Efficienza energetica

Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

By : Aldo |Ottobre 17, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Coradia Stream: il primo treno a idrogeno d’Italia.

La transizione ecologica prevede una serie di cambiamenti all’interno della maggior parte dei settori che riguardano i servizi basilari di ogni città. E come ogni grande rivoluzione si deve partire da un punto più o meno complesso: nel nord Italia si parte dai trasporti su rotaie.

     

La presentazione

Arriva dopo tanta attesa l’innovazione che cercavamo. Il primo treno a idrogeno d’Italia è pronto per portare un grande cambiamento nella Valcamonica (BS) e nel territorio circostante. Il prototipo è stato presentato durante l’EXPO Ferroviaria 2023 alla quale hanno partecipato le società produttrici, le aziende di trasporti e tanti altri. Tra questi FNM e Alstom, che sono i nomi principali di questa novità italiana e che vantano anni di successi nel settore ferroviario e non solo.

    

L’idea riportata nell’accordo siglato a novembre 2020 è quella di far passare il treno lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo in Valcamonica, nell’ambito di H2iseO. La linea attiva dal 2025 sarà la base per la realizzazione per la prima Hydrogen Valley italiana.

   

Coradia Stream

Coradia stream, è il primo treno ad idrogeno d’Italia ed è la soluzione all’obiettivo europeo di azzerare completamente le emissioni di C02 entro il 2050. La sua entrata in scena segna l’inizio di una nuova era nel trasporto ferroviario passeggeri nella Penisola. Si tratta del primo treno a zero emissioni dirette di CO2 per l’Italia, ha 260 posti a sedere e un’autonomia superiore a 600 km.

    

Nello specifico il mezzo presenta una carrozza intermedia chiamata “Power Car”, nella quale risiede il cuore della tecnologia ad idrogeno. L’energia è fornita dalla combinazione dell’idrogeno (immagazzinato nei serbatoi) con l’ossigeno dell’aria esterna, senza emissione di CO2 nell’atmosfera.  Mentre le batterie agli ioni di litio ad alte prestazioni immagazzinano l’energia. Quest’ultima viene successivamente sfruttata nelle fasi di accelerazione per supportare l’azione delle celle a idrogeno e garantire il risparmio di carburante.

    

Nonostante i cambiamenti, le società produttrici assicurano il mantenimento degli elevati standard di comfort già apprezzati dai passeggeri nella sua versione elettrica. Inoltre, garantiscono anche le stesse prestazioni operative dei treni diesel, compresa l’autonomia. Infine, il Coradia potrà operare sulle linee non elettrificate in sostituzione dei treni che utilizzano combustibili fossili.
     

Accordi, obiettivi e progetti

L’accordo siglato a novembre 2020 prevedeva la fornitura a Trenord di 6 treni a celle a combustibile a idrogeno con opzione per ulteriori otto. Il progetto è stato promosso da FNM, FERROVIENORD e Trenord, H2iseO, società che hanno lo stesso punto di vista sulla sostenibilità e lo stesso obiettivo. Quello di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno. Partendo dal settore della mobilità, si passerebbe alla conversione energetica del territorio per poi contribuire alla decarbonizzazione di una gran parte del trasporto pubblico locale.  

    

Tale progetto altamente innovativo include la realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno rinnovabile senza emissioni di CO2. Oltre a questo, è prevista la messa in servizio di 40 autobus ad idrogeno in sostituzione dell’intera flotta oggi utilizzata da FNM Autoservizi.

 

Le società e l’attivazione

Come anticipato il treno entrerà in servizio in Valcamonica verso l’inizio del 2025, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di FERROVIENORD (servizio viene gestito da Trenord). Nonostante ciò, il progetto è stato presentato alla fiera e creato da FNM e Alstom.

   

FNM è attualmente il principale Gruppo integrato nella mobilità sostenibile in Lombardia ed è uno dei principali investitori non statali italiani del settore. Alstom invece, è leader globale nella mobilità intelligente e sostenibile. Si occupa di treni ad alta velocità, metropolitane, monorotaie, tram, sistemi chiavi in mano. Ma anche di servizi, infrastrutture, segnalamento e alla mobilità digitale ed è fornitore e manutentore del Gruppo FNM da oltre 15 anni. Insieme hanno collaborato per l’ideazione del progetto, concretizzato in molteplici siti sparsi per il nord Italia.

    

Studi, tecnologie e ricerche hanno uno scopo comune, ovvero quello di sviluppare progettualità a tutto tondo che facciano crescere la cultura aziendale. In tal modo si caratterizzano i processi industriali e le soluzioni compatibili con la tutela dell’ambiente, il risparmio energetico, tutto anche a servizio dei cittadini.

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Il rapporto del primo Global Stocktake: cosa si richiederà alla COP28?

By : Aldo |Ottobre 09, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Il rapporto del primo Global Stocktake: cosa si richiederà alla COP28?

Tanti paesi si sono mossi per migliorare il proprio impatto sul pianeta; eppure, c’è ancora molto da fare in questo senso. Sicuramente le varie riunioni, le assemblee globali aiutano tale cambiamento, tuttavia servono linee più rigide e molti più finanziamenti.

 

Global Stocktake

Prima di parlare della situazione in cui ci troviamo e delle linee guida proposte dall’assemblea, è necessario spiegare l’entità e la rilevanza del Global Stocktake. Si tratta di un bilancio globale, un processo per i paesi e le parti interessate (alla COP) per capire quali progressi collettivi sono in atto. Dunque, è un incontro che serve a determinare se gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, sono in fase di realizzazione o meno.

   

Considera tutto quello che riguarda la posizione del mondo sull’azione e il sostegno per il clima, per poi identificare le lacune e colmarle. Così facendo si traccia un percorso migliore per accelerare l’azione richiesta dall’assemblea e globalmente necessaria. Questo bilancio si svolge ogni cinque anni e il primo terminerà con la COP28 che si terrà dal 30 novembre a 12 dicembre a Dubai. È fondamentale ricordare che non è solo un controllo di routine, ma un un’opportunità per aumentare l’ambizione per evitare le peggiori conseguenze del cambiamento climatico. Non è quindi la soluzione agli attuali problemi, ma la base di una risposta che faccia la differenza.

   

Secondo Stiell, nuovo segretario esecutivo dell’Unfccc, il risultato ideale di tale bilancio sarebbe una tabella di marcia. In essa dovrebbero essere inclusi dei “percorsi di soluzioni” che guidino le azioni immediate, divise per settori, regioni, attori. Il tutto per raggiungere gli obiettivi previsti entro i prossimi 7 anni.

