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L’Unione Europea blocca l’import di chi deforesta.

By : Aldo |Dicembre 06, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

Un accordo definito “storico” dal Parlamento Europeo, che segna la fine di un’era di indifferenza.

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La norma

L’iter legislativo, iniziato a novembre 2021, ha imposto un nuovo piano d’attacco: il blocco dell’import.


Si tratta di un freno al commercio di alimenti, prodotti con processi che coinvolgono terreni disboscati da dicembre 2020 in poi.

Cacao, caffè, soia, carne bovina, cioccolato, olio di palma entreranno nell’UE solo se le loro aziende rispetteranno i criteri imposti dal Parlamento europeo. La gomma è stata aggiunta a settembre, nella lista di prodotti, per volontà degli eurodeputati, che hanno deciso di rafforzare il provvedimento.

Tuttavia, la versione finale darà la possibilità di allargare i vincoli ad altri terreni (entro e non oltre un anno dall’entrata in vigore).

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Termini e condizioni

Come ogni accordo che si rispetti, sono state discusse regole e criteri per garantire un risultato efficiente, ma anche multe per chi trasgredirà la norma.

In primo luogo, verrà stilata una classifica sul livello di rischio di deforestazione delle nazioni, per adeguare le regole che vi saranno applicate. Le aziende invece, dovranno dichiarare l’origine delle loro merci, ovviamente non dovranno essere collegate a processi di disboscamento. In questo caso però, i livelli di controllo sono elevati, basti pensare che la vigilanza usufruirà di sistemi di geolocalizzazione delle colture tramite satellite.

Il testo, inoltre, riporta gravi sanzioni nei confronti dei trasgressori, che potrebbero pagare fino al 4% del fatturato totale annuo.

In futuro

É stabilito che dopo due anni dall’entrata in vigore, la Commissione dovrà valutare vari aspetti dell’operato.
Per esempio, potrebbe decidere di allargare i vincoli ad altri prodotti come il mais, torbiere e ecosistemi ricchi di stoccaggio del carbonio. O ancora obbligare le istituzioni finanziarie a rifiutare crediti o servizi che possono associarli ad attività di deforestazione.

Christophe Hansen (Ppe), negoziatore per il Parlamento afferma che:

«…il testo include anche garanzie per proteggere i diritti delle popolazioni indigene, i nostri migliori alleati contro la deforestazione».

Anche il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, conferma l’importanza della normativa e aggiunge:

“Occorre garantire che le importazioni di prodotti da Paesi terzi, rispettino gli stessi standard sociali, sanitari e ambientali delle produzioni italiane ed europee”

Ricorda anche la validità del principio di reciprocità, e i livelli di sicurezza alimentare in Europa.

“…ben l’80% degli allarmi alimentari scattati in Italia sono stati causati dai cibi importati dall’estero. In testa alla classifica […]c’è la Turchia responsabile del 13% degli allarmi alimentari scattati in Europa”.

In conclusione

La nuova legge non riguarda solo l’ambiente, come spiegato da altri enti, ma concerne vari aspetti dall’economia alla salute, dai diritti civili al biologico.

Tale normativa è anche legata all’impatto negativo che le importazioni dell’Unione hanno sull’ambiente. Purtoppo è definita come secondo distruttore di foreste tropicali, dopo la Cina, soprattutto per l’import di soia e olio di palma.

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In Scozia l’Ocean Energy produrrà energia grazie alle onde del mare.

By : Aldo |Dicembre 05, 2022 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menoconsumi, menomissioni |0 Comment

Si parla sempre più di energia pulita e soluzioni sostenibili: solare, eolico e idrico.

Raramente invece, si discute della “potenza” del mare e le sue applicazioni.

Ocean Energy

Si definisce come una nuova industria in Europa che può essere affiancata al solare e all’eolico, quindi rappresenta una soluzione sostenibile. In aggiunta è presentata come un’opportunità di export per l’Europa ma anche di sicurezza e indipendenza energetica.

La società irlandese coordina il progetto WEDUSEA insieme ad altre realtà come l’Enterprise Ireland, università e industrie di Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Irlanda.

L’idea da 19,6 milioni di euro è finanziata per metà da Horizon Europe Programme, 5,3 milioni dalla Innovate UK e il resto arriva dai privati.

