Arte sostenibile

EMB3Rs: l’Uber che consente il recupero di energia termica.

By : Aldo |Giugno 06, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su EMB3Rs: l’Uber che consente il recupero di energia termica.

Il mondo delle rinnovabili cresce ogni giorno, cambiano piani e si sviluppano nuovi programmi.

Ma c’è una situazione che viene affrontata di rado ovvero quella del surplus di energia. Un ambito tanto particolare quanto proficuo su cui investire maggiormente.

    

EMB3Rs

Si chiama così la prima piattaforma digitale (open-source) che permette di gestire in maniera efficiente e sostenibile il surplus energetico di industrie e aziende.

Inizialmente si trattava di un progetto finanziato dall’Unione Europea (del 2019) per il quale hanno collaborato ben 16 compagnie e istituti europei.

Lo scopo del programma era quello di dare maggiore valore all’eccesso di energia termica e di usare in maniera efficiente le risorse di energie rinnovabili.

     

Il via libera è arrivato dopo lo sviluppo di 7 casi studio che hanno fornito al team di ricerca, dati, informazioni e feedback.

Tra gli enti che hanno permesso lo studio, un produttore di cemento, una società di fusione di metalli, un parco industriale e supermercati nelle reti di teleriscaldamento.

Una volta analizzate le varie opzioni, la squadra ha ideato uno strumento che consentisse proprio di riusare il surplus di caldo e freddo.

    

La piattaforma

Dunque, grazie alla collaborazione di più enti, il progetto è stato concretizzato ed è stata realizzata la piattaforma online in funzione proprio da maggio 2023.

Questa consente alle industrie ad alta intensità energetica o ad altre sorgenti di caldo o freddo, di riusare questo eccesso nel miglior modo possibile.

Tale processo è utile per molteplici punti e caratteristiche, in primis la sua sostenibilità. Infatti, con la piattaforma si affronta il tema del riuso o della riduzione degli sprechi, migliorando le prestazioni energetiche dell’ente in discussione.   

    

La piattaforma prevede che l’utente (es. industria) inserisca i dati essenziali quali la sua sede e l’eccesso di energia termica disponibile.

A quel punto l’algoritmo calcola le capacità, la mappa della domanda e dell’offerta identificando le soluzioni più conveniente per lo scambio tra fornitore e consumatore.

Gli utenti finali, quali aziende, comunità energetiche, altre industrie o famiglie determineranno i costi e i benefici, definendo anche delle soluzioni più promettenti.

Quindi, grazie a questa nuovo scambio nascono partnership che recano vantaggi ad entrambe le parti e benefici per il pianeta.

      

Benefici e vantaggi

Il programma non soddisfa solo i bisogni delle industrie ma garantisce benefici e vantaggi in più ambiti.

In primo luogo, alle industrie è consentito recuperare, trasportare e riutilizzare l’energia termica con delle soluzioni innovative. Questo gli permette di raggiungere anche obiettivi sostenibili, di ridurre gli sprechi e ridurre i costi di approvvigionamento.

   

Di conseguenza, se le industrie ad alta intensità energetica migliorano in tale settore, cambiano anche il loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana. 

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Edifici Net Zero: le nuove soluzioni dalla Korea agli USA

By : Aldo |Giugno 05, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Edifici Net Zero: le nuove soluzioni dalla Korea agli USA

Ogni settimana si scopre una nuova tecnologia, una particolare soluzione ai problemi quotidiani nel campo della sostenibilità.

In ambito edilizio abbiamo già parlato di coibentazione, mattonelle compostabili ed edifici di basso impatto ambientale. Oggi parliamo di una nuova curiosità.

     

La Korea Net Zero

Il Korea Institute of Civil Engineering and Building Technology (KICT) ha studiato un sistema costruttivo con 13 elementi chiavi puntando al target Net Zero.

Si tratta di vari principi e tecnologie con le quali realizzare un edificio che elimina le emissioni di creazione e quelle legate al suo utilizzo. In pratica le emissioni incorporate ed operative.

Il Net Zero Carbon Building (NZCB) System è il primo in cui si considerano le emissioni e il consumo di energia anche del processo costruttivo.

Queste ultime ammontano al 40% delle emissioni totali prodotte poiché includono il rifornimento di materia prima, il trasporto fino allo smaltimento dei materiali.

    

Soluzioni

Il prototipo in scala reale si trova all’interno del campus di Jinju City e tra le 13 innovazioni si possono citare:

  • la scelta cemento ecologico;
  • l’utilizzo di un polimero termoplastico per esterni.

Nel primo caso, il dipartimento di ricerca ha identificato come soluzione l’High Sulfated Calcium Silicate Cement, un materiale più sostenibile del comune cemento portland.

