Emissioni

L’era della pietra è finita non perché sono finite le pietre……e…..anche per le fonti fossili….si puó fareeeeee!

By : Aldo |Dicembre 14, 2023 |Emissioni |Commenti disabilitati su L’era della pietra è finita non perché sono finite le pietre……e…..anche per le fonti fossili….si puó fareeeeee!

È finalmente terminata la 28 esima Conferenza delle parti, dopo due settimane di discussioni e polemiche, con un “accordo storico”. Ma parliamo di una vera vittoria, o di un compromesso volto alla serenità dei rapporti tra gli stati firmatari?

    

Il termine della COP 28

Il termine della COP di Dubai, previsto per martedì 12 dicembre è slittato di un solo giorno, dopo una notte di trattative. L’accordo è stato raggiunto sorprendentemente mercoledì 13 dicembre e tutto è stato risolto con modi poco condivisi. Infatti, dopo la presentazione del documento erano attese le dichiarazioni dei Paesi sul testo, che non sono pervenute per poter chiudere velocemente la plenaria.

 

Così, dopo 3 minuti dall’annuncio del presidente Sultan Al -Jaber, era tutto finito. Nessuno si aspettava una chiusura del genere, così veloce, senza opposizioni esplicite (attese e previste): non c’è stato tempo. La Conferenza è terminata dopo la stesura della terza bozza accettata dagli stati partecipanti, che tuttavia hanno espresso pareri negativi solo dopo la conclusione. Per esempio, pochi minuti dopo l’approvazione la rappresentante di Samoa che ha criticato Sultan Al-Jaber:


Signor presidente, ha fatto come se noi non fossimo nella stanza”

Luca Bergamaschi, direttore del think tank italiano Ecco sul clima, ha affermato che comunque da Riad non ci si poteva aspettare altro. Di base “Riaprire il testo avrebbe significato squilibrarlo e rischiare di non chiudere”.

    

Le “vittorie” di Dubai

Ovunque si legge di un accordo storico, una vittoria per il pianeta, un passo in avanti per l’ingente e necessaria transizione ecologia. Ma concretamente quali sono i veri punti positivi, di due settimane di trattative mondiali?

Sicuramente è importante ricordare che per la prima volta in assoluto, nella storia delle COP, sia riportato il termine “combustibili fossili” nel testo. Sembra assurdo ma è tutto vero. Da oggi il fossile è nel documento finale della Conferenza di Dubai, peccato però che non sia accompagnato dal verbo “eliminare”. Proprio così, il phase out è sparito definitivamente già dal testo delle prime bozze. Il compromesso trovato è il termine “transizione verso l’allontanamento”, una specie di parafrasi, che non porta ad un obbligo, ma ad un invito. Non era questa l’ambizione di circa 150 Paesi che si sono scontrati col fronte invalicabile degli stati dell’Opec che hanno trovato un “sinonimo”. In questo modo, la presidenza è riuscita ad ottenere il consenso di tutti i 224 Paesi mettendo in piedi uno scenario debole e poco chiaro. Dunque, per la prima volta, i paesi sottoscrittori prendono l’impegno a ridurre tutti i combustibili fossili entro il 2050.

    

Le rinnovabili

Una seconda nota positiva è il voto unanime per le rinnovabili, forse il compromesso più facile. Passo possibile anche grazie all’impegno decretato durante l’incontro del 15 novembre a Sunnylands tra Cina e USA. In questo caso si parla di 3 punti fondamentali ossia:

  • triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare la media globale del tasso annuo di efficienza energetica entro il 2030;
  • accelerare gli sforzi verso la riduzione graduale dell’energia prodotta dal carbone ’unabated’, ovvero senza tecnologia di cattura e stoccaggio;
  • accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzare combustibili a zero e a basso contenuto di carbonio ben prima o intorno alla metà del secolo

Peccato che ci siano delle grandi lacune anche in questo senso e delle grossolane contraddizioni. Si parla di accelerare le tecnologie a zero e a basse emissioni, ma tra queste vengono indicate nuovamente il nucleare. Nonostante la dichiarazione, tale soluzione non rappresenta un’alternativa, secondo gli esperti, a causa degli alti costi e dei tempi lunghi. Infatti è stato stimato un minimo di 30 anni per rendere la fusione un’opzione su scala. Così come le tecnologie di “abbattimento e rimozione” delle emissioni come la cattura, lo stoccaggio e l’utilizzo del carbonio in particolare nei settori “hard to habate”.

   

Come anticipato, nonostante si tratti di punti positivi, non c’è nulla di chiaro e il linguaggio usato risulta molto debole. Un passaggio alle rinnovabili è fondamentale ma deve essere regolamentato sotto ogni punto di vista. Altrimenti rischia di essere una transizione traumatica che può causare scompensi socioeconomici.

    

Le previsioni

Per arrivare al testo finale, sono state fatte delle analisi riguardanti il picco massimo di emissioni di carbonio, previsto per il 2025. Anche in questo caso però, si lascia un margine di manovra a singoli Paesi come la Cina per raggiungere il picco più tardi. Sempre al punto 28, si riconosce la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra in linea con il percorso dell’1,5 gradi. Si invita poi le parti a contribuire agli sforzi globali, secondo modalità determinate a livello nazionale, tenendo conto dell’accordo di Parigi.

    

Nonostante ciò, il linguaggio resta delicato, debole, fatto ancora di inviti e non di obblighi, di possibilità non di azioni concrete. Non a caso, Jean Su, direttrice del Center for Biological Diversity per la giustizia energetica interviene. Secondo lei, i pochi dettagli creano lacune che consentono agli Stati produttori di combustibili fossili di continuare a espandere i loro affari. Nello specifico perché sarà consentito l’utilizzo di “combustibili di transizione” che non sono altro gas naturale, che emette anche carbonio.

Nel frattempo che si snocciolano tutte le seguenti questioni, la Terra sta per registrare il record come anno più caldo.

   

Conclusioni

In tutto ciò non abbiamo fatto passi in avanti in ambiti quali:

  • il debito dei paesi poveri e vulnerabili, che hanno bisogno di aiuti e non di prestiti;
  • la continua mancanza di un’azione che includa in maniera efficiente i diritti umani (saltata dal paragrafo relativo al fondo per compensare i Paesi poveri);
  • il loss and damage, che ha raccolto solo 700 milioni di dollari, quando solo nel 2022, gli impatti sono costati 109 miliardi.

L’unico obbligo previsto è quello dei 224 Paesi partecipanti, a presentare i nuovi piani nazionali di azione climatica – i cosiddetti Ndc – entro il 2025. Con questo si dovranno documentare anche gli impegni per i successivi cinque o dieci anni e si devono dimostrare anche i miglioramenti per i precedenti.

  

In conclusione si può dire che questa Conferenza sia stata un compromesso al ribasso, fatto per mantenere la pace tra tutti. Se non altro è un piano che consente di far salire a bordo anche i paesi esportatori di petrolio, che da poco sono entrati in questi accordi. Sicuramente non si tratta di una vera vittoria. Tutti potranno continuare a seguire i loro affari, i più inquinanti, mentre i più poveri continueranno ad essere le vittime di accordo fittizio.

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COP 28. Incomprensioni e caverne e petrolio.

