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Europei di calcio 2024: la UEFA mira alla sostenibilità.

By : Aldo |Giugno 17, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Europei di calcio 2024: la UEFA mira alla sostenibilità.

La sostenibilità è un principio da seguire ormai in ogni ambito, e al quale dobbiamo aspirare, in primis noi cittadini. Grazie alle nuove direttive europee è diventato anche un obiettivo, quasi un dovere per le grandi imprese, per mezzo della CSRD. Da poco anche la UEFA ha pensato si imporsi degli obiettivi in questo senso proprio durante gli Europei 2024 in Germania.

UEFA

La UEFA (Union of European Football Associations) è l’organismo amministrativo e organizzativo che governa il calcio in Europa. Fondata nel 1954, la UEFA è responsabile della supervisione e della regolamentazione del calcio in tutta Europa, organizzando competizioni sia per squadre nazionali che per club, come la Champions League, l’Europa League e il Campionato Europeo di Calcio (euro). La missione della UEFA è promuovere, proteggere e sviluppare il calcio europeo a tutti i livelli, mantenendo alti standard di integrità e fair play.

Quest’anno gli Europei si svolgeranno in Germania dal 14 giugno al 14 luglio 2024. Per la sedicesima edizione, sono state scelte le città di Berlino, Monaco di Baviera e Dortmund nelle quali si sfideranno ben 24 squadre nazionali.  Per questo grande evento, la UEFA ha di grandi obiettivi non solo calcistici ma anche ecologici. Infatti, ha comunicato il suo impegno nel ridurre l’impronta ecologica dell’intero evento sportivo.

Germania 2024

I Campionati Europei di Calcio in Germania mirano a diventare l’evento sportivo più sostenibile di sempre, grazie a una serie di misure ambientali, sociali e di governance adottate dalla UEFA e dal Paese ospitante. Queste includono un calendario che minimizza gli spostamenti delle squadre, biglietti ferroviari scontati per tifosi e giornalisti, trasporti pubblici gratuiti per il personale accreditato e una gestione dei rifiuti basata sul principio “riduci-riusa-ricicla-ripara”.

Sono previsti anche un fondo per compensare le emissioni di CO2 inevitabili, accessibilità per tutti i tifosi (con più di 15.000 biglietti venduti per persone disabili) inclusi servizi di audiodescrizione (per le persone non vedenti) e una valutazione del rischio per i diritti umani. Michele Uva, direttore di Social & Environmental Sustainability della UEFA, ha dichiarato che queste misure, frutto di un investimento di 32 milioni di euro, dovrebbero ridurre del 20% l’impronta carbonica del torneo. Ogni stadio avrà un Sustainability Venue Manager e 500 volontari dedicati ad ambiente, diritti umani.  Inoltre, sarà pubblicato un ESG Event Report entro 90 giorni per garantire la massima trasparenza.

La vera partita

Per raggiungere tale obiettivo, la UEFA ha introdotto il “carbon footprint calculator” per misurare l’impronta ecologica del calcio. Tuttavia, l’impegno per la sostenibilità non è stato pienamente accolto dalle squadre nazionali partecipanti. Se queste avessero adottato comportamenti sostenibili, come l’uso dei treni invece degli aerei per gli spostamenti, si potrebbero risparmiare fino a 1.100 tonnellate di CO2, equivalenti a 200 volte l’impronta di carbonio di un cittadino europeo medio in un anno. Questo è quanto emerge da uno studio di Transport & Environment (T&E), la Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente, che ha calcolato le emissioni di ciascuna squadra per il torneo in Germania.

Il report sottolinea che “gli sforzi della UEFA e di alcune squadre per ridurre l’impronta ecologica non dovrebbero essere un’eccezione”. Erin Vera, responsabile della campagna, ha dichiarato: “Gli organizzatori hanno lavorato duramente per ridurre le emissioni di trasporto durante il torneo, rendendolo il campionato europeo più verde di sempre, dimostrando che è possibile”. Tuttavia, ha lamentato che le squadre non hanno ancora seguito l’esempio.