Grazie a tale innovazione si risparmia oltre il 90% di emissioni minimizzando l’impatto ambientale dell’edificio (si tratta di solo 0,07 kg di carbonio per kg).

Mentre per quanto riguarda il polimero, si tratta della prima applicazione mondiale del Cellulose X-linked Polymer (CXP), costituito da legno e resina naturale.

     

Monitoraggio

Ovviamente per valutare concretamente l’impatto di tali tecnologie e strutture nell’ambiente è necessario un monitoraggio costante.

Pertanto, è stata scelta la guida europea Product Environmental Footprint (PEF) per confrontare le prestazioni del nuovo prototipo con quelle di uno stabile tradizionale.

E sulla base di 16 categorie di impatto è stato confermato il successo del Net Zero Carbon Building System. La sua compatibilità ambientale è superiore alle comuni costruzioni e il carbonio incorporato è inferiore del 56,3% rispetto alla norma. Si tratta di ben 25 tonnellate di CO2 risparmiate!

Analogamente il consumo di energia è dimezzato con un risparmio di circa 2,2 tonnellate.

 

New York

Una situazione simile si riscontrerà a New York, dove grazie a 2 mesi di raccolta fondi, si realizzerà il “Brooklyn, 28 Herber”.

Si tratta di un edificio prevalentemente residenziale e in piccola parte commerciale che si svilupperà su ben 2.600 mq La struttura sarà dotata di tecnologia e materiali scelti proprio per rispettare l’obiettivo di azzerare le emissioni e ridurre drasticamente i consumi energetici.

Il termine dei lavori e la vendita degli appartamenti sono previsti per il 2025.

    

L’attività è anche un’innovazione sul fronte economico e gode di un investimento pari a € 5.092.700. Attualmente è un piano finanziato per il 53% dal gruppo italiano Maskenada e al 46% dal crowdfunding immobiliare.

Inoltre, sarà il primo progetto della metropoli ad avere la certificazione Carbon Neutral. Tale certificato sarà rilasciato anche agli acquirenti come NFT (in modo da essere protetto e legato dall’unità immobiliare).

 

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Il CONOU registra un primato: raccolte 181 mila tonnellate di olio.

By : Aldo |Giugno 01, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Il CONOU registra un primato: raccolte 181 mila tonnellate di olio.

Nel 2023 i rifiuti o i materiali di scarto non dovrebbero essere più considerati come tali ma dovrebbero avere un’altra importanza.

Pertanto, le nuove tecnologie permettono di convertire tanti dei nostri rifiuti in materie pronte al riutilizzo, quindi consentono lo sviluppo di una grande economia circolare.

     

Il primato

Di recente è stato pubblicato il Rapporto Sostenibilità 2022 di CONOU ossia il Consorzio degli Oli Usati, il quale ha riportato un nuovo primato italiano.

Nel 2022 infatti, sono state raccolte 181mila tonnellate di olio lubrificante usato di cui più del 98% è stato rigenerato e quindi reintrodotto nell’economia.

Tali cifre rappresentano un record italiano che accresce nuovamente il valore e la virtuosità dell’economia circolare italiana.

    

Il consorzio resta quindi un ente di rilievo; attivo dal 1984 è proprio il primo ente italiano di raccolta e riciclo di oli minerali usati.

La nostra eccellenza nel settore circolare è una caratteristica che si riconduce alla realtà dell’Italia; un Paese povero di materie prime.

Quindi nella storia i suoi cittadini hanno sempre trovato il modo di risparmiare, riciclare e ricreare nuovi prodotti con dei materiali di scarto.

     

Olio lubrificante e rigenerazione

L’olio trattato dal CONOU, una volta usato diventa un rifiuto altamente inquinante che se disperso nell’ambiente può causare gravi danni.

Mentre con raccolta e smaltimento adeguato, può diventare una risorsa di alto valore, con effetti positivi per la natura e per la salute dell’uomo.

Perciò è fondamentale il processo di rigenerazione: un processo che dallo scarto crea un nuovo prodotto di qualità.

Come descritto nel report sono state prodotte 118mila tonnellate di nuove basi lubrificanti, oltre a più di 38mila tonnellate di bitumi e gasoli.

    

Come funziona il consorzio

Il CONOU è presente in tutta la Penisola ed è strutturato come una rete capillare. Prima di tutto è importate ricordare che l’ente raccoglie gratuitamente l’olio direttamente da chi deve smaltirlo, instaurando un vero rapporto con le persone affiliate.

Si tratta di meccanici, concessionari, officine che entrano in contatto personalmente con l’autista che svolge il ruolo di consulente.

Il suo compito è quello di informare il cliente su tutte le pratiche necessarie, anche per evitare di compromettere l’intera filiera di raccolta.