   

Rapporto di sintesi

Per poter arrivare alla COP28 con le idee chiare, è stato creato un rapporto di sintesi. Quest’ultimo presenta una serie di misure utili a restare sotto gli 1,5°C e sarà la base dei negoziati del prossimo incontro. Il documento di 45 pagine, presenta i 17 risultati principali, i quali ci informano che non siamo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi prefissati.

 

Attualmente siamo molto distanti dalla traiettoria giusta per rispettare la soglia di 1,5 gradi, forse l’obiettivo più ambizioso del Paris Agreement. Le analisi svolte sulla base dell’impatto collettivo di tutte le misure annunciate dagli stati nei loro Contributi Nazionali Volontari, non mostra una realtà positiva. Infatti, il calcolo afferma che nel 2100 potremmo arrivare a un aumento della temperatura di 1,7°C rispetto all’epoca pre-industriale. Tuttavia, se si considerano solo le politiche già introdotte, la traiettoria oscilla tra +2,1 e +2,9°C. Proprio per rimediare a tale situazione, il primo Global Stocktake parte dai seguenti numeri:

  • – 43% di gas serra entro il 2030,
  • – 60% entro il 2035,
  • – 84% entro il 2050, rispetto ai volumi emissivi del 2019.

Le azioni e i punti di discussione

Il rapporto tecnico (presentato dall’UNFCCC), presenta ed evidenzia le molteplici problematiche da risolvere, a seguito di vari colloqui con i Paesi partecipanti alla COP28. Di conseguenza il team di scienziati prescelto ha valutato tutte le possibili mosse per risolvere queste tematiche di interesse globale. Nella discussione ritroviamo punti e temi che sembrano non sparire mai ed altri nuovi o aggiornati (a seconda del progresso attuato in questi anni).

 

Tra questi è sempre presente e rilevante la questione dei combustibili fossili. In questo caso si chiede fermamente l’eliminazione graduale di tutte le fonti e le emissioni fossili e l’adozione di una guida per consentire tale transizione. Inoltre, si suggerisce di “accelerare l’eliminazione progressiva dei combustibili fossili unabated” (punto stabilito Cop26 di Glasgow). Per un’azione congiunta e di successo è consigliata l’eliminazione dei sussidi inefficaci ai carburanti di questo tipo nel 2025. Infine, si richiede lo stop alle esplorazioni di nuovi giacimenti fossili entro questo decennio.

   

Sul piano dei finanziamenti invece, si spinge per destinare almeno 200-400 mld $ entro il 2030 al fondo “Loss and damage”. Tale richiesta è fondamentale per garantire un equo ammontare di aiuti ai paesi vulnerabili più colpiti dalla crisi climatica. Poi ancora ci sono molteplici punti, già discussi negli anni precedenti, per i quali si richiede un maggior rigore, come nel caso del settore energetico. In tal senso si vuole fissare l’obiettivo globale di triplicare la capacità installata di rinnovabili entro il 2030 e quello di raddoppiare l’efficienza energetica.
  

È importante però ricordare che ogni punto, ogni questione va esaminata sempre tenendo conto delle differenze sociali ed economiche dei singoli paesi.

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Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

By : Aldo |Ottobre 05, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su Bonus Colonnine Domestiche: in Italia stanziati 80 milioni di euro.

Le vetture elettriche sono spesso tema di dibattito, perché ci si domanda sul loro reale contributo alla riduzione delle emissioni e non solo. Nonostante ciò, resta fondamentale incentivare la transizione ecologica per una maggiore sostenibilità del pianeta. Per questo in Italia arriva il bonus per le colonnine domestiche.

   

Il Bonus colonnine

Il momento tanto atteso è arrivato! Mancano pochissimi giorni e sarà possibili richiedere il bonus colonnine di ricarica auto. Un aiuto che non si limita solo ai privati ma è esteso anche ai condomìni, per favorire la sostenibilità domestica e cittadina. Si tratta di due “click day” nei quali si potrà richiedere un aiuto finanziario per l’acquisto e l’installazione di autovetture elettriche.

Con tale mossa si mette in pratica un decreto pubblicato durante la scorsa estate dal Presidente del Consiglio dei ministri. La decisione presa era quella di introdurre un contributo dell’80% per le colonnine di ricarica domestiche tra gli ecobonus per i veicoli. Dunque, parliamo di un’iniziativa che incentiva la transizione ecologica, la mobilità sostenibile e quindi la riduzione delle emissioni di CO2.

    

Come funziona

Il Governo ha stanziato 80 milioni di euro per tale progetto che prevede di coprire l’80% del prezzo di acquisto e posa per ogni domanda. Sono state designate ben 2 fasi per richiedere il bonus, tra cui la prima partirà dal 19 ottobre e terminerà il 2 novembre 2023. Il contributo rimborsa l’80% delle spese effettuate per l’acquisto e l’installazione di wallbox domestici o colonnine fino ad un massimo di €1.500 per i privati. Mentre per i progetti condominiali si arriva anche agli €8.000.
Nel prezzo sono comprese ulteriori voci quali:

  • i necessari lavori sull’impianto elettrico;
  • le opere edili strettamente collegate;
  • gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • le spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi;
  • i costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Al contrario sono escluse imposte, tasse e oneri di qualsiasi genere e le spese relative a terreni e immobili. Promotore del programma è il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che ha promesso successivi avvisi per gli interventi del 2023.

   

Requisiti, scadenze e piattaforme.

Ai fini dell’ammissibilità, le infrastrutture di ricarica devono essere:

  • nuove di fabbrica;
  • di potenza standard;
  • collocate nel territorio italiano e in aree nella piena disponibilità dei soggetti beneficiari;
  • realizzate secondo la regola d’arte ed essere dotate di dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale n. 37/2008.

È importante ricordare che l’incentivo copre solo spese già effettuate e che prevedano sia l’acquisto che la posa, ossia l’installazione. È importante ricordare che riguarda esclusivamente gli interventi eseguiti dal 4 ottobre 2022 al 31 dicembre 2022.

  

Come per altri bonus, le domande e i relativi avvisi saranno gestiti digitalmente, sulla piattaforma online indicata dal MIMIT. Il ministero, entro novanta giorni dalla data di chiusura dello sportello pubblicherà il decreto di erogazione del Bonus Colonnine Domestiche. Il tutto nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande. Tuttavia, l’importo complessivamente stanziato di 80 milioni di euro, si divide a metà per le domande del 2022 e del 2023: dunque 40 milioni per anno.

