Efficienza energetica

Mosaico verde: la riqualifica delle regioni comincia nelle aree verdi.

By : Aldo |Maggio 29, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Mosaico verde: la riqualifica delle regioni comincia nelle aree verdi.

Il verde sempre stato il colore della speranza, ma da tempo è associato alla terminologia legata alla sostenibilità, forse nella speranza di un futuro migliore.

      

Riqualifica per l’avvenire

Da anni si parla di riforestazione, di cura del territorio e sensibilizzazione e vari enti pubblici e privati si sono impegnati in questo senso.

Chi lo fa per compensare le attività della propria azienda, chi per amore della natura o con il solo scopo di affrontare la crisi climatica.

I progetti di riqualifica del territorio (che sia di provincia, regionale o nazionale) comprendono varie iniziative ed aree naturali. 

     

Mosaico Verde

Tra i vari progetti, la Campagna Mosaico Verde promossa da AzzeroCO2 e Legambiente ha spiccato sul territorio italiano.

Per ora ben 40 aziende sostengono il programma, per migliorare i territori in cui operano o nei quali vivono i propri dipendenti o stakeholder.

Il 25 maggio durante l’evento “I grandi cambiamenti cominciano da piccoli alberi” sono stati mostrati i risultati di 5 anni di lavoro (2018-2023).

       

Le due realtà hanno piantato oltre 322.000 alberi, con i quali si dovrebbero assorbire circa 226.000 tonnellate di CO2*.

Riqualificato più di 3 milioni di m2 di aree verdi, comprendendo più di 100 Comuni, 20 Enti Parco in quasi tutta Italia (17 regioni).

(*Valore calcolato considerando il potere di assorbimento medio di un albero nel suo ciclo di vita di 100 anni).

       

Obiettivi e risultati

I due enti sono riusciti a rendere più verdi e resilienti le città, ripristinando le aree verdi urbane e quelle naturali in abbandono.

Inoltre, hanno ricreato delle oasi naturali mirate ad ospitare e nutrire gli insetti impollinatori e le api, attori protagonisti del ciclo della vita.

È anche opportuno ricordare che il progetto si è evoluto durante i 5 anni con adeguamenti e aggiunte a seconda delle necessità del pianeta.

L’investimento del quinquennio è finalizzato a:

  • promozione della biodiversità vegetale
  • creazione di habitat per animali e insetti
  • messa in sicurezza di aree colpite da calamità
  • creazione di spazi di aggregazione sociale

Pertanto, il progetto è sostenibile non solo per quanto riguarda l’ambiente ma anche il settore sociale.

    

Completezza

Un progetto simile ha degli aspetti fondamentali che non tutti colgono all’istante. La presenza di aree verdi bonificate comporta lo sviluppo di habitat sani, la fruibilità di patrimoni ambientali e culturali.

Quindi si tratta di un miglioramento della vita naturale e dell’uomo, della sua salute fisica, mentale ma anche di una protezione nei confronti di disastri ambientali.

    

Le piante riducono eventi di dissesto idrogeologico, consolidano terreni e ne evitano l’allagamento, purificano l’aria e fungono da climatizzatori naturali.

Analogamente sono fondamentali le api e gli insetti impollinatori. Da loro dipende il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali esistenti, ossia la maggior parte del cibo.

Perciò è importante salvaguardare questo gruppo, poiché attualmente in Europa 1 specie su 10 è a rischio di estinzione.

Dunque, riqualificare le aree verdi con piante aromatiche e mellifere risulta la combinazione migliore per raggiungere gli obiettivi sopra citati.

      

Questo patrimonio naturale ha anche un alto valore economico. Basti pensare che un bosco sano genera beni e servizi ecosistemici.

Proprio AzzeroCO2 ha creato un sistema di calcolo per verificare il valore delle sue opere ed ha pubblicato i suoi dati.

Le attività dal 2018 ad oggi hanno un valore stimato tra 1 milione,  1 milione e 700 mila euro l’anno, per un totale di €8.5 milioni.

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Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

By : Aldo |Maggio 24, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

Tra mini-case, edifici autonomi, nuovi programmi energetici, anche nel campo dell’edilizia si fanno passi avanti.

La sostenibilità in questo settore riserba tante eccezioni che potrebbero accelerare la transizione ecologica nel nostro paese.

    

La norma europea.

La richiesta dell’ultima direttiva europea è chiara e mira all’azzeramento delle emissioni in tale settore, entro il 2050.

Gli edifici devono raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033.

Tutto sarebbe perfetto se solo il 60% degli edifici non arrivasse a malapena alla classe F o addirittura G. Questo risulta essere un grave problema che non favorisce un cambiamento necessario e rapido.

   

Senza dubbio non si può mettere in discussione la necessità di tali lavori, ma gli ostacoli ci sono e sono abbastanza rilevanti.