Per quanto riguarda la composizione, il consorzio conta 103mila siti tra officine e industrie (arrivando ovunque nel territorio nazionale) e due aziende di rigenerazione.

    

La sostenibilità del settore

Inoltre, la nostra filiera non solo supera la media europea (si ricicla solo il 61% dell’olio usato) ma rappresenta anche un ottimo modello di sostenibilità.

Questa qualità però è determinata dalle richieste dei cittadini; infatti, l’88% delle domande di raccolta arriva dalle officine, seguita dal 12% dell’industria. Numeri elevati se pensiamo che la media di accumulo è pari a 3kg per abitante (registrati maggiormente al Nord).

Tale attività rappresenta anche un vantaggio economico, come in tutti i casi di economia circolare. Infatti, secondo i dati riportati del documento, si risparmiano 130 milioni di euro sulla bolletta per le mancate importazioni di greggio.

    

Mentre a livello ambientale determina una serie di riduzioni rilevanti in vari ambiti:

  • -86% di utilizzo dei combustibili fossili,
  • -29% di consumo di acqua,
  • -77% di sfruttamento del suolo,
  • -78% di eutrofizzazione,
  • -84% di emissione di anidride solforosa,
  • -90% di emissioni di clorofluorocarburo11 (il gas responsabile dei danni allo strato di ozono),
  • -84% di unità tossiche con effetti cancerogeni,
  • -93% di unità tossiche con effetti non cancerogeni,
  • – 64 mila tonnellate di CO2 in atmosfera.

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Startup “greentech”: crescono anche in Italia sebbene più lentamente di altri paesi.

By : Aldo |Maggio 30, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Startup “greentech”: crescono anche in Italia sebbene più lentamente di altri paesi.

Nel settore della sostenibilità sono incluse ogni tipo di innovazioni che possano migliorare la vita e il nostro impatto sul pianeta.

Spesso in questo ambito gli attori principali sono i progetti delle startup che pongono le basi per nuovi passi in avanti.

   

B-PlanNow

Si tratta di un acceleratore di startup adatto a tutti i progetti in fase si avvio con un potenziale successo. Aiuta gli imprenditori a gestire problemi di management e a coesistere nel mare competitivo delle startup.

Questo è possibile grazie all’offerta di tutoraggio, formazione e di finanziamenti iniziali per far partire le attività e seguirle in questa scalata.

    

Di recente il gruppo ha svolto una ricerca per quanto riguarda il mondo delle startup “greentech”, le sue potenzialità e i miglioramenti da apportare.

Lo studio concerne la situazione italiana concentrandosi sulla crescita, le aree più virtuose e i temi sviluppati.

     

In Italia

Partendo dal primo punto, sappiamo che a fine del 2022, secondi i dati InfoCamere, le startup innovative erano 14.262.  

Le aziende “greentech” si trovano principalmente in Lombardia (22%), nel Lazio (12%) e in Piemonte (11%) (prevalentemente nei capoluoghi).

      

Per quanto riguarda le aree tematiche, attualmente si contano circa 370 startup green divisi in vari rami. In fondo alla classifica abbiamo imprese per il Real Estate e Climate Monitoring, alle quali seguono il riciclo (11%) e la mobilità sostenibile (12%).

Nel podio invece si trovano “Agritech & Food” (20%), “Energia” (19%) e industria (15%): non sorprende il primo posto vista la cultura italiana.

      

Queste cifre rispecchiano non solo lo stile di vita, la cultura e le necessità della penisola, ma soprattutto coincidono con i finanziamenti stanziati.

Come si vede infatti, negli ultimi anni sono stati raccolti €700 milioni, di cui il 29% per l’Agritech e il 23% per rinnovabili. Infine, e il 15% per la mobilità sostenibile.

Tali finanziamenti hanno consentito una rapida crescita rispetto al 2021, pari al +42%, tuttavia la vocazione sostenibile non arriva al 3% del totale.

 

Economia e finanziamenti

Le nostre startup “greentech” oltre ad essere ben improntate su determinati ambiti, sono decise sul campo di reinvestimento.

Non a caso, la maggior parte finanzia la ricerca e lo sviluppo (58%) ossia, le basi sui cui esse stesse si sorreggono. In secondo piano ma sempre con un’alta percentuale, troviamo il Marketing (21%).

      

Senza dubbio, questa nuova ondata di finanziamenti è dovuta anche alle nuove regole delle banche legate agli ESG.

Molte rilasciano finanziamenti ai richiedenti, solo se rispettano i criteri di sostenibilità, gli ESG, di modo che ci sia un cambiamento più rapido e sicuro.

A rafforzare tale concetto, si riscontrano le richieste del 69% degli investitori. Questi ultimi, nel 2022 hanno chiesto specificamente i dettagli sulla sostenibilità delle imprese in cui avrebbero investito.

