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Amsterdam apre l’innovativo parcheggio per biciclette… subacqueo

By : Aldo |Febbraio 15, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, mare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Sembra che i Paesi Bassi abbiano un problema con le biciclette: sono troppe e devono trovare nuovi spazi per parcheggiarle.
Ed ecco che arriva l’idea dell’anno.

       

L’idea

Amsterdam inaugura il primo parcheggio di biciclette subacqueo nel centro della città. Si tratta di un’idea che risolve molteplici problemi per cittadini, pendolari e turisti.

Il progetto ideato da Wurck, costato 60 milioni di euro, collocato nei pressi della stazione centrale Stationsplein ha 7 mila slot per le due ruote.

Di questi 7000 posti, 6.300 sono adibiti alle biciclette personali e 700 per il bike sharing, un’ulteriore soluzione sostenibile. Le cifre del maxi-parcheggio sono straordinarie ma giuste in funzione dei dati analizzati del centro urbano.

Proprio Amsterdam conta 600 mila bici per 750 mila abitanti; quindi, non c’è dubbio che dei parcheggi così grandi siano una priorità per la città.

       

I tecnicismi del parcheggio

Ha 7000 rastrelliere disposte su due livelli fornite da VelopA che possono essere monitorate da una tecnologia LumiGuide.

Gode di un servizio aperto tutta la settimana h24 e in più, la prima giornata di sosta è gratuita, dopodiché si paga 1,35 euro. In più, i pagamenti possono essere effettuati con la carta di trasporto olandese OV-chipkaart, oppure con Fietstag (un’etichetta per l’identificazione).

    

L’area in descrizione è situata sotto la stazione metropolitana centrale della città, di modo che i viaggiatori possano arrivare direttamente al garage senza deviazioni.  Per entrarvi si segue la pista ciclabile a livello della strada fino ad arrivare all’interno del garage.

   

Inoltre, il design creato in collaborazione con il Museo di Amsterdam include delle colonne numerate per ricordare le sezioni del garage. Fuori invece dei cartelli digitali riportano il numero dei posti disponibili all’interno dell’area.

          

I vantaggi

Nonostante nell’area di sosta manchino check-in con smartphone e smartwatch o punti di ricarica per le e-bike, resta sempre una grande novità. Questo progetto oltre ad avere un design moderno e una struttura accattivante, regala molteplici benefici alla città e ai suoi abitanti.

    

Senza dubbio offre uno spazio sicuro per le biciclette sia dai ladri che dalle intemperie, in un’area che non toglie spazio a strade e marciapiedi.

In secondo luogo, si incentiva l’uso del mezzo più sostenibile che esista, con grandi vantaggi per la salute. In realtà è stato stimato che si eviterebbero 170 mila morti all’anno grazie alla scelta della bicicletta.

 

D’altra parte, il massiccio utilizzo del veivolo a due ruote, riduce di gran lunga l’inquinamento atmosferico. Secondo un recente studio, se ognuno percorresse 2,6 km al giorno in bicicletta, potremmo tagliare 686 milioni di tonnellate all’anno CO2.

        

Passato e futuro

Non è di certo la prima volta che viene costruito un parcheggio sotterraneo, ma nulla somiglia a quello di Amsterdam. Per esempio, ad Utrecht esiste un garage sotterraneo con ben 12.000 slot: venne realizzato perchè necessario per i cittadini.

Il motivo di tale scelta erano le abitudini del centro urbano: il 50% dei residenti usa la bicicletta quotidianamente.  Difatti su questa falsa riga il governo continua ad incentivare il mezzo per una maggiore sostenibilità grazie anche a varie agevolazioni economiche.

      

Invece se guardiamo al futuro, è già stata dichiarata una nuova inaugurazione: verrà aperto un altro parcheggio sull’IJboulevard nel mese di febbraio.  Anche se più piccolo dell’area subacquea, conterà 4.000 slot e la sua costruzione è stata finanziata con 25 milioni di euro.

         

I Paesi Bassi sono sempre un’ottima guida per la mobilità sostenibile, poiché nulla ferma i loro cittadini dal muoversi in bicicletta; neanche il freddo invernale.

Rappresentano un modello di determinazione da seguire soprattutto in Italia dove sono appena stati tagliati i fondi per le piste ciclabili.

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In Europa vincono le rinnovabili, ma l’Italia segue a fatica la nuova transizione.

By : Aldo |Febbraio 13, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi, plasticfree |0 Comment

L’Europa ha schiacciato l’acceleratore e punta al sostenibile senza guardarsi indietro
L’Italia è pronta a fare lo stesso?

L’Italia cresce nel solare

Il bel Paese, sempre baciato dal sole, potrebbe fare molto di più per quanto riguarda la produzione di energia pulita.   Nel 2022 infatti, l’Italia ha raggiunto il sesto posto della classifica europea, ma manca ancora tanto lavoro per realizzare il piano dell’Unione.

La crescita registrata durante l’anno scorso (+2,6 GW) è dovuta maggiormente al Superbonus 110%, quindi al solare su piccola scala.  Ma un ulteriore fattore che ha incrementato la scelta del fotovoltaico è stato il caro prezzi. Senz’altro la crisi ha permesso un’attenta riflessione da parte dei cittadini che hanno scelto consapevolmente il rinnovabile.