Rispetto ad altri ambiti, è uno dei più difficili da affrontare a seguito dei costi e delle difficoltà degli interventi.

    

Coibentazioni classiche

Le tecniche di coibentazione degli edifici sono varie e consentono di rendere efficienti a livello energetico case e uffici.

Ad oggi però, i tetti coibentati in modo scarso aumentano la dispersione di energia del 30%, mentre un condominio può raggiungere anche il 65%.

Molte sono tecniche che prevedono mesi di lavori, impalcature, accordi di interi condomini e normative molto restrittive.

Tuttavia, sono stati sviluppati interventi senza cappotto, che hanno lo stesso fine.

  • Intonaco termico interno: solitamente se lo stabile si trova in un centro storico, quindi è difficile rifare la facciata. Non è efficace come un vero cappotto ma ha i suoi vantaggi, tra i quali anche la prevenzione di muffe e condense sulle pareti
  • Insufflaggio in intercapedine: valida tecnica che prevede l’iniezione dell’isolante all’interno di tetti, muri e facciate. Di norma vengono usati i fiocchi di cellulosa o la lana di vetro e isolano anche a livello acustico.
  • Pannelli isolanti a basso spessore: sia per interni che per esterni. Sono pannelli spessi meno di 15 mm.
  • Mattoni in laterizio termoisolanti: che garantiscono un’ottima conducibilità termica in poco spazio. Dotati di un alveolo formato da intercapedini sottili, riducono gli strati di malta tra i mattoni, eliminando i ponti termici.

 

SWISS THERMO

L’idea di un metodo di coibentazione alternativo nasce in Polonia ma viene perfezionato nella nostra penisola.

Si tratta di un prodotto isolante liquido che serve per migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Protegge dal caldo e dal freddo e può essere usato nelle pareti interne e in quelle esterne.

     

Il prototipo si basa su nanotecnologie messe a punto da Tecnoindustries Srl (brevettate dalla NASA), attualmente il rivenditore esclusivo del prodotto.

Infatti, al contrario dei classici metodi è molto più comodo da applicare ed è più semplice il suo utilizzo in termini burocratici.

In breve, viene applicato con un macchinario spray su una superficie, che viene coibentata senza costi eccessivi e in pochissimo tempo.

     

Questo è possibile grazie all’ampia possibilità d’intervento: non c’è bisogno di impalcature o ponteggi e si può spruzzare ovunque.

Pertanto, è possibile mettere mano anche nei palazzi storici, nelle “tower” con vetrate o edifici con vincoli urbanistici (edifici solitamente difficili da trattare).

      

Risparmi e benefici

Le solite tecnologie proposte per questo tipo di interventi comportano un risparmio energetico intorno al 25%. Al contrario con il nuovo prodotto si va oltre il 50% e si risparmia anche in tempo.

Infatti, se di solito, per la realizzazione di un cappotto si necessitano almeno 6 mesi, con lo SWISS THERMO si parla di massimo 30 giorni.

     

A tutti, offre anche una possibilità più concreta di cambiare rotta: questo metodo permette a chiunque di fare il suo passo verso la sostenibilità.

Quindi se in un condominio non tutti fossero d’accordo per procedere con la coibentazione, un singolo potrebbe scegliere rendere efficiente la propria casa ugualmente.

Sarà possibile semplicemente perchè si lavora dall’interno dell’appartamento, lungo i muri perimetrali.

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Idrogeno e carburante prodotto dalle foglie artificiali: la nuova sfida.

By : Aldo |Maggio 23, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni |Commenti disabilitati su Idrogeno e carburante prodotto dalle foglie artificiali: la nuova sfida.

Gli obiettivi degli ultimi anni legati alla sostenibilità sono considerati delle vere e proprie sfide all’ultima tecnologia.

Abbiamo visto brevetti di tanti tipi ma evidentemente c’è tanto altro da scoprire e ancora tanti progetti da sviluppare.

     

Le “foglie” artificiali

L’Europa definisce la cosiddetta A-LEAF, come un dispositivo in grado di replicare a fotosintesi in modo da produrre combustibili solari, senza sostanze chimiche.

Al momento il prototipo assomiglia ad una bibita in lattina, che funziona come una foglia di un albero qualunque.

La differenza si incontra nell’aggiunta di acqua e CO2, grazie alle quali il dispositivo produce formiato, composto utilizzabile come combustibile solare.
       

Tale tecnologia potrebbe essere utile per stoccare l’energia solare in eccesso oppure per sostituire gradualmente i combustibili fossili. Trattandosi poi di fotosintesi, si ridurrebbe anche la CO2 o comunque si può immaginare un processo carbon neutral.

Inoltre i materiali usati non sono esattamente i migliori nel campo, ma in questo modo la tecnologia può essere distribuita più facilmente in aiuto alla società.