By : Aldo |Dicembre 06, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su COP 28. Incomprensioni e caverne e petrolio.

Giovedì 30 novembre si è aperta la COP 28 a Dubai, tra vecchie speranze e dubbi per i risultati della conferenza. L’UE scende in campo decisa a raggiungere i suoi obiettivi comportandosi come un capofila e da modello per le altre nazioni. Ma a distanza di soli 6 giorni dall’inizio, avvenimenti, affermazioni ed interventi hanno già sorpreso tutti, sia in modo positivo che negativo.

L’era delle caverne

Lunedì il mondo scientifico si è bloccato per qualche secondo dopo la dichiarazione del presidente della COP28, Sultan al-Jaber. Quest’ultimo parlando dell’eliminazione dei combustibili fossili, durante un incontro online, afferma:

Non esiste alcuna scienza che indichi sia necessario per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. Anzi, la loro eliminazione – anche graduale – non consentirebbe lo sviluppo sostenibile “a meno che non si voglia riportare il mondo nelle caverne”.

Parole, le sue, che fanno rabbrividire tutti, in primis i massimi esperti mondiali, compresi gli scienziati del Panel intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc). Lo scalpore deriva anche dal discorso precedente, che annunciava l’impegno delle 50 principali compagnie petrolifere globali a raggiungere emissioni di metano prossime allo zero. Tra queste l’Aramco dell’Arabia Saudita, la Petrobras del Brasile e la Abu Dhabi National Oil Company di cui proprio al-Jaber è a capo. Le prime perplessità sull’efficacia e la possibilità di un’azione concreta iniziano proprio qui. Inoltre, la “Carta globale della decarbonizzazione” non è in linea con l’obiettivo di restare sotto 1,5° Celsius. E non pone alcun vincolo allo sviluppo di nuovo petrolio e gas e prevede obiettivi di emissione volontari e non prescrittivi.

   

Dopodiché subentrano i giornalisti indipendenti presso il Center for Climate Reporting (in collaborazione con la BBC) che chiedono spiegazioni al presidente. L’inchiesta dimostrava che la presidenza della Cop 28 aveva programmato una serie di incontri per favorire nuovi accordi commerciali internazionali legati ai combustibili fossili. A tali accuse al-Jaber ha assicurato di non aver mai visto questi punti, né di aver partecipato a tali incontri.  Nonostante ciò, parliamo della stessa persona che in apertura della COP ha esortato a “garantire di includere il ruolo dei combustibili fossili nel documento finale”.

Gli scienziati sbigottiti hanno definito l’uscita del presidente come “Parole al limite del negazionismo”. D’accordo anche il segretario generale dell’ONU, António Guterres e Bill Hare, ceo di Climate Analytics, preoccupati per il risultato delle prossime azioni.  

 

A sorpresa, dopo l’assurda affermazione, il sultano ha convocato una conferenza stampa per chiarire quanto detto. Innanzitutto, non si è scusato ma ha detto di essere stato “travisato” dai media, accusandoli di non riportare il suo vero messaggio. Poi ha continuato ricordando quanto la scienza sia parte della sua vita e della fiducia che ripone nelle scelte fatte in questi giorni.  

    

Dalla sua parte

Al contrario di quello che è appena stato descritto c’è chi ha interpretato in altro modo, le parole di Sultan Al Jaber in modo diverso. Il discorso si dirama attorno al seguente concetto: la sostenibilità della transizione. Quindi perché la transizione energetica sia sostenibile per tutti, vuol dire che nessuno può, ne deve essere lasciato indietro.

    

Pertanto, sulla base del fatto che l’eliminazione dei fossili sia la via sa seguire, al-Jaber dice che è necessaria un’eliminazione graduale. Questo perché eliminare una fonte così diffusa (per esempio in Europa) causerebbe una grande crisi, simile a quella vissuta con l’inizio della guerra in Ucraina. In breve, non si possono lasciare tutti a piedi perché non hanno la possibilità comprarsi l’auto elettrica: non sarebbe un cambiamento sostenibile.

    

Anzi, secondo l’articolo di Angelo Bruscino (HuffPost), da un simile passo, ne godrebbe solo la Cina ed il motivo è semplice. Avendo il controllo delle terre rare che servono alle batterie elettriche, incrementerebbe di gran lunga la sua economia. Oppure ne gioverebbe l’America che con l’Inflation Reduction Act ha fatto sì che i costi di transizione li pagasse la collettività e non il singolo che non può permetterselo.

 

Conclusioni

Tuttavia, lo sceicco Yamani (Ministro del petrolio dell’Arabia Saudita dal ’62 allo’ 86) disse:

L’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre. Non bisogna aspettare che finisca il petrolio per far finire l’età del petrolio”

Questo sta a significare che per quanto abbiamo bisogno ancora oggi dei combustibili fossili, la loro permanenza non assume automaticamente un’accezione positiva. Ossia, per affrettare la transizione è necessario un cambio deciso, che possa smuovere anche la burocrazia dietro certi meccanismi. Solo in questo modo potremmo effettivamente eliminare i fossili e ridurre il nostro impatto sul pianeta. 

   

Rispetto al tema affrontato, si possono riportare altre notizie peculiari riguardanti i primi 6 giorni della conferenza. Per esempio:

  • l’assenza inaspettata del presidente degli USA Joe Biden;
  • la presenza quadruplicata (rispetto al 2022) di lobbisti legati ai produttori di combustibili fossili;
  • la premier Meloni che parla di una la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio deve essere equilibrata e realizzabile. Inoltre, riporta l’accento sulla fusione come nuova frontiera energetica.

Di certo non è iniziata nei modi migliori la 28a Conferenza delle Nazioni unite sui Cambiamenti Climatici. C’è ancora tempo per rimediare, ma è necessario rispettare gli obiettivi prefissati e pensare ad azioni concrete e sostenibili.

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L’agroecologia può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2.

By : Aldo |Dicembre 04, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’agroecologia può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2.

È sorprendente vedere come quotidianamente vengano pubblicati studi riguardanti nuove soluzioni per la riduzione delle emissioni dei gas serra. Ancor più importante è scoprire costantemente quanto potere abbiamo nella lotta al cambiamento climatico.

Agroecologia

L’agroecologia non è una nuova scoperta ma un concetto presente già dal Novecento e si riferisce all’utilizzo di principi ecologici nella coltivazione. Dagli anni ’70 si è rafforzato includendo un insieme di tecniche per la coltivazione e di strumenti per la sua salvaguardia. I vantaggi di tale metodologia sono molteplici e vanno dalla conservazione e l’aumento di biodiversità, alla rigenerazione del suolo e la stagionalità delle colture.

La tecnica ha tuttavia un’accezione anche politica e sociale poiché presenta vantaggi e cambiamenti anche sotto questi aspetti. Per esempio, favorisce il cambiamento dei rapporti di potere nella società, valorizzando la dignità del lavoro. Inoltre, privilegia i mercati locali e il territorio rispetto al commercio mondiale.

Si torna a parlare dell’agroecologia poiché l’agricoltura industriale ha arrecato enormi e a volte irreversibili danni alla natura delle coltivazioni. Da anni si discute sul crollo della biodiversità, desertificazione dei suoli, inquinamento delle acque e aumento delle emissioni di gas serra. Pertanto, il concetto in questione promuove un pensiero basato su forme di agricoltura più solide a livello ecologico, biodiverse, resilienti, sostenibili e socialmente giuste.