WEDUSEA

Il progetto è parte del programma Horizon Europe ed è l’acronimo di “Wave Energy Demonstration at Utility Scale to Enable Arrays”.

Il programma mira a creare soluzioni per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibili dell’ONU e per affrontare i cambiamenti climatici.

Il professor Tony Lewis, direttore tecnico di Ocean Energy, dichiara che:

“L’energia delle onde è la risorsa rinnovabile più preziosa e persistente del mondo, ma di questo non ci si è ancora resi pienamente conto. Questo progetto europeo dimostrerà che la tecnologia è matura e pronta per essere industrializzata su larga scala. In un futuro non troppo lontano sarà proprio l’energia naturale dei mari ad alimentare le reti elettriche”.

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OE35

OE 35 è attualmente considerato come “il dispositivo galleggiante per l’energia delle onde con la maggiore capacità al mondo”. Capacità correlata alla quantità di energia elettrica che un generatore produce nel momento in cui lavora a pieno regime.

L’impianto è ancorato al fondale, ma galleggia in superficie ed è composto da una parte mobile e una cabina chiusa contenente le attrezzature. La parte inferiore è aperta verso l’acqua, che grazie ai suoi movimenti convoglia l’aria in una turbina, che girando crea energia elettrica.

Inoltre, l’ampio spazio di stoccaggio a bordo permette di fornire energia per più attività come quella dei desalinizzatori o degli impianti di acquacoltura.

Step by step

Il programma durerà 4 anni, partendo con la progettazione di OE35 da 1 MW, seguita da un periodo di sperimentazione di 2 anni. Questa prova consiste nel collegare l’impianto ad una rete elettrica, presso l’arcipelago delle Orcadi dove ha sede l’EMEC (Centro Europeo per l’energia marina).

Il piano si chiuderà con la commercializzazione della struttura.

Le onde marine hanno una densità di energia più elevata rispetto alle altre fonti di energia rinnovabile, rendendole più “sicure ed affidabili”. Perciò l’obiettivo dell’EMEC è quello di poter costruire un impianto pilota da 20 MW.

La US Energy information Administration ha confermato che uno sfruttamento efficiente delle onde negli USA, potrebbe produrre il 64% di energia elettrica per il paese.

Negli ultimi anni anche l’Italia sta studiando nuove tecnologie legate al moto ondoso per la produzione di energia rinnovabile; chissà se un giorno riusciremo a sfruttare a pieno ed in modo sostenibile le risorse di cui il nostro paese è ricco.

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La Commissione europea chiede una revisione della legge sugli imballaggi monouso.

By : Aldo |Dicembre 01, 2022 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree |0 Comment

Ogni giorno vengono prodotti imballaggi che vengono utilizzati per qualche ora e poi vengono gettati senza neanche essere differenziati.

Per questo la Commissione europea ha intenzione di rivedere la legislazione attuale.

 

La proposta

Il commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, introduce la proposta aiutandosi con un esempio semplice ma reale per tutti:

 

“È capitato a tutti di ricevere prodotti ordinati online in scatole troppo grandi, così come di chiedersi come separare i rifiuti da riciclare, cosa fare con un sacchetto biodegradabile o se tutti questi imballaggi saranno riutilizzati o perlomeno trasformati in nuovi materiali con un certo valore”.

Infatti, l’idea è quella di contrastare l’aumento dei rifiuti di imballaggi, stimato tra il 19% il 46% entro il 2030, per mezzo di varie azioni.

Anche Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, condivide l’idea “per un futuro senza inquinamento”.

 

Gli imballaggi in numeri

Il primo problema riguarda l’uso di materiale vergine. Si stima che il 40% di plastica e il 50% di carta prodotti nell’Unione europea vengano usate per il packaging di un prodotto.

L’imballaggio raramente viene riusato o smaltito correttamente; da queste analisi si calcola che ogni europeo produca 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno. Questo dato purtoppo è destinato ad aumentare nel caso in cui non venissero istituite nuove misure per rallentare la crescita o azzerarla.

 

Per questo la Commissione europea ha posto come obiettivo la riduzione di rifiuti da imballaggi del 15% entro il 2040.