Nell’eolico invece, si riscontrano ancora delle difficoltà, non a caso nel 2022 sono stati installati appena 456 MG di potenza, raggiungendo gli 11,7 GW totali.

Previsioni

Secondo uno studio di Ember, l’Italia potrebbe migliorare nell’arco di pochi anni con delle scelte volte al rinnovabile.

Tra il 2023 e il 2026, il Paese potrebbe installare dai 16,4 GW ai 34 GW. Se questa previsione si verificasse, l’Italia potrebbe puntare ancora più in alto raggiungendo a tutti gli effetti i target del piano RePowerEu.

La meta sono gli 85 GW entro il 2030, che garantirebbero un 84% di energia pulita per il mix dell’energia elettrica, attualmente del 36%.  Non c’è da dire che una transizione di tale portata avrebbe una grande risonanza in molteplici settori.

Elettricità Futura, ha analizzato proprio gli effetti di un cambiamento come quello descritto, in funzione dell’economia e dell’ambiente.  Ci potrebbero essere fino a 309 miliardi di investimenti e un beneficio che varrebbe il 2,2% del Pil. In più si ridurrebbero le emissioni di CO2 del 75% nel settore elettrico e sarebbero garantiti 470000 nuovi posti di lavoro.

La questione burocratica

Peccato che in questo bellissimo sogno, ci sia di mezzo la burocrazia che sveglia l’Italia.  Per colpa della burocrazia lenta e a volte troppo articolata, il Paese perde tante occasioni per progredire.

Si parla di una vera e propria barriera culturale contro le rinnovabili. Purtoppo in molti credono ai falsi miti che non permettono un pieno sviluppo delle tecnologie: uno tra tanti il fotovoltaico che toglie suolo all’agricoltura.  Un falso mito più volte smentito, vista la crescente tecnica dell’agrivoltaico che prevede un’azione congiunta tra l’agricoltura e il solare.


Il colpo basso

Seppur ci siano delle ottime premesse per una buona crescita, il governo italiano ha deciso di guardare altrove.

L’Italia ha stretto da poco accordi con Algeria e Libia, garantendo un investimento italiano da 8 miliardi per estrazione e produzione di gas. Tale patto garantisce 8,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 25 anni. Inoltre, si parla anche della costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Questo succede, perchè si pensa ancora che il gas sia l’unica fonte di energia che possa soddisfare in tempi brevi il fabbisogno energetico del Paese.  Peccato che dalle statistiche, il gas è una risorsa in perdita poiché è insostenibile sia a livello ambientale che economico.

Nonostante problemi burocratici e scelte poco comprensibili del governo, l’Italia continua a migliorare passo dopo passo. La speranza è quella di una transizione vera e propria, anche se non in tempi record.

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Rinnovabili spiccano il volo in Europa: nel 2022 hanno superato il gas.

By : Aldo |Febbraio 09, 2023 |Acqua, Arte sostenibile, Clima, Consumi, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

É iniziata la vera transizione ecologica dell’Europa. I dati parlano chiaro, possiamo solo aspettarci una grande rivoluzione.

La rivincita

Secondo lo studio “More renewables, Less inflation” di E3G ed Ember, le rinnovabili hanno fatto un grande passo in avanti! I dati affermano che nel 2022, eolico e solare hanno superato la generazione di energia per mezzo del gas, con un gap minimo ma essenziale.

Le energie verdi hanno prodotto il 22% dell’energia consumata a fronte del 20% del gas; un evento che segna una grande vittoria.

Il segno che lascia questo sviluppo mette in luce anche le prospettive di crollo delle fonti fossili nel 2023. Si pensa che il gas potrebbe scendere del 20% nel nuovo anno, il doppio rispetto al 2020.

Fattori vincenti

Sicuramente la guerra in Ucraina ha accelerato lo sviluppo e la produzione di energia sostenibile permettendo un’importante transizione energetica.

Un altro fondamentale fattore che ha reso possibile l’impennata delle rinnovabili è stato il clima. Sembra assurdo dirlo ma proprio le temperature miti protratte negli ultimi mesi dell’anno, hanno permesso agli europei di risparmiare in riscaldamenti.

Ma è importante anche sottolineare la volontà dei cittadini di muoversi nella stessa direzione, riducendo la domanda di energia a causa della crisi. 

 

Il solare

Il solare è uno dei principali protagonisti di questa storia, registrando l’aumento più rapido mai visto. La crescita del 24% nel 2022 ha evitato l’importazione di 70 miliardi di metri cubi di gas, consentendo di risparmiare 10 miliardi di euro.

Le cifre di cui parliamo hanno una grande rilevanza, dato che il vantaggio è stato possibile grazie all’azione di 20 paesi dell’Unione. Si tratta di 41 GW di nuova potenza fotovoltaica in Europa. Solar Power Europe pensa che questo sia solo l’inizio di una grande avanzata.

«Siamo fiduciosi che un’ulteriore crescita annuale del settore supererà tutte le aspettative, andando oltre i 50 gigawatt di nuova capacità nel 2023 e raggiungendo gli 85 GW nel 2026».

La Germania è in cima alla classifica, con una crescita di 8 GW, seguita da Spagna (7.5), Polonia (4.9), Paesi Bassi (4) e Francia (2,7).