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Rendere verdi i deserti catturando la CO2: ecco il nuovo studio.

By : Aldo |Ottobre 02, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Rendere verdi i deserti catturando la CO2: ecco il nuovo studio.

La CO2 nelle vare sfere della Terra è presente in quantità elevate che bisogna ridurre. Gli studi in questo verso continuano: le idee sono tante e varie ma è necessario poterle mettere in pratica. Ecco un esempio.

    

La situazione odierna

Le emissioni nette di CO2 devono essere ridotte a zero entro 10 anni per raggiungere la neutralità climatica. Tale processo al momento sembra impossibile, soprattutto per le migliaia di attività che si sviluppano quotidianamente e che emettono CO2. Tuttavia, gli effetti climatici correlati all’elevata concentrazione di CO2 atmosferica rimarranno irreversibili per almeno 1000 anni.

   

Gli studi, le innovazioni e i progetti per ridurre le emissioni sono tantissimi, vari e di origine diversa. Per esempio, si possono migliorare o rinnovare i processi produttivi di molteplici oggetti. Si può riciclare una grande quantità di rifiuti oppure ridurre ed eliminare la produzione e il consumo di certi materiali.  O ancora sono stati ideati svariati sistemi per catturare la CO2, sia naturali che artificiali con l’obiettivo di poter ridurre la sua concentrazione nelle varie sfere.   In questo caso, lo studio parla delle terre aride dei deserti come possibili centri di stock dell’anidride carbonica nel futuro.
    

L’idea della ricerca

L’idea nasce da uno specifico studio dei deserti e delle poche e particolari piante che li abitano. E chi poteva parlarne meglio di un gruppo di scienziati della King Abdullah University of Science and Technology (Arabia Saudita)? Il team guidato da Heribert Hirt, professore di scienze vegetali e membro del Centre for Desert Agriculture è pronto a mettere in pratica la loro ricerca.

  

Il concetto è quello di sfruttare la capacità delle piante di sequestrare il carbonio dall’atmosfera attraverso il processo di fotosintesi.  Nello specifico la ricerca si è concentrata sui deserti, in modo da non sottrarre terreno al settore agricolo (una procedura fin troppo sviluppata e dannosa). Non a caso un terzo della superficie terrestre del nostro pianeta è terra arida che non viene utilizzata per l’agricoltura ed è soggetta. In tal modo potremmo catturare la CO2, rendendo “verdi” i deserti. Lo studio e i suoi dati sono stati appena pubblicati nella forma di opinion paper sulla rivista scientifica Trends in Plant Sciences. 

  

Rendere verdi i deserti

Dunque, gli autori hanno pensato di non usare le aree verdi già presenti ma di creare delle piccole isole nel deserto, incrementando dei processi naturali.

Per sviluppare l’esperimento, gli scienziati hanno scelto un tipo di pianta capace di sopravvivere a condizioni di temperatura elevata e di carenza idrica. Standard tipici delle aree desertiche, ai quali sopravvivono le piante “ossalogeniche”. Quest’ultime sono in grado di immagazzinare il carbonio che sequestrano dalla CO2 atmosferica sotto forma di cristalli di ossalato di calcio. Si tratta di un sale costituito da calcio, carbonio e ossigeno, che in caso di necessità può essere riconvertito in acqua e CO2.

Tali piante sono state affiancate da microrganismi che accelerano questo processo. Grazie alla loro azione, parte dei cristalli di ossalato (prodotti dalla pianta) vengono convertiti in carbonato di calcio. Questo sale è la principale forma di immagazzinamento di carbonio all’interno del suolo, quindi la soluzione perfetta per la rimozione di CO2 dall’atmosfera.  Una procedura tipica delle zone aride, dove il pH del terreno e le elevate concentrazioni di calcio sono ottimali per la formazione dei carbonati. Si tratta di un processo di trasformazione che avviene anche negli strati profondi del terreno, meno soggetti a cambiamenti di:

  • temperatura dell’aria;
  • concentrazione atmosferica di CO2;
  • l’utilizzo del suolo per scopi antropici.

Il sistema di immagazzinamento determina la formazione di enormi depositi di carbonato di calcio nel terreno che rimangono stabili anche per centinaia di anni. Ed è proprio questo il ciclo che ha interessato i ricercatori. Perchè così facendo, si può fissare stabilmente il carbonio contenuto nella CO2, riducendone ampiamente la sua concentrazione atmosferica.

Questo è l’obiettivo dello studio: tagliare la quantità di CO2 attualmente presente nell’atmosfera in tempi relativamente brevi, potenzialmente anche in meno di dieci anni.

    

La prova

Attualmente gli autori suggeriscono di partire da quelle che loro definiscono “piccole isole fertili”. Ossia scegliere piccole aree nelle quali far crescere le piante ossalogeniche, che nel futuro potrebbero espandersi autonomamente a formare dei grandi “tappeti verdi” nel deserto. Ovviamente l’efficienza del progetto e i suoi risultati dipenderanno anche delle strategie politiche adottate e dei fondi investiti in questo senso.

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L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

By : Aldo |Settembre 22, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home |Commenti disabilitati su L’isola di Arholma è autonoma grazie ad un sistema di accumulo energetico italiano.

Si sa che il Made in Italy, per quanto dimentica in certi ambiti, resta sempre una cifra di stile, bontà del prodotto e sicurezza. Quello esportato gode di una certa fama e con il passare del tempo si fa strada anche nel settore energetico, grazie a studi e innovazioni.

 

Il marchigiano in Svezia

In Svezia, una piccola striscia di terra nel nord-est dell’arcipelago di Stoccolma, chiamata Arholma è diventata autonoma grazie ad un sistema italiano. Arholma è oggi energeticamente autonoma, per via della collaborazione tra l’azienda marchigiana Loccioni e la società svedese “Vattenfall Eldistribución”.

La prima è un’impresa nata nel 1968 come un progetto che integra idee, persone e tecnologie, che lavora per il benessere della persona e del pianeta. Nello specifico si occupa di realizzare sistemi di misura e controllo per migliorare la qualità, la sicurezza e la sostenibilità di processi e prodotti industriali. La seconda invece è una delle maggiori società svedesi produttrice di energia elettrica, venduta anche per Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito.