Infatti, secondo il T&E e insieme alla campagna “Travel smart” e altre 18 organizzazioni, ha richiesto a 13 federazioni calcistiche europee di condividere i loro piani di viaggio per il torneo, incoraggiandole a ridurre l’impronta ecologica. A fine maggio, solo tre squadre hanno risposto: la Germania, che non userà l’aereo durante i gironi, il Portogallo, che lo userà una volta e la Svizzera, che utilizzerà treni e autobus per tutta la competizione. L’Italia purtoppo non ha risposto. Di certo la scelta ecologica è più facile per alcune nazioni, come Belgio e Svizzera, rispetto ad altre, d’altra parte, sarebbe opportuno che ogni nazione si unisca a questa partita a modo suo, cercando di cooperare per raggiungere l’obiettivo comune.

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Arriva a Modena la “School of Sustainability”, volta ai protagonisti del futuro.

By : Aldo |Maggio 30, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Arriva a Modena la “School of Sustainability”, volta ai protagonisti del futuro.

La scuola di ogni grado è un luogo in cui i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo e pertanto deve essere un posto in cui devono crescere sotto vari punti di vista. Negli ultimi anni infatti sembra che oltre alle solite materie, importanti per la cultura di ognuno, siano stati introdotti progetti volti all’acquisizione di nuove conoscenze. Un esempio è la crescita dei progetti di educazione civica ed ambientale, che rendono i giovani consapevoli del loro ruolo nel mondo e nel futuro.

L’importanza della scuola

La scuola ha un ruolo cruciale nell’attività di sensibilizzazione su temi fondamentali della vita tra cui anche il cambiamento climatico e la sostenibilità. Educare i ragazzi fin dalla tenera età all’educazione civica ed ambientale non solo contribuisce a formare cittadini consapevoli e responsabili, ma favorisce anche lo sviluppo di comportamenti virtuosi e sostenibili. L’importanza di una buona educazione ambientale è tangibile quando si riesce a trasmettere il messaggio delle sfide ecologiche attuali e delle loro implicazioni future, in modo comprensibile a tutti.

Attraverso programmi scolastici mirati e attività didattiche coinvolgenti, gli studenti apprendono l’importanza della conservazione delle risorse, della riduzione dei rifiuti e dell’adozione di stili di vita eco-compatibili. Questo tipo di sensibilizzazione non solo promuove un senso di responsabilità individuale e collettiva verso l’ambiente, ma prepara anche le nuove generazioni a diventare agenti di cambiamento, capaci di influenzare positivamente le politiche e le pratiche ambientali. Inoltre, una formazione adeguata in questi ambiti può stimolare l’innovazione e l’impegno nella ricerca di soluzioni sostenibili, contribuendo a costruire un futuro più verde e più sano per tutti.

La “School of Sustainability”

L’importanza dell’educazione civica e quindi anche ambientale è ormai chiara a tutti e pertanto sono sempre più le iniziative che portano tali argomenti nelle scuole. Una tra queste è la “School of Sustainability”, promossa da “Bolton Hope Foundation” (Fondazione specializzata sui temi dell’educazione) e “Future Education Modena” (Centro internazionale per l’innovazione in campo educativo). Si tratta di un programma che trasforma l’apprendimento puntando tutto sul futuro dei giovani, parlando quindi di sostenibilità e ambiente.

Il progetto è stato creato a seguito della pubblicazione del nuovo Quadro di competenze per l’educazione alla sostenibilità dell’Unione Europea, il “GreenComp”. Tale convenzione è diventata un vero e proprio riferimento per il lavoro in ambito educativo e alla base della transizione ecologica. È un programma rivolto alle scuole secondarie di primo grado, le medie, del territorio, nelle quali le lezioni su tali argomenti sono solitamente ascoltate in maniera passiva. Invece l’obiettivo di questa iniziativa è quello di far partecipare i ragazzi nella progettazione del presente e del futuro.

