Arte sostenibile

pet riciclo

Con il riciclaggio enzimatico è possibile scomporre il PET cristallino.

By : Aldo |Gennaio 08, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti |0 Comment

Dopo anni di studi, sembra che i ricercatori siano arrivati ad una soluzione per il riciclo del PET.
Si parla di riciclaggio enzimatico, una tecnica che potrebbe ridurre rifiuti del polimero ed emissioni.

 

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Il PET

Il PET (o polietilene tereftalato) venne inventato negli anni ’40, come una resina termoplastica, creata con petrolio, gas naturale o materie prime vegetali.  Ad oggi, più del 60% del PET è destinato alla produzione di fibre e fiocchi, mentre il 30% per le bottiglie ed altro.

Questi impieghi sono possibili grazie alle sue caratteristiche uniche, come la lunga durata e la versatilità.
È riciclabile al 100% e non perde le sue proprietà fondamentali, nella fase di recupero.‏‏‎

L’invenzione di questa plastica fu una grande svolta in vari ambiti, ma oggi, proprio le caratteristiche che l’hanno resa vincente, hanno un impatto negativo sull’ambiente.

Per questa ragione si cercano quotidianamente delle soluzioni per un riciclo con il minor impatto ambientale.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

La scoperta

L’azienda francese Carbios, da anni nel settore della biochimica, ha sviluppato la tecnologia C-Zyme.
L’innovazione è basata sulla possibilità di rendere compostabili i rifiuti legati ad alcuni polimeri della plastica, per mezzo di enzimi.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

La questione del riciclo del PET è studiata da anni, soprattutto per trovare delle soluzioni meno dispendiose sia a livello economico, che di emissioni.

Perciò sono partite delle indagini dedicate agli enzimi decompositori che hanno portato ad una scoperta importantissima.  La rivelazione, afferma che alcuni enzimi possono scomporre anche il PET più duro, evitando di conseguenza, tecniche costose.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Il processo, inoltre, renderebbe la materia riciclata più economica del prodotto vergine, trasformando le scelte e i costi di mercato.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Le nuove tecnologie

La tecnologia C-Zyme comprende l’uso del batterio Ideonella sakaiensis il quale secerne enzimi che degradano il PET ed è i suoi legami chimici. Lo riporta così ai monomeri di partenza (acido tereftalico e glicole etilenico) che saranno impiegati in nuovi prodotti, con la stessa qualità del materiale vergine.
Questo è possibile grazie ad un bioreattore che in 48 ore può depolimerizzare fino a 2 tonnellate di rifiuti (circa 100 mila bottiglie).

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Il problema è che questo processo non può essere utilizzato con il PET cristallino (più durevole e diffuso), né tantomeno a livelli industriali.
Tuttavia, grazie agli studi sulla bioinformatica e all’apprendimento automatico gli studiosi hanno trovato le sequenze enzimatiche necessarie per la degradazione del PET.
Inoltre i modelli statistici scoperti, possono prevedere come gli enzimi agiranno e romperanno i legami del polimero.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Sostenibilità

I nuovi processi studiati includono anche un impatto diverso sull’ambiente sull’economia.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

La caratteristica sostenibile è quella di escludere i passaggi di preprocessing della plastica per i quali essa veniva ammorbidita col calore, prima di essere degradata.

In questo modo, un processo di riciclo può ridurre in maniera significativa sia i costi, che le emissioni di CO2 legate alla depolimerizzazione del PET.

Infatti, i dati acquisiti da una ricerca del 2021, confermano che ci sarebbe un taglio della domanda energetica (da parte delle di riciclo) del 45%. Mentre le emissioni verrebbero ridotte del 38%; una cifra non indifferente.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

L’affermazione di Erika Erickson, un ex ricercatrice post-dottorato NREL:

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

“La nostra piattaforma enzimatica crea un incentivo economico per ripulire i nostri oceani”.

racchiude tutto il potenziale di questa fantastica scoperta che comprende molteplici settori e anche una grande collaborazione tra ricercatori.
La tecnologia potrebbe cambiare le sorti della plastica e del suo impatto sull’ambiente, quindi anche il suo ruolo nella vita di tutti i giorni. 

Read More
spagna sigarette

Spagna. Chi produce tabacco raccoglierà mozziconi di sigaretta dagli ambienti pubblici.

By : Aldo |Gennaio 04, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |0 Comment
spagna sigarette

In Spagna solitamente si festeggiano “los Reyes Magos”. Quest’anno però, la data verrà ricordata come una giornata di svolta per l’ambiente.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Il provvedimento

Il governo spagnolo ha deciso di integrare una normativa all’esistente pacchetto di leggi volte a ridurre l’uso della plastica e aumentare il riciclo dei rifiuti.