Tale collaborazione ha reso possibile la realizzazione un prototipo che aiuti concretamente la piccola isola nei momenti di necessità.

    

Arholma

Si parla di una striscia di terra lunga 5 chilometri e larga 2 chilometri ed è l’isola più settentrionale dell’arcipelago prima del mare delle Åland. É caratteristica per la pittoresca combinazione di edifici tradizionali in legno, terreni agricoli, foreste e coste rocciose, motivo per cui è affollata durante l’estate. Nel 1963 Skärgårdsstiftelsen (la Fondazione Arcipelago) ha avviato un programma di conservazione della natura su Arholma. Pertanto, una vasta area comprese delle isole limitrofi sono parte di una riserva naturale, nella quale sono conservate anche metodi tradizionali si silvicultura e agricoltura.

    

L’istituzione di un’area protetta definisce l’importanza dell’ambiente nell’area che tuttavia in estate diventa una meta turistica gettonata. Appunto l’isola ha una popolazione di circa 70 persone che aumentano in estate toccando le 600. Proprio questa è una delle ragioni principali della costruzione del sistema. Infatti il prototipo prevede la fornitura di un sistema di accumulo energetico capace di sostenere carichi eccessivi, molto comuni durante l’estate. Oppure per interruzioni improvvise delle forniture, come durante forti temporali. La possibilità deriva dal fatto che il sistema energetico della microrete consente di interfacciarsi con la rete elettrica esistente sull’isola.

   

La microrete

Dunque, il sistema in esame è una smart microgrid, un sistema energetico intelligente su piccola scala per fornire energia in tutto il mondo. Nel caso specifico, la microrete dell’isola è stata realizzata ad Ancona tramite la cooperazione di entrambi gli enti. Il sistema è collegato a 2 batterie di accumulo, pronte a immagazzinare energia quando arriva quella elettrica dalla terraferma. Queste garantiscono l’approvvigionamento elettrico dell’isola per più di due ore. Ma è anche collegato ad un impianto fotovoltaico, che produce energia; di conseguenza il meccanismo ne accumulerà per via dei sistemi di accumulo. Successivamente verrà distribuita alla popolazione locale e poi la esporterà.

   

La CEO di Vattenfall Eldistribution AB, Annika Viklund afferma che il progetto ha lo scopo di capire come le microreti interagiscono con la rete principale. Una volta studiato tale processo, l’azienda valuterà se questi sistemi possono essere utilizzati in una circostanza più ampia, per soddisfare altre necessità della rete. Così facendo potrebbero garantire una risposta efficiente, ad una elevata richiesta della rete elettrica e una maggiore qualità dell’offerta locale.

     

Loccioni in Italia e in Svezia

Tuttavia non si tratta nè della prima opera dell’azienda marchigiana, nè del primo progetto in collaborazione con la Svezia. Un esempio di sistemi energetici di micro-rete mirati alla completa autonomia energetica è quello realizzato lungo il fiume Esino (Marche), nominato “Due chilometri di futuro”.

  

Mentre in Svezia, Loccioni, ha inaugurato la prima isola energetica della Scandinavia, precisamente a Simris (costa sud ovest). Anche in questo caso il progetto è frutto di una collaborazione con LES, Local Energy System, ed EO.N, il colosso tedesco dell’energia. Grazie a tale lavoro, l’energia che alimenterà la cittadina sul mare sarà esclusivamente prodotta in loco, rinnovabile, senza emissioni di CO2 e disponibile al bisogno. Ad oggi invece, lo smart microgrid di Arholma è considerato un progetto pilota.

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L’UE ha perso 15 mila km di binari e questo è un problema per l’ambiente.

By : Aldo |Settembre 19, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’UE ha perso 15 mila km di binari e questo è un problema per l’ambiente.

Tante tecnologie e innovazioni ci aiutano quotidianamente per ridurre il nostro impatto sulla Terra.

Eppure, ci sono processi molto semplici che non vengono portati avanti che invece cambierebbero di gran lunga la nostra presenza nel mondo.

    

L’importanza dei trasporti pubblici

Secondo il sito per le statistiche sul cambiamento climatico, OurWorldinData, il settore dei trasporti contribuiva al 16,2% delle emissioni su scala globale nel 2016. Questa è una cifra non indifferente, non a caso il settore è considerato come una delle principali cause della crisi climatica in atto. Per quanto riportato dall’ EEA (Agenzia Europea dell’Ambiente) oggi quasi 72% delle emissioni legate a questo settore proviene dai veicoli a motore. Di seguito troviamo il trasporto aereo con il 13.9% e quello marittimo con il 13.4%, mentre quello ferroviario rappresenta solo l’1%.

   

Gli studi correlati a tale monitoraggio rivelano che le emissioni dovute ai trasporti hanno segnato un costante incremento dal 1990. Poi nel 2007 si toccò il tetto massimo mai raggiunto di 1 milione e centomila tonnellate di CO2 equivalente, per poi raggiungere il minimo nel 2013. Purtroppo le proiezioni dell’EEA, descrivono un nuovo incremento, ovvero che nel 2030 le emissioni legate ai trasporti si assesteranno alla quota del 2007.  Tuttavia, questo numero rappresenterà un aumento del 32% rispetto ai livelli registrati nel 1990 complicando la corsa alla neutralità climatica fissata dall’Unione entro il 2050.

    

Perchè non usiamo i mezzi pubblici?

Come descritto nel paragrafo precedente, il trasporto ferroviario è quello che produce meno emissioni, dunque sarebbe il più sostenibile.

In generale i mezzi di trasporto pubblici come autobus, tram e treni sono sempre la scelta giusta per ridurre la propria impronta di carbonio sul mondo. Peccato però che non sono sviluppati bene in tutto il mondo, o nello specifico in Italia. Forse è anche per questo che si preferiscono altri mezzi a quelli appena citati, anche se consapevoli di favorire un maggior inquinamento. L’altro dilemma è la mancanza di finanziamenti per la manutenzione delle strutture ferroviarie.

  

Questo è un problema europeo ed è stato studiato dal Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) al Wuppertal Institut e al T3 Transportation Think Tank. La questione venne sollevata già nel 1995, quando vennero presi i primi impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra. Da quell’anno, i Paesi europei hanno investito per ampliare e ripristinare la rete stradale il 66% in più di quanto abbiano speso per la rete ferroviaria. Si tratta di ben 1.500 miliardi di euro per le infrastrutture stradali e solo 930 miliardi di euro per quelle ferroviarie. Tale scelta, anche in maniera indiretta ha incentivato il trasporto privato quindi con automobili, furgoni e camion per il trasporto merci e ciclomotori. Mezzi che emettono rispettivamente 42, 68 e 72 g CO2/ Km.