 

L’eolico

Anche l’eolico è aumentato grazie a 15 GW di nuovi impianti eolici che determinano una crescita di 1/3 rispetto al 2021.  Troviamo nuovamente la Germania è in testa seguita da Svezia, Finlandia, Spagna e Francia, secondo il rapporto Wind Europe.

Di fatto questo è un grande passo in avanti che tuttavia risulta insufficiente per centrare gli obiettivi europei: ma è un buon punto di partenza.

Purtoppo un notevole problema resta sempre la burocrazia, nello specifico le autorizzazioni, che rallentano l’innovazione.  In Europa, infatti, sono bloccati 80 GW di progetti eolici e Giles Dickson, Ceo di WindEurope afferma che:

L’aumento del 33% delle nuove installazioni dimostra che l’industria eolica europea è all’altezza della sfida. Ma bisogna semplificare le procedure di autorizzazione e agevolare gli investimenti nella catena di approvvigionamento: fabbriche, lavoratori qualificati, reti, materie prime e navi.”

 

Carbone e gas

Arrivati a questo punto, si può pensare di abbandonare il carbone, poiché non ha aiutato a risanare il deficit energetico come ci si aspettava.  Effettivamente ha coperto 1/6 della lacuna energetica, con un aumento del 7%, che poteva essere maggiore se non fossero entrate in gioco le rinnovabili.

Nell’Unione l’uso del carbone è diminuito del 6% su base annua, soprattutto negli ultimi mesi del 2022, nonostante la grande importazione. In realtà l’Europa aveva acquistato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel 2022, ma ha usufruito solo di 1/3 di esse.

Mentre, a fronte del caro prezzi, sorprende che la produzione di gas sia rimasta invariata, producendo il 20% dell’elettricità europea nel 2022.  Nonostante Ember stimi un crollo del 20% della produzione elettrica da fossili, afferma che il gas potrebbe restare il materiale più costoso fino al 2025.

Come dimostrato dai dati, l’Europa ha ingranato la marcia ed è diretta alla sostenibilità.
Senza dubbio in questo nuovo anno, la transizione energetica europea accelererà senza precedenti verso un futuro più “verde”.

Secondo Dave Jones, head of data insights di Ember:

“La transizione energetica dell’Europa emerge da questa crisi più forte che mai”.

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smart city

L’UE sceglie 9 città italiane tra le 100 smart cities a impatto zero entro il 2030.

By : Aldo |Gennaio 30, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, menomissioni |0 Comment

L’Europa continua ad impegnarsi e a presentare fatti. Per questo presenta 100 smart cities per il 2030.

Le città in Europa

L’Unione intraprende questa importante iniziativa di formare delle smart cities come esempi per il futuro.

La scelta e la selezione delle 100, deriva da vari studi per correlati ai consumi di energia, le statistiche demografiche e l’Agenda 2030.

Dalla ricerca emerge che, le città europee coprono solo il 4% della superficie dell’UE, tuttavia, ospitano il 75% della popolazione dell’unione.  Attualmente le città del mondo sono le responsabili del 65% dei consumi energetici globali e il 70% delle emissioni di CO2.

Per tale motivo la Commissione mira ad agire sugli ecosistemi urbani e a riportare un equilibrio ambientale nelle città. Anche sulla base dell’undicesimo obiettivo dell’Agenda 2030, con la missione di rendere le città sicure, resilienti e sostenibili.

Smart cities

A proposito di questi obiettivi, l’Europa ha selezionato 100 città incluse nella “Cities Mission”, parte del programma di Horizon Europe. Infatti, il piano prevede finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, da investire sulle future smart cities.

Delle 377 candidatesi, le 100 selezionate rappresentano il 12% della popolazione europea.

Si tratta di città che si impegneranno al fine di azzerare il loro impatto sul clima entro il 2030. In questo modo anticiperanno i traguardi stabiliti con il Green Deal europeo (entro il 2050), diventando dei modelli da seguire per gli altri centri abitati.

Il periodo di transizione va dal 2021 al 2027 e comprende 9 città italiane, quali: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.

           

Azioni

I finanziamenti citati, ammontano a 360 milioni di euro, destinati alle spese iniziali per avviare la transizione ecologica (durante gli anni 2022-23).

Tutto quello in cui verte il programma concerne la ricerca e l’innovazione in tanti settori urbani. Mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde, bioedilizia, la gestione dei rifiuti, sono solo alcuni dei campi in considerazione.

Ogni centro, dovrà comunicare le modalità con cui raggiungeranno gli obiettivi, nei Climate City Contracts, allegando la pianificazione del progetto e il piano di investimenti.

Oltre ai finanziamenti, le prescelte, riceveranno assistenza dalla piattaforma gestita da NetZeroCities e l’opportunità di networking nel quale includere anche i singoli individui.

Non a caso, il patto non vincolante consiglia di incrementare il rapporto tra i cittadini, le organizzazioni di ricerca e il settore privato.

         

Il responsabile del Green Deal europeo Frans Timmermans ha affermato:

“[…]le città sono spesso il fulcro dei cambiamenti di cui l’Europa ha bisogno per riuscire nella transizione verso la neutralità climatica[…]”.

