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Cenone e pranzo di Natale sostenibili senza rinunciare alle tradizioni.

By : Aldo |Dicembre 21, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Cenone e pranzo di Natale sostenibili senza rinunciare alle tradizioni.

Stare attenti all’alimentazione non significa non mangiare nulla, allo stesso modo, mangiare in modo sostenibile non vuol dire cibarsi solo di tofu. Nello specifico ogni pasto può essere più ecofriendly così come quelli di Natale, senza però rinunciare ai gusti e alle sfiziosità della nostra cucina.

     

Cambiare abitudini

Ad oggi esistono dei preconcetti che vanno analizzati e cambiati, nel modo più efficiente possibile, per esempio quelli legati all’alimentazione sostenibile. Purtroppo, ancora tante persone credono che cambiare abitudini alimentari per essere più ecofriendly significhi mangiare solo soia e verdure. Ovviamente tale pensiero non è invitante ancor di più se comparati ai deliziosi piatti della nostra tradizione.

   

Ma questo è appunto, un preconcetto. Per poter modificare delle abitudini così radicate bisogna trasformare passo dopo passo la nostra quotidianità per quanto riguarda il cibo. Tuttavia, per arrivare al piatto in tavola bisogna superare tanti steps, per poi diventare più sostenibili, senza aver trasformato totalmente la nostra dieta.

    

In questo ovviamente rientrano anche i pasti più importanti, non del giorno, ma dell’anno, come quelli delle feste natalizie. Questo è un periodo letteralmente dettato dal cibo: pranzi, cene e merende sono l’occasione per incontrare amici e parenti. Ma se fossimo più attenti a cosa compriamo, dove e in quale periodo sarebbero delle feste ancora più sostenibili.

     

La spesa e gli alimenti

La spesa è il primo gradino per cambiare le nostre abitudini, poiché è proprio in quel momento che si fanno le scelte più importanti. Si decide cosa comprare, le quantità, la provenienza dei prodotti e i loro costi; quindi, è un passo fondamentale del cambiamento.

    

Infatti, per prima cosa è opportuno optare per attività locali o i mercati rionali, dove possiamo trovare alimenti sfusi o con meno packaging. Questo è già un passo rilevante per ridurre i rifiuti derivati dal settore, che in queste settimane aumenta notevolmente. Di solito in questi contesti possiamo trovare prodotti locali, magari a “Km 0” e perché no anche biologici. Soprattutto perché è molto probabile un alimento ha tutte le caratteristiche appena riportate, sia anche un prodotto stagionale.

     

Ecco la stagionalità degli alimenti è una qualità importantissima per noi e per il pianeta. Consumare solo frutta e verdura locale e di stagione determina un consumo consapevole del cibo, ed una minor produzione di emissioni. Questi due processi sono collegati da meccanismi che fanno parte ormai delle nostre abitudini:

  • la richiesta di cibo aumenta
  • i tempi di produzione diminuiscono
  • la stagionalità non viene rispettata
  • quindi si cercano gli alimenti in altri Paesi per sopperire al fabbisogno.

Ovviamente per portarli da uno stato all’altro servono dei mezzi di trasporto che contribuiscono all’emissione di CO2 e alla produzione di rifiuti. Questo succede poiché i prodotti trasportati devono essere impacchettati e imballati, in modo più consistente rispetto ad un prodotto locale venduto al mercato.

     

Inoltre, la coltivazione di frutta e verdura non stagionale, necessita una grande quantità d’acqua e un uso intensivo del suolo. Non c’è da dire che tutte queste pratiche sono tutt’altro che sostenibili. Se fosse possibile quindi, scegliamo alimenti che provengono da una filiera corta e verificata.  

In questo link potrete trovare una lista di ortaggi di stagione
https://www.wwf.ch/it/guida-frutta-e-verdura

    

Gli avanzi e il riciclo

Quando andiamo a fare la spesa è fondamentale avere in mente le quantità che ci servono effettivamente. Quindi in questi periodi sarebbe opportuno comprare a seconda di un menù già pronto (esempio per il cenone del 24). Se pensiamo ad un menù o quantomeno abbiamo un’idea di quello che prepareremo e calcoliamo le giuste porzioni, possiamo fare una spesa più consapevole.

    

Certo è, che se si comprano abbondanti quantità di cibo che non vengono consumate il giorno stesso, possiamo sempre “riciclare”. Sarebbe meglio evitare sprechi e troppi avanzi, ma anche in questo caso ci sono varie soluzioni. La prima è quella di dividersi gli avanzi tra amici e parenti, la seconda è quella di inventare piatti con quello che è rimasto a tavola.  

   

Difatti siamo alle porte del 2024, non ci sono scuse che tengono. Si possono consultare internet e i social per sbizzarrirsi con il pandoro avanzato, la verdura del 25 oppure i resti del pesce del 24. Tutto questo fa bene sia alle nostre tasche ma anche all’ambiente.

    

In conclusione

La sostenibilità a volte è considerata qualcosa di troppo lontano dalle nostre possibilità, qualcosa di impossibile, un’entità utopica. Invece spesso e volentieri si può ridurre il proprio impatto sul pianeta attraverso piccole azioni che non richiedono uno sforzo immane.

    

Le nostre feste e i conseguenti pasti in compagnia possono essere sostenibili anche con pochi accorgimenti. Non c’è bisogno di stravolgere dicembre e le sue ricette, serve semplicemente un’attenzione maggiore alla spesa e agli sprechi.

Tutti possiamo fare la differenza e se ci riusciamo in questi giorni, doniamo un grande regalo alla nostra Terra.

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Granchio blu: dalle cucine ai laboratori di ricerca per l’estrazione di chitina.

By : Aldo |Novembre 21, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Granchio blu: dalle cucine ai laboratori di ricerca per l’estrazione di chitina.

Quando si verifica un’invasione di un territorio di una specie aliena (animale o vegetale che sia), ci si trova sempre in una situazione delicata. È importante valutare l’impatto di ogni passaggio, metodo di monitoraggio e riqualifica degli ambienti colonizzati ecc. Ma ci sono dei casi in cui tutto questo sembra molto più semplice di quanto sembri.

     

L’invasione del granchio blu

Sono ormai anni che si parla dell’invasione del granchio blu e della sua pericolosità per biodiversità del Mediterraneo. Avendo già esaminato questa situazione nel tempo, ci si può accorgere di come la narrazione di tale problema sia cambiata radicalmente nell’arco di un anno.