     

Le ferrovie europee

Come conseguenza, dal 1995 sono stati costruiti più di 30 mila km di autostrade, mentre le ferrovie sono state ridotte del 6,5%. Tali processi hanno determinato una perdita complessiva di 15 mila km di linee ferroviarie, di cui:

  • 13 mila km di linee ferroviarie, maggiormente regionali
  • 600 fermate e stazioni di treni sono state chiuse penalizzando le comunità delle aree rurali.

Ovviamente l’Italia non presenta dati differenti da quelli europei. Secondo i dati, dal 1995 al 2018 il nostro Paese ha investito il 28% in più sulle strade che sulle ferrovie.

   

Le cifre? 151 miliardi per le prime e 118 miliardi di euro per le seconde. E per quanto riguarda le perdite? Dal 1995 sono state chiuse 40 linee ferroviarie per un totale di più di 1.800 chilometri, che sono facilmente ripristinabili perchè non smantellate. Tutte queste situazioni ovviamente fanno sì che le autostrade vengano usate maggiormente, creando i soliti ingorghi stradali che aumentano il livello di inquinamento. Contemporaneamente, le persone che vivono in aree rurali senza ferrovie, sono costrette ad usare le automobili per ogni spostamento.

   

Questa serie di azioni ha determinato un aumento delle emissioni nel settore dei trasporti, del 15% fra il 1995 e il 2019. Per tale motivo Greenpeace chiede ai governi europei, di spostare i finanziamenti dalla strada alla ferrovia. Così da migliorare le condizioni delle infrastrutture, potenziando quelle regionali e incentivare gli spostamenti con i mezzi pubblici.

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Apple presenta il suo primo prodotto a emissioni zero.

By : Aldo |Settembre 18, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Apple presenta il suo primo prodotto a emissioni zero.

Non è facile produrre un oggetto, un alimento o fornire un servizio senza avere un impatto sul pianeta, ma almeno ci si può provare. Apple da anni prova migliorarsi, ponendosi dei grandi obiettivi e mantenendo le sue promesse in fatto di sostenibilità, sorprendendo il mondo intero.

   

L’evento Apple

Ogni anno Apple organizza vari eventi per presentare i nuovi modelli dei suoi prodotti con tante novità in molteplici settori. Tuttavia, l’ultimo, tenutosi il 12 settembre ha segnato punto di svolta dell’azienda nel campo della sostenibilità. Durante l’evento infatti, si è parlato molto di un approccio “green” riferito non solo alla sede centrale e agli store ma anche ai nuovi modelli.

 

Il momento più alto della presentazione è stato la proiezione di un corto dove Octavia Spencer ricopriva il ruolo di una madre natura molto severa. Una figura diffidente rispetto le affermazioni dei dipendenti e del CEO Tim Cook, per quanto riguarda il loro impegno nella sostenibilità. L’attrice americana con la sua figura ha probabilmente espresso anche i dubbi di tante persone nel mondo. Questo sketch ha preceduto la comunicazione più importante dell’evento, ovvero Apple ha creato il suo primo prodotto 100% “carbon neutral”.

   

Apple Watch Series 9

Come ogni anno, sono state presentate le nuove caratteristiche del modello in questione: aggiornamenti, nuove tecnologie e funzioni. Effettivamente si tratta di un prodotto già consolidato nel mercato e quindi sarebbe potuto passare velocemente in cavalleria. Invece non è stato così, perchè Apple lo ha presentato come primo prodotto 100% “carbon neutral” dell’azienda. Un raggiungimento importante per la società di Cupertino, che da anni cerca di ridurre l’impatto delle sue attività, sul pianeta.

 

Questo è solo uno dei tanti obiettivi nell’ambito del piano Apple 2030, il quale prevede l’azzeramento totale delle emissioni per tutti i prodotti Apple.  É un programma che non riguarda la sola produzione ma l’intero ciclo di vita dei prodotti, e che dovrà concretizzarsi entro il 2030. Per tale motivo, questa volta, le iniziative ambientali non sono state delle idee marginali, quanto il tema principale della presentazione.

  

L’orologio “carbon neutral”

La domanda che ora si fanno tutti è: come fa un orologio ad essere “carbon neutral”? Apple ha spiegato tutti i processi con i quali è riuscita a eliminare le emissioni di carbonio per la produzione dell’Apple Watch Serie 9. L’azienda si è impegnata nel rendere ancora più sostenibili vari aspetti del prodotto, passando dalla moda alla meccanica, fino all’energia usata per la sua produzione.

    

La prima grande differenza sono i cinturini. Si parla di cinturini “FineWoven” composti per l’82% da fibre riciclate, eliminando completamente il cuoio (materiale ad alto impatto di CO2).  Questa scelta è stata allargata anche per le collezioni in collaborazione con Hermès, che produrrà cinturini da materiali riciclati a impatto zero.  Inoltre, anche il 100% dell’alluminio usato per la produzione è riciclato. Con tale piano, Apple è in grado di influenzare tante altre aziende e brand internazionali, non solo in un’ipotetica partnership, ma anche nelle loro attività quotidiane.

   

Un altro punto fondamentale è l’energia.

Già dal 2020 Apple ha raggiunto le emissioni zero per tutte le operazioni aziendali, dagli uffici agli Store e le altre attività che controlla direttamente. Questa volta invece si è soffermata anche nel processo di produzione del nuovo modello. Infatti, quest’anno tutta la produzione legata alla gamma è alimentata da energie rinnovabili. Bisogna specificare che questo vuol dire che il fabbisogno di potenza complessivo è completamente coperto da una fornitura equivalente di energie rinnovabili sulla rete. 

   

Nello stesso settore inseriamo anche la ricarica del dispositivo, poiché se si considerano i milioni di utenti, ha un impatto rilevante.  Pertanto, la società ha deciso di compensare tale problematica con l’immissione in rete di energia rinnovabile prodotta da impianti finanziati da Apple. Il piano è quello di immettere l’equivalente dell’elettricità necessaria per ricaricare un Watch durante tutto il ciclo di vita medio del prodotto. Per di più, nel modello esiste la funzione “Grid Forecast” che indica in quali momenti della giornata l’elettricità domestica arriva da fonti rinnovabili. (Per ora si tratta di una funzione tarata soltanto sulla rete statunitense).