Mentre la Presidentessa della Commissione EU, Ursula von der Leyen

“Ormai la transizione verde è iniziata in tutta Europa, ma c’è sempre bisogno di pionieri che si prefiggono obiettivi ancora più ambiziosi. Queste città ci indicheranno il cammino verso un futuro più sano e potranno contare su tutto il nostro appoggio[…]”

Il piano è chiaro: le nostre città come tutte le altre, dovranno lavorare duro per presentarsi nel 2030 con dei nuovi connotati.

Solo tra 7 anni potremmo vedere i risultati del progetto; nel frattempo ci troveremo tutti impegnati, in modalità diverse, al raggiungimento di tali obiettivi.

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RECO2 recupera scarti industriali per una bioedilizia a basso impatto ambientale.

By : Aldo |Gennaio 29, 2023 |Arte sostenibile, Consumi, Efficienza energetica, Emissioni, Home, menoconsumi |0 Comment

Non mancano idee ai giovani italiani che creano sempre più startup per migliorare il futuro e il pianeta.

RECO2

RECO2 è una realtà nata dall’idea di 4 giovani della provincia di Frosinone, che di fronte ad uno scenario di degrado hanno deciso di agire.
Un giorno Desirè Farletti (COO di RECO2) tornando a casa, si trova davanti una discarica a cielo aperto: era piena di copertoni bruciati illegalmente. Da quel momento, ha deciso di agire concretamente per migliorare la situazione ed aiutare il pianeta.

Nel 2017, nasce RECO2 che prende piede tra le startup italiane, tanto da partecipare a convegni nazionali e programmi internazionali, vincendo premi di grande prestigio.

L’impresa innovativa lavora nel campo della bioedilizia, con la missione di renderlo più sostenibile e di sviluppare maggiormente il concetto di economia circolare.

Già il nome rappresenta a pieno l’idea di una realtà “green”: con l’incipit R, che riprende i processi di riciclo, riuso e riduzione. Poi abbiamo la CO2, problematica e/o argomento non centrale del gruppo ma importante per gli sviluppi delle loro produzioni. 

L’autenticità della startup

Le fondamenta della società si basano sull’idea di recuperare e trasformare materie prime seconde inorganiche per creare nuovi prodotti per la bioedilizia.

L’intero piano è infatti correlato all’evento che ha condotto alla nascita della startup. I giovani hanno pensato di lavorare proprio con quei materiali che trovarono nella “discarica”; quindi scarti di varie produzioni industriali e pneumatici usati.

Infatti, dall’uso di scarti minerari, dell’acciaio, del vetro, degli pneumatici usati e lavorazioni di ceramiche, sono riusciti a creare nuovi prodotti per l’edilizia green.

L’operazione è possibile grazie ad un processo di attivazione chimica e una conseguente produzione a basso impatto ambientale.

  

Prodotti

Il principale prodotto, nato dalle menti dei 4 fondatori, è il Vytreum.

Un materiale ceramico-cementizio, composto per il 95% da materie prime seconde divise per il 50% da scarti minerari e 50% da scarti metallurgici.

Inoltre, è un prodotto resistente e con bassi valori di porosità, creato con una tecnologia brevettata dall’impresa stessa.

Si tratta di una “clean technology” che permette di ridurre costi di produzione, consumi ed emissioni di CO2 rispetto ai soliti metodi.

Al contrario delle altre produzioni, il Vytreum viene realizzato con temperature inferiori ai 100°C per mezzo dell’attivazione chimica a freddo (brevettata da RECO2). Dopodiché si ha una fase di betonaggio che spesso avviene in impianti di terzi esterni, che mettono a disposizione i loro stabilimenti.

L’nnovazione garantisce un risparmio dell’80% sui costi energetici e una riduzione del 95% del consumo d’acqua paragonato ai processi di pavimentazioni in ceramica.

Il prodotto si adatta a varie applicazioni, civili, industriali, di pavimentazione esterna e interna, soprattutto perchè con la stampa in 3D possono scegliere qualsiasi forma.

I prossimi passi.

Dopo Vytreum, RECO2 pensa al futuro e porta avanti programmi di ricerca e sviluppo per nuove creazioni.

Il piano è quello di produrre rivestimenti o prodotti per l’isolamento termoacustico, sempre con il 100% di materiali riciclati e il 90% di emissioni di CO2 in meno.

Quello che sicuramente non manca alla startup sono le idee innovative, per dare valore agli scarti ed incrementare l’economia circolare.   

Con una lista piena di premi nazionali, locali, per programmi di innovazione e finanziamenti, RECO2 può solo crescere aiutando la Terra.

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agrumi

Riciclare le batterie con gli agrumi: è realtà grazie ad AraBat, l’eccellenza italiana.

By : Aldo |Gennaio 26, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti |0 Comment

Aumentano le eccellenze italiane nel mondo delle tecnologie: spicca la startup pugliese AraBat.    

La startup

AraBat è una startup italiana che ha sviluppato delle tecnologie uniche al mondo, per riciclare le batterie.

Nasce a febbraio 2022 dall’idea di 5 ragazzi pugliesi con dei background simili e lo stesso obiettivo: quello di cambiare il mondo.
     