L’intervista

In questo settore, Paolo Barberi è uno dei massimi esperti italiani. Non a caso coordina il Gruppo di Ricerca in Agroecologia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e coordina il Dottorato Internazionale in Agrobiodiversità. È co-fondatore e membro del Consiglio Direttivo di AIDA, Associazione Italiana di Agroecologia e detiene di molteplici titoli in ambito scientifico. La sua ricerca si contraddistingue dalle altre perché partecipativa, quindi si basa anche sulla relazione con gli agricoltori per comprendere domande e difficoltà del settore.  La “Repubblica” lo ha intervistato per parlare di come l’agroecologia risulti un ottimo alleato per la riduzione delle emissioni di CO2 attraverso esempi, risultati e vantaggi.

Attualità e monocolture

Il punto che chiarisce subito Barberi è la situazione attuale del settore agricolo. Le tecniche di coltivazione industriale e intensiva hanno riportato negli anni delle importanti criticità che favoriscono meccanismi controproducenti sia per l’uomo che per l’ambiente.  Dunque, sarebbe opportuno puntare sull’agricoltura rigenerativa, evitando le monocolture responsabili dell’impoverimento del suolo e dell’uso smodato di pesticidi, come il glifosato. In particolare, l’uso di fertilizzanti, combustibili fossili, liquami e deiezioni dei ruminanti determina il 20% delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea.

È necessario quindi un cambiamento radicale che consenta all’agricoltura, di ridare valore ai suoi prodotti, proteggendo gli ecosistemi, favorendo anche la decarbonizzazione del dell’atmosfera. Tutto ciò è possibile proprio grazie all’agroecologia e in primis all’eliminazione delle monocolture. Quest’ultime hanno monopolizzato la gran parte dei terreni dal periodo del primo colonialismo diventando anche uno strumento politico di dipendenza. Quando poi il colonialismo scemò, gli agricoltori continuarono con le monocolture soprattutto su terreni nudi, privi di altra vegetazione e questo non ha giovato alla natura.

Decarbonizzazione, stoccaggio e biodiversità

Infatti, quello che gli esperti consigliano ora è la coltivazione su suoli ricoperti di vegetazione (naturale o impiantata), per favorire due grandi processi. Il primo è il processo di decarbonizzazione e il secondo di stoccaggio di anidride carbonica. Questo è possibile perché un terreno vegetato durante tutto l’anno, consentirà un maggiore assorbimento di CO2 rispetto ad uno che resta nudo per mesi. In più, può assorbire in modo migliore l’acqua piovana, evitando allagamenti (per quanto possibile), risultando un terreno più funzionale e sano.

A riguardo, Barberi, riporta un esempio chiari dell’efficienza dell’agroecologia per quanto riguarda il secondo processo.  Il professore racconta di come abbia affiancato a Pisa un coltivatore di frumento duro e girasole ed afferma:

Nella fase intermedia tra le due colture abbiamo seminato la veccia vellutata (leguminosa) la cui biomassa favorisce lo stoccaggio di carbonio in un periodo in cui il terreno sarebbe rimasto inutilizzato, con relativo spreco della radiazione solare, fornendo in più azoto a beneficio della coltivazione che le succederà, quella del girasole. E non serve neanche più arare il terreno”.

O ancora

In due vigneti nel Chianti abbiamo misurato l’eventuale competizione per l’acqua tra vegetazione spontanea o impiantata e la vigna verificando che lo stress, che si registra solo in brevi periodi estivi, non incide sulla resa in uva e risulta addirittura vantaggioso per la qualità del vino. Questa evidenza smentisce la credenza comune che d’estate si debba lasciare il terreno nudo per evitare la competizione tra vite ed erbe spontanee.”

Senz’altro da questi esempi si evince come la diversificazione delle colture favorisca la decarbonizzazione quindi porti dei vantaggi in più ambiti. Infatti, analogamente sono importanti gli orti urbani che consentono di riqualificare aree industriali e periferiche delle nostre città, per gli stessi identici motivi.

Conclusioni

Di certo è fondamentale investire sulla consapevolezza del ruolo dei cittadini nell’indirizzare le strategie della grande distribuzione e dei produttori. Questo perché saranno loro a determinare i prezzi al dettaglio, consentendo o meno lo sviluppo sostenibile di cui abbiamo bisogno. In questo argomento è opportuno ricordare l’importanza della stagionalità dei prodotti, che sembra essere svanita nel nulla.

Alimenti fuori stagione che troviamo costantemente negli scaffali dei supermercati, aumentano i costi ambientali e le emissioni. Incrementando la concorrenza di prodotti a prezzi stracciati che tuttavia arrivano dall’altra parte del mondo.  L’agroecologia comprende tutte queste dinamiche con l’obiettivo di regolarizzare e rendere più sostenibili tutte le pratiche legate al mondo dell’agricoltura.

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Granchio blu: dalle cucine ai laboratori di ricerca per l’estrazione di chitina.

By : Aldo |Novembre 21, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Granchio blu: dalle cucine ai laboratori di ricerca per l’estrazione di chitina.

Quando si verifica un’invasione di un territorio di una specie aliena (animale o vegetale che sia), ci si trova sempre in una situazione delicata. È importante valutare l’impatto di ogni passaggio, metodo di monitoraggio e riqualifica degli ambienti colonizzati ecc. Ma ci sono dei casi in cui tutto questo sembra molto più semplice di quanto sembri.

     

L’invasione del granchio blu

Sono ormai anni che si parla dell’invasione del granchio blu e della sua pericolosità per biodiversità del Mediterraneo. Avendo già esaminato questa situazione nel tempo, ci si può accorgere di come la narrazione di tale problema sia cambiata radicalmente nell’arco di un anno.

   

Se prima il granchio blu faceva preoccupava tutti, non si trovavano modi per limitare la sua riproduzione o i suoi movimenti, ora è oggetto di discussioni culinarie. Infatti, come abbiamo riportato qualche mese fa, il granchio blu è arrivato nelle pescherie italiane, proprio per ridurne la quantità in mare. Poco dopo il suo exploit, chef e cuochi amatori hanno proposto svariate ricette a base del crostaceo, rivoluzionando l’idea della specie aliena invasiva e pericolosa.

   

Tale passaggio è stato accolto così positivamente e rapidamente, che il granchio blu sembra far parte della nostra dieta da sempre. Ma nonostante si tratti di un buon metodo per limitare la colonizzazione delle nostre acque, c’è chi è andato oltre. Nello specifico l’Università Ca’ Foscari ha intrapreso un corso di ricerca per riscontrare nuovi e possibili utilizzi della specie aliena, che possano incrementare l’economia sostenibile.

    

Il team e la ricerca

L’Università Ca’ Foscari di Venezia sta sviluppando un metodo per estrarre la chitina dal carapace dei granchi blu per farne nanomateriali per futuri impieghi. Il team costituito da:

  • La professoressa di Chimica generale e inorganica, Claudia Crestini,
  • il professore di Fondamenti chimici delle tecnologie, Matteo Gigli,
  • dottorando Daniele Massari del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi,
  • la professoressa Livia Visai e la dottoressa Nora Bloise dell’Università di Pavia,

è riuscito a brevettare una tecnica per trasformare la chitina in nanomateriali intelligenti, grazie alle nuove tecnologie e alla versatilità del materiale stesso.  Tra i vari ambiti di ricerca, la squadra conta la biomedicina, i packaging sostenibili e la protezione per i materiali scrittori.