Il decreto in vigore da aprile 2022 vieta il commercio di prodotti in plastica monouso (non riciclabile) come piatti, bicchieri, posate. O ancora cotton fioc, cannucce e contenitori per bevande in polistirolo espanso.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

A questo divieto è stata aggiunta una nuova norma, mai vista prima.

Infatti, dal 6 gennaio, in Spagna, i produttori di tabacco dovranno occuparsi di raccogliere mozziconi e filtri di sigaretta nei luoghi pubblici e non solo.

Le stesse aziende avranno il compito di sensibilizzare i cittadini sui problemi ambientali legati all’errato smaltimento dei loro rifiuti.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Nel pratico

La normativa, che arriva dal ministero della Transizione Ecologica e della Sfida demografica, prevede obblighi economici per le industrie interessate.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Non a caso i produttori di tabacco dovranno pagare il conto per la pulizia e lo smaltimento di mozziconi e filtri che vengono gettati a terra dai cittadini. Uno studio ha ipotizzato che la somma potrebbe anche toccare il miliardo di euro all’anno.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Si prevede quindi che le aziende, avendo una nuova tassa, finiranno per aumentare i prezzi dei loro prodotti. Di conseguenza ai fumatori sarebbe fornito un nuovo incentivo per smettere di fumare.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Salute e ambiente

A livello ambientale sono uno dei rifiuti più pericolosi per il mare.

Secondo uno studio della Ocean Conservancy, i filtri delle sigarette impiegano 10 anni per decomporsi: il problema però riguarda le loro componenti.

I filtri sono composti da acetato di cellulosa, una plastica molto pericolosa che rilascia tossine quali arsenico e piombo. Pertanto, sono considerati più dannosi di sacchetti e bottiglie di plastica, anche per il numero di pezzi: circa 5 miliardi nell’oceano.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Per non parlare dell’impatto ambientale che ha l’intera industria del tabacco.
Si contano 200’000 ettari di terreni e 22 miliardi di tonnellate di acqua usati per la sua coltivazione. L’Italia è prima in Europa con la produzione di 50’000 tonnellate annue.

Non mancano di certo le emissioni di CO2, pari a 84 milioni di tonnellate.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Si stima che in Spagna il 22% della popolazione fumi: la cifra non si allontana troppo dalla media europea, che è del 18,3%.

A livello sanitario, come tutti sappiamo, il fumo crea danni irreversibili e più di 8 milioni morti l’anno (dati dell’OMS). Per questo, dopo un’indagine, è stato affermato che l’85% dell’opinione pubblica sia favorevole a maggiori restrizioni in luoghi pubblici e privati. Le autorità si sono mosse da tempo, imponendo divieti in 500 spiagge della costa iberica.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Con la nuova direttiva, la Spagna si fa portavoce di un cambiamento necessario per la salute delle persone e la cura dell’ambiente. Due sfere che troppo spesso vengono divise, quando in realtà sono molo più legate di quanto pensiamo.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Se anche un solo stato europeo seguisse l’esempio del governo spagnolo sarebbe una grande vittoria.

Sarà comunque un buon risultato se parte della popolazione smetterà di fumare, o almeno di buttare i mozziconi per strada.

Read More
bergamo award

Bergamo vince l’Urban Award 2022 per la mobilità sostenibile.

By : Aldo |Gennaio 04, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menoconsumi, plasticfree |0 Comment

La mobilità sostenibile rientra tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 ONU pertanto è fondamentale investire in questo settore. Nel 2022, Bergamo svetta nella classifica tra i comuni più attenti e attivi alla questione.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

Urban Award.

È un progetto che premia i comuni italiani per la mobilità sostenibile, analizzando iniziative già attive o appena approvate dalle amministrazioni comunali.

Il premio nasce nel 2017 dall’idea di Ludovica Casellati, giornalista e scrittrice in collaborazione con Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani): l’ideatrice afferma che:

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

“L’Urban Award nasce proprio dall’esigenza di innescare una gara virtuosa tra città, sui progetti di mobilità sostenibile, che possano concretamente portare i cittadini a preferire altri mezzi, lasciando l’automobile in garage.”

La sesta edizione è stata vinta dalla città di Bergamo ed il premio è stato consegnato in occasione della 39a Assemblea Nazionale Anci.

La giuria è composta da scrittori, giornalisti ma anche tecnici e figure legate alla cura dell’ambiente. Possiamo citare Stefano Laporta (Presidente Ispra), Piero Nigrelli (Direttore settore ciclo di Ancma), Antonella Galdi (Vicesegretario generale Anci) e Federica Cudini (Marketing manager Bosch eBike ststem).