Come in tanti altri casi, tutto parte da corsi universitari e curiosità verso il mondo della tecnologia. Così AraBat e l’Università di Foggia, firmano un accordo di ricerca e partnership scientifica, permettendo ai ragazzi di realizzare il loro progetto innovativo e sostenibile.

Durante lo sviluppo del loro programma, i fondatori hanno lavorato anche su altri fronti, per poter ricevere un maggiore supporto. Dopo vani tentativi di ricerca di un partener italiano, guardano oltreoceano e riescono ad avere l’appoggio del CEO di Linkedin; un incontro che cambierà tutto.

Con tale colloquio, AraBat ha instaurato una partnership internazionale che le garantisce un’importante crescita, ma soprattutto la possibilità di realizzare un impianto industriale in Puglia.

Da qui il team ha vinto una serie di premi per l’innovazione, anche nazionali, che hanno determinato l’ascesa della società.

Tra i tanti, l’avviso pubblico «Estrazione dei Talenti» di ARTI Puglia, il PIN (Premio Nazionale dell’Innovazione) ed il premio Encubator 2023.

 

La questione da risolvere

AraBat è quindi una delle nuove eccellenze italiane nel settore della tecnologia legata alla sostenibilità: nello specifico si occupa di riciclare batterie esauste.

I ragazzi sono riusciti a rivoluzionare il tipico processo idrometallurgico rendendolo ancora più sostenibile ed efficiente. Come? Con gli scarti degli agrumi.

Solitamente le batterie si riciclano per mezzo della pirometallurgia: un sistema costoso ed inquinante, che elimina anche i non metalli (a causa delle alte temperature).
Recentemente è stata scoperta l’opzione idrometallurgica, che invece, usa temperature più basse e acidi per estrarre i metalli richiesti.
Il problema che sussiste però riguarda l’aspetto ambientale. Per quanto possa essere efficiente, l’idrometallurgia continua a creare alte percentuali di inquinanti secondari responsabili di ulteriori rischi per la natura e la salute.

A questo proposito, AraBat ha sviluppato un metodo innovativo, unico al mondo che ha cambiato le sorti del team.

La soluzione innovativa.

Grazie alla collaborazione con il Facility Center dell’Università di Foggia, l’impresa è riuscita a realizzare un meccanismo all’avanguardia e sostenibile.

Il piano si concentra sul miglioramento delle tecniche già in uso nell’idrometallurgia, con la sostituzione di elementi e materiali.
Dopo lunghi studi, AraBat ha deciso di usare acido citrico (debole) presente negli agrumi, al posto degli acidi inorganici forti, per la lisciviazione. L’acido citrico viene combinato con la buccia d’arancia, che per mezzo di essiccazione e macinatura, fornisce una quantità di cellulosa rilevante per altri step della lavorazione.

Infatti, la cellulosa serve per l’estrazione e un miglior recupero dei metalli: così come gli antiossidanti naturali presenti nello scarto organico.

Grazie a tale procedura, la startup è in grado di restituire vari metalli quali, carbonato di litio, idrossido di cobalto, idrossido di manganese e idrossido di nichel ed altri.

 

Economia circolare

L’azienda non si occupa solo del riciclo di batterie anzi, rappresenta a tutto tondo l’idea di sostenibilità perchè impegnata in più campi.

La missione è quella di creare un commercio di materie prime seconde, riciclate. Come abbiamo visto il team si occupa di batterie a ioni di litio esauste (LIB) e RAEE.
Tale procedura permette di sviluppare un mercato competitivo ed un piano di economia circolare, fondamentale al giorno d’oggi.

Inoltre, AraBat è impegnata nella produzione di energia rinnovabile e in attività di consulenza per la green economy.

L’impresa rappresenta a livello mondiale, un sistema industriale circolare unico e originale. Non a caso, il suo impianto di riciclo è stato definito il più sostenibile nel quadro europeo.

Le startup di giovani come questa possono valorizzare il nostro paese e incrementare il suo livello di sviluppo. Che sia per nuove tecnologie, per la sostenibilità o in ambito sociale, le nuove idee fornite dai giovani, dovrebbero essere valorizzate sempre di più.

Perchè come ci insegna questo caso, possono portare il marchio italiano nel mondo, apportando cambiamenti concreti.

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GREENWASHING

Greenwashing: l’Italia crea una task force per eliminarlo.

By : Aldo |Gennaio 24, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menoconsumi, obiettivomeno rifiuti |0 Comment

L’Italia si muove con anticipo rispetto all’Unione Europea ma l’obiettivo è lo stesso: eliminare il greenwashing.

Il greenwashing

Il greenwashing o ecologismo di facciata, è una strategia di marketing errata di molteplici aziende che dichiarano il falso nel settore ambientale.

Con essa i brand dimostrano un impegno finto che hanno rispetto l’ambiente, per attirare i clienti che seguono le pratiche sostenibili.
In sostanza mira a presentare un’azienda proattiva nel settore ambientalista di modo che non risaltino gli eventuali difetti del prodotto.

Al contrario, le aziende che usano il green marketing si definiscono responsabili sociali del ciclo di vita dei loro prodotti. Sono brand che usufruiscono di una comunicazione veritiera e trasparente.