   

L’obiettivo di questi studi è quello di isolare la chitina dai gusci in una modalità efficiente e funzionale all’industria. Per ora il team è in grado di isolare e modificare chimicamente una frazione nanocristallina della chitina, creando delle nanostrutture. Quest’ultime sono state impiegate per lo sviluppo di materiali straordinariamente innovativi, attraverso processi scalabili a livello industriale.

   

Industria alimentare

La chitina determina un mercato globale di 1,8 miliardi di dollari, derivato principalmente all’industria alimentare, agrochimica e sanitaria. Non a caso il gruppo di ricerca si è specializzato in questi ambiti, primo fra tutti l’alimentare, con nuovi film e packaging sostenibili.

    

Infatti, i ricercatori stanno sviluppando film nanostrutturati che possono sostituire le plastiche tradizionali per realizzare pellicole flessibili completamente biobased. Con la seguente aggiunta di composti naturali si potrebbero ottenere anche capacità antiossidanti ed antimicrobiche. Le proprietà funzionali di tali prodotti consentono di prolungare la durata della conservazione dei cibi proteggendoli da processi che ne accelerano il deterioramento. È importante anche ricordare che si tratta di film e pellicole biodegradabili, quindi, si potrebbero creare packaging che aderiscono pienamente ai principi di circolarità.

    

In ambito sanitario

Oltre al settore alimentare, la squadra si è interessata anche a quello sanitario. Un esempio è legato ai film flessibili, che abbinati a sostanze di origine naturale possono trasformarsi in validi patch medicali, cerotti speciali. Tale operazione è possibile grazie alla loro biocompatibilità ed emocompatibilità. Inoltre, possono avere una composizione chimica diversa per ottenere film adesivi o antiadesivi con proprietà simili all’eparina. Così facendo si possono offrire soluzioni nuove e personalizzate per le esigenze mediche.

     

La chitina per la scrittura

Passando da un ambito all’altro, si può notare l’importanza e la grande versatilità della chitina, poiché può aiutare anche nella conservazione di materiale scrittorio antico.  Gli studiosi hanno sviluppato un progetto rivolto ai rivestimenti (coating) per il restauro e la conservazione di tale materiale. In più, la proteina ha la capacità di rallentare e prevenire diversi fenomeni di degradazione della carta inchiostrata: come?  Essenzialmente la chitina riesce a contrastare l’aumento di acidità della carta e contrastare la proliferazione di microrganismi. Inoltre, è capace di impedire il deterioramento delle proprietà meccaniche della carta, rinforzando le sue fibre.

     

Si può affermare che l’università abbia iniziato un processo di upcycling, col quale trasforma biomasse di scarto in prodotti sostenibili e ad alto valore aggiunto. Tutto questo rientra in un ciclo di economia circolare poiché, la chitina viene estratta dagli scarti dell’industria ittica (specialmente di granchi e gamberetti). Quindi l’emergenza per l’industria ittica del nordest, riguardante il granchio blu, rappresenta un’ottima occasione per sperimentare nuove tecniche e prodotti.

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E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

By : Aldo |Novembre 20, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su E se la CO2 diventasse una risorsa? Ecco i casi più virtuosi nel mondo.

Il concetto di economia circolare non si affianca solo a determinati processi di produzione, ma riguarda un complesso sistema ideologico globale. Sarebbe necessaria la sua attuazione in più settori possibili, ma soprattutto sarebbe opportuna una sensibilizzazione della popolazione mondiale per definire il cambiamento.

   

La CO2

Generalmente si parla della CO2 con accezione negativa. Quello che ci raccontiamo sommariamente è che si tratta di un gas che sta aumentando nel mondo, causando non pochi danni alla popolazione. L’attuale lotta al cambiamento climatico è in primis volta alla riduzione di questo gas climalterante secondo vari metodi, processi dei singoli o delle aziende.

Ma quello che forse non si pensa tutti i giorni è che la CO2 potrebbe diminuire anche con attività produttive che la coinvolgono in maniera massiccia. Così l’anidride carbonica diventa una risorsa; come in altri casi è un elemento da eliminare che tuttavia può essere riusato senza creare altri danni all’ambiente.

Il movimento in atto propone quindi un’ampia gamma di soluzioni per contrastare il grande problema. Come capofila troviamo decine e decine di startup, provenienti da tutto il pianeta, che stanno rafforzando il settore della clean technology. Un ambito in forte crescita negli ultimi anni, che prevede grandi investimenti per la ricerca, che potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni mondiali del 10%.

    

Esempi di startup e innovazioni

Al momento le tecnologie sono le più disparate come le startup che lo studiano. Ma concretamente, come si può impiegare la CO2 considerandola una materia prima, una nuova risorsa? Di seguito riportiamo una serie di esempi virtuosi, di nuovi fronti della tecnologia e dell’arte del riuso.

   

  • La CO2 in serra. Climeworks è un’azienda svizzera leader nei processi di rimozione della CO2, grazie alle tecnologie usate come quella che descriviamo in questo esempio. La società ha un impianto in grado di catturare l’anidride carbonica e trasformarla in fertilizzante per le serre ortofrutticole. Questo è possibile grazie allo sfruttamento dell’energia termoelettrica e rinnovabile di un vicino inceneritore, che ne cattura la CO2 grazie a particolari filtri.
       
  • CO2nvert e l’etanolo. CO2nvert, una startup con sede ad Udine, si è impegnata nella trasformazione dell’anidride carbonica in etanolo, per diversi impieghi. Per esempio è stato usato come carburante per aerei o come elemento per la cosmetica, soprattutto per la creazione di profumazioni.  L’impresa conferma di usare solo fonti rinnovabili e in particolare riesce a rimuovere 8 kg di anidride carbonica per ogni kg di etanolo. Un valore pari a quello catturato da 65 alberi.
       
  • Air Protein e la carenza di cibo. Air Protein invece, si è basata sul problema delle emissioni derivato dal cibo e la sua mancanza in alcune aree del mondo. L’azienda è riuscita, con una tecnologia mutuata da un programma della NASA, ad aggiungere CO2 a minerali, acqua, ossigeno e azoto. Così facendo, Lisa Dyson e John Reed (i ricercatori del MIT) ha sintetizzato una farina ricca di proteine, quindi anche un’alternativa sostenibile alla carne.
        
  • Carbon Craft Design. In questo caso invece, si parla di edilizia, settore responsabile del 39% delle emissioni. La startup Carbon Craft Design dell’architetto indiano Tejal Sidanl, vuole partecipare alla riduzione dei livelli di inquinamento, soprattutto del suo Paese. Per questo ha inventato le “carbon tiles”, mattonelle formate con il carbonio nero estratto dall’inquinamento. Sono composte di scaglie e polvere di marmo impastate con la CO2 catturata con un filtro per il particolato.
       