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Perchè Bergamo?

Il comune ha vinto grazie all’impegno, la dedizione e la mentalità aperta dei cittadini, che sono pronti a cambiare le loro abitudini. Il progetto premiato include la bicicletta nella vita dei bergamaschi a 360°, con vari servizi alla portata di tutti.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

La prima iniziativa è BiCity, che comprende il modello di gestione della nuova “Velostazione” che si trova nei pressi della stazione ferroviaria. Questa sarà poi affiancata dalla Ciclofficina che riaprirà con un infopoint integrato, per la ciclabilità.

Nella città sono presenti le Bike box, delle rimesse sicure per le biciclette private, oltre alle 95 nuove rastrelliere che offrono 2.805 posti ai cicli.

Inoltre, è stato esteso il trasporto pubblico con un servizio di bike sharing Bigi (creato con NextBike) che garantisce 390 biciclette a pedalata assistita.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

Per ultimo, possiamo citare Pin bike, l’iniziativa che premia chi sceglie la bicicletta alla macchina. L’idea prevede un rimborso fino a 2 euro al giorno, 30 euro al mese a seconda dei chilometri percorsi.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

L’importanza del cambiamento.

In Italia ci sono attualmente circa 58.000 chilometri di piste ciclabili e di cicloturismo, ma servono ulteriori passi avanti per migliorare la nostra penisola.

Questo perchè il campo del ciclismo ci offre una soluzione semplice ed efficace per far fronte alle elevate emissioni di CO2.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

Infatti preferire il ciclo a due ruote quotidianamente, produce l’84% in meno di emissioni di CO2, rispetto a chi prende l’auto.  Sceglierla anche solo una volta a settimana, permette di risparmiare 3.2 kg di CO2, l’equivalente di un tragitto di 10 km in auto. Si stima infine una produzione di emissioni 30 volte inferiori delle vetture tradizionali e 10 volte inferiori a quelle elettriche.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

Quindi ancora una volta, le abitudini dei cittadini, sono uno degli ostacoli più grandi da superare per garantire una transizione ecologica vera e propria.

É interessante notare come questo premio sia stato vinto da comuni diversi sparsi in Italia: in questa edizione il podio è stato condiviso con Cuneo e Caltanissetta.

Dal 2017 ad oggi hanno vinto Siracusa, Cesena, Pescara, Parma e Genova, ma nel podio sono salite spesso anche Pesaro e Padova.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎  

Gli Urban Award permettono ai comuni di competere tra di loro per una valida ragione. Il fatto che sempre più amministrazioni si iscrivano al contest è un segno rilevante, che dimostra la buona volontà di tutti nel cambiare le cose.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ 

Senz’altro servono più investimenti e una maggiore cura nei dettagli di progetti correlati al ciclismo in Italia, ma la strada sembra quella giusta.

Read More
scale

SCALE produce biomattonelle composte interamente dalle squame dei pesci.

By : Aldo |Dicembre 27, 2022 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, Rifiuti |0 Comment

Col passare degli anni, le tecnologie avanzano e migliorano in qualsiasi campo.

Allo stesso modo nascono progetti che sfruttano queste tecnologie per ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Squame

Erik de Laurens, product designer, è riuscito a creare un legame “sostenibile” tra mare e industria edile.

Infatti, l’azienda di cui è co-fondatore, SCALE, produce biomattonelle composte al 100% da squame di pesce. Sembra un’invenzione bizzarra, ma gli studi sempre più specifici e le innovazioni tecnologiche, hanno reso possibile questa magia.

 ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

L’idea nasce quando de Laurens, frequenta il Royal College of art di Londra e viene a conoscenza della crisi delle fabbriche edili. Quel declino avrebbe determinato un elevata quantità di rifiuti difficili da gestire e/o di materie prime inutilizzate.

Per queste ragioni, il designer si adoperò per introdurre nell’ingegneria dei materiali, l’idea di poterli produrre localmente e in modo sostenibile.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Come è fatto

Nasce quindi SCALITE, il materiale che compone le biomatonelle di SCALE, dopo un primo utilizzo per la creazione di occhiali, becher e un tavolo. Il prodotto è costituito completamente da squame di pesce, un’abbondante e rinnovabile risorsa della pesca e del settore dell’acquacultura.

 ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Le scaglie in generale sono composte di 2 fasi, quella minerale (idrossiapatite) e quella organica (collagene), con percentuali che variano a seconda della specie.

Nel caso di SCALE, vengono usate le squame di tilapia, una specie originaria dell’Africa centro-meridionale, molto consumata a livello alimentare e non solo.