L’idea di Solda e Lanfrey

Donatella Solda e Damien Lanfrey, cofondatore di ‘Future Education Modena’, insieme alla Bolton Hope Foundation, hanno creato la ‘School of Sustainability’ mettendo gli studenti al centro del progetto come motore della trasformazione dei territori. L’iniziativa riconosce l’importanza di affrontare l’eco-ansia tra i giovani, promuovendo un’educazione ambientale che vada oltre la semplice rappresentazione dei fenomeni naturali per abbracciare la complessità della transizione ecologica. Un approccio interdisciplinare, che integra conoscenze scientifiche, tecnologiche e socio-culturali, è fondamentale per avere un impatto significativo.

Il progetto si avvale di strumenti digitali avanzati per l’educazione ambientale, come immagini satellitari e modelli matematici per l’analisi del territorio. Questo approccio permette agli studenti di comprendere e sperimentare direttamente le possibilità di trasformazione del loro ambiente. Inoltre, il ‘future thinking’, o la capacità di immaginare scenari futuri, è considerato cruciale per stimolare innovazione e soluzioni sostenibili.

La scuola applica il ‘challenge-based learning’ per affrontare sfide concrete come la riqualificazione urbana e la riduzione delle emissioni climalteranti, coinvolgendo gli studenti in progetti di citizen science e altre attività pratiche. In questo modo, gli studenti non solo acquisiscono nuove competenze, ma contribuiscono attivamente alla creazione di soluzioni realistiche per la transizione ecologica. Secondo Solda e Lanfrey, sono proprio gli studenti a poter fornire il motore cognitivo, sociale ed emotivo necessario per spingere il cambiamento di cui abbiamo bisogno.

In conclusione

Il programma della “School of sustainability”, punta oltre ad un nuovo modello di insegnamento, teorico e pratico ma anche all’incremento del problem solving tra i ragazzi. Il tutto è effettuato attraverso l’uso del rigore scientifico e metodologico, intelligenza collettiva e uno scenario di riflessione basato sulle opportunità di cambiamento e sulla ricerca di soluzioni possibili. I temi che verranno intrapresi in questo percorso sono la transizione energetica degli edifici, le città verdi e la valorizzazione degli ecosistemi urbani, la pianificazione, il clima locale e il miglioramento della qualità dell’aria.

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Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

By : Aldo |Maggio 03, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

Gli skyline del mondo offrono dei paesaggi mozzafiato, soprattutto se vissuti all’interno di uno dei migliaia di grattacieli che esistono. Senza dubbio si parla di strutture straordinarie, con impieghi commerciali e forme particolari, ma sono pur sempre edifici immensi di cemento con un impatto significativo sull’ambiente circostante, per questo a Londra si mira alla sostenibilità con il nuovo progetto di “18 Blackfriars Road” .

Lo skyline di Londra

Lo skyline di Londra, si trova principalmente nella zona finanziaria conosciuta come “The City”, un’area con una vista mozzafiato. Tale paesaggio rappresenta la fusione tra l’antico e il moderno concentrando in una sola zona la finanza della Capitale.  Infatti, i grattacieli presenti sono principalmente adibiti ad uffici, rappresentando il cuore pulsante delle attività commerciali e finanziarie della città.

I primi esempi furono il “Tower 42” e il “NatWest Tower” (ora noto come “Tower 42”), costruiti negli anni ’70 e ’80, segnando l’inizio di un’epoca di crescita verticale nella skyline londinese. Attualmente, si contano più di 30 grattacieli tra cui il più alto è “The Shard”. Si tratta di un’icona architettonica di 310 metri di altezza, che offre una vista spettacolare sulla capitale britannica e oltre.