  • Aria nell’alcol. Air Company, un’azienda che produce profumi, si trova ora in un nuovo business: quello dell’alcol o precisamente della vodka. L’impresa formata da Stafford Sheehan (ricercatore di chimica dell’Università di Yale) e Gregory Constantine responsabile marketing della vodka Smirnoff, ha una buona idea. I fondatori infatti sono riusciti a trasformare la CO2 in etanolo con l’aiuto di un catalizzatore metallico, messo in funzione con l’energia solare. Con una bottiglia della vodka Air Company da 750 ml si catturano di 340 grammi di anidride carbonica.
        
  • Le batterie italiane. Un’altra realtà italiana di spicco è Energy Dome: la prima azienda al mondo ad aver inventato una batteria di accumulo a base di anidride carbonica. Il progetto CO2 Battery è in grado di ridurre i costi (e l’impatto) delle materie prime utilizzate. Nello specifico si basa su una tecnologia che sfrutta le proprietà della CO2 con un processo termodinamico innovativo.
        
  • I gioielli della CO2. Tutti quanti già lo sanno: un diamante è per sempre, ma vale ancora di più se può ridurre le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera. Dunque, l’azienda in esame è l’americana Aether Diamonds, che intrappola l’aria inquinata e ne estrae la CO2 trasformandola in diamanti. Si tratta di un processo rivoluzionario e sostenibile che consente la crescita del diamante, un atomo alla volta, scongiurando l’utilizzo di combustibili fossili estratti.

       
    E poi ci sono ancora imprese che con l’anidride carbonica hanno creato dei biopolimeri per borse e sedie, chi invece ha pensato di unirla al calcestruzzo. La ricerca continua senza sosta lo studio delle più complesse tecnologie, pur di risolvere la quesitone climatica. Sicuramente questi sono degli esempi che dimostrano la quantità di possibilità concrete che abbiamo per migliorare il mondo.

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L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” punta al Net Zero.

By : Aldo |Novembre 13, 2023 |Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” punta al Net Zero.

Nonostante le crisi e le rilevanti questioni burocratiche, l’Italia resta una sicurezza per quanto riguarda le eccellenze. Una tra queste però non riguarda il cibo, la moda, i paesaggi o l’artigianato, per questo stupisce tutti da anni.

    

Aeroporto “Leonardo da Vinci”

L’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino venne inaugurato nel 1961, 45 anni dopo quello di Ciampino.  Da quel momento e rispetto al primo progetto esecutivo, si svolsero interventi di ampliamento, che resero la struttura di Fiumicino, il primo aeroporto di Roma. Successivamente vennero assegnate tutte le attività a un unico gestore, la società Aeroporti di Roma. Quest’ultima divenne concessionario esclusivo per la direzione e lo sviluppo del sistema aeroportuale della Capitale. L’aeroporto è diventato nel tempo uno dei più importanti in Italia e nel 2019 ha registrato 49,4 milioni di passeggeri con oltre 240 destinazioni. Tutto questo è stato possibile anche grazie alle circa 100 compagnie aeree operanti nei due scali e a tutte le infrastrutture presenti.

    

Inoltre, negli ultimi cinque anni Aeroporti di Roma ha ricevuto numerosissimi premi, riconoscimenti e attestazioni di qualità, tra cui:

  • AIRPORT SERVICE QUALITY AWARD, assegnato da ACI World per la categoria di aeroporti europei con oltre 40 milioni di passeggeri all’anno. Questo premio è stato consegnato a ADR dal 2017 al 2021, per l’alto livello di soddisfazione dei passeggeri;
  • ACI EUROPE BEST AIRPORT AWARD, per la categoria di aeroporti con oltre 40 milioni di passeggeri all’anno. Il premio ottenuto negli anni 2018, 2019, 2020, 2022, riconosce l’eccellenza in diverse discipline. Tra queste la sicurezza, le operazioni, le infrastrutture, le relazioni con la comunità, la consapevolezza ambientale e il customer care.
       

Il piano per il Net Zero

ADR ha incrementato anche la sua attenzione verso la sostenibilità attuando anno dopo anno, nuovi piani e strategie per la salvaguardia dell’ambiente. Dal 1999 la società ottiene l’ISO 14001 che accerta un sistema di gestione adeguato nel mantenere sotto controllo gli impatti ambientali delle sue attività. Nell specifico, l’aeroporto è carbon neutral dal 2013, mentre nel 2021 risultò il primo scalo in Europa a ottenere ACA4+, la più alta certificazione sulla decarbonizzazione.

    

In più, dal 2018, il gruppo ha messo a punto una vera e propria roadmap per consentire lo sviluppo sostenibile degli aeroporti della Capitale. In tal modo sarà possibile lavorare sull’ulteriore riduzione dell’impatto delle strutture aeroportuali, che sotto vari aspetti, sostengono una vera e propria città. L’obiettivo è il target Net Zero Emission entro il 2030, con venti anni di anticipo rispetto a quanto prefissato a livello di settore aeroportuale europeo. Ovviamente per raggiungere tale meta, sono necessari progetti di vario tipo e di vari sistemi, tra cui quello energetico e idrico.

     

Sistema energetico

L’azienda ha già impostato dei cambiamenti importanti legati a questo settore. Per esempio, è già in atto, una conversione vero i veicoli elettrici usati in aeroporto, verso i biocarburanti. Senz’altro inizieranno dei percorsi per l’efficientamento energetico delle infrastrutture. Tuttavia, la società per questo settore punta tutto su due temi fondamentali. Uno riguarda la riduzione graduale dell’uso di energia elettrica derivata da fonti fossili e l’altro sono le fonti rinnovabili.

     

Per il raggiungimento di questi obiettivi, ADR ha stretto una collaborazione con Enel X, per rendere la pista 3 dell’aeroporto di Fiumicino, una solar farm. Si tratta di una superficie di 340 mila m2 di pannelli solari; quindi, del più grande impianto fotovoltaico in autoconsumo in un aeroporto europeo.Il progetto consentirà una produzione a regime di circa 32 GWh di energia pulita e ad eliminare 11mila tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Una quantità comparabile a quella sottratta da una foresta di 100 mila nuovi alberi. Inoltre, con un progetto parallelo, l’energia prodotta in eccesso, verrà stoccata in un sistema composto da batterie di seconda mano provenienti dal settore automobilistico.

    

Sistema idrico

Mentre per quanto riguarda il sistema idrico, sono stati sviluppati dei programmi molto minuziosi ma anche peculiari. L’aeroporto presenta una rete idrica duale che separa acqua potabile dal depuratore biologico. In questo modo la società risparmia più di 1,2 milioni di m3 di acqua l’anno, che arriva dall’acquedotto pubblico. Dopodiché, l’acqua trattata arriva in un laghetto schermato dal sole grazie a migliaia di palline blu e viene ossigenato da 3 fontane. Quest’acqua viene poi usata per alimentare gli impianti termici, la rete antincendio, il sistema di innaffiamento delle aree verdi e le cassette dei wc.

    

Per il sociale

Non manca ovviamente il terzo pilastro della sostenibilità ovvero il settore sociale. Infatti, l’aeroporto promuove la diversità e l’inclusione sia per mezzo di strutture adeguate (rampe, ascensori e percorsi per persone con disabilità) sia con iniziative ricreative. Tra queste l’intrattenimento musicale, culturale e storico grazie all’organizzazione di mostre, concerti e spettacoli in loco.