Le mattonelle sono quindi composte da fogli compressi, formati grazie alla polvere derivata dalla lavorazione delle due fasi delle scaglie.  SCALITE è naturale al 100%, ma il nome rimanda proprio alle materie plastiche (non presenti nel prodotto) come la bachelite, l’ebanite o la galatite.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Rifiuti edili

Parlando dell’edilizia, è doveroso indicare l’impatto che ha sul nostro pianeta. È emerso che in Italia, circa la metà dei rifiuti prodotta in un anno deriva dall’industria edile; si tratta di 70 milioni di tonnellate.

La cifra è pari al 48,4% del totale dei rifiuti non pericolosi, rappresentando il settore più complesso da gestire in termini di riciclo.

 ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Ad oggi, creare nuovi materiali compatibili con l’ambiente e che contemporaneamente possano garantire un uso efficiente nell’edilizia, è una necessità.

 ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Come dimostrato da questa impresa, le risorse che possiamo impiegare per il futuro non vengono dallo spazio. Il segreto per poter ridurre la nostra impronta sul pianeta sta nello studio di quello che mangiamo, che usiamo e viviamo quotidianamente.

Read More
bioshopper

CNR-IPCB e Biorepack collaborano per svelare i falsi “bioshopper”.

By : Aldo |Dicembre 25, 2022 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

A quanto riportato da un’inchiesta, varie aziende e privati non hanno rispettato le leggi riguardo l’uso di sacchetti in plastica biodegradabile.
Una task force di ricercatori inizierà a breve una ricerca per porre fine a tale questione.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

La legge

A settembre è stato scoperto che in Italia 1 shopper su 4 non rispetta la legge in vigore in Italia.
Infatti dal 1° gennaio 2018, la normativa (sulla base della legge europea 2015/720) impone l’uso di sacchetti biodegradabili e compostabili.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Il decreto scaturì varie polemiche poiché le buste utilizzate per frutta, verdura e altri prodotti freschi, dovevano essere pagate come un prodotto qualunque.

Non fu chiaro subito lo scopo sostenibile della legge che venne approvata, ma in quanto tale è stata seguita da tutti… o quasi. 

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

L’inchiesta

Aziende e privati hanno scelto il cambiamento non solo per rispettare la legge ma anche per inquinare di meno. Il problema è che coloro che hanno modificato le loro forniture sono tanti ma non tutti, come conferma lo studio degli ultimi mesi.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

La Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite nel ciclo rifiuti, ha confermato che il 25% delle buste vendute non sono biodegradabili.

Nello specifico sono stati individuati ancora in commercio sacchetti in plastica con diciture o certificazioni false. Si tratta di buste in plastica non compostabile o biodegradabile, vendute come tali. Un vero proprio schiaffo all’ambiente e alla salute dei consumatori.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

La ricerca

Proprio per tali ragioni, è stata avviata una ricerca per rintracciare questi sacchetti e determinarne il livello di illegalità.  Il Cnr-Ipcb di Catania e il consorzio Biorepack pronti per analizzare i polimeri presenti nelle buste selezionate, per bloccare queste attività illecite.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Il difetto di tali “bioshopper” è una concentrazione elevata di polietilene, un polimero molto economico ma non biodegradabile.

La ricercatrice Paola Rizzarelli dell’Cnr-Ipcb spiega;

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

“Lo standard europeo EN13432, fissa la percentuale tollerata del polietilene sotto l’1%. Percentuali maggiori potrebbero infatti compromettere la biodegradabilità e la compostabilità degli involucri”.

La ricerca seguirà due fasi di analisi, (quantitativa e qualitativa) per  stabilire la natura chimica del sacchetto e la quantità di polietilene presente.

In questo modo i ricercatori potranno risolvere una questione non indifferente, che minaccia sia la filiera delle bioplastiche che quella del compostaggio.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

A tal fine è stato scelto il CNR di Catania perchè è l’unico in Europa che ha sviluppato un metodo di intercettazione del polimero. Tanto è vero che da tempo, arrivano richieste di analisi da laboratori e privati dell’Unione Europea.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Senza dubbio i nostri ricercatori saranno in grado si svelare i nomi di chi crea ulteriori danni all’ambiente e alla salute dei consumatori italiani. Nel frattempo, aspettiamo l’inizio degli studi, che avverrà a gennaio 2023, mentre i risultati verranno pubblicati durante il corso dell’anno.

Read More
natale sostenibile

Natale sostenibile: come affrontare il caro prezzi senza rinunciare alla magia delle feste.