 

Come cambiare rotta

Per raggiungere tale traguardo sono state presentate delle azioni che l’unione europea, i governi se non ogni singolo cittadino, potrebbero seguire.

Si parte dalla riduzione degli imballaggi, eliminando in principio quelli inutili, come i prodotti monouso di hotel, ristoranti e bar e quelli multipli per le lattine.

 

Un’altra mossa riguarda le aziende: dovranno garantire che una certa percentuale dei loro prodotti abbia packaging riciclabili o ricaricabili. In aggiunta si chiederebbero dei formati standard del pacco ed etichette riutilizzabili.

 

Saranno proposti dei criteri di progettazione dell’imballaggio e di restituzione di lattine e bottiglie di plastica; inoltre, verranno definiti in maniera chiara quali imballaggi sono compostabili.

 

Infine, sarà obbligatorio una percentuale di plastica riciclata all’interno della produzione, rendendo la plastica riciclata, un materiale prezioso.

 

L’aiuto economico

La Commissione è pronta a discutere questi temi con il Parlamento ed il Consiglio ma soprattutto è pronta a cambiare abitudini e a scombinare l’industria.

La revisione, tuttavia, creerebbe dei nuovi posti di lavoro, aiutando l’economia europea; anche solo il potenziamento del riutilizzo, ne garantirebbe 600.000 entro il 2030.

 

Per ridurre l’impatto ambientale in modo efficiente, necessitiamo di tante piccole azioni che partono dalle industrie e arrivano al singolo consumatore. A questo punto non resta che attendere la risposta e le conseguenti decisioni del Parlamento e del Consiglio europeo.

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L’Italia ottiene il primato europeo con un tasso di riciclo dell’83%.

By : Aldo |Novembre 30, 2022 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti |0 Comment

“L’Italia che ricicla”, il report annuale dell’Assoambiente conferma il nostro primato a livello europeo per quanto riguarda il riciclo.

Sono presenti delle lacune da colmare, ma la direzione è una delle migliori.

Il primato europeo

L’Italia si posiziona al primo posto in Europa per avvio al riciclo dei rifiuti (urbani e speciali), con un tasso dell’83,2% (secondo i dati del 2020). Con tale cifra, andiamo oltre la media UE del 39,2% e sorpassiamo i grandi paesi come Spagna (60,5%), Francia (54,4%) e Germania (44%).

Il record è correlato anche al tasso di utilizzo di metalli riciclati del 47,2%, seguiti nuovamente da Francia (39,3%), Germania (27,3%) e Spagna (18,5%).

Per quanto riguarda la circolarità dei materiali, siamo secondi per pochissimo, dopo la Francia (22.2%), con un tasso del 21,6%. Anche in questo caso siamo ben sopra la media europea del 12,8%.

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Le lacune italiane

L’Italia occupa il secondo posto per quanto riguarda l’impiantistica con 6.456 strutture attive per il recupero della materia, preceduta dalla Germania che ne presenta 10.497.

Tuttavia, questa ulteriore vittoria cela delle lacune non indifferenti sul territorio nazionale. Come riportato da Assoambiente (Associazione Imprese Servizi Ambientali ed Economia Circolare) gli impianti in Italia sono principalmente di medio-piccola dimensione, localizzati maggiormente nel centro-nord.

Le regioni più attive sono quelle in cui il settore manifatturiero è più sviluppato, come la Lombardia, che ha il 22% delle strutture nazionali.  Inoltre, risulta essere la regione che ricicla di più, con un totale di 31.018.381 tonnellate, seguita da Veneto ed Emilia-Romagna.

 

 

Le innovazioni necessarie

Nel 2020 abbiamo esportato 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti, che avrebbero potuto essere nuovi prodotti all’interno della nostra economia.

AssoAmbiente afferma:

“Un paradosso che, nel medio-lungo termine, andrà colmato, attivando le opportune leve incentivanti e di investimento impiantistico, affinché maggiori volumi di rifiuti riciclabili vengano recuperati nel nostro Paese contribuendo ad accrescere la capacità del sistema produttivo di ovviare alla cronica mancanza di materie prime, così come a creare sbocchi occupazionali verso la transizione ecologica.”