   

Se prima il granchio blu faceva preoccupava tutti, non si trovavano modi per limitare la sua riproduzione o i suoi movimenti, ora è oggetto di discussioni culinarie. Infatti, come abbiamo riportato qualche mese fa, il granchio blu è arrivato nelle pescherie italiane, proprio per ridurne la quantità in mare. Poco dopo il suo exploit, chef e cuochi amatori hanno proposto svariate ricette a base del crostaceo, rivoluzionando l’idea della specie aliena invasiva e pericolosa.

   

Tale passaggio è stato accolto così positivamente e rapidamente, che il granchio blu sembra far parte della nostra dieta da sempre. Ma nonostante si tratti di un buon metodo per limitare la colonizzazione delle nostre acque, c’è chi è andato oltre. Nello specifico l’Università Ca’ Foscari ha intrapreso un corso di ricerca per riscontrare nuovi e possibili utilizzi della specie aliena, che possano incrementare l’economia sostenibile.

    

Il team e la ricerca

L’Università Ca’ Foscari di Venezia sta sviluppando un metodo per estrarre la chitina dal carapace dei granchi blu per farne nanomateriali per futuri impieghi. Il team costituito da:

  • La professoressa di Chimica generale e inorganica, Claudia Crestini,
  • il professore di Fondamenti chimici delle tecnologie, Matteo Gigli,
  • dottorando Daniele Massari del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi,
  • la professoressa Livia Visai e la dottoressa Nora Bloise dell’Università di Pavia,

è riuscito a brevettare una tecnica per trasformare la chitina in nanomateriali intelligenti, grazie alle nuove tecnologie e alla versatilità del materiale stesso.  Tra i vari ambiti di ricerca, la squadra conta la biomedicina, i packaging sostenibili e la protezione per i materiali scrittori.

   

L’obiettivo di questi studi è quello di isolare la chitina dai gusci in una modalità efficiente e funzionale all’industria. Per ora il team è in grado di isolare e modificare chimicamente una frazione nanocristallina della chitina, creando delle nanostrutture. Quest’ultime sono state impiegate per lo sviluppo di materiali straordinariamente innovativi, attraverso processi scalabili a livello industriale.

   

Industria alimentare

La chitina determina un mercato globale di 1,8 miliardi di dollari, derivato principalmente all’industria alimentare, agrochimica e sanitaria. Non a caso il gruppo di ricerca si è specializzato in questi ambiti, primo fra tutti l’alimentare, con nuovi film e packaging sostenibili.

    

Infatti, i ricercatori stanno sviluppando film nanostrutturati che possono sostituire le plastiche tradizionali per realizzare pellicole flessibili completamente biobased. Con la seguente aggiunta di composti naturali si potrebbero ottenere anche capacità antiossidanti ed antimicrobiche. Le proprietà funzionali di tali prodotti consentono di prolungare la durata della conservazione dei cibi proteggendoli da processi che ne accelerano il deterioramento. È importante anche ricordare che si tratta di film e pellicole biodegradabili, quindi, si potrebbero creare packaging che aderiscono pienamente ai principi di circolarità.

    

In ambito sanitario

Oltre al settore alimentare, la squadra si è interessata anche a quello sanitario. Un esempio è legato ai film flessibili, che abbinati a sostanze di origine naturale possono trasformarsi in validi patch medicali, cerotti speciali. Tale operazione è possibile grazie alla loro biocompatibilità ed emocompatibilità. Inoltre, possono avere una composizione chimica diversa per ottenere film adesivi o antiadesivi con proprietà simili all’eparina. Così facendo si possono offrire soluzioni nuove e personalizzate per le esigenze mediche.

     

La chitina per la scrittura

Passando da un ambito all’altro, si può notare l’importanza e la grande versatilità della chitina, poiché può aiutare anche nella conservazione di materiale scrittorio antico.  Gli studiosi hanno sviluppato un progetto rivolto ai rivestimenti (coating) per il restauro e la conservazione di tale materiale. In più, la proteina ha la capacità di rallentare e prevenire diversi fenomeni di degradazione della carta inchiostrata: come?  Essenzialmente la chitina riesce a contrastare l’aumento di acidità della carta e contrastare la proliferazione di microrganismi. Inoltre, è capace di impedire il deterioramento delle proprietà meccaniche della carta, rinforzando le sue fibre.

     

Si può affermare che l’università abbia iniziato un processo di upcycling, col quale trasforma biomasse di scarto in prodotti sostenibili e ad alto valore aggiunto. Tutto questo rientra in un ciclo di economia circolare poiché, la chitina viene estratta dagli scarti dell’industria ittica (specialmente di granchi e gamberetti). Quindi l’emergenza per l’industria ittica del nordest, riguardante il granchio blu, rappresenta un’ottima occasione per sperimentare nuove tecniche e prodotti.

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L’Oréal Italia: lo stabilimento è il più innovativo e sostenibile in Europa.

By : Aldo |Ottobre 16, 2023 |Acqua, Arte sostenibile, Consumi, Home |Commenti disabilitati su L’Oréal Italia: lo stabilimento è il più innovativo e sostenibile in Europa.

La sostenibilità è un punto cruciale delle nostre vite da anni e lo sarà sempre di più. Sicuramente realtà come le grandi aziende hanno un potere immenso per poter limitare il loro impatto sulla Terra. Non a caso c’è chi ancora ha difficoltà ad affrontare un cambiamento del genere e chi invece ne ha fatto la caratteristica principale del brand.

    

L’Oréal

“La bellezza è il nostro DNA” e L’Oréal da più di 110 se ne prende cura in mille modi diversi. Il gruppo è leader mondiale nel settore della bellezza, a partire dalla prima tinta per capelli prodotta nel 1909. La sua missione? Offrire a tutte le donne e gli uomini del pianeta il meglio della bellezza in termini di qualità, efficacia, sicurezza e responsabilità.

    

Oggi L’Oréal è diffuso in ben 150 paesi, comprende 88.000 dipendenti, di cui 4000 scienziati e 5500 esperti in tecnologia e digitale. Gode di 6 premi per l’innovazione, è tra le 5 aziende più attraenti per gli studenti e comprende 36 brand affidati a 4 divisioni. I suoi prodotti si trovano ovunque, dai saloni di parrucchieri alle profumerie, dalle farmacie alla grande distribuzione, coprendo tutti i campi della cosmetica.

     

Impegni e certificazioni

Il gruppo L’Oréal vanta una serie di impegni, cambiamenti e certificazioni sostenibili che la rende una delle migliori aziende anche nella tutela dell’ambiente. Tra i molteplici riconoscimenti si possono citare:

  • Ecovadis: medaglia di platino, tra le top 1% delle migliori compagnie al mondo (per la prestazione ambientale, sociale, l’etica, i diritti e la sostenibilità);
  • Tripla A CDP (7 anni di seguito) come leader nella lotta al cambiamento climatico (per la sicurezza delle acque e la protezione delle foreste);
  • Premio Ethisphere 2022 come una delle aziende più etiche del mondo (per il tredicesimo anno);
  • Riconosciuta dal Bloomber Gender-Equality index 2023 come pioniera della parità e la diversità (per il sesto anno consecutivo).