      

Nonostante ciò, generalmente i fondi arrivano da risorse nazionali per l’87%, mentre sono ancora pochi i capitali stranieri.

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Mosaico verde: la riqualifica delle regioni comincia nelle aree verdi.

By : Aldo |Maggio 29, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Mosaico verde: la riqualifica delle regioni comincia nelle aree verdi.

Il verde sempre stato il colore della speranza, ma da tempo è associato alla terminologia legata alla sostenibilità, forse nella speranza di un futuro migliore.

      

Riqualifica per l’avvenire

Da anni si parla di riforestazione, di cura del territorio e sensibilizzazione e vari enti pubblici e privati si sono impegnati in questo senso.

Chi lo fa per compensare le attività della propria azienda, chi per amore della natura o con il solo scopo di affrontare la crisi climatica.

I progetti di riqualifica del territorio (che sia di provincia, regionale o nazionale) comprendono varie iniziative ed aree naturali. 

     

Mosaico Verde

Tra i vari progetti, la Campagna Mosaico Verde promossa da AzzeroCO2 e Legambiente ha spiccato sul territorio italiano.

Per ora ben 40 aziende sostengono il programma, per migliorare i territori in cui operano o nei quali vivono i propri dipendenti o stakeholder.

Il 25 maggio durante l’evento “I grandi cambiamenti cominciano da piccoli alberi” sono stati mostrati i risultati di 5 anni di lavoro (2018-2023).

       

Le due realtà hanno piantato oltre 322.000 alberi, con i quali si dovrebbero assorbire circa 226.000 tonnellate di CO2*.

Riqualificato più di 3 milioni di m2 di aree verdi, comprendendo più di 100 Comuni, 20 Enti Parco in quasi tutta Italia (17 regioni).

(*Valore calcolato considerando il potere di assorbimento medio di un albero nel suo ciclo di vita di 100 anni).

       

Obiettivi e risultati

I due enti sono riusciti a rendere più verdi e resilienti le città, ripristinando le aree verdi urbane e quelle naturali in abbandono.

Inoltre, hanno ricreato delle oasi naturali mirate ad ospitare e nutrire gli insetti impollinatori e le api, attori protagonisti del ciclo della vita.

È anche opportuno ricordare che il progetto si è evoluto durante i 5 anni con adeguamenti e aggiunte a seconda delle necessità del pianeta.

L’investimento del quinquennio è finalizzato a:

  • promozione della biodiversità vegetale
  • creazione di habitat per animali e insetti
  • messa in sicurezza di aree colpite da calamità
  • creazione di spazi di aggregazione sociale

Pertanto, il progetto è sostenibile non solo per quanto riguarda l’ambiente ma anche il settore sociale.

    

Completezza

Un progetto simile ha degli aspetti fondamentali che non tutti colgono all’istante. La presenza di aree verdi bonificate comporta lo sviluppo di habitat sani, la fruibilità di patrimoni ambientali e culturali.

Quindi si tratta di un miglioramento della vita naturale e dell’uomo, della sua salute fisica, mentale ma anche di una protezione nei confronti di disastri ambientali.

    

Le piante riducono eventi di dissesto idrogeologico, consolidano terreni e ne evitano l’allagamento, purificano l’aria e fungono da climatizzatori naturali.

Analogamente sono fondamentali le api e gli insetti impollinatori. Da loro dipende il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali esistenti, ossia la maggior parte del cibo.

Perciò è importante salvaguardare questo gruppo, poiché attualmente in Europa 1 specie su 10 è a rischio di estinzione.

Dunque, riqualificare le aree verdi con piante aromatiche e mellifere risulta la combinazione migliore per raggiungere gli obiettivi sopra citati.

      

Questo patrimonio naturale ha anche un alto valore economico. Basti pensare che un bosco sano genera beni e servizi ecosistemici.

Proprio AzzeroCO2 ha creato un sistema di calcolo per verificare il valore delle sue opere ed ha pubblicato i suoi dati.

Le attività dal 2018 ad oggi hanno un valore stimato tra 1 milione,  1 milione e 700 mila euro l’anno, per un totale di €8.5 milioni.

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Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

By : Aldo |Maggio 24, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Coibentare gli edifici: le nanotecnologie superano i classici interventi.

Tra mini-case, edifici autonomi, nuovi programmi energetici, anche nel campo dell’edilizia si fanno passi avanti.

La sostenibilità in questo settore riserba tante eccezioni che potrebbero accelerare la transizione ecologica nel nostro paese.

    

La norma europea.

La richiesta dell’ultima direttiva europea è chiara e mira all’azzeramento delle emissioni in tale settore, entro il 2050.

Gli edifici devono raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033.