 

La produzione di idrogeno

Il primo passo in tale campo è stato fatto per la produzione di idrogeno. Il programma sviluppato da un gruppo di scienziati del Politecnico Federale di Losanna ha visto la realizzazione di un nuovo elettrodo per celle fotoelettrochimiche.

Questo dispositivo, trasparente e poroso sfrutta il sole e l’umidità atmosferica per generare idrogeno. Il tutto avviene in celle solari che uniscono la raccolta di fotoni (nei semiconduttori) all’elettrolisi dell’acqua nell’aria.  

Le celle fotochimiche (PEC) sono una grande risorsa per la scienza, poiché consentono di perseguire, migliorare ed incrementare gli studi nell’ambito descritto.

        

Al principio però le celle utilizzavano semiconduttori immersi in liquidi; quindi, erano necessari passaggi più complessi per il loro riscaldamento.

Pertanto, il team di Losanna ha pensato bene si sostituire i liquidi con i gas, nello specifico con l’aria e quindi hanno modificato gli elettrodi.

Solitamente sono composti in carbonio grafitico o materiali opachi che limitano la raccolta della luce, al contrario di quelli nuovi.

Si chiamano elettrodi a diffusione di gas, sono trasparenti e porosi, assorbono più luce solare e massimizzano il contatto con le molecole d’acqua contenute nell’aria.

 

Il combustibile solare

Analogamente l’Università di Cambridge ha portato avanti la sua ricerca fino al raggiungimento dell’obiettivo: creare combustibili liquidi dalla luce solare.

Come riportato nel primo paragrafo, si tratta di un processo che non include composti chimici tra gli “ingredienti”: solo acqua, luce del sole e CO2.

Loro, gli attori per la realizzazione di etanolo puro da aggiungere alla benzina per un pieno delle auto: è la prima generazione di combustioni solari.

     

La peculiarità di questo progetto sta nella produzione di carburanti liquidi multi-carbonio, saltando la fase intermedia in cui si crea syngas.

Questo salto è possibile grazie al catalizzatore a base di rame e palladio, in modo che la foglia produca sostanze più complesse. Tra queste, etanolo e n-propanolo.

 

In conclusione

Entrambi i processi devono essere messi alla prova in altre condizioni, soprattutto se si pensa ad un processo impiegato a livello industriale.

Non è semplice diffondere su larga scala dei dispositivi e delle procedure simili, ma sono sicuramente la prova che c’è ancora tanto da studiare.

Intanto, questo come tanti altri è un passo in avanti per un mondo più verde.

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Mico materiali: quando la natura è una soluzione per il futuro.

By : Aldo |Maggio 22, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Mico materiali: quando la natura è una soluzione per il futuro.

Studi, ricerche, finanziamenti e speranze per trovare le migliori soluzioni per il pianeta sono tantissime.

Ma come spesso accade, l’uomo non si rende conto che la scelta migliore, il luogo più adatto e meno pericoloso in cui cercare è proprio la natura.

    

Funghi per il futuro

I funghi sono i protagonisti di un mondo peculiare, pieno di curiosità, insidie ma anche di ottime qualità.

Sono un alimento ma possono essere usati in medicina, sono allucinogeni ma anche un buon rimedio per l’ambiente.

E bene si, secondo vari studi e applicazioni messe in atto da alcune aziende, i funghi possono aiutarci nella lotta contro l’inquinamento da plastica.

Aziende americane e l’Università di Sydney hanno trovato il modo più sostenibile di usare delle caratteristiche della natura, proprio per salvaguardarla.

       

La nuova sostenibilità

È bastato studiare il ciclo vitale dei funghi per carpire dei dettagli che avrebbero potuto fare la differenza in questo mondo.

Infatti, aziende come Ecovative o l’Università di Sydney hanno osservato la riproduzione e le qualità dell’organismo per ricavarne un rimedio.

   

L’apparato vegetativo dei funghi, il micelio, si compone di un intreccio di cellule filamentose (le ife) che creano una rete nel suolo.

Quest’ultima ha la capacità di legarsi alla materia organica presente nel substrato e viene usata per accrescere il proprio corpo vegetativo.

    

Seguendo questo processo, gli studiosi hanno dedotto che la materia organica del suolo poteva essere sostituita da altre matrici, pertanto si sono sbizzarriti.

Ci sono molteplici scelte come materiale organico su cui far crescere il micelio: fondi di caffè, frammenti di cartone, trucioli e gusci d’uovo.

Tale scoperta rappresenta un grande traguardo, poiché in questo modo si possono generare materiali 100% biodegradabili, resistenti e duraturi.

       

Natura e tecnologia

Si parla di biomateriali compostabili, oppure di “mico materiali” (quindi derivati dai funghi) che rendono la materia prima sostenibile, un concetto alla portata di tutti.

Rappresentano una risorsa per i paesi più poveri, visto che possono essere impiegati in vari settori e sono efficienti anche dal punto di vista energetico.