  

Apple saluta gli aerei e torna al lento mondo delle navi.
L’azienda ha deciso di tornare alle navi da carico, per generare il 95% in meno di emissioni in meno rispetto al trasporto aereo. In tal modo rischia di avere dei tempi più lunghi di consegna o di stoccaggio nei magazzini, destabilizzando una grande certezza del brand. Ma sono proprio queste le scelte che fanno intendere quale sia la vera volontà della società. Pur di ridurre il proprio impatto, Apple rischia di impiegare più tempo nei trasporti, non garantendo la velocità che fino ad oggi l’ha contraddistinta. A supporto di tale scelta, è stato ottimizzato anche il packaging del prodotto. Grazie all’innovazione, la scatola sarà più compatta e leggera di un quinto a parità di peso e volume, contenendo così il 20% in più di prodotti.

   

Conclusioni

Apple sicuramente non manca di inventiva, tecnologie e finanziamenti per permettersi tali cambiamenti. Tuttavia non è scontato che un’azienda metta in discussione e cambi così tanti aspetti della propria produzione. Per quello che non può cambiare, l’azienda ha pensato di affidarsi a progetti di compensazione con enti quali:

  • Verra;
  • the Climate, Community & Biodiversity (CCB) Standard;
  • the Forest Stewardship Council (FSC).

Così facendo, Apple dovrebbe raggiungere tutti gli obiettivi del piano sviluppato nel 2015. Quest’ultimo prevede l’azzeramento di tutte le emissioni di CO2 per tutti i prodotti Apple e le attività aziendali.

È riuscita anche a convincere circa 300 fornitori, il 90% di quelli con cui lavora a utilizzare esclusivamente forniture di energia rinnovabile nei loro impianti. Questa è l’ennesima prova che con ricerca, attenzione, investimenti e il lavoro di squadra, si può cmabiare il mondo.

 

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Biden cambia gli USA: taglio delle emissioni del 43% entro il 2030.

By : Aldo |Settembre 14, 2023 |Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Biden cambia gli USA: taglio delle emissioni del 43% entro il 2030.

Gli Stati Uniti d’America sono una realtà capace di influenzare il mondo in modo rapido e intenso quasi in ogni settore.

Un ambito in cui però non sono attenti come l’Europa è proprio quello ambientale e della sostenibilità, ma sembra stiano arrivando grandi cambiamenti anche per loro.

   

La scarsa sostenibilità degli USA

L’acronimo EPA sta per “Agenzia per la protezione dell’ambiente”, ovvero un ente statunitense che si occupa della protezione della salute umana e dell’ambiente. Si tratta di un’agenzia nata nel 1970 sotto il governo Nixon, guidata da un direttore che viene nominato dal presidente, poi confermato dal senato. Di certo nell’ultima decade, ha subito una serie di cambiamenti dettati dalla successione di presidenti con idee totalmente diverse. Soprattutto durante il mandato Trump, che ha creato non pochi problemi all’ambiente degli USA con nuove leggi, revoche di divieti e affermazioni poco veritiere.

 

Nei suoi 4 anni, il repubblicano ha intrapreso un grande percorso per ridurre precedenti regolamentazioni soprattutto ambientali. Tra queste ha sostituito il Clean Power Plan, ridefinito i termini critici ai sensi della Endangered Species Act. Inoltre, ha revocato i divieti di estrazione di petrolio e gas naturale, indebolito la Coal Ash Rule, che regola lo smaltimento dei rifiuti di carbone tossici. Per non parlare della revisione degli standard sul mercurio e sulle sostanze tossiche nell’aria. Il problema di tali mosse ricade sul fatto che il blocco o la revisione di certe leggi o regolamenti, ha fermato processi importanti (lunghi anni).

  

Con l’arrivo di Biden, sembrava che l’America potesse proteggere seriamente la natura e la salute dei cittadini; ma è veramente così?

    

Inflation Reduction Act

Il cosiddetto IRA è un pacchetto di norme per stimolare l’economia e accelerare la transizione energetica. Si può descrivere come un disegno di legge che favorirà la riduzione del deficit per combattere l’inflazione, incrementando e diversificando le soluzioni climatiche.

   

Tenendo da parte l’economia, sembra che l’IRA possa portare a una riduzione delle emissioni del 43% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. Parliamo di un disegno di legge che dimostra l’importanza di avere un’ampia serie di soluzioni climatiche innovative per migliorare le strategie di decarbonizzazione. É fondamentale anche per raggiungere gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni e per diventare un modello di politica climatica globale.  Senz’altro resta una azione strategica per mantenere e aumentare il consenso politico.

  

L’IRA, ormai è legge, sarà comunque seguita dal CATF (Clean Air Task Force) che collaborerà con responsabili politici, l’amministrazione presidenziale e le altre parti interessate. Questa integrazione consentirà un maggior controllo sull’implementazione, la localizzazione e la costruzione di infrastrutture per l’energia pulita e sulle nuove norme per la decarbonizzazione.

   

Questa legge prevede vari criteri e step quali:

  • Passi avanti trasformativi per ridurre le emissioni di metano;
  • Nuovi crediti d’imposta tecnologicamente neutri per i progetti che generano elettricità a zero emissioni di gas serra;
  • Potenziamento del credito d’imposta 45Q per incentivare la cattura, la rimozione, il trasporto e lo stoccaggio del carbonio;
  • Credito d’imposta per la produzione di idrogeno per sostenere la leadership degli Stati Uniti nei carburanti a zero emissioni di carbonio;
  • Investimenti senza precedenti per la decarbonizzazione dei trasporti;
  • I crediti d’imposta specifici per l’energia nucleare e quelli neutri dal punto di vista tecnologico rafforzano il valore dell’energia nucleare;
  • Sostegno alle tecnologie geotermiche di nuova generazione, come energia superhot rock;
  • Investire in infrastrutture per l’energia pulita.

   

Gli studi dell’EPA

L’EPA (United States Environmental Protection Agency) ha quindi studiato in modo approfondito la questione, analizzando numeri e obiettivi. Secondo l’ente, l’IRA è un buon incentivo per un cambiamento sostanziale, ma non è abbastanza per er centrare gli obiettivi sul clima del decennio. Nonostante ciò, ci si avvicina molto.