By : Aldo |Dicembre 22, 2022 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, obiettivomeno rifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

Mancano poche ore a Natale e qualche giorno a Capodanno, i prezzi sono alle stelle ma non si vuole rinunciare a nulla. La sostenibilità ci aiuterà anche in questo caso.

natale sostenibile

Regali

Il Natale è la festa più consumistica al giorno d’oggi e il simbolo di questa ricorrenza è senza dubbio il regalo. I dati della Coldiretti parlano chiaro: la crisi ha determinato un calo del 7% (rispetto al 2021) per quanto riguarda la spesa natalizia. Quest’ultima, infatti, ammonterà all’incirca a 177 euro a testa.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Tuttavia, il 31% degli italiani hanno cambiato il genere di regali, puntando molto più su idee originali e artigianali, tipiche dei mercatini di Natale. Questa scelta rientra tra le tante soluzioni sostenibili, che contemplano l’acquisto di prodotti locali, di qualità evitando la grande distribuzione.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Un’altra attenzione riguarda l’imballaggio, per il quale si può usare carta di altri regali o di giornale, garantendo una produzione minima di rifiuti.

Invece, se proprio non si può fare altrimenti dello shopping online, è preferibile scegliere i vestiti con cura per evitare la richiesta di un reso. Sicuramente anche una spedizione ecologica sarebbe meglio di quella tradizionale, per ridurre le emissioni.

Illuminazioni


Le luci di tutti i colori creano l’atmosfera tipica delle feste, ma quest’anno terrazzi e giardini potrebbero restare spenti a causa della crisi.

É stato calcolato che tutte le illuminazioni emettono 651 tonnellate di CO2 (pari alle emissioni di 6.000 automobili in un anno). In Italia, si tratta di una somma totale di 30 milioni di euro per l’intero periodo natalizio. La spesa per ogni famiglia sarà all’incirca di 1,70 euro in bolletta della luce, un euro in più rispetto al 2021.
‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   
Per evitare una bolletta salata, esistono le luci a LED che consumano fino all’80% in meno di quelle tradizionali. Meglio ancora i LED ad energia solare che sono più sicuri, consumano meno e hanno una durata superiore di ¼ rispetto alle altre.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Cibo

Secondo Assoutenti:

“Imbandire le tavole quest’anno costerà agli italiani 340 milioni di euro in più”

Il Codacons ha dimostrato che proprio pandori e panettoni, hanno visto aumenti dal 37% al 59%, forse i dati più significanti. Non sono di meno il burro (+41,7%), l’olio di semi (+52,3%), il sale (+49%) e il riso (+35,3%). Nonostante i prezzi alle stelle, sembra che il problema più grande resti quello del cibo sprecato.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Si, per quanto riportato dalle analisi tra Natale e Capodanno, in Italia, 440 mila tonnellate di cibo vengono buttate. Una cifra surreale che corrisponde ad una perdita di 50 euro per famiglia, secondo la campagna “Food We Want” dell’Unione europea, promossa dall’Istituto Oikos.

Teniamo a mente che 1 tonnellata di rifiuti alimentari produce 4,2 tonnellate di CO2.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Per tutte queste ragioni, sarebbe opportuno pensare in modo sostenibile il menu di ogni “CENONE”, per evitare le perdite descritte sopra.  Partendo dalla spesa, è fondamentale scegliere prodotti locali e di stagione, in quantità giuste, preferendo prodotti sfusi (evitando quindi la plastica).

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

In cucina invece la regola è non buttare nulla, scegliendo ricette antispreco, conservando gli alimenti nel modo giusto. L’ultimo consiglio (e non per importanza), è quello di dividere il cibo e portarlo a casa dopo una serata tra amici o parenti.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

Per concludere

Il Natale è diventato con gli anni una festività più consumistica che religiosa, ma non per questo siamo legittimati a inquinare di più.

Quindi oltre alle soluzioni presentate, sarebbe notevole spostarsi senza macchina, visto il traffico automatico di queste giornate. Le illuminazioni a casa dovrebbero essere accese solo in determinati lassi di tempo, per poter risparmiare energia.  I regali possono essere oggetti, vestiti, libri di seconda mano.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎   

La sostenibilità permette all’uomo di risparmiare in tanti ambiti, con la garanzia di non inquinare ulteriormente il pianeta: ricordarlo anche a Natale è opportuno.

Read More
terreni

Terreni inutilizzati censiti per la sostenibilità grazie a Cererly e Urban Farmer.

By : Aldo |Dicembre 21, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni |0 Comment
Urban-Farmer

Andrea Guarassi e Aren Hoxha creatori di Cererly e Urban Farmer

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎

Dall’informatica all’agricoltura

Andrea Guarrasi e Aren Hoxha, amici di una vita con un passato nel campo dell’informatica hanno cambiato vita scegliendo l’agricoltura e la sostenibilità.