In aggiunta alle innovazioni necessarie per sviluppare la nostra economia circolare, servirebbe un rinnovamento dei processi burocratici, perchè bloccano la crescita economica del Paese.

Un iter di cambiamento come quello della transizione ecologica serve anche per ammortizzare il caro prezzi, oggi più che mai.

Paolo Barberi (Vicepresidente di Assoambiente) esalta la necessita di miglioramenti in vari settori.   

“Il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza centrale che riveste per la transizione ecologica, risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese […] particolarmente in questa fase di emergenza economica-energetica maturata nel post pandemia.”

Potremmo rendere competitivi i materiali riciclati rispetto alle materie prime, creando poi un mercato stabile e trasparente con Certificati del Riciclo e altri strumenti fiscali efficaci.

Il nostro primato europeo in vari settori rappresenta la forza e la determinazione di ridurre il nostro impatto sull’ambiente. Ma per rispettare obiettivi come quelli del PNRR, per aiutare l’economia e la popolazione proprio oggi con i prezzi alle stelle, bisogna cambiare rotta.

Non bastano dei piccoli gesti, serve un cambiamento repentino ed efficace delle istituzioni e un efficiente uso dei soldi investiti per questo ambito.

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100 mila api contro l’inquinamento nell’aeroporto Marconi di Bologna.

By : Aldo |Novembre 28, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |0 Comment

La tecnologia ci permette di avanzare sempre più nel campo della scienza, soprattutto quando si parla di un aeroporto.

In questo caso però, la tecnologia più innovativa è la natura.

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Le api

Le api, insetti nell’ordine degli imenotteri, svolgono molteplici attività in natura, come la produzione di miele e l’impollinazione.

Tuttavia, hanno un ruolo particolare, ovvero sono considerate bioindicatori della qualità ambientale, quindi, possono essere studiate e impiegate in attività di biomonitoraggio.

Il biomonitoraggio è un insieme di tecniche utilizzate per monitorare le alterazioni di un ambiente, per mezzo di organismi definiti bioindicatori o bioaccumulatori

Proprio grazie a tale caratteristica, le api sono le protagoniste di una nuovo programma di sostenibiltà.

 

L’iniziativa sostenibile

É iniziato il progetto che rientra nel più ampio Piano di sostenibilità dell’aeroporto Marconi di Bologna, riguardante il biomonitoraggio delle aree circostanti lo scalo.

L’iniziativa è in collaborazione con ERGO Consulting srl, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari – DISTAL dell’Alma Mater, Conapi – Mielizia e Consorzio Nazionale Apicoltori.

Il programma affianca dei sistemi tradizionali di rilevamento dati, analizzati da ARPAE (Agenzia Prevenzione Ambiente Energia Emilia-Romagna) a seguito di campionamenti effettuati tra aprile e fine ottobre.

L’obiettivo del monitoraggio è quello di verificare la presenza di 10 diversi metalli pesanti e di idrocarburi policiclici aromatici nella matrici ambientali.

 

I dettagli

In un raggio di 7 km intorno allo scalo, sono disposte 8 arnie (alveari artificiali) tra i quali vivono i 100mila imenotteri.

Ogni mese vengono eseguiti prelievi di alveari, api, di miele e polline prodotti: nello specifico del miele giovane che contiene maggiori informazioni.

Claudio Porrini dell’Università di Bologna spiega infatti che:

“Ogni alveare comporta circa 10 milioni di microprelievi; è uno strumento molto potente di indagine ambientale per individuare gli inquinanti”

In tutto ciò Conapi-Mielizia mettono a disposizione le proprie arnie e le api, mentre Ergo Consulting eseguono le analisi di laboratorio.

Questi studi serviranno a creare un rapporto di sintesi che fornirà una mappa della qualità dell’aria, intorno all’aeroporto.

 

Altre iniziative

Il responsabile Sostenibilità del Marconi Tommaso Barilli dichiara:

“Proseguiremo quest’attività e decideremo quali ulteriori azioni di miglioramento della qualità dell’aria promuovere”.

Tanto è vero che è attivo un piano di sensibilizzazione all’interno dell’aeroporto, per mezzo di questionari sulla conoscenza degli insetti impollinatori.