     

ADR, comunque, non si ferma a qui ed è già in moto per sviluppare un programma firmato nel 2021. Il Patto per la Decarbonizzazione del Trasporto Aereo, un’alleanza promossa dalla società con lo scopo di accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità del settore.

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New Delhi soffoca nuovamente: multe per chi non rispetta le regole e scuole chiuse.

By : Aldo |Novembre 09, 2023 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su New Delhi soffoca nuovamente: multe per chi non rispetta le regole e scuole chiuse.

Lo smog è un problema di tutte le grandi metropoli e delle città urbanizzate. Sicuramente è presente a livelli diversi di pericolosità ma resta sempre un fattore dannoso per la salute dell’uomo e della natura.

   

New Delhi

Con circa 15 milioni di abitanti New Delhi è la terza città dell’India in ordine di grandezza. È il centro politico e amministrativo dell’India unificata e meta di una immigrazione continua, che scopre un mondo fatto di contrasti e contraddizioni.  Nonostante ciò, si tratta di un paese in via di sviluppo, dove l’informatica, internet e le nuove tecnologie stanno cambiando la popolazione.  Queste sue caratteristiche determinano processi positivi ma anche negativi che si palesano nella vita quotidiana degli indiani spesse volte. Tra queste il fermo delle attività durante le giornate “grigie”.

   

Così, venerdì (3 novembre) la città si è svegliata con il livello più alto di inquinamento mai registrato. Secondo l’India Central Pollution Control Board i dati sono molto più alti del valore ritenuto sano dall’OMS. Nello specifico, lunedì l’indice ha raggiunto il valore di 450, mentre venerdì in alcune aree, il picco di 800 (secondo l’India Central Pollution Control Board). Tali livelli oltre ad essere anormali sono gravi e pericolosi per tutti (anche per la visibilità che sulle strade si è abbassata a 300 m).

   

Lo smog

Ogni anno, nel periodo autunnale, New Delhi si trova sormontata da una cappa di smog acre. Quest’ultimo però non è dato solo dall’utilizzo di veicoli, abitudini e risorse poco sostenibili. A questi fattori bisogna aggiungere gli incendi delle stoppe da parte degli agricoltori dei vicini Stati agrari, un problema rilevante e poco monitorato.  Nonostante i divieti e la minaccia di multe salate, i contadini delle zone agricole a nord e nord-ovest di Nuova Delhi continuano le loro attività.

Questo è certo grazie alle rilevazioni di satelliti e droni che hanno identificato oltre 2500 incendi. Il loro fumo viene poi trasportato dai venti verso la capitale dove finisce ristagna e si combina con gli altri inquinanti, producendo la densa nebbia. Tutto questo è possibile anche a causa delle basse temperature e la mancanza di vento nella città.

   

Dunque per ridurre ulteriori rischi, le autorità locali hanno previsto incentivi economici per chi acquista macchinari in grado di smaltire gli scarti in altro modo. Bhagwant Mann, funzionario del governo del Punjab, ha affermato che nel suo territorio queste misure hanno ridotto del 30% la quantità di scarti bruciati annualmente.

     

Pericoli sanitari

A seguito di questi fenomeni annuali, la città è regolarmente classificata come una delle più inquinate del pianeta. Inverno, il livello di PM 2,5 è spesso più di 30 volte il livello massimo stabilito dall’OMS. Quest’ultima afferma che, una buona qualità dell’aria corrisponde a un indice compreso tra zero e 100, ma Delhi registra picchi molto più elevati.

 

Mentre una seconda analisi afferma che l’esposizione prolungata a un livello superiore a 300 può portare a malattie respiratorie e problemi di salute a lungo termine. Le persone intervistate in questi giorni, infatti, confermano lo stato di affaticamento, sonnolenza, lacrimazione degli occhi e irritazione della gola che peggiora di ora in ora. Inoltre, l’inquinamento di Delhi è responsabile della morte prematura di 1,67 milioni di persone (2019) e della riduzione dell’aspettativa di vita in media di 12 anni.

 

Ripari e soluzioni

Le autorità hanno annunciato più volte piani per limitare le sostanze tossiche presenti nell’aria, senza grandi risultati quindi puntualmente passano alle misure restrittive. Per prima, la chiusura d’emergenza delle scuole per l’intera settimana, che non ha migliorato la situazione. Pertanto, il governo ha vietato anche la circolazione ai veicoli inquinanti (benzina, diesel) e i lavori di costruzione.

Nonostante il blocco dei cantieri sono stati mantenuti attivi quelli considerati essenziali, come quelli che coinvolgono metropolitane, aeroporti e condutture idriche. Nel frattempo, in molti negozi sono finiti i filtri per i depuratori d’aria, di cui molte persone stanno facendo scorta.

    

Tuttavia, quest’anno gli incentivi sono stati indirizzati in altri progetti per la risoluzione di tale problema. Per affrontare l’annosa questione dell’inquinamento atmosferico, il governo indiano ha varato a ottobre una “Green War Room”. Si tratta di un centro di coordinamento ad alta tecnologia, dove 17 esperti monitorano l’andamento dello smog in tempo reale. Questo è possibile grazie a immagini satellitari della NASA e gli aggiornamenti dell’indice della qualità dell’aria misurato dai sensori. Questa “Sala” è a tutti gli effetti una piattaforma di coordinamento collegata a 28 agenzie governative.

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Youth4Climate: le proposte dei giovani per combattere il cambiamento climatico.

By : Aldo |Ottobre 24, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Youth4Climate: le proposte dei giovani per combattere il cambiamento climatico.
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La COP28 di Dubai si avvicina, ci sono dubbi e perplessità per quanto riguarda gli esiti di tale riunione, ma una cosa è certa. I giovani non stanno con le mani in mano e hanno la mente piena di idee per contrastare il cambiamento climatico.

Youth4Climate

Youth4Climate è un’iniziativa globale, guidata dall’Italia e dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). È un progetto co-modellato con giovani e altri partner quali:

  • Connect4Climate – World Bank Group,
  • la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)
  • Secretariat (UN Climate Change),
  • l’Ufficio dell’Inviato del Segretario Generale per la Gioventù
  • il Gruppo Consultivo dei Giovani del Segretario Generale delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
  • YOUNGO (collegio ufficiale dei bambini e dei giovani dell’UNFCCC).

Questo programma riunisce risorse, strumenti, capacità, partnership, reti e movimenti online e offline esistenti e nuovi da e per i giovani. Rivolge una grande attenzione nel sostenere l’implementazione di soluzioni per il clima guidate dai giovani con finanziamenti e altri tipi di supporto. Tutto questo con lo scopo di determinare un impatto climatico più sostenuto sul territorio.

    

Dal 2021, è diventato un evento annuale, forse il più atteso del settore, che riunisce attivisti, innovatori, rappresentanti governativi, agenzie ONU, organizzazioni private e non profit. La prima volta si svolse a Milano nell’ambito del Summit pre-COP. Qui i delegati dei giovani di tutto il mondo hanno condiviso la loro visione e le loro richieste in quattro aree tematiche:

  • i giovani guidano l’ambizione
  • la ripresa sostenibile
  • l’impegno degli attori non statali
  • la società attenta al clima

Nel 2022 si tenne a New York il Youth4Climate: Powering Action. Questo evento ha lanciato la collaborazione tra il governo italiano e l’UNDP per renderlo un’iniziativa a lungo termine a sostegno dei giovani leader del clima.