Oltre a questi attestati, da quanto viene riportato nel sito web, il 65 % dei loro sedi produttive è “Carbon neutral”. Se l’azienda francese si è impegnata tanto per arrivare a questo livello, non c’è da stupirsi dell’innovazione e l’avanguardia del centro di Settimo Torinese.

     

Lo stabilimento pioniere

L’Oréal Italia ha sede a Milano e un centro produttivo a Settimo Torinese attivo dal 1960. Realizza prodotti che vengono distribuiti in 29 paesi, infatti è tra i primi 4 stabilimenti in Europa e i primi 10 nel mondo. Copre una superficie di 55 mila m2  e conta ben 340 lavoratori.  Nacque durante il boom economico e da subito intraprende un percorso per aumentare la sostenibilità della propria produzione. I primi articoli sulle emissioni di C02 e il consumo di acqua sono arrivati nel 2010 e nel 2013 sono iniziati vari progetti. L’Oréal Italia è considerata uno dei precursori della sostenibilità e non a caso il suo stabilimento è stato il primo a diventare “water loop factory”.

    

Il centro è improntato su una filosofia “automazione e green economy” e dal 2005 ad oggi ha raggiunto due grandi obiettivi: zero emissioni e zero rifiuti. Questo è stato possibile grazie ai passi fatti negli ultimi 20 anni, in maniera graduale, consapevole ed efficiente.

     

2015: l’azienda si dichiara “carbon neutral” dopo l’installazione di 14 mila pannelli solari e il passaggio a fonti alternative.

    

2018: l’acqua viene riutilizzata grazie a un impianto di ultrafiltrazione; nasce la waterloop factory. Con un impianto super innovativo lo stabilimento ricicla 40 milioni di litri d’acqua l’anno (una quantità pari a ottanta piscine lunghe venticinque metri). Il processo che trasforma il liquido torbido del lavaggio in acqua limpida inizia e finisce a pochi metri dalle linee di produzione. Essere waterloop factory, significa che il sito usa acqua solo nella composizione dei prodotti, mentre, per gli altri processi viene filtrata e riutilizzata. Inoltre, si usa un “superconcentratore” che aiuta a ricavare più acqua possibile dai fanghi usati, soprattutto per il mascara.  Anch’essi saranno probabilmente riusati in futuro; l’idea è quella di usarli per la composizione di una vernice ignifuga.

      

2020: milioni di flaconi di shampoo e balsamo nascono al 100% da Pet riciclato, assicurando un risparmio di oltre 3 mila tonnellate di plastica vergine. E poi ancora, la plastica che non diventa flacone di shampoo si trasforma in una sedia, oppure in un tavolo della mensa. Per ridurre l’inquinamento legato al trasporto dei nuovi flaconi, si è scelta una fornitura a km zero, in tutti i sensi. Questo perché arriva da un imprenditore che lavora direttamente nello stabilimento, come se si eliminassero 1000 camion all’anno.

      

Nonostante ciò, l’azienda ha stampanti 3D per ricreare pezzi in caso di rottura e ricicla perfino i mozziconi di sigaretta. In questo modo L’Oréal Italia abbatte ogni anno 9 mila tonnellate di CO2, una quantità paragonabile ad aver tolto dalla strada 3 mila auto a benzina.

      

L’automazione e i robot

Un’altra peculiarità dello stabilimento è la presenza di 18 robot che aiutano, velocizzano e automatizzano i processi produttivi.  Sono 18 carrelli automatici guidati da laser, governati da un software che cooperano con operai e tecnici nella fabbrica.  In tal modo sono stati tagliati i tempi di produzione al punto che si confezionano 200 flaconi di shampoo al minuto. 

      

Sicuramente la questione degli automatismi nelle fabbriche è ancora un tema caldo correlato alla perdita di lavoro per tante persone. In questo caso è dichiarato che per ogni “catena di montaggio” c’è una persona davanti al computer che controlla, coordina, gestisce.
Comunque sia, tutto questo rende efficiente la catena produttiva e determina il successo che contraddistingue L’Orél da più di 110 anni.

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Apple presenta il suo primo prodotto a emissioni zero.

By : Aldo |Settembre 18, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Apple presenta il suo primo prodotto a emissioni zero.

Non è facile produrre un oggetto, un alimento o fornire un servizio senza avere un impatto sul pianeta, ma almeno ci si può provare. Apple da anni prova migliorarsi, ponendosi dei grandi obiettivi e mantenendo le sue promesse in fatto di sostenibilità, sorprendendo il mondo intero.

   

L’evento Apple

Ogni anno Apple organizza vari eventi per presentare i nuovi modelli dei suoi prodotti con tante novità in molteplici settori. Tuttavia, l’ultimo, tenutosi il 12 settembre ha segnato punto di svolta dell’azienda nel campo della sostenibilità. Durante l’evento infatti, si è parlato molto di un approccio “green” riferito non solo alla sede centrale e agli store ma anche ai nuovi modelli.

 

Il momento più alto della presentazione è stato la proiezione di un corto dove Octavia Spencer ricopriva il ruolo di una madre natura molto severa. Una figura diffidente rispetto le affermazioni dei dipendenti e del CEO Tim Cook, per quanto riguarda il loro impegno nella sostenibilità. L’attrice americana con la sua figura ha probabilmente espresso anche i dubbi di tante persone nel mondo. Questo sketch ha preceduto la comunicazione più importante dell’evento, ovvero Apple ha creato il suo primo prodotto 100% “carbon neutral”.

   

Apple Watch Series 9

Come ogni anno, sono state presentate le nuove caratteristiche del modello in questione: aggiornamenti, nuove tecnologie e funzioni. Effettivamente si tratta di un prodotto già consolidato nel mercato e quindi sarebbe potuto passare velocemente in cavalleria. Invece non è stato così, perchè Apple lo ha presentato come primo prodotto 100% “carbon neutral” dell’azienda. Un raggiungimento importante per la società di Cupertino, che da anni cerca di ridurre l’impatto delle sue attività, sul pianeta.

 

Questo è solo uno dei tanti obiettivi nell’ambito del piano Apple 2030, il quale prevede l’azzeramento totale delle emissioni per tutti i prodotti Apple.  É un programma che non riguarda la sola produzione ma l’intero ciclo di vita dei prodotti, e che dovrà concretizzarsi entro il 2030. Per tale motivo, questa volta, le iniziative ambientali non sono state delle idee marginali, quanto il tema principale della presentazione.