Questo progetto è sostenuto dagli studenti universitari dell’Alma Mater di Bologna, con l’obiettivo di sensibilizzare passeggeri e lavoratori dell’aeroporto.

I dati raccolti in questi mesi sono in fase di analisi e si pensa che i primi risultati arriveranno a fine 2022.

Il piano di monitoraggio già attivo in altri scali europei e a Milano Malpensa così potrebbe rappresentare una nuova frontiera per l’azione ambientale.

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Il Galatasaray ha uno stadio da record: Guinness per l’energia solare.

By : Aldo |Novembre 25, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, energia, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment
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Tra i tanti Guinness dei primati ci sono oggetti, eventi o persone con caratteristiche peculiari.

Questa volta però, il protagonista è uno stadio.

Il primato

Lo stadio Türk Telekom è una struttura situata ad Istanbul inaugurata nel 2011 che ospita 52 223 spettatori.

É parte di un complesso di edifici più ampio legato allo stadio Ali Sami Yen, più piccolo e intitolato al primo presidente del club.

La struttura ha vinto il record grazie alla maggiore produzione di energia solare del mondo: si tratta di 4,2 MW nell’arco di un mese.

Questo primato è stato possibile grazie all’istallazione di pannelli fotovoltaici sul tetto della struttura, che aiuterà l’ambiente ma anche la loro economia.

L’energia da record

Il Türk Telekom ha sorpassato l’Estádio Nacional Mané Garrincha di Brasilia che ha una capacità solare di 2.5 MW. La struttura turca ha installato un impianto da 2,1 milioni di euro, composto da 10.000 pannelli solari su una superficie di 40mila m2.

Il sistema fotovoltaico ha la capacità di trasmissione per fornire elettricità a 2 mila famiglie e inoltre riduce le missioni di CO2 di 3.250 tonnellate. Vale a dire, che nei 25 anni del progetto, lo stadio potrà salvare 200.000 alberi.

L’energia prodotta “sul tetto” garantisce tra il 63 e il 65% del consumo dello stadio, la percentuale restante invece deriva da un fornitore pubblico.

Le cifre in denaro

Il club ha giocato d’anticipo con l’aumento dei prezzi: all’inizio, infatti, si prevedeva un risparmio più lontano nel tempo.

Tuttavia, con la guerra, le cose sono cambiate e di conseguenza è stata constatata l’efficienza del progetto da subito.

Difatti grazie alla stabilità dei prezzi dell’energia solare, il Galatarasay ha già risparmiato 385.000 euro tra gennaio e agosto.

Proprio Ali Çelikkıran, ingegnere elettrico e direttore dello stadio ha affermato che:

“Di questi tempi, che lo voglia o no, una grande azienda deve essere ambientalista perché l’energia è davvero costosa”

Vantaggi economici

Oltre a tutte fantastiche qualità, la struttura offre anche dei vantaggi economici a più enti.

La squadra è attualmente in un contratto di 9 anni con l’azienda energetica Enerjisa, che acquista l’energia prodotta dai pannelli.

Per di più, il sistema di illuminazione viene usato solo 150 ore l’anno (25 partite), quindi viene prodotta più energia di quella che necessita lo stadio.  Proprio da questa abbondanza, il club riesce a guadagnare, perchè rivende energia alla città di Istanbul, ad un prezzo a noi sconosciuto.

La squadra godrà di un beneficio finale quando il contratto terminerà e di conseguenza, non dovrà più pagare nessuno, guadagnando dalla rivendita dell’energia.

Ovviamente non tutti gli stadi possono permettersi una innovazione simile, non solo per quanto riguarda gli investimenti ma per la loro posizione geografica. In ogni modo, questo primato stabilito a marzo 2022, potrebbe essere un’ispirazione per tante altre strutture sportive e non, nel mondo.

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L’ulivo è la pianta perfetta per far fronte alle emissioni di CO2.

By : Aldo |Novembre 23, 2022 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

Ogni giorno sentiamo parlare di emissioni di CO2, di come ridurle, di nuove tecnologie per eliminarle.

Spesso però non ci rendiamo conto che una delle tante soluzioni si trova proprio in natura.

 

Gli alberi nel mondo.

Che gli alberi siano una risorsa fondamentale per ridurre le emissioni di CO2, è ormai chiaro a tutti.

