anche in questo caso si tratta di passi in avanti di grande importanza.

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Amsterdam apre l’innovativo parcheggio per biciclette… subacqueo

By : Aldo |Febbraio 15, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, mare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Sembra che i Paesi Bassi abbiano un problema con le biciclette: sono troppe e devono trovare nuovi spazi per parcheggiarle.
Ed ecco che arriva l’idea dell’anno.

       

L’idea

Amsterdam inaugura il primo parcheggio di biciclette subacqueo nel centro della città. Si tratta di un’idea che risolve molteplici problemi per cittadini, pendolari e turisti.

Il progetto ideato da Wurck, costato 60 milioni di euro, collocato nei pressi della stazione centrale Stationsplein ha 7 mila slot per le due ruote.

Di questi 7000 posti, 6.300 sono adibiti alle biciclette personali e 700 per il bike sharing, un’ulteriore soluzione sostenibile. Le cifre del maxi-parcheggio sono straordinarie ma giuste in funzione dei dati analizzati del centro urbano.

Proprio Amsterdam conta 600 mila bici per 750 mila abitanti; quindi, non c’è dubbio che dei parcheggi così grandi siano una priorità per la città.

       

I tecnicismi del parcheggio

Ha 7000 rastrelliere disposte su due livelli fornite da VelopA che possono essere monitorate da una tecnologia LumiGuide.

Gode di un servizio aperto tutta la settimana h24 e in più, la prima giornata di sosta è gratuita, dopodiché si paga 1,35 euro. In più, i pagamenti possono essere effettuati con la carta di trasporto olandese OV-chipkaart, oppure con Fietstag (un’etichetta per l’identificazione).

    

L’area in descrizione è situata sotto la stazione metropolitana centrale della città, di modo che i viaggiatori possano arrivare direttamente al garage senza deviazioni.  Per entrarvi si segue la pista ciclabile a livello della strada fino ad arrivare all’interno del garage.

   

Inoltre, il design creato in collaborazione con il Museo di Amsterdam include delle colonne numerate per ricordare le sezioni del garage. Fuori invece dei cartelli digitali riportano il numero dei posti disponibili all’interno dell’area.

          

I vantaggi

Nonostante nell’area di sosta manchino check-in con smartphone e smartwatch o punti di ricarica per le e-bike, resta sempre una grande novità. Questo progetto oltre ad avere un design moderno e una struttura accattivante, regala molteplici benefici alla città e ai suoi abitanti.

    

Senza dubbio offre uno spazio sicuro per le biciclette sia dai ladri che dalle intemperie, in un’area che non toglie spazio a strade e marciapiedi.

In secondo luogo, si incentiva l’uso del mezzo più sostenibile che esista, con grandi vantaggi per la salute. In realtà è stato stimato che si eviterebbero 170 mila morti all’anno grazie alla scelta della bicicletta.

 

D’altra parte, il massiccio utilizzo del veivolo a due ruote, riduce di gran lunga l’inquinamento atmosferico. Secondo un recente studio, se ognuno percorresse 2,6 km al giorno in bicicletta, potremmo tagliare 686 milioni di tonnellate all’anno CO2.

        

Passato e futuro

Non è di certo la prima volta che viene costruito un parcheggio sotterraneo, ma nulla somiglia a quello di Amsterdam. Per esempio, ad Utrecht esiste un garage sotterraneo con ben 12.000 slot: venne realizzato perchè necessario per i cittadini.

Il motivo di tale scelta erano le abitudini del centro urbano: il 50% dei residenti usa la bicicletta quotidianamente.  Difatti su questa falsa riga il governo continua ad incentivare il mezzo per una maggiore sostenibilità grazie anche a varie agevolazioni economiche.

      

Invece se guardiamo al futuro, è già stata dichiarata una nuova inaugurazione: verrà aperto un altro parcheggio sull’IJboulevard nel mese di febbraio.  Anche se più piccolo dell’area subacquea, conterà 4.000 slot e la sua costruzione è stata finanziata con 25 milioni di euro.