Per ora ci sono due programmi noti, che riguardano tale innovazione.

   

L’università australiana ha puntato tutto sull’utilizzo dei funghi su calchi stampati in 3D con la materia organica.

Si tratta di un metodo che comprende anche le applicazioni in strutture con componenti elettroniche. Per esempio, è stato inventato un vaso, che monitora le condizioni del suolo (tramite un dispositivo), che si decompone quando la pianta deve essere travasata.

   

Mentre l’azienda Ecovative fondata nel 2007 è riuscita a convertire il micelio in una sorta di polistirolo naturale. L’impresa ha già avviato collaborazioni con Ikea, Dell e Biomason per rendere le grandi catene più sostenibili.

Il loro composto si chiama Mycosomposite, e comprende un mix di micelio e sostanza organica che viene inserito in uno stampo.

Al suo interno il micelio cresce, formando una colla attorno alla forma; di seguito viene inserito in forno per uccidere le spore ed è pronto. È dunque composto dal 95% di substrato e 5% di micelio.

Mentre il Mycoflex è fatto interamente di micelio ed è impiegato in prodotti morbidi, non a caso potrebbe sostituire la gomma piuma.

        

Altri prodotti

Nello specifico Ecovative produce allo stesso modo packaging, componenti per mobili, schiuma modellabile, tavole da surf e altri oggetti.

Inoltre, l’azienda produce materiali da cantiere (pannelli, blocchi, mattoni) e tessuti di lusso.

     

Perciò si può affermare che la natura comprende risorse di ogni tipo, basta studiarla attentamente, per usufruirne nel modo più adeguato e sostenibile.

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Vaporetti e battelli ibridi o elettrici: la transizione ecologica di Venezia.

By : Aldo |Maggio 16, 2023 |Clima, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Vaporetti e battelli ibridi o elettrici: la transizione ecologica di Venezia.

In un precedente articolo abbiamo parlato delle iniziative della città di Venezia per quanto riguarda la cura dell’ambiente.

Oggi torniamo nello stesso comune, perchè oltre ai gondolieri subacquei che puliscono i canali, a Venezia arriva la transizione elettrica.

Il contorno di Venezia

La città sospesa sull’acqua è unica al mondo e con lei, lo stile di vita intrapreso dai suoi abitanti durante la storia.

Ovviamente con gli anni, passano le mode e aumentano le tecnologie ma Venezia sembra sempre rimasta in un mondo diverso.

Questa è forse una delle tante caratteristiche che la rende autentica e fortunatamente gli studiosi sono riusciti a non modificarla per mezzo dell’innovazione.

Dunque, privati, aziende pubbliche e poli universitari hanno collaborato per limitare i danni legati all’attività più diffusa a tra i canali: gli spostamenti.

           

L’elettrico, l’ibrido e il green

In una città qualsiasi, gli spostamenti emettono tonnellate di CO2, inquinando l’ambiente e creando traffico.

Analogamente succede nella città di Piazza San Marco, dove battelli e vaporetti con motori desueti, continuano le loro attività senza alcun freno.

Quotidianamente circolano 160 battelli molto pesanti, di cui la maggior parte presenta ancora un motore poco avanzato a livello tecnologico.

         

Le analisi degli ultimi anni confermano che inquinano ed emettono oltre a tonnellate di CO2, anche ossido di azoto, idrocarburi e pm10.

Pertanto il trasporto pubblico Actv ha un piano di investimenti per dotare di motori ibridi ben 50 mezzi della propria flotta.

Di pari passo sono stati brevettati motori elettrici anche per le imbarcazioni per il trasporto merci, come nel caso del nuovo mezzo Coop.

 

“Emilio” impatto zero

Si chiama così la nuova imbarcazione targata Coop Alleanza 3.0 che trasporterà le merci della grande catena in 2 punti vendita nel centro storico.

L’azienda bolognese ha annunciato il progetto Coop per le consegne fossil-free la settimana scorsa e ha mostrato “Emilio”.

      

Progettato e studiato da S.ca Snc Trasporti Marittimi Veneziani, si tratta di un battello a propulsione completamente elettrica (alimentata da un pacco di batterie).

Bastano solo 30/ 40 minuti per una carica completa ed un’autonomia di 3 ore, poi una volta scariche recuperano energia grazie al motore endotermico.

Quindi il mezzo autocaricabile al 100% potrebbe essere il primo di una lunga serie di cambiamenti della laguna veneta.

           

Innanzitutto, perchè con tale tecnologia la catena di supermercati, sarà in grado di risparmiare circa 40 tonnellate di CO2 all’anno. Ma l’obiettivo quello di risparmiare totalmente 200 tonnellate di emissioni, con almeno 5 mezzi.

Detto ciò, è necessario ricordare che “Emilio” trasporterebbe ben 50 tonnellate di merce ed è grande al punto poter passare solo nei canali più larghi.