Il greenwashing si fonda quindi su capisaldi, che la TerraChoice Environmental Marketing Inc ha studiato negli ultimi anni. Un brand che fa greenwashing pubblicizza i proprio prodotti con: vaghezza ed etichette false (per mezzo di immagini e parole che creano un pensiero errato).

Nasconde la verità mirando all’esaltazione di un solo dato e non dimostra certificati di terze parti correlati alla sostenibilità del prodotto. Solitamente scelgono l’irrilevanza, la menzogna o il minore tra due mali (vantando una caratteristica che non riduce l’impatto ambientale).

Ormai questa strategia è nota a tutti e non di rado sono state accusate delle aziende per aver usato tale strategia di comunicazione.

I fatti

In Europa è stato effettuato uno studio fino a novembre 2020 che ha dimostrato le percentuali di annunci e dichiarazioni poco chiari delle aziende.

Sono stati analizzati 344 prodotti e il 43% di essi riporta informazioni non complete o non totalmente veritiere. Successivamente, è stato appurato che spesso la compagnia non permette di verificare la veridicità della constatazione riportata nel prodotto: si tratta del 57,5% dei casi.
Il 50% delle volte invece, non è chiaro se le informazioni si riferiscano all’intero prodotto, ad una sola parte o ad uno stadio del ciclo di vita.

 

Proposta UE

Proprio per ridurre tali pratiche ingannevoli, il parlamento europeo proporrà a breve una direttiva contro il greenwashing.

Quest’ultima si baserà sulla Product Environmental Footprint (PEF), uno strumento che esamina l’intero ciclo di vita del prodotto.
L’idea è quella di una direttiva comune applicata nell’unione; tuttavia, saranno i singoli paesi a sanzionare le proprie aziende che non rispetteranno la legge.

Le multe, “efficaci, proporzionate e dissuasive”, saranno quindi rivolte a chi dichiarerà il falso o rilascerà informazioni non chiare. L’importo si valuterà attraverso criteri scelti come la gravità della violazione, il ricavato ottenuto con l’inganno e il danno ambientale causato o potenziale.

In Italia

Anche in Italia sembra esserci la necessità di contrastare l’ambientalismo di facciata e a tal proposito è stata creata una task force peculiare.

L’ISPRA ha fondato il suo organo per combattere il greenwashing, per mezzo di uno specifico monitoraggio degli investimenti legati allo sviluppo sostenibile.
In questo caso si mira alla trasparenza e alla finanza green, per eliminare le attività che possono creare un ulteriore impatto negativo all’ambiente.

Il piano studiato insieme al Forum della Finanza Sostenibile, si basa su idee che circolavano già durante la COP26. Infatti, molti hanno esposto la necessità di avere un documento informativo e valido a livello scientifico, scritto da terzi indipendenti e attendibili. 

Quello italiano, è il primo caso in Europa in cui un ente pubblico ricopre un ruolo istituzionale, legato alla finanza sostenibile.

L’ente è attualmente incaricato di assegnare il marchio Ecolabel UE ai prodotti designati.

Non a caso, più volte, operatori finanziari e autorità di vigilanza hanno chiesto informazioni più dettagliate all’istituto per seguire le direttive europee. È proprio questo il ruolo che avrà la task force, guidata dal Direttore generale Maria Siclari.

Questo processo di transizione è comunque in atto da anni. Nel 2021 entrò in vigore la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), che comprendeva 12’000 imprese europee, di cui 210 italiane.

Tutti questi programmi hanno lo scopo di ridurre se non eliminare tutto quello che riguarda l’inganno e quindi il profitto a discapito dell’ambiente. Con tali mosse, si può agire per un futuro migliore e si può combattere il cambiamento climatico in modo più concreto.

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Gli italiani vogliono una maggiore sostenibilità, soprattutto per il packaging.

By : Aldo |Gennaio 22, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menoconsumi, menorifiuti, obiettivomeno rifiuti |0 Comment
packaging

Secondo delle recenti analisi, gli italiani sono sempre più attenti alla sostenibilità dei loro acquisti soprattutto se si tratta di alimenti.


Nomisma

Nomisma è una società di consulenza fondata nel 1981 a Bologna, da un team di economisti aiutati da banche e grandi organismi economici.
L’azienda ha condotto recentemente un’analisi di mercato per determinare la linea di pensiero degli italiani per quanto riguarda il packaging sostenibile.
   

I risultati hanno sorpreso l’opinione pubblica in maniera positiva. Infatti, lo studio seguito dall’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma afferma che sempre più italiani scelgono di acquistare prodotti con un imballaggio “verde”.


L’indagine

L’analisi ha reso partecipi più di 1.000 persone tra i 18 e i 65 anni che hanno fornito vari input per possibili migliorie nel settore.
Le domande sull’economia, l’idea di sostenibilità dei prodotti e i criteri di scelta durante gli acquisti, hanno creato un quadro completo sul pensiero degli italiani.
   

Per il 35% degli intervistati, la sostenibilità resterà una priorità anche di fronte alla crisi economica che viviamo e vivremo nel futuro. Mentre il 57% non è stato così categorico ma ha risposto positivamente, dichiarando che comunque ne avrebbe tenuto conto.