   

È stato calcolato che con tale programma si potrebbe abbattere tra il 49% e l’83% di emissioni legate alla generazione elettrica entro il 2030. Nello specifico i tagli più significativi sono correlati al settore dell’edilizia residenziale e commerciale, dell’industria e dei trasporti. Questo sarà possibile grazie agli investimenti (pari a 391 miliardi di dollari) pensati per incentivare l’utilizzo di energia pulita e delle rinnovabili.

   

Con tale manovra l’EPA calcola che le emissioni nazionali annue di CO2 degli Stati Uniti dovrebbero scendere, nel 2035, a 3,3 miliardi di tonnellate (Gt). Questa è una cifra sorprendente poiché segna l’equivalente di spegnere 214 centrali a carbone. Senza l’approvazione della nuova legge, non si sarebbe raggiunto lo stesso numero anzi, le emissioni avrebbero raggiunto i 4,1 Gt. Parliamo dunque di un dato che si avvicina molto agli obiettivi sul clima annunciati nel 2021, con almeno -50%, sempre rispetto ai livelli di gas serra del 2005.

   

Tuttavia, c’è chi contesta anche questa legge, a causa di un’attenzione rivolta prevalentemente alla fascia economica e meno a quella legata alla sostenibilità.

    

Le contestazioni

Nonostante gli sforzi, i nuovi regolamenti e gli investimenti, c’è chi contesta le scelte del Presidente americano. Per quanto l’IRA possa essere un incentivo ai grandi cambiamenti, è legge criticata da molti e per molteplici aspetti.

Tra questi:

  • I lunghi tempi burocratici per ottenere i permessi per la costruzione degli impianti. Si parla di 5 anni per un parco solare e 7 per un parco eolico.
  • Ritardi nelle autorizzazioni con un conseguente l’abbandono dei progetti e quindi un aumento dei costi;
  • La necessità di più finanziamenti vista la rilevanza economica degli USA a livello globale;
  • La scelta delle aree per la costruzione dei parchi eolici e solari.
  • La probabile perdita di elettricità per il trasporto (per le aree sono lontane dal centro)

Inoltre, in molti ritengono che non ci sia un vero e proprio piano per difendere l’ambiente visti gli ultimi progetti approvati. Come il programma di Conocophilips, il più grande progetto di trivellazione petrolifera a Willow (Alaska) un’ampia area naturale indisturbata.

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Aumentano gli ordini di turbine eoliche nel 2023: raggiunti i 69 GW.

By : Aldo |Settembre 05, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Aumentano gli ordini di turbine eoliche nel 2023: raggiunti i 69 GW.

Anche se siamo abituati a progetti mai portati a termine, programmi difficili da realizzare o pochi investimenti, sembra che nel mondo stia cambiando qualcosa.

Un’impennata nell’eolico fa aprire gli occhi sulle sue potenzialità e sul suo potere tra le energie rinnovabili.

    

Il boost di ordini e di energie

Wood Mackenzie, è un gruppo globale di ricerca e consulenza che fornisce dati, analisi scritte e consulenze ai settori energetico, delle energie rinnovabili ed altro. Secondo la loro ultima analisi, gli ordini globali di aerogeneratori sono aumentati di molto nel primo semestre 2023, con una crescita del 12% su base annua. In soli sei mesi, gli ordini riguardanti i componenti delle pale eoliche sono aumentati a dismisura. Si tratta di un incremento della domanda del 12% rispetto al 2022.

  

Tale crescita ha consentito il raggiungimento di 69,5 gigawatt di attività, per un un valore di mercato di ben 40,5 miliardi di dollari. Questa tendenza è stata potenziata soprattutto dalla domanda della Cina e successivamente dall’attività di mercato del Nord America.

   

La Repubblica popolare cinese

Si può affermare con certezza che la Repubblica popolare della Cina sia la responsabile di più della metà degli ordini effettuati in sei mesi. Infatti da gennaio a giugno, la domanda di nuovi aerogeneratori è aumentata del 47%, toccando i 25 GW di attività. Così facendo, ha determinato più della metà degli ordini a livello globale.

  

Secondo i dati del Global Wind Energy Council di Bruxelles, resta il maggior produttore mondiale di energia eolica. Il gigante asiatico, infatti, rappresenta una quota del 60% sul mercato globale (2022), grazie al dominio delle sue aziende. Queste hanno consentito una crescita dal 37% che aveva nel 2018 all’attuale 57%. Non a caso, delle 15 maggiori compagnie al mondo impegnate nell’eolico, dieci sono cinesi, tra queste

  • Gold Wind: quota sul mercato globale pari al 13%
  • Envision (9%) quinta classificata con 9,7 GW;
  • Windey che ha toccato i 8,2 GW.
  • Mingyang Smart Energy (7%) a sesta

Il Nord America

Mentre il Nord America ha aumentato i suoi acquisti, raggiungendo un’attività di 7,7 GW, il quadruplo rispetto al primo semestre del 2022 (1,9 GW).

In tal caso, questo incremento è dovuto all’Inflation Reduction Act, ossia un provvedimento statunitense che promuove il settore della transizione energetica. Tale iniziativa serve per favorire sia la produzione di auto che all’approvvigionamento dell’energia da parte di cittadini e aziende. Si tratta di un disegno di legge di spesa di grandi dimensioni che contemporaneamente attua due grandi iniziative. Una serve per combattere l’inflazione, l’altra consente di sviluppare soluzioni climatiche.

  

Una volta attuato, questo provvedimento dovrebbe ridurre le emissioni del 42% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. Mentre per quanto riguarda l’inflazione, si potrà godere di una riduzione netta del deficit di 102 miliardi di dollari nel periodo 2022-2031. 

Questa legge prevede vari criteri e step quali:

  • Passi avanti trasformativi per ridurre le emissioni di metano;
  • Nuovi crediti d’imposta tecnologicamente neutri per i progetti che generano elettricità a zero emissioni di gas serra;
  • Potenziamento del credito d’imposta 45Q per incentivare la cattura, la rimozione, il trasporto e lo stoccaggio del carbonio;
  • Credito d’imposta per la produzione di idrogeno per sostenere la leadership degli Stati Uniti nei carburanti a zero emissioni di carbonio;
  • Investimenti senza precedenti per la decarbonizzazione dei trasporti;
  • I crediti d’imposta specifici per l’energia nucleare e quelli neutri dal punto di vista tecnologico rafforzano il valore dell’energia nucleare;
  • Sostegno alle tecnologie geotermiche di nuova generazione, come energia superhot rock;
  • Investire in infrastrutture per l’energia pulita.