   

Altre innovazioni 

Questa è solo la prima di tante innovazioni di Venezia che si prepara anche alle colonnine per la ricarica elettrica. Forse una mossa azzardata per le scarse imbarcazioni (specialmente private) dotate di motore elettrico, ma sempre un incentivo al cambiamento.

Si prospettano addirittura delle “paline” ovvero delle colonnine uguali per forma e colori ai pali di legno tipici della città.
             

Per ogni movimento o transizione serviranno sempre dei piccoli o grandi passi per ingranare il processo di cambiamento. Venezia ha fatto il suo.

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La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

By : Aldo |Maggio 15, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

La primavera è iniziata da tempo e con essa sono arrivati anche cambi repentini del tempo, soprattutto le precoci ondate di caldo.

Quest’ultime hanno già creato problemi e sono solo le prime avvisaglie della siccità di cui tanto si parlerà nei prossimi mesi.

       

Il Pacchetto della Spagna

La Spagna dopo il primo mese di primavera ha già registrato delle temperature elevate che fanno preoccupare tutti.

In primis il governo che ha scelto di firmare e attivare una strategia da 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza siccità.

Tale pacchetto è stato studiato dopo aver seguito i cambiamenti climatici nel tempo e i loro effetti.

          

Infatti, dal 1° ottobre 2022 alla seconda settimana di maggio, le precipitazioni nella penisola iberica sono state inferiori alla media del 27,5%.

Questo, un dato allarmante che preoccupa il governo ma soprattutto i settori primari che ne risentono maggiormente e l’intera economia.

        

Siccità precoce

I cittadini spagnoli sono già abituati alle alte temperature estive, soprattutto chi abita nel sud del Paese, ma non a questi livelli.

A marzo il deficit era del 36% e il mese successivo si è aggravato, raggiungendo il record come “aprile” più caldo della storia della nazione.

Oggi le riserve idriche del territorio sono in rosso (-48,9%) e non è ancora arrivata l’estate; si tratta di livelli più bassi dell’anno scorso.

      

Come riportato dalla ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera, la Spagna si sta preparando ad effetti sempre più forti legati ai cambiamenti climatici.

Pertanto, si è pensato ad un piano d’azione che possa essere attivato velocemente con aiuti diretti e concreti senza precedenti.

Oltre agli aiuti finanziari saranno sviluppati veri e propri interventi come l’installazione di dissalatori o altri lavori più leggeri e di rapida attuazione.

        

I finanziamenti

Il ministero dell’Ambiente ha quindi messo a disposizione ben 1,4 miliardi di euro, che verranno divisi e impiegati in vari settori.

636 milioni saranno impiegati nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento, secondo il piano del ministro dell’agricoltura, allevamento e pesca Luis Planas.

Questi aiuteranno anche il finanziamento delle polizze assicurative, fondamentali per coprire le contingenze di siccità.

   

Quindi saranno divisi 355 milioni per gli allevatori e 276,7 per il settore agricolo. in modo da finanziare le misure previste in funzione delle incidenze atmosferiche.

In più 5 milioni andranno agli apicoltori.

       

Dissalatori

Come anticipato prima, l’investimento riguarda anche infrastrutture e installazioni. Tra questi impianti di desalinizzazione, impianti per raddoppiare il riutilizzo delle acque urbane e ridurre tasse e costi delle aziende agricole interessate.

L’impianto di desalinizzazione verrà costruito a Blanes (foce del fiume Tordera), come lavoro fondamentale per migliorare l’approvvigionamento nella regione di Barcellona e Girona.

Altre strutture verranno instituite nei bacini colpiti dalla penuria di riserve, seguite da interventi come pompaggi di emergenza. Il bilancio stimato è di 35,5 milioni.

    

Ulteriori dissalatori saranno costruiti nella costa mediterranea a Malaga e Almeria e con altri 224 milioni di euro si intensificherà il riutilizzo ad Alicante. 

          

Altre misure

Il governo è pronto a promuovere l’utilizzo delle acque urbane per passare dagli attuali 400 hm3 all’anno a circa 1.000 Hm3 nel 2027.

Questi coprirebbero il 20% del volume delle risorse idriche destinate all’approvvigionamento delle popolazioni.

Infine, si riportano nuove misure e finanziamenti correlati al Guadalquivir, per gli acquiferi del Parco Nazionale di Doñana e per la sicurezza dei lavoratori.

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Da rifiuto a materia prima: pneumatici esausti e scorie d’acciaio creano una nuova gomma.

By : Aldo |Maggio 11, 2023 |Efficienza energetica, Home, menomissioni, menorifiuti, Rifiuti |Commenti disabilitati su Da rifiuto a materia prima: pneumatici esausti e scorie d’acciaio creano una nuova gomma.

Un mondo basato sull’economia circolare dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere in tempi più o meno brevi.