Il 92% delle persone sostiene che scegliere un prodotto con una confezione green, sia un ottimo punto da cui partire. Tuttavia, il 65% degli italiani, segue concretamente questa idea, dichiarando di aver scelto almeno una volta, un prodotto invece di un altro per via dell’imballaggio.
In più, il 19% delle famiglie ha lasciato dei prodotti perchè privi di una confezione sostenibile.

   

Dopo tali responsi, è stato chiesto cosa gli intervistati intendono per “packaging sostenibile” e anche qui, la risposta è stata univoca.

Le 3 caratteristiche necessarie per definire “sostenibile” una confezione sono:

  • l’assenza di overpacking ovvero di un sovra imballaggio,
  • la riciclabilità del 100%,
  • una quantità minima di plastica.

In merito ai materiali, sono preferiti il vetro (67%) e il cartone per le bevande (59%).

Nonostante ciò, il 76% delle persone richiede una maggiore attenzione in merito all’etichette. Un italiano su 5 conferma la necessità di etichette informative più dettagliate che descrivano il livello di sostenibilità della confezione o del prodotto.

    

In questo caso l’etichetta comprenderebbe ulteriori criteri di scelta del cliente, tra questi:

  • l’origine delle materie prime,
  • le modalità di riciclo della confezione,
  • i metodi di produzione,
  • l’impatto ambientale del packaging,
  • le catene di fornitura e di filiera.

In generale

In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, spesso è difficile scegliere la sostenibilità durante gli acquisti. Tenendo conto che l’inflazione incide sui bilanci dell’88% delle famiglie italiane, quest’ultime hanno deciso di cambiare rotta, per risparmiare.
Nel complesso si sprecano meno energia, acqua e cibo, per il quale si stanno riducendo gli sprechi del 58%.

Inoltre si fa attenzione alle offerte o si rinuncia anche al superfluo. 

  

Questo studio è stato presentato durante la 19a edizione di MARCA 2023: evento creato da BolognaFiere tenutosi il 18 e il 19 gennaio.
La manifestazione, unica nel suo genere, riunisce il business e i prodotti di qualità, i “buyer” e i manager di aziende locali e catene internazionali.

   

Lo scopo della presentazione dell’indagine, in una manifestazione simile, era quello di riportare l’opinione pubblica alle aziende partecipanti. Così facendo, società e imprenditori hanno potuto riflettere e prendere spunto per apportare dei miglioramenti nelle loro produzioni.

   

Silvia Zucconi, responsabile market intelligence & business information di Nomisma, afferma:

 “[…] sta crescendo in modo significativo la sensibilità degli italiani verso l’acquisto di prodotti caratterizzati da un packaging che non solo deve presentare caratteristiche di sostenibilità, ma che dovrebbe anche essere un veicolo per trasmettere valori e informazioni utili a supportare la decisione di acquisto”.

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buco ozono

L’ONU dichiara che il buco dell’ozono si sta chiudendo!

By : Aldo |Gennaio 15, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, obiettivomeno emissioni |0 Comment

Andamento in metri quadrati della superficie dell’area del buco dell’ozono

Dopo anni di incertezze è finalmente arrivata la notizia che tutti aspettavano.

            
La grande notizia

Attraverso monitoraggi, studi ed analisi di vario tipo, l’ONU ha annunciato che il “buco” dell’ozono si sta riducendo.

La notizia arriva dal report “Scientific assessment of ozone depletion 2022”, in cui si ripercorrono i passi fatti contro il buco dell’ozono, durante gli anni.

            

Lo studio afferma che il buco si chiuderà intorno al 2066 sopra l’Antartide, entro il 2045 sopra l’Artico, e nel 2040 per il resto del mondo. È importante precisare che, con il verbo “chiudere” si intende che la situazione tornerà ai livelli precedenti agli anni ’80.

            

L’ozono e l’ozonosfera.

Le nozioni principali da sapere per comprendere l’importanza del fenomeno descritto riguardano l’ozono L’ozono infatti è un gas che crea uno strato atmosferico di grande rilevanza: l’ozonosfera. Tale strato ha il compito di assorbire e filtrare i raggi UV del Sole, evitando che quelli nocivi arrivino sulla Terra.

In questo modo l’ozonosfera protegge gli esseri viventi da patologie rare e delicate come tumori alla pelle ed è quindi necessaria per la nostra vita.

Un altro concetto da approfondire è quello del cosiddetto “buco”. In realtà non esiste un vero e proprio buco nell’ozonosfera; si tratta più di un assottigliamento causato da vari composti chimici, utilizzati dall’uomo.

Queste sostanze pericolose per la “coperta” atmosferica vennero scoperte solo successivamente all’identificazione dell’assottigliamento.

            
Storia

Il buco dell’ozono venne scoperto nel 1974 da Frank Sherwood Rowland e Josè Mario Molina, che incentivarono gli studi sul fenomeno. Nel 1985, Joseph Charles Farman rivelò la pericolosità del danno nella regione antartica e così si decise di prendere una strada precisa.

            

Nel 1989, 46 paesi firmarono il Protocollo di Montréal, ed altri 90 si aggiunsero nel 1990 dopo la scoperta di un assottigliamento al polo nord.

Il protocollo determinava la riduzione di produzione e consumo dei Clorofluorocarburi (CFC), a quel tempo ritenuti gli unici colpevoli del danno.
Solo nel 2016 vennero banditi anche gli idrofluorocarburi (HFC), composti chimici e gas serra 14 mila volte più potenti della CO2.
            