Questi edifici, con le loro forme particolari e le loro diverse funzioni, sono testimoni della prosperità, dell’innovazione e della vitalità di Londra come centro globale. Ma è proprio per la loro rilevanza che due grandi società hanno deciso di conferire un nuovo ruolo e un nuovo valore al prossimo grattacielo londinese.

La sostenibilità edilizia

Nell’ambito dell’edilizia sono ancora tanti i passi in avanti da compiere, soprattutto se ci si concentra nel tema della sostenibilità. È fondamentale, infatti, realizzare progetti e quindi costruire nuovi edifici con la consapevolezza delle nuove necessità a livello ambientale, sociale ed economico, nonché sanitario.Non a caso il complesso di Southwark “18 Blackfriars Road” progettato da Foster + Partner ha ricevuto l’ok, per poter erigere i nuovi edifici. La particolarità però non sarà l’altezza o il numero di edifici, ma la possibilità di ottenere la prima certificazione WELL Community Gold di Londra.

La promessa di tale valutazione deriva dal fatto che il piano delle società è quello di creare il grattacielo Net Zero (a zero emissioni di carbonio) che al contrario riattiverà il 150% di biodiversità. Se il progetto riuscisse nell’intento, diventerebbe il primo edificio londinese ad aggiudicarsi tale riconoscimento.

Le specifiche del progetto

La sostenibilità del piano parte dall’area scelta dalla società progettista. Per l’appunto i due edifici verranno costruiti in un terreno soggetto a riqualificazione della superficie di 2 acri, inusato per 20 anni. Il programma prevede la realizzazione di 2 blocchi residenziali da 400 unità, di cui il 40% è destinata ad alloggi con prezzi accessibili e una torre di 45 piani per uffici innovativi.

Per rispettare l’ambiente, il piano prevede la piantumazione di oltre 100 nuovi alberi e altri elementi verdi, in modo tale da riattivare addirittura il 150% della biodiversità. Mentre, la domanda di calore di uffici e alloggi sarà soddisfatta al 95% da pompe di calore geotermiche che condividono, immagazzinano e compensano l’energia. Per quanto riguarda la costruzione vera e propria, è previsto un miglioramento del 39% rispetto alle norme più recenti sull’edilizia sostenibile.

Tuttavia, è importante ricordare che una struttura è sostenibile anche se crea vantaggi e benessere alle persone che la frequentano. Ovviamente il progetto di 18 Blackfriars Road non ha lasciato nulla al caso. Il piano è quello di creare un’area di case, uffici e negozi ma anche di luoghi e strutture per la cultura e la comunità e le attività pubbliche. Così facendo, il grattacielo non è più simbolo di finanza e di un’elite inarrivabile, ma rappresenta un concetto di condivisione non solo di spazi ma anche di idee e proposte per il futuro della città.

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Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

By : Aldo |Aprile 22, 2024 |Arte sostenibile, Home |Commenti disabilitati su Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

Da anni si parla di salvaguardia della natura, della protezione del nostro pianeta e di come salvare il nostro futuro. Col tempo la ricerca sul tema è avanzata, così come la consapevolezza, gli strumenti per contrastare i problemi e la nostra sensibilità. Oggi, 22 aprile 2024 si celebra la Giornata Internazionale della Terra, precisamente la 50° giornata dedicata ad un tema fondamentale, come quello della protezione e della cura del nostro Pianeta.

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La Giornata Internazionale della Terra

La Giornata della Terra, celebrata il 22 aprile di ogni anno, è un momento dedicato all’ambiente e alla protezione del pianeta. Questa iniziativa venne promossa per la prima volta dalle Nazioni Unite, dopo la pubblicazione, nel 1962, del libro manifesto ambientalista “Primavera silenziosa” della biologa statunitense Rachel Carson. Dopodiché nel 1969, in una conferenza dell’UNESCO a San Francisco, l’attivista per la pace John McConnell propose una giornata per onorare la Terra e il concetto di pace. Queta ricorrenza venne poi istituita con una proclamazione dell’attivista firmata dall’allora Segretario generale dell’ONU, U Thant.