  

L’orologio “carbon neutral”

La domanda che ora si fanno tutti è: come fa un orologio ad essere “carbon neutral”? Apple ha spiegato tutti i processi con i quali è riuscita a eliminare le emissioni di carbonio per la produzione dell’Apple Watch Serie 9. L’azienda si è impegnata nel rendere ancora più sostenibili vari aspetti del prodotto, passando dalla moda alla meccanica, fino all’energia usata per la sua produzione.

    

La prima grande differenza sono i cinturini. Si parla di cinturini “FineWoven” composti per l’82% da fibre riciclate, eliminando completamente il cuoio (materiale ad alto impatto di CO2).  Questa scelta è stata allargata anche per le collezioni in collaborazione con Hermès, che produrrà cinturini da materiali riciclati a impatto zero.  Inoltre, anche il 100% dell’alluminio usato per la produzione è riciclato. Con tale piano, Apple è in grado di influenzare tante altre aziende e brand internazionali, non solo in un’ipotetica partnership, ma anche nelle loro attività quotidiane.

   

Un altro punto fondamentale è l’energia.

Già dal 2020 Apple ha raggiunto le emissioni zero per tutte le operazioni aziendali, dagli uffici agli Store e le altre attività che controlla direttamente. Questa volta invece si è soffermata anche nel processo di produzione del nuovo modello. Infatti, quest’anno tutta la produzione legata alla gamma è alimentata da energie rinnovabili. Bisogna specificare che questo vuol dire che il fabbisogno di potenza complessivo è completamente coperto da una fornitura equivalente di energie rinnovabili sulla rete. 

   

Nello stesso settore inseriamo anche la ricarica del dispositivo, poiché se si considerano i milioni di utenti, ha un impatto rilevante.  Pertanto, la società ha deciso di compensare tale problematica con l’immissione in rete di energia rinnovabile prodotta da impianti finanziati da Apple. Il piano è quello di immettere l’equivalente dell’elettricità necessaria per ricaricare un Watch durante tutto il ciclo di vita medio del prodotto. Per di più, nel modello esiste la funzione “Grid Forecast” che indica in quali momenti della giornata l’elettricità domestica arriva da fonti rinnovabili. (Per ora si tratta di una funzione tarata soltanto sulla rete statunitense).

  

Apple saluta gli aerei e torna al lento mondo delle navi.
L’azienda ha deciso di tornare alle navi da carico, per generare il 95% in meno di emissioni in meno rispetto al trasporto aereo. In tal modo rischia di avere dei tempi più lunghi di consegna o di stoccaggio nei magazzini, destabilizzando una grande certezza del brand. Ma sono proprio queste le scelte che fanno intendere quale sia la vera volontà della società. Pur di ridurre il proprio impatto, Apple rischia di impiegare più tempo nei trasporti, non garantendo la velocità che fino ad oggi l’ha contraddistinta. A supporto di tale scelta, è stato ottimizzato anche il packaging del prodotto. Grazie all’innovazione, la scatola sarà più compatta e leggera di un quinto a parità di peso e volume, contenendo così il 20% in più di prodotti.

   

Conclusioni

Apple sicuramente non manca di inventiva, tecnologie e finanziamenti per permettersi tali cambiamenti. Tuttavia non è scontato che un’azienda metta in discussione e cambi così tanti aspetti della propria produzione. Per quello che non può cambiare, l’azienda ha pensato di affidarsi a progetti di compensazione con enti quali:

  • Verra;
  • the Climate, Community & Biodiversity (CCB) Standard;
  • the Forest Stewardship Council (FSC).

Così facendo, Apple dovrebbe raggiungere tutti gli obiettivi del piano sviluppato nel 2015. Quest’ultimo prevede l’azzeramento di tutte le emissioni di CO2 per tutti i prodotti Apple e le attività aziendali.

È riuscita anche a convincere circa 300 fornitori, il 90% di quelli con cui lavora a utilizzare esclusivamente forniture di energia rinnovabile nei loro impianti. Questa è l’ennesima prova che con ricerca, attenzione, investimenti e il lavoro di squadra, si può cmabiare il mondo.

 

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Nel futuro produrremo acqua dolce dalle fattorie verticali galleggianti.

By : Aldo |Settembre 12, 2023 |Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su Nel futuro produrremo acqua dolce dalle fattorie verticali galleggianti.

Le sfide per il futuro sono tante, diverse, ma tutte collegate, l’una con l’altra. Pertanto, è importante tenere in considerazione più ambiti nella ricerca e nello studio di nuovi prodotti o nuovi progetti.

    

La sfida dell’acqua dolce

La sfida dell’acqua dolce non è un concetto da correlare ad un futuro lontano, poiché c’è già chi combatte quotidianamente per averne una tanica.  Ad oggi sono 768 milioni (11%) le persone che nel mondo non ne hanno nemmeno il minimo necessario per la mera sopravvivenza. Inoltre, con il passare degli anni si prevede un continuo incremento della popolazione, quasi 10 miliardi entro il 2050, quindi aumenterà anche la domanda. Pertanto, i centri di ricerca lavorano costantemente per trovare le soluzioni più disparate per rimediare a tale problema.  

   

Il fatto è che l’acqua dolce non ci serve solo per bere, lavarci e lavare, ma è necessaria per l’agricoltura e migliaia processi di produzione. Tuttavia, al momento i maggiori serbatoi sono i ghiacciai, gli oceani e il sottosuolo, dai quali ne abbiamo una disponibilità diretta del 2,5%. Questo significa che, se la situazione non cambiasse ben 2,4 miliardi di persone potrebbero avere carenze idriche entro il 2050.

   

Per tale motivo sono stati inventati dei sistemi che facilitano la produzione di acqua dolce affiancati da ulteriori programmi legati alla sostenibilità.

    

Il progetto galleggiante

Per ridurre l’uso dell’acqua dolce legata all’agricoltura e rendere sostenibile ed efficiente una produzione agricola, sono stati inventati dei sistemi galleggianti. In questo caso, si può citare lo studio “An interfacial solar evaporation enabled autonomous double-layered vertical floating solar sea farm”. Si tratta di un lavoro svolto dalla University of South Australia e dalla Hubei University of Technology in China pubblicato su “Chemical Engineering Journal”.