La transizione ad un sistema simile non è semplice, ma come sempre ci sono dei piccoli passi che ci aiutano ad ottenere un buon risultato.

         

Una nuova gomma

Un progetto sviluppato dall’ENEA in collaborazione con l’Università di Brescia propone lo sviluppo di una nuova gomma riciclata adatta alle produzioni industriali.

Si tratta di un prodotto creato per via dell’unione di pneumatici fuori uso e scorie di acciaio: un nuovo esempio di economia circolare.

Nello specifico la gomma derivata dal connubio di questi scarti è adeguata alla creazione di tappetini per l’isolamento acustico o antivibranti.

Dai PFU (pneumatici fuori uso) si può ricavare gomma, acciaio e fibra tessile che possono essere utilizzati nel settore delle infrastrutture, strade ed edilizia.

        

Lavorazione

Il processo pensato per ottenere questo nuovo materiale è costituito da passaggi specifici che garantiscono alla gomma delle caratteristiche uniche.

Per prima cosa, si tratta di una lavorazione a freddo che non prevede l’aggiunta di additivi. I PFU vengono ridotti in polvere, che viene integrata con quantità crescenti di scorie di acciaio.

Così aumenta il coefficiente di rigidità, garantendo una buona compattezza e coesione del prodotto che ottiene anche una maggiore conducibilità termica e buone proprietà magnetiche.

In tal modo si rende utile il materiale per applicazioni in cui è necessaria la dissipazione di calore.

         

Vantaggi ambientali e salutari

Questi fogli di gomma con spessore di 1 millimetro possono migliorare le condizioni dell’ambiente che ci circonda e della nostra salute.

Infatti, oltre ad unire due settori lontani, aiuta il riciclo delle scorie soprattutto in Lombardia, dove coesistono molteplici industrie di acciaio per forno elettrico.

Questo è un settore che ogni anno produce 20.4 milioni di tonnellate di acciaio, di cui il 10-15% è composto da scorie nere. Quindi grazie a tale progetto si riduce il rilascio di metalli pesanti e potenzialmente tossici per l’uomo come il cromo, il molibdeno e il vanadio.

In aggiunta si rende sostenibile il settore degli pneumatici, che produce 435 mila tonnellate di rifiuti l’anno, di cui solo il 20% viene rigenerato.

      

Un problema all’orizzonte

Il riciclo di pneumatici è una delle eccellenze dell’economia circolare italiana che porta alla creazione di gomma per impianti sportivi, strade, infrastrutture ed altro.

Purtroppo, l’Europa ha votato per il bando dell’intaso polimerico nelle superfici sportive quindi, gli impieghi prima citati potrebbero venire meno.

Tale decisione deriva dal fatto che il 90% dei campi da calcio in Europa sono stabilizzati con questa gomma.

Tuttavia, Ecopnenus (consorzio che trasforma 200 mila tonnellate di pfu) dichiara che una legge simile potrebbe creare un grande problema, ambientale economico e sociale.

Pertanto, richiede, insieme a Legambiente di rivedere la normativa approvata, poichè il non utilizzo del prodotto, porterebbe ad una maggiore dispersione di pfu nell’ambiente.

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Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

By : Aldo |Maggio 09, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

La raccolta differenziata serve per il riciclo e la creazione di nuovi prodotti. La circolarità del sistema non è difficile da capire, ma forse complessa da portare a termine.

In questo campo infatti, la plastica resta uno dei punti interrogativi più grandi del settore.

         

Il Green Deal europeo

Dopo aver dichiarato l’emergenza climatica (nel 2019) il Parlamento europeo presenta il “Green deal” come un piano d’azione per attenuare l’impatto ambientale dell’Unione.

Tale strategia, vista come l’ultima e una delle più importanti iniziative dell’UE sul clima ha come obiettivo la neutralità climatica.
  

Il programma è basato sui punti cardine dell’agenda 2030, elevando la propria missione con obiettivi più ambiziosi. Un esempio, quello di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990).

Per quanto riguarda la plastica invece, si punta ad una riduzione complessiva di rifiuti del 37% attraverso il riutilizzo e il riciclaggio.

Ci sarà un cambio di rotta obbligatorio delle imprese che dovranno offrire un’etichettatura degli imballaggi riutilizzabili se non una loro riduzione (per quanto possibile).
    

L’obiettivo è quello di eliminare imballaggi monouso per gli alimenti, soprattutto nel campo della ristorazione e di altri prodotti nell’hotellerie.

Un ulteriore passo importante riguarda i tassi vincolanti di contenuto riciclato che le aziende dovranno includere negli imballaggi di plastica. Aumentando in tale modo il valore del materiale riciclato.

         

Il parere di Zero Waste

Nonostante ciò, secondo la rete Zero Waste Europe il riciclo della plastica non è esattamente sostenibile come si pensa.