Rendendosi conto dell’elevato livello di abbandono di terreni nella loro Puglia hanno sviluppato Cererly e Urban Farmer.  

‏‏‎ ‎‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎

‎‎Urban Farmer

É una startup nata dall’intuizione di Andrea Guarrasi sull’uso di terreni incolti e il desiderio di Aren Hoxha di creare FarmVille nella vita reale.
Da lì è nato un progetto rivolto ad agricoltori e consumatori attenti alla sostenibilità ed ai proprietari di terreni incolti.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

Hanno creato una realtà per la quale il proprietario del terreno può coltivare prodotti nel rispetto dell’ambiente ed incrementare l’economia locale. Come? Dal sito, può vendere i suoi prodotti di stagione e a km 0, ed offrire anche una “Farming experience” ai suoi clienti.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

Cererly

È la piattaforma online che affianca Urban Farmer e permette di mappare i terreni incolti che possono essere riutilizzati per l’agricoltura o per il fotovoltaico.

L’iniziativa è volta al recupero del suolo, per combattere i cambiamenti climatici e allo stesso tempo riqualificare il loro paese.

Tale censimento offre un servizio minuzioso volto alla collaborazione tra cliente e proprietario del terreno (che siano enti, aziende o privati).

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

Chiara Scialdone, advisor di Urban Farmer, spiega:

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

“Il proprietario del terreno può inserire gratuitamente nella piattaforma i dati relativi al suo appezzamento […] Dopodiché un algoritmo di Cererly incrocia queste informazioni con i dati catastali, le processa e restituisce un report di fattibilità per progetti sostenibili su quel terreno con il vantaggio anche di snellire l’iter burocratico”.

Si mira infatti a colture di alberi da frutto, foreste urbane, piante per la fitodepurazione di suolo e aria.

Tuttavia, i terreni sono adibiti ad impianti fotovoltaici nel caso in cui non avessero le caratteristiche per la coltivazione.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

Si stima che con meno dell’1% di questi appezzamenti, si potrebbe raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030 italiana: i 70 GW di energia rinnovabile.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏

Risultati

Gli inventori hanno già registrato 75 ettari di terreni solo in Puglia e per questo hanno fatto un appello alle autorità regionali:

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

“Il nostro portale è a vostra disposizione, gratuitamente: incontriamoci”.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

I due tarantini collaborano anche con l’Università di Bari, per un progetto su biogas e fertilizzante bio ed economico.

Per quanto analizzato, un cambio d’uso di 3,5 milioni gli ettari di terre inattive, creerebbe un valore di 3 miliardi di euro all’agricoltura. 5,3 miliardi di energia rinnovabile.

‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎ ‎‏‏‎

Le cifre parlano da sole e portano in alto la scelta interdisciplinare di Cererly e Urban Farmer in nome della sostenibilità. 

Read More
fusione nucleare

Fusione nucleare: la scoperta attesa per anni dalla scienza, non è proprio come viene descritta.

By : Aldo |Dicembre 19, 2022 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

Il 13 dicembre il Washington Post annuncia una svolta nel campo energetico.
In realtà si tratta di una possibile soluzione futura ma solo in alcuni ambiti.

 

La scoperta

Si aspettava questo momento da anni. Il 13 dicembre gli scienziati della National Ignition Facility nei Lawrence Livermore National Laboratory sono riusciti a produrre energia in eccesso da una fusione nucleare.

Non era mai successo prima e la notizia è risuonata nel mondo intero come la concretizzazione di un evento impossibile agli occhi di tutti.

In questo esperimento infatti sono stati prodotti 2,5 MJ di energia attraverso un processo di fusione a confinamento inerziale, alimentato da 2,1 MJ. Questo significa che è stato ottenuto il 19% di energia in eccesso.

Il meccanismo delle stelle

Il meccanismo è lo stesso che agisce all’interno delle stelle: due atomi di idrogeno si fondono per crearne uno di elio, generando energia.

Nel caso specifico, si tratta di fusione a confinamento inerziale, un insieme di microesplosioni ottenute dal bombardamento di piccole sfere di deuterio e trizio. Le sfere sono colpite da fasci di laser ad alta energia che le riscaldano attivando l’implosione del combustibile (deuterio e trizio).
Di conseguenza la temperatura permettere di raggiungere la condizione iniziale della fusione.

In laboratorio sono stati usati 192 raggi laser ad altissima energia ed una sfera piccola quanto un grano di pepe, in cui la fusione ha raggiunto 3 milioni di gradi.
La grande scoperta è proprio quello di essere riusciti a produrre più energia di quella consumata nella reazione, in un laboratorio.