    

Il progetto descritto in questo paper riguarda la cosiddetta “fattoria verticale galleggiante”. Si tratta di una struttura galleggiante nel quale si coltivano piante grazie all’acqua dolce ricavata dell’acqua di mare. Gli studiosi pensano sia un piano di enorme impatto e che possa portare soluzioni a questioni importanti quali:

  • La riduzione di emissioni di CO2 ;
  • Un minor utilizzo del suolo e quindi un minor inquinamento;
  • L’utilizzo di energie rinnovabili;
  • Una maggiore produzione di acqua dolce.

In sintesi, sarà una struttura autosufficiente, in grado di far evaporare l’acqua del mare per convertirla in acqua dolce. Così, sarà possibile organizzare delle coltivazioni “autonome”, ovvero che non hanno bisogno dell’intervento umano.

   

Come funziona?

In inglese “farm” in italiano “fattoria” ma non sono stati inclusi animali nel progetto di Haolan Xu e Gary Owens del Future Industries Institute.  Il loro prototipo è strutturato in 2 camere disposte in verticale, dove la superiore è una serra e in quella inferiore si raccoglie l’acqua. I due ricercatori hanno fatto degli esperimenti per provare l’efficienza della “fattoria”, coltivando 3 ortaggi sulla superficie dell’acqua di mare. La coltivazione non prevede l’aggiunta di acqua dolce e alcun tipo di manutenzione, mentre è supportata da un’alimentazione a energia solare.

 

Come accennato prima, i vantaggi di questa tecnologia sono molteplici e possono aiutare l’uomo come anche il pianeta. Un vantaggio rilevante è quello legato alla produzione di acqua potabile.  Infatti, la camera inferiore, consente la raccolta e l’evaporazione dell’acqua di mare, producendo acqua dolce con un processo automatizzato e a basso costo. Secondo le analisi, l’acqua riciclata prodotta dal dispositivo ha un tasso di salinità inferiore a quello prescritto per l’acqua potabile dalle linee guida sanitarie mondiali. Quindi, oltre a produrre cibo (con l’agricoltura) si potrà avere una quantità d’acqua potabile usufruibile per vari impieghi.

   

Simili

Senza dubbio questo non è il primo progetto che lega la coltivazione all’ambiente marino, oppure l’allevamento sul mare. Un esempio italiano è il Nemo’s Garden, delle biosfere galleggianti a 5-10 metri di profondità nella Baia di Noli, in Liguria. Ciascuna contiene 2.000 litri d’aria e sfrutta la combinazione di acqua fresca e luce calda solare, per una adeguata coltura idroponica.

   

Oppure a Rotterdam è stata costruita una fattoria galleggiante su una chiatta con quaranta vacche e settemila galline ovaiole. Il progetto è sostenibile per vari punti di vista come:

  • Abbeveramento: si usa l’acqua piovana, raccolta sul tetto e poi filtrata;
  • Nutrimento: vengono usati cereali provenienti da diversi birrifici, crusca dai mulini, erba dai campi sportivi e bucce di patate da un trasformatore. Tutti questi alimenti sono a “Km 0” o comunque si tratta di enti locali.
  • L’energia: è for è fornita da pannelli solari galleggianti.

Sicuramente non è facile creare delle strutture simili, per via della ricerca e lo studio che li precedono, la necessità di finanziamenti e di permessi burocratici.

Ma, nonostante ciò, questi sono esperimenti che dimostrano che le soluzioni ai nostri problemi esistono, sono funzionali e non danneggiano l’ambiente.

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Aumentano gli ordini di turbine eoliche nel 2023: raggiunti i 69 GW.

By : Aldo |Settembre 05, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Aumentano gli ordini di turbine eoliche nel 2023: raggiunti i 69 GW.

Anche se siamo abituati a progetti mai portati a termine, programmi difficili da realizzare o pochi investimenti, sembra che nel mondo stia cambiando qualcosa.

Un’impennata nell’eolico fa aprire gli occhi sulle sue potenzialità e sul suo potere tra le energie rinnovabili.

    

Il boost di ordini e di energie

Wood Mackenzie, è un gruppo globale di ricerca e consulenza che fornisce dati, analisi scritte e consulenze ai settori energetico, delle energie rinnovabili ed altro. Secondo la loro ultima analisi, gli ordini globali di aerogeneratori sono aumentati di molto nel primo semestre 2023, con una crescita del 12% su base annua. In soli sei mesi, gli ordini riguardanti i componenti delle pale eoliche sono aumentati a dismisura. Si tratta di un incremento della domanda del 12% rispetto al 2022.

  

Tale crescita ha consentito il raggiungimento di 69,5 gigawatt di attività, per un un valore di mercato di ben 40,5 miliardi di dollari. Questa tendenza è stata potenziata soprattutto dalla domanda della Cina e successivamente dall’attività di mercato del Nord America.

   

La Repubblica popolare cinese

Si può affermare con certezza che la Repubblica popolare della Cina sia la responsabile di più della metà degli ordini effettuati in sei mesi. Infatti da gennaio a giugno, la domanda di nuovi aerogeneratori è aumentata del 47%, toccando i 25 GW di attività. Così facendo, ha determinato più della metà degli ordini a livello globale.

  

Secondo i dati del Global Wind Energy Council di Bruxelles, resta il maggior produttore mondiale di energia eolica. Il gigante asiatico, infatti, rappresenta una quota del 60% sul mercato globale (2022), grazie al dominio delle sue aziende. Queste hanno consentito una crescita dal 37% che aveva nel 2018 all’attuale 57%. Non a caso, delle 15 maggiori compagnie al mondo impegnate nell’eolico, dieci sono cinesi, tra queste

  • Gold Wind: quota sul mercato globale pari al 13%
  • Envision (9%) quinta classificata con 9,7 GW;
  • Windey che ha toccato i 8,2 GW.
  • Mingyang Smart Energy (7%) a sesta

Il Nord America

Mentre il Nord America ha aumentato i suoi acquisti, raggiungendo un’attività di 7,7 GW, il quadruplo rispetto al primo semestre del 2022 (1,9 GW).

In tal caso, questo incremento è dovuto all’Inflation Reduction Act, ossia un provvedimento statunitense che promuove il settore della transizione energetica. Tale iniziativa serve per favorire sia la produzione di auto che all’approvvigionamento dell’energia da parte di cittadini e aziende. Si tratta di un disegno di legge di spesa di grandi dimensioni che contemporaneamente attua due grandi iniziative. Una serve per combattere l’inflazione, l’altra consente di sviluppare soluzioni climatiche.

  

Una volta attuato, questo provvedimento dovrebbe ridurre le emissioni del 42% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. Mentre per quanto riguarda l’inflazione, si potrà godere di una riduzione netta del deficit di 102 miliardi di dollari nel periodo 2022-2031. 