Così, partendo da una manifestazione studentesca, è stata istituita una giornata all’insegna dell’educazione e della sensibilizzazione a tematiche oggi discusse quotidianamente. Il 22 aprile del 1970, 20 milioni di cittadini americani, rispondendo a un appello del senatore democratico Gaylord Nelson, si mobilitarono in una storica manifestazione a difesa del nostro pianeta. Di seguito venne istituito l’Earth Day Network (EDN), un’organizzazione diventata poi internazionale per coordinare le iniziative dedicate all’ambiente durante tutto l’anno.

La sfida del 2024

La tematica principale di quest’anno, comunicata dal sito ufficiale dell’Earth Day, riguarda la riduzione della plastica nel mondo. Di preciso si pone come obiettivo quello di ridurre del 60% la produzione di tutte le plastiche entro il 2040. È stato scelto questo argomento, perché effettivamente unisce tutti in un impegno rilevante, ossia quello di chiedere la fine della plastica per il bene dell’intero pianeta. La meta di una tale manifestazione è quella di un futuro sano per tutti gli ecosistemi.

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la piattaforma, attraverso una serie di azioni concrete legate alla nostra quotidianità ma non solo. Si parla infatti della sensibilizzazione delle persone sul tema ma anche sui danni causati dalla plastica alla salute di tutti gli organismi viventi. In secondo luogo, si ricorda la necessità di eliminare tutte le plastiche monouso entro il 2030 per poi arrivare e per fare ciò servono delle leggi adatte. Questo è un altro punto fondamentale, poiché con le leggi, certi processi avvengono più velocemente e in maniera controllata. Senza dubbio, bisogna investire nelle nuove tecnologie e nelle innovazioni al fine di creare un modello di sviluppo o concepire una vita senza plastica.

Non solo plastica

Tuttavia, come detto precedentemente, la Giornata della Terra non affronta una sola tematica. Ossia si sensibilizza sulla protezione del Pianeta, un processo possibile grazie ad un’ampia varietà di cambiamenti, azioni concrete e tanto studio. Di certo si discute dei temi attuali e dell’impatto negativo e delle possibili rimedi; senz’altro si può citare l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, la perdita di biodiversità e la distruzione degli ecosistemi. Ed è proprio così, che Google ha voluto celebrare questo giorno, attirando l’attenzione di tutti.

Il motore di ricerca, oltre ad essere il più usato al mondo è anche molto famoso per i suoi doodle che ci accompagnano da oltre 20 anni. Tali alterazioni speciali e temporanee del logo sulla Home page di Google, vengono usate per commemorare eventi, personaggi storici e festività. Sono sempre più interattivi e spesso mirano all’informazione, semplice ma diretta.

Quest’anno Google ha deciso di creare un doodle dedicato all’impatto visivo; una serie di foto volte a  ricordare il motivo per cui oggi, si celebra Madre Terra. Infatti, possiamo notare che il nome del motore di ricerca sia scritto con lettere “naturali”, ovvero forme createsi sulla Terra che dimostrano come l’impatto dell’uomo abbia cambiato il pianeta.

In particolare:

  • la G è formata dalle Isole Turks e Caicos che ospitano importanti aree di biodiversità, minacciate dal cambiamento climatico;
  • la prima O rappresenta il Parco Nazionale di Scorpion Reef nel Messico, il quale ospita, la più grande barriera corallina nel sud del Golfo del Messico (area marina protetta e riserva della biosfera Unesco);
  • la seconda O è tratta dal Parco Nazionale di Vatnajökull, Islanda, patrimonio mondiale dell’UNESCO, protegge l’ecosistema intorno al più grande ghiacciaio d’Europa;
  • la seconda G associata al Parco Nazionale di Jaú, Brasile, la quale accoglie le riserve forestali più grandi del Sud America
  • la L descrive la Grande Muraglia Verde, in Nigeria, sito sotto osservazione e oggetto di studi contro la desertificazione;
  • e la E che mostra le Riserve Naturali delle Isole Pilbara, Australia, in cui si proteggono habitat ed ecosistemi fragili e rare con specie minacciate di estinzione.