L’eolico offshore

Oltre a questo, è aumentato anche il sotto-segmento dell’eolico offshore, dunque dell’eolico in mare. Anche per questo ambito sono aumentati gli ordini del 26% su base annua, sempre nel primo semestre dell’anno, decretando il record di 12 GW di attività.

Il mercato americano ha aumentato i suoi ordini che variano tra i 2,6 GW e 1,2 GW, favorendo in modo significante il mercato delle rinnovabili.  Tali investimenti sono fondamentali anche perchè nell’ultimo periodo molti accordi sono stati cancellati per mancanza di investimenti. In questo ambito, Siemens Gamesa ha ottenuto il primo posto nella capacità di nuovi ordini di turbine eoliche (5,9 GW) nel secondo trimestre.

In generale giro d’affari globale è stato di 25,3 miliardi dollari, nel secondo quadrimestre e di 40,5 miliardi di dollari (37 miliardi di euro) nei primi sei mesi.

 

Il boost di domanda del Nord America e della Cina risolleva il mercato e favorisce la promozione dell’utilizzo di fonti rinnovabili. Tale situazione è fondamentale per cambiare l’andamento del mercato energetico in futuro; dunque, è un ottimo passo avanti per il settore “Green”

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Google Maps si attiva per incrementare lo sviluppo del solare nel mondo.

By : Aldo |Agosto 31, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Google Maps si attiva per incrementare lo sviluppo del solare nel mondo.

Lo sviluppo di nuovi strumenti, la ricerca di nuove tecnologie e la loro applicazione è spesso frutto di una collaborazione tra enti.

Che si tratti di università, centri di sperimentazione, grandi brand o istituzioni, quando c’è cooperazione si arriva sicuramente ad un risultato migliore.

    

Google e le nuove API

Il gigante del web fa un altro passo in avanti per la società e per il mondo. L’azienda informatica statunitense nata nel 1998, continua i suoi studi e soprattutto resta aperta alle nuove sfide della sostenibilità.

Google si muove per trovare il modo più opportuno di migliorare la vita delle persone e quella di Madre Terra con i mezzi che ha a disposizione. In questo caso, il colosso ha deciso di usare le tecnologie più avanzate del momento per poter creare delle mappe, molto importanti per l’uomo.

   

Si tratta delle nuove API di Google Maps Platform, che consentiranno agli sviluppatori di mappare facilmente le informazioni su energia solare, qualità dell’aria e pollini. Dove API sta per Application Programming Interface, ossia un insieme di procedure atte a risolvere uno specifico problema di comunicazione tra diversi computer o software. Dunque, Maps sarà in grado di comunicare con altri software per facilitare la localizzazione di determinate aree, utili ad ulteriori studi o a nuovi investimenti.

   

API Solar

L’attenzione alla mappatura solare inizia nel 2015 con il lancio di Project Sunroof, ideato per aiutare i cittadini a capire il “potenziale fotovoltaico” locale. Questo ovviamente è stato possibile alle immagini di Google Earth che danno una visione ampia e precisa di ogni zona del mondo richiesta.

   

Il nuovo progetto si chiama API Solar e si basa proprio su questo primo programma, di cui sono state ampliate le funzionalità grazie all’intelligenza artificiale. L’IA è servita principalmente per fornire informazioni e approfondimenti più precisi rispetto a quelli pubblici o ai modelli 3D del satellite.

Il progetto funzionerà per via di un modello IA addestrato per estrapolare informazioni 3D sulla geometria di tetti e coperture. Tali informazioni saranno ricavate dalle immagini aeree di oltre 320 milioni di edifici in 40 Paesi, tra cui è presente anche l’Italia.

   

La sicurezza dei dati, pubblicati successivamente, è data anche dal fatto che lo strumento tiene conto anche di dati meteo storici o di costi energetici.

Il progetto, quindi, offre una serie di servizi e vantaggi divisibili in due fasce:

  • la prima consente di ottenere informazioni rapide sulla fattibilità solare (Building Insights): quantità di luce ricevuta, sistema di pannelli più efficiente;
  • la seconda invece fornisce maggiori dettagli per la progettazione dei sistemi solari (Data Layer): l’ombreggiatura presente nell’area o modelli digitali della superficie dei tetti.

Air Quality API

Oltre al progetto dedicato al fotovoltaico, Google promuoverà anche API Air Quality, un programma basato sul monitoraggio dell’aria.

Si tratta di un sistema pensato specialmente per le aziende che possono comprendere in maniera più chiara i cambiamenti climatici e ambientali.  Con questo strumento, si possono effettuare analisi sulla qualità dell’aria con un indice su scala da 1 a 100. Il lancio in general availability comprende informazioni per oltre 100 Paesi.  

   

Pollen API

Allo stesso modo, Pollen API rilascia previsioni giornaliere dei pollini con allegata una mappa di calore per le successive 96 ore. In questo caso le informazioni sui pollini sono molto specifiche: i dati riguardano pollini di vari tipi di vegetazione.

Mostra informazioni riguardo ai pollini di alberi, e tiene conto di 15 diverse specie di piante, tra cui le graminacee, l’ontano, il frassino. Poi ancora la betulla, la cotonosa, l’olmo, il nocciolo, il cedro e cipresso giapponese, il ginepro, l’acero, la quercia, l’ulivo, il pino e l’ambrosia.

Sarà lanciato in general availability nei prossimi mesi in 65 Paesi.

   

Google e le mappature

Grazie a tali tecnologie, Google venderà data set API sulle mappature solari, dell’aria e dei pollini alle aziende per valutare varie questioni.
Tra queste il loro potenziale fotovoltaico, l’inquinamento dell’aria, la sua temperatura e i movimenti dei pollini, fondamentali per la vita di tutti.

Il database si costituirà su una base di oltre 320 milioni di edifici in oltre 40 paesi, per via dell’utilizzo dell’IA e del machine learning con dati ambientali.

   

Giorno dopo giorno diventa sempre più rilevante la cooperazione tra enti, la collaborazione tra centri di ricerca e imprenditori. Perchè se si uniscono le forze, si incontrano soluzioni che possono aiutare tante persone o almeno altri enti di studio per favorire lo sviluppo del mondo.

La sostenibilità è un melting pot di macroaree ed è proprio per questo che abbiamo bisogno di un melting pot anche nella fase di studio. Per migliorare il nostro impatto sulla Terra.  

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