Tutto sarebbe perfetto se solo il 60% degli edifici non arrivasse a malapena alla classe F o addirittura G. Questo risulta essere un grave problema che non favorisce un cambiamento necessario e rapido.

   

Senza dubbio non si può mettere in discussione la necessità di tali lavori, ma gli ostacoli ci sono e sono abbastanza rilevanti.

Rispetto ad altri ambiti, è uno dei più difficili da affrontare a seguito dei costi e delle difficoltà degli interventi.

    

Coibentazioni classiche

Le tecniche di coibentazione degli edifici sono varie e consentono di rendere efficienti a livello energetico case e uffici.

Ad oggi però, i tetti coibentati in modo scarso aumentano la dispersione di energia del 30%, mentre un condominio può raggiungere anche il 65%.

Molte sono tecniche che prevedono mesi di lavori, impalcature, accordi di interi condomini e normative molto restrittive.

Tuttavia, sono stati sviluppati interventi senza cappotto, che hanno lo stesso fine.

  • Intonaco termico interno: solitamente se lo stabile si trova in un centro storico, quindi è difficile rifare la facciata. Non è efficace come un vero cappotto ma ha i suoi vantaggi, tra i quali anche la prevenzione di muffe e condense sulle pareti
  • Insufflaggio in intercapedine: valida tecnica che prevede l’iniezione dell’isolante all’interno di tetti, muri e facciate. Di norma vengono usati i fiocchi di cellulosa o la lana di vetro e isolano anche a livello acustico.
  • Pannelli isolanti a basso spessore: sia per interni che per esterni. Sono pannelli spessi meno di 15 mm.
  • Mattoni in laterizio termoisolanti: che garantiscono un’ottima conducibilità termica in poco spazio. Dotati di un alveolo formato da intercapedini sottili, riducono gli strati di malta tra i mattoni, eliminando i ponti termici.

 

SWISS THERMO

L’idea di un metodo di coibentazione alternativo nasce in Polonia ma viene perfezionato nella nostra penisola.

Si tratta di un prodotto isolante liquido che serve per migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Protegge dal caldo e dal freddo e può essere usato nelle pareti interne e in quelle esterne.

     

Il prototipo si basa su nanotecnologie messe a punto da Tecnoindustries Srl (brevettate dalla NASA), attualmente il rivenditore esclusivo del prodotto.

Infatti, al contrario dei classici metodi è molto più comodo da applicare ed è più semplice il suo utilizzo in termini burocratici.

In breve, viene applicato con un macchinario spray su una superficie, che viene coibentata senza costi eccessivi e in pochissimo tempo.

     

Questo è possibile grazie all’ampia possibilità d’intervento: non c’è bisogno di impalcature o ponteggi e si può spruzzare ovunque.

Pertanto, è possibile mettere mano anche nei palazzi storici, nelle “tower” con vetrate o edifici con vincoli urbanistici (edifici solitamente difficili da trattare).

      

Risparmi e benefici

Le solite tecnologie proposte per questo tipo di interventi comportano un risparmio energetico intorno al 25%. Al contrario con il nuovo prodotto si va oltre il 50% e si risparmia anche in tempo.

Infatti, se di solito, per la realizzazione di un cappotto si necessitano almeno 6 mesi, con lo SWISS THERMO si parla di massimo 30 giorni.

     

A tutti, offre anche una possibilità più concreta di cambiare rotta: questo metodo permette a chiunque di fare il suo passo verso la sostenibilità.

Quindi se in un condominio non tutti fossero d’accordo per procedere con la coibentazione, un singolo potrebbe scegliere rendere efficiente la propria casa ugualmente.

Sarà possibile semplicemente perchè si lavora dall’interno dell’appartamento, lungo i muri perimetrali.

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La filiera italiana dell’idrogeno: gli investimenti dell’innovazione.

By : Aldo |Maggio 18, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno rifiuti |Commenti disabilitati su La filiera italiana dell’idrogeno: gli investimenti dell’innovazione.

Il cambiamento verso il futuro, l’innovazione e la sostenibilità condividono un obiettivo comune, quello di migliorare la vita di tutti.

Le risorse e le vie per attuare dei processi di transizione ci sono, ma ci vuole la mentalità giusta per cambiare concretamente il presente.
     

L’idrogeno in Italia

Il settore dell’idrogeno viene considerato con un crescente interesse dall’Italia e pertanto rientra nei vettori energetici che rappresenta un modello di energia pulita.

Al momento è l’unico combustibile che brucia producendo vapore acqueo, perciò è definito “green” e sarà uno dei principali protagonisti della transizione energetica.
     

In primo luogo, l’Unione Europea ha deciso di puntare su questo elemento per ridurre le emissioni di CO2 entro il 2050.