Questa legge prevede vari criteri e step quali:

  • Passi avanti trasformativi per ridurre le emissioni di metano;
  • Nuovi crediti d’imposta tecnologicamente neutri per i progetti che generano elettricità a zero emissioni di gas serra;
  • Potenziamento del credito d’imposta 45Q per incentivare la cattura, la rimozione, il trasporto e lo stoccaggio del carbonio;
  • Credito d’imposta per la produzione di idrogeno per sostenere la leadership degli Stati Uniti nei carburanti a zero emissioni di carbonio;
  • Investimenti senza precedenti per la decarbonizzazione dei trasporti;
  • I crediti d’imposta specifici per l’energia nucleare e quelli neutri dal punto di vista tecnologico rafforzano il valore dell’energia nucleare;
  • Sostegno alle tecnologie geotermiche di nuova generazione, come energia superhot rock;
  • Investire in infrastrutture per l’energia pulita.

L’eolico offshore

Oltre a questo, è aumentato anche il sotto-segmento dell’eolico offshore, dunque dell’eolico in mare. Anche per questo ambito sono aumentati gli ordini del 26% su base annua, sempre nel primo semestre dell’anno, decretando il record di 12 GW di attività.

Il mercato americano ha aumentato i suoi ordini che variano tra i 2,6 GW e 1,2 GW, favorendo in modo significante il mercato delle rinnovabili.  Tali investimenti sono fondamentali anche perchè nell’ultimo periodo molti accordi sono stati cancellati per mancanza di investimenti. In questo ambito, Siemens Gamesa ha ottenuto il primo posto nella capacità di nuovi ordini di turbine eoliche (5,9 GW) nel secondo trimestre.

In generale giro d’affari globale è stato di 25,3 miliardi dollari, nel secondo quadrimestre e di 40,5 miliardi di dollari (37 miliardi di euro) nei primi sei mesi.

 

Il boost di domanda del Nord America e della Cina risolleva il mercato e favorisce la promozione dell’utilizzo di fonti rinnovabili. Tale situazione è fondamentale per cambiare l’andamento del mercato energetico in futuro; dunque, è un ottimo passo avanti per il settore “Green”

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È possibile usare l’energia talassotermica per produrre elettricità?

By : Aldo |Agosto 20, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, mare |Commenti disabilitati su È possibile usare l’energia talassotermica per produrre elettricità?

Le energie rinnovabili non sono più un tabù, ce ne sono molteplici e si sviluppano in vari ambiti.

Spesso si parla anche dell’energia idroelettrica e dell’offshore, ma in pochi ricordano l’esistenza dell’energia termica oceanica.

   

Energia talassotermica

È una fonte affidabile e costante di energia rinnovabile, più rispettosa dell’ambiente rispetto alle fonti energetiche tradizionali. Nasce come una risorsa di energia che non distruggesse l’ambiente che la produce o la possiede ed è legata al mare e agli oceani del mondo.

  

Energia termica oceanica, talassotermica o mareotermica, questi sono i termini che la definiscono, oltre alla sigla OTEC che sta per Ocean Thermal Eneegy Conversion. Quest’ultima comprende l’apparato inerente, l’impianto dedicato alla produzione di energia.  Tale fonte usufruisce delle diverse temperature misurabili tra i vari livelli di mari e oceani (ossia tra la superficie e le profondità). Questa è la sua più importante caratteristica, una peculiarità che la rende completamente differente dalle altre rinnovabili. 

   

Il primo a studiarla fu l’ingegnere francese Jacques Arsene d’Arsonval, mentre il suo allievo George Claude costruì la prima stazione. Questo discreto successo risale al 1881, dopodiché non si sentì più parlare di tale tecnologia, fino agli anni ’70.  Il Giappone in quel periodo costruì degli impianti con una potenza di circa 120 kW nelle isole Hawaii, dove ancora oggi è utilizzato questo meccanismo.

    

Come funziona

La tecnologia alla base dell’energia talassotermica è sviluppata sulla differenza delle temperature che esistono tra i diversi livelli di oceani e mari.

Si tratta di un prototipo che può generare elettricità 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, senza emissioni di CO2. Tale variazione (o “gradiente termico”) determina la produzione di una buona quantità di energia. Per esempio, per 60 Km2 di mare esposto al sole, si può produrre tanta energia quanto quella fornita da 250 miliardi di barili di petrolio. *

 

Ma come funziona un OTEC? Un impianto per l’energia talassotermica è attivo grazie ad un ciclo chiuso, aperto o ibrido a seconda della tecnologia scelta.

  

  • Ciclo chiuso: l’acqua calda consente l’evaporazione di un liquido interno, creando un aumento di pressione che fa girare una turbina collegata ad un generatore. Successivamente l’acqua fredda permette di ricominciare il ciclo da capo, quando l’ammoniaca (il liquido interno) torna allo stato liquido.
  • Ciclo aperto: in questo caso, il liquido utilizzato è la stessa acqua calda, che viene espulsa una volta desalinizzata e raffreddata alla fine del processo.
  • Ciclo ibrido: mescola i due cicli in modo efficace; pertanto, risulta il più complesso.

In generale sia l’acqua calda raffreddata, che l’acqua fredda riscaldata, vengono scaricate nell’oceano dopo essere passate attraverso gli scambiatori di calore. Per far sì che un OTEC funzioni è necessario un gap di temperatura di almeno 20°C tra le profondità delle acque e la loro superficie.

   

Tra i vantaggi di tale tecnologia, si riscontra la capacità di poter contribuire all’alimentazione elettrica di base grazie ad una disponibilità stabile e costante. Questo perchè il suo potenziale è molto più elevato di altre forme di energia oceanica. Addirittura, si potrebbero produrre fino 10.000 TWh /anno di elettricità con l’OTEC, senza danneggiare la struttura dell’oceano. Di certo, questo valore è raggiungibile solamente in alcune aree, come per esempio quelle tropicali, dove il gradiente termico è maggiore di 20°C durante tutto l’anno.

Un secondo ed importante vantaggio è la sua multifunzionalità: un OTEC può essere integrato nella dissalazione dell’acqua, nella sua produzione o in quella dell’aria fredda.

   

*(Stime del National renewable energy laboratory – Nrel)

    

La situazione odierna

Oggi nel mondo esistono vari impianti in attività, alcuni dei quali sono esclusivamente delle installazioni dimostrative. Come è stato già riportato, il Giappone possiede degli impianti; attualmente conta due OTEC sperimentali da 30 e 100 kW. Tuttavia, ne sta ultimando un terzo da 1 MW di potenza.