     

Roma 2023

Quest’anno lo Youth4Climate si è svolto a Roma nei giorni 17, 18 e 19 ottobre. Qui sono arrivati 130 under 30 provenienti da 63 Paesi per confrontarsi sulle azioni possibili per il clima. In questo caso, il Mase ha gestito l’iniziativa globale in collaborazione con il Centro del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP). Lo “Youth4Climate: Sparking Solutions 2023” è un evento che segue una prima fase avviata a New York, dove a settembre sono stati raccolti ben 1143 progetti. Di questi solo i migliori 40 sono arrivai a Roma. L’iniziativa articolata in 3 giorni, si divide tra Palazzo Rospigliosi e Casina di Macchia Madama.

   

L’apertura è stata affidata all’inviato speciale italiano per il Clima Francesco Corvaro e il Coordinatore del Centro UNDP di Roma Agostino Inguscio. Dopo una prima presentazione sono seguiti quattro panel di confronto tra i giovani sui temi della sostenibilità urbana, energia, alimentazione e agricoltura, educazione. Il secondo giorno, ha aperto i lavori il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin. Successivamente i giovani si sono messi all’opera su altri temi come: giustizia climatica, approccio unitario tra privato e pubblico nella sfida ambientale. E ancora il supporto finanziario e tecnico all’inclusione dei giovani nel processo di cambiamento, terminando con l’accensione serale del Colosseo con il logo di Youth4Climate. L’evento si è concluso con la premiazione dei progetti, presidiata dal Ministro Pichetto Fratin e dal Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani. Per concludere in bellezza, il maestro Giovanni Allevi ha sorpreso tutti dedicando un video ai giovani della Youth4Climate, spronandoli a fare sempre di più.

 

I vincitori

Tra questi 40 progetti, alcuni hanno spiccato in specifici settori. Per la categoria “Energia” si riportano:

  • “Emisa Enterprise” di Isaac Chiumia dal Malawi. Ha ideato una stufa che fa risparmiare circa 4-5 tonnellate di emissioni di CO2 all’anno rispetto alla cucina tradizionale. In questo modo si riducono i tempi di cottura e i costi del combustibile fino al 60%.
  • “Enable the disable action” di Sylvain Obedi Katindi della Repubblica democratica del Congo. Il progetto prevede l’inclusione di giovani e persone con disabilità nelle azioni climatiche, rafforzando la loro educazione ambientale e occupazione nell’imprenditoria ecologica.

Nel settore “Alimentazione e agricoltura:

  • “Seed of Life” di Errachid Montassir dal Marocco. L’idea è di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conservazione dell’ambiente promuovendo i benefici dell’arboricoltura attraverso la piantumazione di alberi da frutto biologici.
  • “Nabd Development and Evolution Organization (NDEO)” di Muna Alhammadi dallo Yemen. Propone la diffusione di pratiche climaticamente intelligenti. Un esempio sono le serre domestiche con sistemi di irrigazione a goccia per aiutare le famiglie ad adattarsi ai cambiamenti climatici.

Oltre a questi c’è un podcast per insegnare agli ucraini come ricostruire il Paese in modo green dopo la guerra. Si parla di batterie riciclate che portano l’elettricità nelle zone rurali della Colombia e del cemento per costruire aree di aggregazione ricavato dalle discariche di Delhi.

     

Tale iniziativa dimostra ancora una volta, quanto i giovani siano pronti a contrastare il cambiamento climatico. Non si tratta solo di attivismo, ma di ragazzi con un bakground di grandi studi e ricerche che si uniscono per un fine comune. Quello di rendere il mondo un posto migliore.

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Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

By : Aldo |Ottobre 22, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il lusso nel turismo sostenibile. Lefay Resorts&Residences è l’esempio italiano.

Ad oggi qualsiasi attività deve approcciare ad una transizione verso la sostenibilità. Questo comprende anche il settore del turismo, che in Italia vale milioni di euro ogni anno.
Alcuni cambiamenti in questo senso prevedono importanti finanziamenti che non tutti possono permettersi. Tuttavia il settore del lusso, anche nell’ambito turistico può fare la differenza: ecco come.

   

Turismo sostenibile

Il turismo sostenibile è considerato come un approccio in contrapposizione rispetto all’overtourism. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo si tratta di un:

turismo consapevole del suo impatto sociale, economico e ambientale presente e futuro, in grado di soddisfare le esigenze dei visitatori, delle comunità locali, dell’ambiente e delle aziende”.

Il Global Sustainable Tourism Council (GSTC) stabilisce e gestisce gli standard globali per viaggi e un turismo sostenibili e repsonsabili, noti come i Criteri GSTC. Questi sono rivolti a due insiemi, quelli dei policy maker e ai manager delle destinazioni turistiche e quelli rivolti agli hotel e ai tour operator. I criteri sono divisi in quattro pilastri:

  • Gestione sostenibile
  • Impatti socioeconomici
  • Impatti culturali
  • Impatti ambientali

Poiché le destinazioni turistiche sono diverse per cultura, usanze e leggi, i criteri sono adatti ad ogni condizione e integrati con ulteriori specificità.  Questi sono la base con cui l’ente di Accreditamento per gli Organismi di Certificazione valuta le società e le imprese in esame.

   

L’esempio italiano

L’Italia, hotspot di biodiversità e casa di un grande patrimonio storico e artistico è sicuramente lo stato che dovrebbe sviluppare maggiormente questo tipo di turismo. Negli ultimi anni, molte città hanno migliorato questo aspetto tanto da essere riconosciute dal Global Sustainable Tourism Council, tra queste: Siena, Cagliari, La Valsugana.

   

L’Italia sta facendo dei grandi passi in avanti e per questo si può riportare l’esempio di una grande catena di lusso che fa da capofila. Lefay Resorts&Residences è una delle strutture alberghiere più citate nel settore lusso per il suo approccio sostenibile presente fin dalle origini dell’impresa. Alcide Leali, amministratore del gruppo, afferma che la famiglia non ha mai puntato a costruire un hotel o diventare albergatori. Pensavano invece di creare un concetto di ospitalità legato al benessere degli ospiti e quindi anche in armonia con l’ambiente circostante.

    

Lefay Resorts&Residences creò ben 2 strutture a cinque stelle: una a Gragnano (sul Lago di Garda nel 2008), una a Pinzolo (tra le Dolomiti nel 2019). L’approccio del gruppo consiste nell’utilizzo di risorse locali e rinnovabili per quanto possibile e nel limitare le emissioni e l’impatto delle loro attività. In entrambi i casi, l’azienda ha scelto accuratamente i materiali necessari e le tecnologie opportune per il raggiungimento della massima sostenibilità.

    

Le misure sostenibili.

L’azienda Lefay Resorts è la prima del settore ad aver siglato un accordo il ministero dell’Ambiente per progetti mirati alla neutralizzazione delle emissioni di CO2. La famiglia ha iniziato un percorso di compensazione per mezzo dell’acquisto di crediti CERs ancora prima che l’attuale norma fosse autorizzata.