Ovvero esistono due tecniche di riciclo per i polimeri: quello meccanico e quello chimico. Di norma si predilige il primo ma spesso non è efficace come il secondo, o non è adatto a tutti i tipi di rifiuti.

Questo rappresenta un problema poiché il metodo chimico prevede una maggiore emissione di CO2 legata ai vari step, soprattutto quelli termici.

Per rispettare le linee imposte dal patto europeo, il metodo meccanico sembra non bastare quindi si tratta di una situazione contraddittoria se considerata la sua sostenibilità.
     

Metodo chimico

Riguarda la decomposizione dei polimeri di cui è fatto il prodotto in questione. Si procede alla divisione per mezzo di calore, catalizzatori o agenti chimici.

Grazie a tali meccanismi si ottiene una grande quantità di materie prime che possono essere impiegate nuovamente, con le stesse caratteristiche della materia prima vergine.

Tale sistema detto anche di “riciclo avanzato” ed è attualmente l’unico metodo efficace per il trattamento dei rifiuti di plastica.
     

Tuttavia, le analisi svolte su questa metodologia di riciclo hanno sollevato dei grandi dubbi, poiché contraddicono la sostenibilità tanto proclamata del sistema.

Il report di Zero Waste Europe, afferma che il riciclo chimico serve solo in casi particolari e dovrebbe essere scelto esclusivamente dopo quello meccanico.

Unicamente i prodotti con materiali durevoli e degradati che non possono essere decomposti in altri modi, dovrebbero passare al riciclo avanzato.

Inoltre, l’intero processo richiede grandi quantità di acqua ed energia e immette nell’ambiente grandi quantità di sostanze chimiche, che inquinano l’ambiente.
         

Cosa fare?

Questo non vuol dire che si tratti di un sistema non sicuro o da evitare, ma da scegliere in maniera appropriata.

Per far si che ciò accada serve un’ampia campagna di prevenzione e precauzione, in primo luogo delle aziende, in modo da cambiare il problema all’origine.

Si ipotizza una maggiore attenzione al design e alla qualità del prodotto, per renderlo riciclabile con il metodo meccanico.

Oppure sarebbe auspicabile un miglior consumo delle risorse, tra le quali l’energia, se non altro prendere in considerazione il taglio netto della plastica.

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Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.

By : Aldo |Maggio 08, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.
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Ogni giorno si scoprono nuove vie per ridurre l’impatto ambientale delle nostre attività e i relativi costi.

Senza dubbio la continua capacità di innovarsi è una qualità positiva per il mondo, la salute e l’economia di tutti.

      

Bitzer Italia

Il leader mondiale per la produzione di compressori (cuore degli impianti di refrigerazione) si interroga da tempo su come essere più green.

Sicuramente, essendo il maggior produttore di compressori nel settore, può migliorare le tecnologie e efficienza dei suoi prodotti ma può fare molto di più.

   

Per questo, Piero Trevisan, Direttore generale di Bitzer Italia ha da poco diffuso un’infrastruttura digitale per i suoi partner che li aiuti a tal proposito.

L’azienda ha condiviso con il BITZER Digital Network (BDN), una piattaforma che consente ai soci di verificare le condizioni ottimali dei prodotti.

      

Dunque, la piattaforma offre una soluzione semplice per monitorare gli impianti grazie ai Moduli IQ, gestendo ed archiviando le loro informazioni e applicazioni.

Inoltre, per mezzo di questo servizio si possono organizzare interventi di manutenzione veloci, dato che certificazioni, specifiche tecniche e altri dati sono nel sito.

      

Impianti più green

L’idea di un portale per aiutare i partener ad essere più in equilibrio con l’ambiente deriva da un’attenta analisi di Trevisan.

Quest’ultimo crede che il momento storico che stiamo vivendo sia così delicato ma allo stesso tempo proficuo al punto che non si possa perdere tempo.

Non a caso, afferma l’importanza in tale periodo, di ridurre i consumi in modo da diminuire i costi massimizzando però l’efficienza dei propri impianti.

Solitamente i costi più alti sono correlati alle spese energetiche, per questo motivo di consiglia di andare oltre i soliti parametri di valutazione, in caso innovamento.

      

Quindi, se un’azienda volesse cambiare e ridurre il suo impatto dovrebbe prima analizzare il carico termico per individuare le soluzioni. Di questo passo si possono ridurre le dispersioni termiche, minimizzando il carico stesso.

In un secondo momento si procede con la massimizzazione dell’efficienza energetica della macchina, che produrrà solamente il freddo necessario.

     

Tali procedure sono più che fondamentali, se non altro perchè il costo dell’energia è un multiplo di qualche mese fa. Infatti, gli investimenti che riducono il consumo energetico hanno un ritorno particolarmente breve, di conseguenza è il momento migliore per investire nelle nuove tecnologie.