Proprio nell’ultimo decennio sono nati progetti, startup e iniziative con lo scopo di sensibilizzare la popolazione e apportare un cambiamento sulla Terra.

Grazie a tali attività, si riconosce l’importanza delle specie arboree nel processo di riduzione di CO2 atmosferica.

 

Per questo, grandi aziende e privati si dedicano da anni al recupero e realizzazione di agrosistemi, permettendo al pubblico di “adottare” gli alberi.  

Di solito si tratta di piante originarie del Sud America o dell’Africa, ma ultimamente sono disponibili anche specie tipiche del proprio paese.  Per esempio, in Italia si può optare tra pini, abeti, querce faggi e altro.

 

L’ulivo

Tra le tante specie c’è anche l’ulivo: simbolo di pace, del mediterraneo e soprattutto della Puglia che conta ben 5 milioni di alberi.

La sua coltivazione è correlata alla produzione di olio, alimento tipico ed essenziale della dieta mediterranea, in Italia, Spagna, Tunisia, Grecia e Turchia (maggiori produttori).  

 

Oltre alla sua rilevanza a livello alimentare, economico e sociale, l’ulivo risulta un ottimo alleato nella lotta ai cambiamenti climatici.

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La pianta per la regolazione del clima.

In un’intervista per Italia Olivica nel 2019, Juan Vilar (consulente strategico per istituzioni come la FAO) confermava le potenzialità della specie per la cattura di CO2.

“L’olivo è la più grande coltura legnosa del mondo ed è il più potente fissativo di CO2 artificiale esistente”

Afferma di seguito che un ulivo può assorbire 2 chili di CO2 al giorno. Se moltiplicati per gli 11,7 milioni di ettari di olivi piantati nel mondo, potremmo considerare la pianta come un’arma perfetta per limitarne le concentrazioni.

 

Ancora più specifico è lo studio del Dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Perugia che spiega l’efficienza della pianta nel dettaglio. Infatti, nell’intervista rilasciata per TGR Umbria, viene dichiarato che:

 

“È una specie longeva, quindi il carbonio che si accumula nella struttura legnosa, rimane stoccato per decine di anni, addirittura per secoli. In secondo luogo, l’ulivo ha una notevole massa legnosa ed infine, la coltivazione in genere è condotta secondo tecniche a basso impatto ambientale.”

Il dipartimento ha diretto studi anche legati alla produzione di olio, eliminando ogni dubbio sul suo possibile impatto ambientale.

 

“A fronte di 3kg di CO2 emessa per litro di olio, c’è un assorbimento di 6kg di CO2 per litro d’olio. Aver prodotto quella bottiglia di olio, significa aver ridotto la quantità di CO2 nell’aria”

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Nel pratico.

A questo punto, si spera che un giorno gli olivicoltori possano vendere crediti di carbonio sul mercato, per compensare le attività delle aziende inquinanti.  Allo stesso tempo si potrebbero integrare nella nostra economia, progetti come quello di Adopt me.

 

La startup vincitrice del Bando Pin (Pugliesi innovativi) nasce grazie a Antonio Vaccariello e Lucia Delvecchio, giovani pugliesi cresciuti in famiglie di agricoltori.

Conoscendo l’ambiente, hanno deciso di rilanciare l’economia locale attivando l’adozione di ulivi, per riportare in auge la “filiera corta” simbolo di sostenibilità.

L’azienda si impegna nel monitorare l’assorbimento di CO2 delle piante e dell’azienda e condividendo inoltre, informazioni sulla qualità del terreno e dell’acqua usata per l’irrigazione.

Attualmente sono stati adottati 300 ulivi, maggiormente secolari, ma l’idea è quella di espandersi in altre zone d’Italia, per aumentare la diversità.

 

Valutando le analisi, gli studi e le iniziative citate, possiamo confermare che l’ulivo ha un ruolo peculiare su più fronti.

E poiché sempre più aree nel mondo sono adatte alla coltivazione di ulivi, possiamo pensare che un giorno, la pianta della pace, sarà uno dei protagonisti della lotta contro i cambiamenti climatici.

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megalopoli asiatiche

Le megalopoli asiatiche sprofondano: la subsidenza delle zone costiere aumenta pericolosamente.