   

Inoltre il gruppo redige da anni il Bilancio della Sostenibilità, per condividere in trasparenza i risultati raggiunti e gli obiettivi di miglioramento attesi nel futuro. Tra le misure riportate ci sono anche soluzioni per ridurre i consumi energetici, come l’uso di software per la gestione intelligente di luce e acqua. Il report indica che le strutture godono di pannelli solari e centrali a biomassa alimentate a cippato. Con queste scelte, e i 3 nuovi impianti fotovoltaici realizzati nel 2023, per il risparmio energetico, l’impresa ha evitato l’immissione di 75mila kg di CO2.

   

Materiali biodegradabili o compostabili a base di mais sostituiscono la plastica monouso e per quanto possibile si scelgono materiali locali. A Gragnano il gruppo ha scelto il marmo rosso di Verona e per il parquet, il legno di ulivo invece che l’iperbolico teak birmano. Qui è presente anche un impianto di cogenerazione (energia e riscaldamento) alimentato a gas metano. A Pinzolo troviamo legno che deriva dai boschi del territorio, quindi da alberi come la rovere e il larice. Mentre per quanto riguarda l’energia, si sfrutta il gas naturale liquefatto (il carburante fossile più pulito fra i disponibili), perché non sono presenti altre alternative.

    

Le certificazioni 

Tutti questi sforzi sono stati riconosciuti grazie alle certificazioni dall’ente certificatore TÜV SÜD (nel rispetto di quanto previsto dallo standard ISO 14064). Tale realtà ha convalidato l’implementazione del sistema di Gestione per la Qualità e l’Ambiente conforme agli standard ISO 14001 e ISO 9001. Questo riconoscimento specifico riguardava:

  • L’ideazione e sviluppo di soluzioni architettoniche per strutture ricettive innovative ed ecocompatibili;
  • Processi di management e sviluppo dei settori accoglienza e benessere.

   

Un’altra certificazione distintiva è la Green Globe, fondata su un protocollo appositamente ideato per le strutture turistiche. Si basa sulla verifica di ben 400 indicatori relativi alle aree: economica, sociale e ambientale. Infine, nel 2022 per raggiungere la carbon neutrality, Lefay ha acquistato i crediti Gold Standard e CER a sostegno dei progetti:

  • Clean Water Somali (Etiopia),
  • Dora-II Geothermal Power (Turchia),
  • Carotino e Melewar Palm Oil Mill (Malesia),
  • Pho Thong Solar (Thailandia).

L’impresa è impegnata anche nell’etica, soprattutto per migliorare quotidianamente le condizioni di lavoro degli impiegati e la relazione con clienti e stakeholder.

Sicuramente nel momento in cui gli incassi sono elevati, è più facile poter apportare modifiche e usare misure più dispendiose. Queste possono ridurre l’impatto ambientale delle strutture, migliorando contemporaneamente la permanenza degli ospiti. 

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Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

By : Aldo |Ottobre 17, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

La transizione ecologica prevede una serie di cambiamenti all’interno della maggior parte dei settori che riguardano i servizi basilari di ogni città. E come ogni grande rivoluzione si deve partire da un punto più o meno complesso: nel nord Italia si parte dai trasporti su rotaie.

     

La presentazione

Arriva dopo tanta attesa l’innovazione che cercavamo. Il primo treno a idrogeno d’Italia è pronto per portare un grande cambiamento nella Valcamonica (BS) e nel territorio circostante. Il prototipo è stato presentato durante l’EXPO Ferroviaria 2023 alla quale hanno partecipato le società produttrici, le aziende di trasporti e tanti altri. Tra questi FNM e Alstom, che sono i nomi principali di questa novità italiana e che vantano anni di successi nel settore ferroviario e non solo.

    

L’idea riportata nell’accordo siglato a novembre 2020 è quella di far passare il treno lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo in Valcamonica, nell’ambito di H2iseO. La linea attiva dal 2025 sarà la base per la realizzazione per la prima Hydrogen Valley italiana.

   

Coradia Stream

Coradia stream, è il primo treno ad idrogeno d’Italia ed è la soluzione all’obiettivo europeo di azzerare completamente le emissioni di C02 entro il 2050. La sua entrata in scena segna l’inizio di una nuova era nel trasporto ferroviario passeggeri nella Penisola. Si tratta del primo treno a zero emissioni dirette di CO2 per l’Italia, ha 260 posti a sedere e un’autonomia superiore a 600 km.

    

Nello specifico il mezzo presenta una carrozza intermedia chiamata “Power Car”, nella quale risiede il cuore della tecnologia ad idrogeno. L’energia è fornita dalla combinazione dell’idrogeno (immagazzinato nei serbatoi) con l’ossigeno dell’aria esterna, senza emissione di CO2 nell’atmosfera.  Mentre le batterie agli ioni di litio ad alte prestazioni immagazzinano l’energia. Quest’ultima viene successivamente sfruttata nelle fasi di accelerazione per supportare l’azione delle celle a idrogeno e garantire il risparmio di carburante.

    

Nonostante i cambiamenti, le società produttrici assicurano il mantenimento degli elevati standard di comfort già apprezzati dai passeggeri nella sua versione elettrica. Inoltre, garantiscono anche le stesse prestazioni operative dei treni diesel, compresa l’autonomia. Infine, il Coradia potrà operare sulle linee non elettrificate in sostituzione dei treni che utilizzano combustibili fossili.
     

Accordi, obiettivi e progetti

L’accordo siglato a novembre 2020 prevedeva la fornitura a Trenord di 6 treni a celle a combustibile a idrogeno con opzione per ulteriori otto. Il progetto è stato promosso da FNM, FERROVIENORD e Trenord, H2iseO, società che hanno lo stesso punto di vista sulla sostenibilità e lo stesso obiettivo. Quello di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno. Partendo dal settore della mobilità, si passerebbe alla conversione energetica del territorio per poi contribuire alla decarbonizzazione di una gran parte del trasporto pubblico locale.  

    

Tale progetto altamente innovativo include la realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno rinnovabile senza emissioni di CO2. Oltre a questo, è prevista la messa in servizio di 40 autobus ad idrogeno in sostituzione dell’intera flotta oggi utilizzata da FNM Autoservizi.

 

Le società e l’attivazione

Come anticipato il treno entrerà in servizio in Valcamonica verso l’inizio del 2025, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di FERROVIENORD (servizio viene gestito da Trenord). Nonostante ciò, il progetto è stato presentato alla fiera e creato da FNM e Alstom.

   

FNM è attualmente il principale Gruppo integrato nella mobilità sostenibile in Lombardia ed è uno dei principali investitori non statali italiani del settore. Alstom invece, è leader globale nella mobilità intelligente e sostenibile. Si occupa di treni ad alta velocità, metropolitane, monorotaie, tram, sistemi chiavi in mano. Ma anche di servizi, infrastrutture, segnalamento e alla mobilità digitale ed è fornitore e manutentore del Gruppo FNM da oltre 15 anni. Insieme hanno collaborato per l’ideazione del progetto, concretizzato in molteplici siti sparsi per il nord Italia.

    

Studi, tecnologie e ricerche hanno uno scopo comune, ovvero quello di sviluppare progettualità a tutto tondo che facciano crescere la cultura aziendale. In tal modo si caratterizzano i processi industriali e le soluzioni compatibili con la tutela dell’ambiente, il risparmio energetico, tutto anche a servizio dei cittadini.

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