     

Le soluzioni

É importante ribadire che senz’altro ci sono delle linee guida per poter rendere l’industria e il prodotto più sostenibili.

Di norma di procede con la riduzione del fabbisogno frigorifero, modificando carichi termici e le dispersioni, isolando in modo ottimale l’impianto.

Si passa poi alla minimizzazione delle possibili emissioni dirette e si sceglie il refrigerante migliore per il caso (controllando anche il GWP). Infine, si minimizzano le emissioni indirette e dunque si ottimizza il consumo energetico dell’impianto.

Tuttavia, ci sono delle soluzioni che saranno individuali e specifiche caso per caso, che possono essere riscontrate dopo un’attenta analisi del problema.

               

É comunque auspicabile che ogni industria a prescindere dal settore in cui opera, faccia dei controlli periodici dei propri macchinari.

In tal modo, si possono risanare più facilmente e velocemente delle situazioni di minor efficienza o di mal funzionamento.

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Gli italiani sostengono il cambio di vita per risolvere la questione climatica.

By : Aldo |Maggio 04, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, plasticfree |Commenti disabilitati su Gli italiani sostengono il cambio di vita per risolvere la questione climatica.

Ogni giorno nel mondo vengono vagliate leggi, nuove misure e direttive per poter cambiare rotta rispetto alla crisi climatica.

Senza dubbio si tratta di iter spesso lenti e non del tutto pratici, ma risultano sempre più necessari col passare del tempo.

 

YouGov

YouGov, la società britannica internazionale di ricerche di mercato e analisi dati ha svolto uno studio ben preciso per determinare le idee vari paesi.

Il sondaggio riguardava la crisi climatica e mirava a determinare quanto le persone siano favorevoli a cambiare la loro vita per risolvere la questione climatica.

Per questo studio sono state intervistate oltre 1000 persone per ciascuno dei 7 stati coinvolti, quali Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Spagna, Danimarca e Svezia.

I risultati dell’analisi (svolta tra il 5 e il 24 aprile) dimostrano come gli italiani siano i più propensi a cambiare le proprie abitudini.

Gli italiani

Dopo aver elaborato i dati, è stato pubblicato il sondaggio in esclusiva sul “The Guardian”: le informazioni parlano chiaro e gli italiani sembrano pronti.

Innanzitutto, risultano i più preoccupati per la crisi climatica e i suoi effetti, probabilmente anche per la conformazione della penisola stessa.

Abbiamo una moltitudine di paesaggi, ambienti e caratteristiche uniche al mondo. La salvaguardia dell’ambiente e un’attenta vita sostenibile, proteggerebbero non solo la natura, ma anche la nostra economia e i tesori della storia che conserviamo.

Tale pensiero tocca l’81% degli intervistati italiani, mentre gli altri paesi arrivano a cifre inferiori fino alla Svezia che conta solo il 60%.

Siamo i più favorevoli a passare ai veicoli elettrici (+40%), a rinunciare a carne e latticini nelle nostre diete (anche con una legge, al 48%). Occupiamo il primo posto anche per la scelta di avere meno figli.

Inoltre, dopo gli spagnoli siamo i più propensi ad evitare l’automobile, scegliendo biciclette, trasporti pubblici e le camminate.  

Contemporaneamente siamo i meno inclini a pagare di più i voli per compensare le emissioni.

 

L’insieme

In generale tra 75% e l’85% degli intervistati è d’accordo sulla necessità di un lavoro di gruppo per poter cambiare effettivamente il futuro.

Allo stesso tempo però non sono tutti convinti sulle pratiche da mettere in atto per poter concretizzare tale trasformazione. In pratica si vuole risolvere attenuare la crisi climatica ma più una misura cambia lo stile di vita e meno viene sostenuta.

Per quanto riguarda la plastica il 40% (Danimarca) e il 56% (Regno Unito, Spagna e Italia) non acquisterebbe più prodotti monouso. Mentre tra il 63% (Svezia) e il 75% (Spagna) la vieterebbero

Di certo i sussidi dei governi per l’efficientamento delle abitazioni sono ben accetti da tutti (fino all’86% in Spagna). Tuttavia, gli spagnoli sarebbero favorevoli al 40% nel coprire tali costi personalmente.

La Germania accetterebbe per il 28% un cambio di abitudini alimentari mentre, il Regno Unito (24%) approverebbe una legge in tal senso.

Parlando invece dei trasporti ci sono delle opinioni contrastanti.

La possibilità di passare all’auto elettrica prende un massimo del 32% (Danimarca), mentre il 40% (Spagna) sarebbe disposto a rinunciare al veicolo.

Altri stati invece dichiarano di aver già considerato e applicato tale misura, dal minimo del 21% di svedesi al massimo del 28% dei tedeschi.

Una grande opposizione si è registrata per l’aumento obbligatorio dell’imposta sul carburante e il divieto di produzione e vendita di auto a benzina e diesel.

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