L’unione fa la forza

Quando questo fenomeno sembrava il pericolo ambientale più grande e temuto, molti governi si adoperarono per cambiare rotta senza dubbi e perplessità.
La partecipazione di ben 90 stati determinò un impatto decisivo e positivo sull’ambiente, eliminando il 99% dei CFC e dei HFC. Azione che ha ridotto di gran lunga anche il loro contributo all’effetto serra.

Jukka Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale dichiara:


“L’azione sull’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima”

La sua affermazione non solo rende onore al lavoro svolto in questi anni ma da trasmette fiducia nel futuro.

            

Se solo il mondo riuscisse ad agire così velocemente e in maniera decisa, come successe nello scorso secolo, si risolverebbero tanti problemi. Uno tra questi, il cambiamento climatico!

La grande notizia degli ultimi giorni, ci rende consapevoli di quello che siamo capaci di fare quando ce ne è la necessità. Inoltre, ci dimostra come i governi, uniti, possano fare la differenza e questo importante traguardo ne è una prova fondamentale.

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L’UE mira al primato mondiale nel settore delle batterie.

By : Aldo |Gennaio 14, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, menomissioni, menorifiuti, obiettivomeno emissioni, obiettivomeno rifiuti |0 Comment

 

Dopo due anni dalla proposta della Commissione europea, è stato raggiunto un accordo per un regolamento sulle batterie.
Ecco come l’Europa punterà ad una maggiore sostenibilità.

Dopo due anni dalla proposta della Commissione europea, è stato raggiunto un accordo per un regolamento sulle batterie.
Ecco come l’Europa punterà ad una maggiore sostenibilità.

               

L’accordo.

Proprio due anni fa la Commissione Europea ha presentato una proposta sul regolamento delle batterie per rendere il loro settore più sostenibile.

La normativa è stata accolta ed esaminata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo che hanno raggiunto, all’inizio del nuovo anno, un accordo.

Quest’ultimo rientra nell’ambito della strategia per la mobilità sostenibile e definisce una serie di requisiti che i produttori di batterie europei dovranno seguire.

               

E inoltre mira alla riduzione dell’impatto ambientale che ha l’intero ciclo di vita di una batteria; dall’estrazione delle materie prime alla produzione, fino allo smaltimento.

               

I requisiti delle batterie

L’accordo riporta in modo dettagliato quelle che sono le specifiche che vari tipi di batteria dovranno soddisfare d’ora in poi per essere vendute nell’Unione europea.

               

Innanzitutto, la legge varrà sia per la produzione che per l’importazione di batterie in Europa, siano esse per veicoli elettrici, applicazioni industriali e dispositivi portatili.

Per essere precisi, quelle con una capacità maggiore di 2 kWh dovranno riportare la “dichiarazione dell’impronta di carbonio”. Così facendo verrà certificata la quantità di CO2 emessa durante la loro produzione.  
Oltre a questa etichetta, sarà obbligatorio apporre un QR code, con tutte le caratteristiche della batteria (capacità, prestazioni, durata e composizione chimica).

               

Invece le batterie più piccole (per smartphone) dovranno essere facili da rimuovere e sostituire entro il 2030. Infine, la Commissione valuterà anche la possibilità di bandire le pile non ricaricabili.
          
    

 

Riciclo

Per quanto riguarda il riciclo, sono stati fissati molteplici obiettivi correlati alla raccolta del prodotto e il riuso delle materie prime.

Infatti, è stato stabilito, che le batterie usate debbano essere raccolte senza ulteriori costi per il consumatore. L’obiettivo è di raccogliere il 45% delle portatili nel 2023, per poi arrivare al 73% nel 2030.
Per le batterie dei veicoli elettrici si punta al 61% nel 2031.

               

Gli altri obiettivi comprendono le materie prime; il loro recupero permetterebbe di limare dei rapporti di dipendenza tra nazioni, nati per necessità di produzione.

Nel settore è quindi richiesto il recupero e il riutilizzo del, 85% per il piombo, 16% per il cobalto, 6% per litio e nichel.

               

Politiche

Senza dubbio tali requisiti, obiettivi e regole, sono tra i più rigidi al mondo e pertanto potrebbero migliorare tanti meccanismi, anche quelli del mercato.

Non a caso il capo negoziatore dell’Europarlamento, Achille Variati, è sicuro che le norme europee
               

diventeranno un punto di riferimento per l’intero mercato mondiale”.

Dal momento in cui verrà ratificato l’accordo, le aziende produttrici e importatrici di batterie nel mercato Ue, dovranno seguire una “politica di due diligence”. In questo modo si eviteranno rischi sociali e ambientali dovuti alla produzione dell’oggetto.

Tali garanzie saranno fondamentali calcolando che nel 2030, questo mercato crescerà di 14 volte rispetto all’attuale.

               

Ad ogni modo, il concordato mira anche a cambiare i rapporti tra Paesi nel mondo.
Proprio Cina, Giappone e Corea del Sud sono i maggiori produttori di batterie. In questo caso l’Europa cercherà di ribaltare gli equilibri in tema di sostenibilità, frenando l’enorme potere dell’industria asiatica.

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