Di seguito anche l’Italia ha accelerato gli studi su tale risorsa per poi avviare finanziamenti importanti per sviluppare una filiera tutta sua. Si tratta di un investimento di ben 3.64 miliardi di euro.

        

Lo studio H2IT

L’osservatorio H2IT ha pubblicato i nuovi dati riguardanti i movimenti di questo nuovo settore italiano, confermando la sua crescita positiva.

L’analisi è stata sviluppata in collaborazione con Associazione italiana idrogeno, la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo. Alla base 55 imprese, maggiormente PMI tra le quali spiccano anche grandi nomi.

               

Lo studio riporta che la filiera è abbastanza eterogenea per quanto riguarda le dimensioni delle imprese coinvolte.

Tra queste spicca un gruppo con una mission dalle alte potenzialità di innovazione in grado di collaborare in molteplici settori anche a livello internazionale.

La situazione è simile anche per quanto riguarda i brevetti: la metà delle nostre aziende è pronta per l’industrializzazione dei loro progetti.

          

Settori

Come anticipato, i settori in cui l’idrogeno è stato considerato come risorsa verde sono vari, alla pari delle collaborazioni che risultano una tecnica vincente.

In Italia l’idrogeno spazia tra:

 

  • produzione (campo in cui è attivo il 53% del campione);
  • servizi (49%);
  • mobilità (45%);
  • utilizzo (31%),
  • integrazione dei sistemi (29%);
  • Energy Company (29%),
  • trasporto e stoccaggio (25%);
  • sicurezza e certificazione (15%).

Inoltre, per il 71% di tali realtà, un centro di ricerca interno per l’idrogeno è praticamente necessario per l’innovazione; ovviamente si tratta maggiormente di privati.

Negli ultimi 5 anni, 1 azienda su 3 ha ottenuto il brevetto e si è registrato un aumento di occupazione nelle tecnologie produttive dell’H2 all’85%.

           

Collaborazioni

In questo sistema la collaborazione tra 2 o più realtà sembra essere il punto vincente per spingere il più possibile la filiera.

Lo studio infatti dichiara che per il 64% delle imprese, questo modello ha funzionato; ottima anche la partnership con le Università (60%). Per chi va oltre e sceglie collaborazioni con tavoli di lavoro nazionali / internazionali ha avuto un successo del 49%. 

               

Come ogni nuovo settore in crescita, si prospetta anche un aumento dei posti di lavoro altamente specializzati e di una nuova formazione per i giovani.

Per concludere, è lecito ricordare che il nord Italia registra la gran parte dei brevetti, delle aziende e dell’occupazione nel settore.  Ma non per questo, è esclusa la crescita di tali tecnologie anche al sud nei prossimi anni.

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La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

By : Aldo |Maggio 15, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menoconsumi |Commenti disabilitati su La Spagna investe 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza climatica.

La primavera è iniziata da tempo e con essa sono arrivati anche cambi repentini del tempo, soprattutto le precoci ondate di caldo.

Quest’ultime hanno già creato problemi e sono solo le prime avvisaglie della siccità di cui tanto si parlerà nei prossimi mesi.

       

Il Pacchetto della Spagna

La Spagna dopo il primo mese di primavera ha già registrato delle temperature elevate che fanno preoccupare tutti.

In primis il governo che ha scelto di firmare e attivare una strategia da 2,2 miliardi di euro per affrontare l’emergenza siccità.

Tale pacchetto è stato studiato dopo aver seguito i cambiamenti climatici nel tempo e i loro effetti.

          

Infatti, dal 1° ottobre 2022 alla seconda settimana di maggio, le precipitazioni nella penisola iberica sono state inferiori alla media del 27,5%.

Questo, un dato allarmante che preoccupa il governo ma soprattutto i settori primari che ne risentono maggiormente e l’intera economia.

        

Siccità precoce

I cittadini spagnoli sono già abituati alle alte temperature estive, soprattutto chi abita nel sud del Paese, ma non a questi livelli.

A marzo il deficit era del 36% e il mese successivo si è aggravato, raggiungendo il record come “aprile” più caldo della storia della nazione.

Oggi le riserve idriche del territorio sono in rosso (-48,9%) e non è ancora arrivata l’estate; si tratta di livelli più bassi dell’anno scorso.

      

Come riportato dalla ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera, la Spagna si sta preparando ad effetti sempre più forti legati ai cambiamenti climatici.

Pertanto, si è pensato ad un piano d’azione che possa essere attivato velocemente con aiuti diretti e concreti senza precedenti.

Oltre agli aiuti finanziari saranno sviluppati veri e propri interventi come l’installazione di dissalatori o altri lavori più leggeri e di rapida attuazione.

        

I finanziamenti

Il ministero dell’Ambiente ha quindi messo a disposizione ben 1,4 miliardi di euro, che verranno divisi e impiegati in vari settori.