Altre installazioni attive si trovano nell’isola della Reunion (da 15 kW) e nelle Hawaii (da 105 kW) connesse alla rete elettrica. I progetti però non sono finiti qui perchè ne sono stati pianificati altri in India, Bahamas, Filippine, Maldive e Sri Lanka.

    

Tra questi è presente anche il progetto di ricerca europeo denominato PLOTEC, finanziato con oltre 1 milione di euro dall’Unione Europea. Il programma prevede la pianificazione di una piattaforma in grado di resistere agli effetti meteorologici estremi degli oceani tropicali.  Tale progetto ha l’obiettivo di definire un modello di costo accessibile per quei luoghi e una convalida del sistema in scala reale.

   

Sicuramente delle strutture simili avranno bisogno di maggiori manutenzioni a causa dell’azione dell’acqua e del sale disciolto in essa. Pertanto l’Università delle Hawaii e dal Pacific International Center for High Technology Research ha rilasciato dei dati per quanto riguardano i costi dell’impianto. La stima per un OTEC di 5MW va dagli 80 ai 100 milioni di dollari in cinque anni.

    

Ovviamente sono installazioni esposte a molti rischi ed è per questo che finora gli investimenti sono stati indirizzati altrove. Purtroppo, non c’è un ampio margine di manovra, d’altro canto si possono migliorare quotidianamente le caratteristiche di un OTEC, soprattutto se possono portare ulteriori benefici.

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Mini fotovoltaico da balcone: le soluzioni per l’accumulo di energia domestica.

By : Aldo |Luglio 03, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Mini fotovoltaico da balcone: le soluzioni per l’accumulo di energia domestica.

L’aumento dei prezzi degli ultimi mesi ha consentito una crescita di richieste del fotovoltaico in vari ambiti.

Di conseguenza sono incrementate anche le ricerche per agevolarne l’utilizzo domestico, in modo tale che anche nei condomini, le persone potessero scegliere un’alternativa sostenibile.

    

Mini fotovoltaico da balcone

I pannelli fotovoltaici non sono più una sorpresa: possono essere installati ovunque se sono presenti le opportune condizioni e possono creare tanti vantaggi.

Ad oggi è possibile installarli nei condomini e nei balconi, affinché ognuno abbia la possibilità di scegliere la fonte di energia che più preferisce.

Per questo sono stati creati ed è cresciuta l’attenzione verso i mini-fotovoltaici da balcone, piccoli sistemi di produzione energetica pulita ad uso domestico.

Si tratta di una soluzione contenuta che garantisce dei vantaggi diversi rispetto al solito fotovoltaico installato sul tetto. Tra questi possiamo elencare subito la facilità di installazione tramite dei ganci da montare sulla ringhiera o sulla muratura.

Questo sistema definito “plug-and-play” rende possibile la rimozione del dispositivo in caso fosse necessario, poichè dotato di struttura autoportanti.

    

Questione energetica

Un secondo vantaggio riguarda la possibilità di impiegare direttamente l’energia generata nella rete domestica, grazie ad un micro-invertitore.

Anche se si tratta di una potenza contenuta, il dispositivo permette l’uso immediato dell’energia rinnovabile grazie all’inserimento della spina. Nello specifico il kit venduto prevede moduli da 300-400 watt (a testa).

Inoltre, è semplice anche il procedimento burocratico e autorizzativo, poiché bastano 2 passaggi che coinvolgono due enti.

Bisogna comunicare preventivamente la modifica al condominio e inviare la Comunicazione unica al distributore elettrico di zona.

 

La ricerca per la batteria

Il sistema è sicuramente efficiente per un utilizzo immediato dell’energia ma al momento non è previsto un metodo di accumulo di energia dal dispositivo.

Per questo un gruppo di scienziati dell’Offenburg University of Applied Sciences in Germania ha iniziato una ricerca per integrare una batteria d’accumulo.

La squadra ha ideato 2 strategie per riservare l’energia prodotta dal pannello in una batteria a litio di medie dimensioni, simile a quella delle biciclette elettriche.

I due piani puntano ad ottimizzare l’autoconsumo e la copertura del carico di base per raggiungere l’obiettivo finale.

Nello specifico, lo studio cerca di far lavorare la batteria e il pannello insieme, senza modificare il sistema o aumentarne il costo.

Tuttavia, si tratta di un’operazione difficile a livello tecnico, dunque, sarà necessario impiegare delle misure di accoppiamento tra i 3 moduli (fotovoltaico, micro-inverter e batteria)

La prima misura, l’ibridazione passiva, definita “diretta” vista la connessione parallela tra pannello e batteria. La seconda invece, l’ibridazione attiva, è detta attiva perchè prevede un controller tra la batteria e il dispositivo fotovoltaico.

 

Le prove

Attualmente questi sistemi sono stati testati per un arco temporale continuo di 3 giorni, in condizioni reali di irraggiamento solare.

I risultati dimostrano un funzionamento stabile che prevede il passaggio dell’energia fotovoltaica dal giorno alla notte.  

La ricerca può continuare per far sì che, anche gli appartamenti che godono di un’ottima condizione di irraggiamento durante l’anno, possano usufruire di tale tecnologia.

Inoltre, un dispositivo del genere potrebbe essere un ulteriore incentivo per il miglioramento delle prestazioni di un appartamento. Di conseguenza non solo i proprietari delle ville, ma anche chi vive in condomini e appartamenti potrà servirsi di nuovi sistemi e vantaggi economici.

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Samsung lancia il nuovo filtro, per salvare gli oceani dalle microplastiche.

By : Aldo |Giugno 13, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Samsung lancia il nuovo filtro, per salvare gli oceani dalle microplastiche.

Nell’ultimo articolo abbiamo parlato del forte impatto che ha il settore tessile sull’ambiente e della crescente richiesta di una moda sostenibile.

Ma anche la fase successiva all’acquisto di un capo deve essere più green e per questo i grandi brand innovativi.    

     

L’innovazione Samsung

L’azienda multinazionale sudcoreana è sinonimo di certezze nel campo della tecnologia da ben 85 anni: dai telefoni alle fotocamere, dai televisori alle lavatrici.

Il colosso porta avanti la ricerca nel campo delle innovazioni tecnologiche e digitali creando ogni anno nuovi prototipi da offrire al mondo.
Che si tratti di elettrodomestici, dispositivi elettronici, accessori o altro, è sempre al top e ora anche nel campo della sostenibilità.

Per questo il 7 giugno 2023 ha lanciato il suo innovativo filtro per lavatrici che cattura le microfibre rilasciate dai vestiti durante i lavaggi.

      

Less Microfiber™

Less Microfiber™ è il nome del nuovo filtro Samsung Electronics, creato in collaborazione con collaborazione con l’organizzazione mondiale Ocean Wise e Patagonia.