 

Il futuro

Questa scoperta è senza dubbio un raggiungimento incredibile della storia della scienza (soprattutto quella americana), ma non è esattamente quello che hanno riportato i giornali.

É stata raccontata come una soluzione sostenibile, il Washington Post la considera “il Sacro Graal” dell’energia senza emissioni di carbonio ed è presentata come soluzione più ecologica per varie caratteristiche. Tra queste una minore produzione di radiazioni, scorie più facili da gestire e un minor costo di produzione.

Tuttavia, l’esperimento ha lasciato qualche dubbio per quanto riguarda tempi, step e l’utilizzo del processo.

 

Gli inconvenienti

La fusione non potrà essere usata per produrre energia a scopo civile, perchè mancano dei passaggi fondamentali.  Come dichiarato da Kim Budil, direttrice del Lawrence Livermore National Laboratory:

«Questa è stata l’accensione, una volta, di una capsula ma per ottenere l’energia commerciale da fusione […] Bisogna essere in grado di produrre molti eventi di accensione per fusione per minuto e bisogna avere un robusto sistema di elementi di trasmissione per realizzarli».

Infatti, anche il tempo è un fattore limitante, poiché l’esperimento prevede una preparazione di 15 giorni, per ottenere una quantità di energia pari a 0.1 Wh.

Infine, il trizio non è facilmente reperibile ed è anche costoso. Per poter produrre un’ingente quantità di energia servirebbe una grande risorsa dell’isotopo, attualmente non disponibile.

L’ultima perplessità è correlata al fatto che l’esperimento è stato finanziato maggiormente dal Dipartimento della Difesa USA. L’obiettivo era lo sviluppo di armi che rispettino il trattato internazionale, che pone un limite alla potenza di un ordigno nucleare sperimentale.

 

In conclusione.

Il test rappresenta senz’altro un passo in avanti per la scienza, una tappa attesa dagli anni 50 che finalmente è diventata realtà.

Purtoppo però, non potremmo godere di tale scoperta in termini di energia pulita per tutti, di sostenibilità o scelta ecologica. C’è chi spera in uno sviluppo nell’arco di vari decenni, chi pensa che non si arriverà mai all’utilizzo commerciale.

Senza dubbio dobbiamo riconoscere il grande lavoro compiuto dagli scienziati.

Read More
roma vetro

“Acqua di Roma” il progetto di Ama e CoReVe per ridurre la plastica.

By : Aldo |Dicembre 15, 2022 |Acqua, Arte sostenibile, bastaplastica, Consumi, Emissioni, Home, menorifiuti, plasticfree, Rifiuti |0 Comment

Mercoledì 14 dicembre in Campidoglio, AMA e CoReVe hanno presentato la campagna “Acqua di Roma”

La campagna

La campagna attiva da giovedì 15 dicembre, ha due grandi missioni: la riduzione dei rifiuti e l’incentivo al consumo dell’acqua pubblica.

 

“L’acqua di Roma bevila nel vetro. Una buona abitudine che fa bene all’ambiente”.

 

Con tale iniziativa, si rivendica la qualità dell’acqua di Roma, sempre a nostra disposizione per mezzo di nasoni e fontane. Tuttavia, durante la conferenza è stata ricordata la siccità estiva e l’importanza di un consumo adeguato della risorsa più importante al mondo.

Per questo AMA e CoReVe hanno riproposto “l’acqua in vetro”: un’idea che riporta al passato pensando al futuro.

 

Il prodotto

La bottiglia, protagonista della campagna, è un mix di design, sostenibilità e praticità.

Il design vintage ci riporta indietro nel tempo, quando il latte veniva distribuito porta a porta. Cambia sicuramente il colore, in questo caso un verde… bottiglia, perchè composta da vetro riciclato.

La praticità invece, deriva dalla sua particolare leggerezza combinata ad una maggiore resistenza agli urti. La chicca è il collo largo, pensato per poterla lavare correttamente e riusare all’infinito anche per altre bevande o conserve.

 

La scelta del vetro

Gianni Scotti (Presidente di CoReVe) afferma che “Il vetro è principe della sostenibilità”, perchè può essere riciclato all’infinito riducendo le emissioni di CO2. Se non altro il suo riciclo diminuisce l’uso di materie prime vergini, un passo importante per un consumo efficiente delle risorse.

È senza dubbio un materiale sicuro per la conservazione degli alimenti e il mantenimento delle loro caratteristiche organolettiche.

Il settore della ristorazione è invece una certezza poiché comporta il 5% del suo riciclo, grazie alle aziende fornitrici che recuperano le bottiglie usate nei locali, settimanalmente.