636 milioni saranno impiegati nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento, secondo il piano del ministro dell’agricoltura, allevamento e pesca Luis Planas.

Questi aiuteranno anche il finanziamento delle polizze assicurative, fondamentali per coprire le contingenze di siccità.

   

Quindi saranno divisi 355 milioni per gli allevatori e 276,7 per il settore agricolo. in modo da finanziare le misure previste in funzione delle incidenze atmosferiche.

In più 5 milioni andranno agli apicoltori.

       

Dissalatori

Come anticipato prima, l’investimento riguarda anche infrastrutture e installazioni. Tra questi impianti di desalinizzazione, impianti per raddoppiare il riutilizzo delle acque urbane e ridurre tasse e costi delle aziende agricole interessate.

L’impianto di desalinizzazione verrà costruito a Blanes (foce del fiume Tordera), come lavoro fondamentale per migliorare l’approvvigionamento nella regione di Barcellona e Girona.

Altre strutture verranno instituite nei bacini colpiti dalla penuria di riserve, seguite da interventi come pompaggi di emergenza. Il bilancio stimato è di 35,5 milioni.

    

Ulteriori dissalatori saranno costruiti nella costa mediterranea a Malaga e Almeria e con altri 224 milioni di euro si intensificherà il riutilizzo ad Alicante. 

          

Altre misure

Il governo è pronto a promuovere l’utilizzo delle acque urbane per passare dagli attuali 400 hm3 all’anno a circa 1.000 Hm3 nel 2027.

Questi coprirebbero il 20% del volume delle risorse idriche destinate all’approvvigionamento delle popolazioni.

Infine, si riportano nuove misure e finanziamenti correlati al Guadalquivir, per gli acquiferi del Parco Nazionale di Doñana e per la sicurezza dei lavoratori.

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Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

By : Aldo |Maggio 09, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il riciclo meccanico non basta, ma quello chimico è davvero sostenibile?

La raccolta differenziata serve per il riciclo e la creazione di nuovi prodotti. La circolarità del sistema non è difficile da capire, ma forse complessa da portare a termine.

In questo campo infatti, la plastica resta uno dei punti interrogativi più grandi del settore.

         

Il Green Deal europeo

Dopo aver dichiarato l’emergenza climatica (nel 2019) il Parlamento europeo presenta il “Green deal” come un piano d’azione per attenuare l’impatto ambientale dell’Unione.

Tale strategia, vista come l’ultima e una delle più importanti iniziative dell’UE sul clima ha come obiettivo la neutralità climatica.
  

Il programma è basato sui punti cardine dell’agenda 2030, elevando la propria missione con obiettivi più ambiziosi. Un esempio, quello di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990).

Per quanto riguarda la plastica invece, si punta ad una riduzione complessiva di rifiuti del 37% attraverso il riutilizzo e il riciclaggio.

Ci sarà un cambio di rotta obbligatorio delle imprese che dovranno offrire un’etichettatura degli imballaggi riutilizzabili se non una loro riduzione (per quanto possibile).
    

L’obiettivo è quello di eliminare imballaggi monouso per gli alimenti, soprattutto nel campo della ristorazione e di altri prodotti nell’hotellerie.

Un ulteriore passo importante riguarda i tassi vincolanti di contenuto riciclato che le aziende dovranno includere negli imballaggi di plastica. Aumentando in tale modo il valore del materiale riciclato.

         

Il parere di Zero Waste

Nonostante ciò, secondo la rete Zero Waste Europe il riciclo della plastica non è esattamente sostenibile come si pensa.

Ovvero esistono due tecniche di riciclo per i polimeri: quello meccanico e quello chimico. Di norma si predilige il primo ma spesso non è efficace come il secondo, o non è adatto a tutti i tipi di rifiuti.

Questo rappresenta un problema poiché il metodo chimico prevede una maggiore emissione di CO2 legata ai vari step, soprattutto quelli termici.

Per rispettare le linee imposte dal patto europeo, il metodo meccanico sembra non bastare quindi si tratta di una situazione contraddittoria se considerata la sua sostenibilità.
     

Metodo chimico

Riguarda la decomposizione dei polimeri di cui è fatto il prodotto in questione. Si procede alla divisione per mezzo di calore, catalizzatori o agenti chimici.

Grazie a tali meccanismi si ottiene una grande quantità di materie prime che possono essere impiegate nuovamente, con le stesse caratteristiche della materia prima vergine.

Tale sistema detto anche di “riciclo avanzato” ed è attualmente l’unico metodo efficace per il trattamento dei rifiuti di plastica.
     

Tuttavia, le analisi svolte su questa metodologia di riciclo hanno sollevato dei grandi dubbi, poiché contraddicono la sostenibilità tanto proclamata del sistema.