L’idea nasce come risposta al quesito che il mondo si fa da anni: “come possiamo salvare gli oceani dalla plastica?”. Senza dubbio la domanda include una serie infinita di risposte e soluzioni, tra le quali anche quella considerata in questo caso.

Infatti, i 3 enti hanno inquadrato il problema delle microplastiche o microfibre di plastica che vengono rilasciate dagli abiti durante un lavaggio.

Il loro progetto si basa su un filtro esterno per lavatrici che riduce fino al 98% la dispersione di microfibre sintetiche durante i cicli di detersione.

Questo processo eviterà che una grande quantità di microplastici arrivi nel mare, aiutando quindi a preservare la salute dei mari e quella umana.
     

Come funziona?

Il filtro è un piccolo dispositivo che viene collegato allo scarico della lavatrice ed è dotato di una scocca di plastica riciclata.

All’interno si compone di una trama che cattura le microfibre con una maglia larga 65-70 micrometri, comprimendole su una parete del dispositivo.

    

Inoltre, è importante sottolineare che il filtro è stato studiato con grande attenzione all’ecodesign al fine di garantire una lunga vita e una facile manutenzione.

Questa è una caratteristica di grande valore e attenzione verso la sostenibilità, al contrario dell’ormai ovvia obsolescenza programmata. Un processo legato al consumismo e una delle cause dell’aumento di rifiuti nel mondo.

Un’altra qualità del Less Microfiber™ è la sua connessione alla piattaforma Samsung SmartThings, con la quale il dispositivo segnala problemi o la sua saturazione.

    

Infinte è un prototipo adatto ad ogni lavatrice, da pulire una sola volta al mese, secondo gli studi svolti. Al momento è in vendita in Corea del Sud e nel Regno Unito ma entrerà a breve anche in altri mercati.

     

Ecobubble™

Non è la prima volta che Samsung si concentri sull’efficienza dei suoi prodotti per una maggiore sostenibilità.

Non a caso, da tempo le sue lavatrici hanno varie opzioni di lavaggio, tra le quali “Ecobubble” ossia un ciclo “generatore di bolle”.

Il processo prevede un’introduzione di aria nella soluzione di acqua e detersivo che consenta una completa detersine dei panni anche a basse temperature.

In tal modo, si riduce l’abrasione dei vestiti e la dispersione di microfibre del 54%, si consuma meno energia e si salvano gli oceani.

     

Che i grandi brand internazionali abbiano un enorme potere nell’intero mondo non è una novità, ma proprio grazie a queste azioni possono avere un impatto positivo.

La scelta di materiali e programmi duraturi, di puntare alla salvaguardia dell’ambiente e non solo al fatturato, dimostra che le cose stanno cambiando.

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Apulia Regenerative Cotton Project: la moda italiana diventa più sostenibile.

By : Aldo |Giugno 11, 2023 |Consumi, Efficienza energetica, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, obiettivomeno rifiuti, plasticfree |Commenti disabilitati su Apulia Regenerative Cotton Project: la moda italiana diventa più sostenibile.

Il settore della moda e quindi quello tessile sono tra gli ambiti con un impatto maggiore sulle risorse del pianeta.

Pertanto, negli ultimi anni è cresciuta la richiesta di materie e processi sostenibili da parte dei consumatori.

    

Partnership

Il 5 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente e l’EFI ha colto al balzo l’occasione per lanciare un innovativo progetto green.

É nata una collaborazione con la Circular Bioeconomy Alliance (CBA) il Gruppo Armani e la Sustainable Markets Initiative’s Fashion Task Force.

Questo programma si chiama Apulia Regenerative Cotton Project e i suoi lavori sono coordinati dall’EFI*, il CREA** e PRETATERRA.

Tale attività è parte dell’iniziativa Biocities dell’EFI di Roma con la quale si promuovono pratiche sostenibili applicate all’ambiente e la vita urbana.

 

*Istituto Forestale Europeo
**Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e per l’analisi dell’Economia Agraria

   

L’etica del manifesto

Il progetto è incluso nel Regenerative Fashion Manifesto, una realtà che garantisce un impegno dei brand associati, verso la moda rigenerativa.

Questa è un’industria biobased e “climate and nature positive” ossia basata su un cambiamento concettuale a monte della filiera del prodotto.

   

Dunque, le marche che aderiscono al Manifesto si impegnano nella scelta di materiali provenienti da territori precedentemente degenerati. Così facendo riqualificano l’armonia delle popolazioni locali e la loro natura.

In altri casi si parla di pratiche di bioeconomia per potenziare le comunità locali sostenendone la prosperità.

Pertanto, il Gruppo Armani integrerà e rafforzerà la sua strategia di sostenibilità basata su tre pilastri principali “Persone, Pianeta, Prosperità”.

   
Il programma pilota

Il programma si basa sullo sviluppo della produzione di cotone agroforestale e sarà un piano pilota in questo settore.

L’obiettivo è quello di sviluppare il primo sito di cotone rigenerativo agroforestale sperimentale (in Europa), per aumentare la sostenibilità della moda italiana.

Di certo non si tratta di semplice moda ma di tecnologie e metodi scientifici che garantiscono valori tracciabili, resilienti e la sicurezza delle risorse. 

   

In pratica si vuole dimostrare come la sostenibilità possa portare svariati vantaggi nei suoi 3 punti cardine. Dunque, con tale progetto si possono migliorare i servizi ecosistemici, migliorando in primo luogo diversità del paesaggio, il risparmio idrico e la fertilità del suolo.

Di conseguenza si riduce l’impronta di carbonio del processo in esame, quindi il suo impatto ambientale.

   

Fasi di sviluppo

Il piano si sviluppa in più fasi, intraprese a maggio (2023) con la creazione di una piantagione iniziale di 1 ettaro.  Successivamente, dal 2024, è prevista l’espansione graduale che mira alla copertura complessiva di 5 ettari.

Di seguito, i primi 5 anni del progetto saranno seguiti per mezzo di monitoraggi scientifici con i quali saranno valutate le proprietà del cotone.

Ovviamente si verificherà con regolarità l’impatto ambientale di tale produzione, tenendo conto che si tratta di un primo esperimento europeo.

   

Infine, si può affermare che non sia casuale la scelta dei territori pugliesi per un progetto simile. Infatti, la regione gode di un clima mite, di terreni che ospitano più varietà di colture agricole e di importante storia nel settore.

Inoltre, è opportuno ricordare che il cotone sarà reintrodotto, perchè la Puglia vanta una lunga tradizione risalente al XII secolo, abbandonata negli ultimi 50 anni.

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