Possiamo constatare anche il fatto che la bottiglia di vetro è un ottimo mezzo di marketing, usata come immagine pubblicitaria. In Italia, per esempio ogni azienda ha il suo produttore, proprio per rendere la bottiglia “iconica”.

Non a caso il Bel Paese è al terzo posto nella produzione di vetro, a livello mondiale.

 

L’investimento su Roma

Il progetto prevede la distribuzione di 100’000 bottiglie (donate da CoReVe) nel comune di Roma, partendo dai dipendenti comunali e municipali. Poi verranno rilasciate nei centri di raccolta, nelle biblioteche e nelle scuole per mezzo di lezioni di sensibilizzazione al tema.
Il pezzo è accompagnato da un sacchetto di carta riciclata, in cui sono riportati dati sul riciclo del vetro e lo slogan della campagna.

Con un investimento di 426’000 euro adibito al miglioramento della raccolta stradale del vetro, Roma aggiungerà 1200 campane alle 5000 già presenti.

Insomma, il vetro, usato in primo luogo dai Fenici, è un prodotto dalle mille risorse, ed è il perfetto rappresentante della sostenibilità. Attenzione però alla sua produzione e al suo trasporto: se questi ultimi hanno un impatto ambientale elevato, il vetro perde la sua qualità principale.

Read More
scarti vestiti

Scarti di frutta, funghi e alghe diventano vestiti. Le componenti per la moda sostenibile.

By : Aldo |Dicembre 08, 2022 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti, Rifiuti |0 Comment
scarti vestiti

Anche se il fast fashion prende sempre più piede, tante imprese hanno deciso di dare una svolta sostenibile all’industria tessile.
Ed ecco che nascono i tessuti naturali o riciclati.

 

La soluzione green

Abbiamo parlato in precedenza del fast fashion e della sua poca sostenibilità.

Per poter ridurre l’impatto dell’industria tessile e soprattutto per far fronte all’incombenza del fast fashion, anche la moda ha trovato delle soluzioni green.
Ancora oggi le fibre sintetiche artificiali rappresentano il 60% di quelle utilizzate, mentre le naturali sono solo il 40%.

 

Fibre naturali, vegetali e derivati.

La prima soluzione sostenibile è la scelta di fibre naturali, che sono migliori anche per il contatto con la pelle e la durata.

  • Fibre alimentari: cocco, l’orange fiber, il piñatex (usa gli scarti di ananas), il reshi (fibre derivate da funghi che sostituiscono la pelle), la vinaccia
  • Fibre vegetali: modal (semi sintetica) derivata dalla polpa di faggio o il lyocell, dalla pasta di legno di eucalipto. O ancora ramia (da piante orticacee), le pale del fico d’india e i soliti cotone, lino, juta e canapa e bambù.

Altri tessuti invece sono prodotti da materie prime alle quali non avremmo mai pensato come alghe, ossi di seppia o la seta del ragno.

 

La tintura

Anche il processo che prevede il maggior consumo e inquinamento delle acque ha delle varianti sostenibili.

Con l’avanzamento della tecnologia, infatti, sono stati rinnovati i processi di tintura dei tessuti in modo da emettere meno CO2, usare ed inquinare meno acqua.

I colori, innanzitutto, possono essere totalmente vegetali: parliamo di reseda (giallo), curcuma, rabarbaro (beige), sambuco, guado (blu) e spirulina.

 

Allo stesso modo, oltre ad eliminare i coloranti sintetici e i metalli pesanti, si potrebbe evitare il mordente (composto per fissare il colore) molto inquinante.

Ovviamente vanno rivisti anche i processi di tintura per ridurre lo spreco di acqua e di emissioni.

C’è chi ha optato per un’alimentazione dei macchinari ad energia rinnovabile, chi preferisce riciclare la CO2, e chi usa la tecnica a secco.

 

Etichetta

Per essere sicuri al 100% che il prodotto sia sostenibile e sempre meglio consultare i siti delle aziende oppure direttamente l’etichetta. Tra quelle riconosciute troverete Global Organic Textile Standard (GOTS) per i prodotti biologici e Oeko-Tex per quelli ecologici.

 

Queste tecniche e produzioni attente all’ambiente, aumenteranno indubbiamente il prezzo degli abiti, rispecchiandone la qualità. Ma ricordiamo che esiste anche la moda di seconda mano, per spendere meno e acquistare capi in ottimo stato.


Il cambiamento è in mano ai consumatori: se tutti scegliessimo la sostenibilità, le aziende sarebbero costrette a rivedere le loro produzioni, attuando una vera e propria transizione.

Read More