Il report di Zero Waste Europe, afferma che il riciclo chimico serve solo in casi particolari e dovrebbe essere scelto esclusivamente dopo quello meccanico.

Unicamente i prodotti con materiali durevoli e degradati che non possono essere decomposti in altri modi, dovrebbero passare al riciclo avanzato.

Inoltre, l’intero processo richiede grandi quantità di acqua ed energia e immette nell’ambiente grandi quantità di sostanze chimiche, che inquinano l’ambiente.
         

Cosa fare?

Questo non vuol dire che si tratti di un sistema non sicuro o da evitare, ma da scegliere in maniera appropriata.

Per far si che ciò accada serve un’ampia campagna di prevenzione e precauzione, in primo luogo delle aziende, in modo da cambiare il problema all’origine.

Si ipotizza una maggiore attenzione al design e alla qualità del prodotto, per renderlo riciclabile con il metodo meccanico.

Oppure sarebbe auspicabile un miglior consumo delle risorse, tra le quali l’energia, se non altro prendere in considerazione il taglio netto della plastica.

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Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.

By : Aldo |Maggio 08, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |Commenti disabilitati su Ridurre l’impatto ambientale degli impianti frigoriferi in poche e semplici mosse.
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Ogni giorno si scoprono nuove vie per ridurre l’impatto ambientale delle nostre attività e i relativi costi.

Senza dubbio la continua capacità di innovarsi è una qualità positiva per il mondo, la salute e l’economia di tutti.

      

Bitzer Italia

Il leader mondiale per la produzione di compressori (cuore degli impianti di refrigerazione) si interroga da tempo su come essere più green.

Sicuramente, essendo il maggior produttore di compressori nel settore, può migliorare le tecnologie e efficienza dei suoi prodotti ma può fare molto di più.

   

Per questo, Piero Trevisan, Direttore generale di Bitzer Italia ha da poco diffuso un’infrastruttura digitale per i suoi partner che li aiuti a tal proposito.

L’azienda ha condiviso con il BITZER Digital Network (BDN), una piattaforma che consente ai soci di verificare le condizioni ottimali dei prodotti.

      

Dunque, la piattaforma offre una soluzione semplice per monitorare gli impianti grazie ai Moduli IQ, gestendo ed archiviando le loro informazioni e applicazioni.

Inoltre, per mezzo di questo servizio si possono organizzare interventi di manutenzione veloci, dato che certificazioni, specifiche tecniche e altri dati sono nel sito.

      

Impianti più green

L’idea di un portale per aiutare i partener ad essere più in equilibrio con l’ambiente deriva da un’attenta analisi di Trevisan.

Quest’ultimo crede che il momento storico che stiamo vivendo sia così delicato ma allo stesso tempo proficuo al punto che non si possa perdere tempo.

Non a caso, afferma l’importanza in tale periodo, di ridurre i consumi in modo da diminuire i costi massimizzando però l’efficienza dei propri impianti.

Solitamente i costi più alti sono correlati alle spese energetiche, per questo motivo di consiglia di andare oltre i soliti parametri di valutazione, in caso innovamento.

      

Quindi, se un’azienda volesse cambiare e ridurre il suo impatto dovrebbe prima analizzare il carico termico per individuare le soluzioni. Di questo passo si possono ridurre le dispersioni termiche, minimizzando il carico stesso.

In un secondo momento si procede con la massimizzazione dell’efficienza energetica della macchina, che produrrà solamente il freddo necessario.

     

Tali procedure sono più che fondamentali, se non altro perchè il costo dell’energia è un multiplo di qualche mese fa. Infatti, gli investimenti che riducono il consumo energetico hanno un ritorno particolarmente breve, di conseguenza è il momento migliore per investire nelle nuove tecnologie.

     

Le soluzioni

É importante ribadire che senz’altro ci sono delle linee guida per poter rendere l’industria e il prodotto più sostenibili.

Di norma di procede con la riduzione del fabbisogno frigorifero, modificando carichi termici e le dispersioni, isolando in modo ottimale l’impianto.

Si passa poi alla minimizzazione delle possibili emissioni dirette e si sceglie il refrigerante migliore per il caso (controllando anche il GWP). Infine, si minimizzano le emissioni indirette e dunque si ottimizza il consumo energetico dell’impianto.

Tuttavia, ci sono delle soluzioni che saranno individuali e specifiche caso per caso, che possono essere riscontrate dopo un’attenta analisi del problema.

               

É comunque auspicabile che ogni industria a prescindere dal settore in cui opera, faccia dei controlli periodici dei propri macchinari.

In tal modo, si possono risanare più facilmente e velocemente delle situazioni di minor efficienza o di mal funzionamento.

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