By : Aldo |Novembre 07, 2022 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menoacqua |0 Comment
megalopoli asiatiche

Molte delle megalopoli asiatiche costiere, stanno sprofondando sotto il loro stesso peso con velocità mai viste prima.

Le città e i suoi abitanti rischiano cambiamenti disastrosi e per questo servono soluzioni pratiche nel minor tempo possibile.

Le cause.

La ricerca svolta dalla Nanyang Technological University (NTU) di Singapore spiega come l’uomo sia il vero colpevole di questo sprofondamento.

Le analisi dimostrano che le megalopoli sulla costa hanno un peso notevole, che ha innescato un processo di subsidenza molto veloce, della litosfera.

Tutto ciò è accentuato dai bisogni dei milioni di cittadini che vivono l’area, come quello di procurare l’acqua potabile.

Attingere alle falde acquifere era fondamentale vista la rapida urbanizzazione; peccato che con un’opera necessaria come questa il terreno si sia indebolito e abbia ceduto.

Esempi

Lo studio, sviluppato su 48 megalopoli asiatiche costiere, ha riportato il livello di pericolo a cui è sottoposta, ciascuna delle città.

Quasi tutte affondano ad una velocità di 16,2 mm l’anno e alcune toccano anche i 20 mm.

Sono città sovrappopolate come Ho Chi Minh City (detta Saigon- Vietnam), che ospita 8,993 milioni di abitanti, Chittagong (Bangladesh) con 8,44 milioni di cittadini.

E poi ancora Ahmedabad (India), Giacarta (Indonesia) e Yangon (Myanmar) che contano rispettivamente 3, 11 e 5 milioni di abitanti.

 

L’innalzamento del livello del mare.

È ormai chiaro che l’innalzamento del livello del mare è uno dei tanti effetti dei cambiamenti climatici.

Ed è anche risaputo, che sia tutto in mano all’uomo: l’aumento delle alterazioni ma anche la ricerca di soluzioni a tali problemi.

In questo caso, milioni di cittadini dovranno sommare al primo grande problema, l’aumento del livello del mare che potrebbe invadere completamente le loro case.

Questo si verificherà perchè in tantissime zone costiere del mondo, l’uomo ha costruito palazzi e grattaceli, se non megalopoli a ridosso del mare.

Il processo erosivo del moto ondoso determina la fragilità dell’ambiente costiero; non è novità, è un processo naturale che avviene con o senza popolazioni umane.

Futuro.

Secondo il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, più di 1 miliardo di persone sarà a rischio nell’arco di 30 anni.
Gli scienziati hanno quindi allarmato in particolare queste megalopoli, proprio perchè la loro urbanizzazione veloce e massiccia, potrebbe creare grandi danni anche prima del previsto.

Come affermato dagli scienziati, non è il mare la causa principale dello sprofondamento, ma l’uomo e le sue attività.

Bisogna ricordare che il mare non è contro l’umanità ma segue solo il suo percorso, quindi qualsiasi danno alle popolazioni, dipende solo dalle azioni dell’uomo.

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Palline di caffè sostituiscono le tradizionali capsule; l’innovazione svizzera.

By : Aldo |Ottobre 28, 2022 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

Sembra assurdo ma c’è una soluzione più sostenibile rispetto alle capsule di caffè in alluminio o compostabili.

La pallina di caffè.

CoffeeB. presenta la pallina di caffè come una sfera compatta pronta all’uso.

È ricoperta da un velo a base di alghe, inodore e insapore per evitare l’ossidazione del caffè e conservarne l’aroma.

E per sapere la tipologia del contenuto, ognuna riporta un’incisione sulla superficie. 

La stessa azienda ha anche creato le macchine adeguate alla nuova tecnologia, costituite interamente da materiali riciclati.

L’idea di Migros e la collaborazione con CoffeeB.

Migros, una delle maggiori aziende svizzere nella grande distribuzione, ha collaborato con CoffeeB per un caffè sostenibile al 100%.

L’impresa di caffè svizzera spiega nel suo sito, come la capsula del caffè nata in Svizzera nel 1976, fu una fantastica innovazione.