         

I Paesi Bassi sono sempre un’ottima guida per la mobilità sostenibile, poiché nulla ferma i loro cittadini dal muoversi in bicicletta; neanche il freddo invernale.

Rappresentano un modello di determinazione da seguire soprattutto in Italia dove sono appena stati tagliati i fondi per le piste ciclabili.

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In Europa vincono le rinnovabili, ma l’Italia segue a fatica la nuova transizione.

By : Aldo |Febbraio 13, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi, plasticfree |0 Comment

L’Europa ha schiacciato l’acceleratore e punta al sostenibile senza guardarsi indietro
L’Italia è pronta a fare lo stesso?

L’Italia cresce nel solare

Il bel Paese, sempre baciato dal sole, potrebbe fare molto di più per quanto riguarda la produzione di energia pulita.   Nel 2022 infatti, l’Italia ha raggiunto il sesto posto della classifica europea, ma manca ancora tanto lavoro per realizzare il piano dell’Unione.

La crescita registrata durante l’anno scorso (+2,6 GW) è dovuta maggiormente al Superbonus 110%, quindi al solare su piccola scala.  Ma un ulteriore fattore che ha incrementato la scelta del fotovoltaico è stato il caro prezzi. Senz’altro la crisi ha permesso un’attenta riflessione da parte dei cittadini che hanno scelto consapevolmente il rinnovabile.

Nell’eolico invece, si riscontrano ancora delle difficoltà, non a caso nel 2022 sono stati installati appena 456 MG di potenza, raggiungendo gli 11,7 GW totali.

Previsioni

Secondo uno studio di Ember, l’Italia potrebbe migliorare nell’arco di pochi anni con delle scelte volte al rinnovabile.

Tra il 2023 e il 2026, il Paese potrebbe installare dai 16,4 GW ai 34 GW. Se questa previsione si verificasse, l’Italia potrebbe puntare ancora più in alto raggiungendo a tutti gli effetti i target del piano RePowerEu.

La meta sono gli 85 GW entro il 2030, che garantirebbero un 84% di energia pulita per il mix dell’energia elettrica, attualmente del 36%.  Non c’è da dire che una transizione di tale portata avrebbe una grande risonanza in molteplici settori.

Elettricità Futura, ha analizzato proprio gli effetti di un cambiamento come quello descritto, in funzione dell’economia e dell’ambiente.  Ci potrebbero essere fino a 309 miliardi di investimenti e un beneficio che varrebbe il 2,2% del Pil. In più si ridurrebbero le emissioni di CO2 del 75% nel settore elettrico e sarebbero garantiti 470000 nuovi posti di lavoro.

La questione burocratica

Peccato che in questo bellissimo sogno, ci sia di mezzo la burocrazia che sveglia l’Italia.  Per colpa della burocrazia lenta e a volte troppo articolata, il Paese perde tante occasioni per progredire.

Si parla di una vera e propria barriera culturale contro le rinnovabili. Purtoppo in molti credono ai falsi miti che non permettono un pieno sviluppo delle tecnologie: uno tra tanti il fotovoltaico che toglie suolo all’agricoltura.  Un falso mito più volte smentito, vista la crescente tecnica dell’agrivoltaico che prevede un’azione congiunta tra l’agricoltura e il solare.


Il colpo basso

Seppur ci siano delle ottime premesse per una buona crescita, il governo italiano ha deciso di guardare altrove.

L’Italia ha stretto da poco accordi con Algeria e Libia, garantendo un investimento italiano da 8 miliardi per estrazione e produzione di gas. Tale patto garantisce 8,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 25 anni. Inoltre, si parla anche della costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Questo succede, perchè si pensa ancora che il gas sia l’unica fonte di energia che possa soddisfare in tempi brevi il fabbisogno energetico del Paese.  Peccato che dalle statistiche, il gas è una risorsa in perdita poiché è insostenibile sia a livello ambientale che economico.

Nonostante problemi burocratici e scelte poco comprensibili del governo, l’Italia continua a migliorare passo dopo passo. La speranza è quella di una transizione vera e propria, anche se non in tempi record.

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