Peccato per l’impatto negativo sull’ambiente; 120 mila tonnellate di rifiuti sono prodotte ogni anno per il commercio delle varie capsule, comprese quelle sostenibili.

Di conseguenza, le due aziende svizzere si sono impegnate nella ricerca di una soluzione per limitare la produzione di ulteriori rifiuti in questo ambito.

 

Il concetto di sostenibilità.

Come riportato nella pubblicità, CoffeeB propone “la capsula migliore non è una capsula”.

Grazie a questa idea, l’azienda riesce ad azzerare i rifiuti legati al commercio di caffè che aumentano sempre di più col passare degli anni.

Infatti, le sfere sono raccolte in un cartone riciclabile senza ulteriori involucri eliminando alluminio, bustine e capsule di plastica (anche se biodegradabile).


L’impegno internazionale.

Migros ha curato anche l’aspetto della produzione del caffè, con un’attenta analisi sui vari step della catena per vendere un prodotto interamente sostenibile.

Le miscele derivano da coltivazioni sostenibili certificate Rainforest Alliance e Organic and Fairtrade.

Il sistema gode del 100% di compensazione di CO2.


Macchina e capsule sono in commercio in Svizzera e Francia, dalla prossima primavera approderanno in Germania, ma tante catene di altri Paesi sono interessate al prodotto.

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Campo fotovoltaico

Genius Watter rende l’acqua potabile in Africa grazie all’energia solare.

By : Aldo |Ottobre 19, 2022 |Acqua, Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home |0 Comment

Genius Watter rende l’acqua potabile in Africa grazie all’energia solare. 

Campo fotovoltaico

Dario Traverso, CEO della startup Genius Watter, ha cambiato le sorti di migliaia di persone in Africa, dove l’acqua è ancora un bene prezioso, lontano e per pochi.

Genius Watter

La giovane compagnia è nata nel 2018 ed è guidata da Dario Traverso e suo padre Franco.

Considerato uno dei pionieri nel settore dell’energia solare, fu il primo a costruire un campo fotovoltaico in Burundi e come lui, il figlio ha portato avanti questo progetto oltre i confini nazionali.

La startup ha una missione, quella di fornire acqua potabile attraverso l’energia del sole, basandosi esclusivamente su strategie sostenibili a livello economico e ambientale.

Il sistema Geniu Ro

Il sistema usato è capace di desalinizzare l’acqua di mare o quella salmastra, purificandola dai contaminanti, producendo dai 5 ai 1000 m3 d’acqua potabile al giorno.

L’installazione funziona con un’osmosi inversa, alimentata da energia solare al 100% così che l’acqua sia accessibile economicamente anche nelle aree più povere del continente.

Inoltre, l’impianto che viene spedito dall’Italia per intero, è autonomo, monitorato da remoto e con sé ha tutti i pezzi di ricambio di cui potrebbe aver bisogno.

In questo modo, si garantisce un’ottima gestione della struttura e delle prestazioni, soprattutto nel caso di avarie tecniche o di altro tipo.

Il progetto

Dal 2018 ad oggi sono stati installati impianti per magazzini, campi agricoli, serre, per intere comunità ma anche per hotel e privati.

Di questi progetti, 4 sono a Capo Verde e l’ultimo è situato a Caynabo in Somaliland, dove la quotidianità è eccessivamente complicata anche a causa dell’estrema povertà.

Proprio qui, grazie alla collaborazione con l’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), Genius Watter porta a più di 10.000 persone, 50 m3 d’acqua al giorno.

 

Nel piano è compresa la formazione di tecnici e ingegneri locali, che a loro volta formeranno altri lavoratori apportando un enorme cambiamento nella loro vita.

La visione socioeconomica

In Africa oltre 313 milioni di persone non hanno acqua potabile, e solo 13 stati su 54 hanno raggiunto dei livelli modesti di sicurezza idrica, il resto si trova in condizioni critiche.

Per la siccità, nel 2021, più di 800 mila perone in Somalia si sono mosse all’interno dello stato e molte hanno superato il confine in cerca di una situazione migliore.

Il dolore di intere popolazioni, sprona quotidianamente la famiglia Traverso ad andare oltre; grazie alla loro dedizione, passione e ricerca sono riusciti a migliorare la vita a migliaia di persone e continueranno a farlo.

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