Con lo scorrere di varie foto di possono notare i grandi cambiamenti di questi territori, spesso molto lontani da noi, ma pur sempre importanti per tutto il mondo. Non c’è da dire che il doodle abbia fatto centro, anche con i giochi interattivi riguardanti l’importanza delle api e del loro ruolo sul Pianeta. 

Ognuno di noi, può fare la differenza ogni giorno, in modi diversi ed anche con semplici cambiamenti. Oggi potrebbe essere il giorno giusto per prendere nuove abitudini, informarsi maggiormente e rispettare sempre più la nostra amata Terra. 

 

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Finanziamenti e vantaggi del bonus per l’agricoltura sostenibile.

By : Aldo |Marzo 28, 2024 |Arte sostenibile, Home |Commenti disabilitati su Finanziamenti e vantaggi del bonus per l’agricoltura sostenibile.

Ormai si sa, la sfida per la transizione ecologica è presente in qualsiasi ambito e settore produttivo (e non). Tra i tanti, l’agricoltura è uno di quelli più incisivi, su cui c’è un enorme margine di miglioramento per mezzo di politiche e finanziamenti. Ed è così che in Italia è arrivato il bonus per l’agricoltura sostenibile.

L’impatto dell’agricoltura

Le emissioni derivanti dall’agricoltura a livello mondiale rappresentano una gran parte del totale delle emissioni di gas serra. Infatti, l’agricoltura contribuisce approssimativamente al 24% delle emissioni globali di gas serra, con il metano e il biossido di carbonio tra i principali agenti. Inoltre, l’uso massiccio di fertilizzanti nell’agricoltura è un altro fattore importante. Tra questi i principali sono l’azoto, il fosforo e il potassio, i quali contribuiscono alla produzione di gas serra, come l’ossido nitroso ed influenzano negativamente la qualità del suolo e dell’acqua. Parallelamente, l’uso di carburanti nell’agricoltura, soprattutto per l’uso dei trattori e di altre macchine agricole, favorisce ulteriormente la produzione di emissioni, soprattutto di anidride carbonica.

    

La situazione italiana non è così differente da quella internazionale, calcolando che contribuisce per circa il 19% alla produzione di emissioni totali del Paese. In gran parte derivanti anche dai fertilizzanti con un forte impatto sulla qualità ambientale: in particolare sulla salubrità del suolo e delle falde acquifere. Senza dimenticare poi l’utilizzo dei carburanti usati nel settore.

Per questo il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pensato all’erogazione di fondi per la transizione ecologica in questo ambito. Si tratta di un bonus della cifra totale di 193 milioni di euro. 

 

Il bonus per l’agricoltura sostenibile

Il bonus presentato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica prevede il finanziamento e il supporto della transizione ecologica nell’ambito agricolo. Si tratta di 193 milioni di euro che saranno investiti in impianti di biogas, trattori a biometano e biofertilizzanti. Ossia in tutti quei processi, sistemi o macchinari che sono ad oggi i più impattanti del settore.

   

Il bonus prevede un contributo in conto capitale pari a un massimo di 600 mila euro, che copre il 65% delle spese sostenute. La particolarità del bonus riguarda la sua partizione: infatti il 40% delle risorse spetterà al sud al quale saranno indirizzati 77,2 milioni di euro. Tuttavia, verranno finanziati progetti che mirino allo sviluppo di nuove tecniche, nuovi sistemi necessari alle pratiche agricole ma che riducano il loro impatto sull’ambiente. Dunque, si parla di programmi che possano salvaguardare il suolo, l’acqua ma anche l’atmosfera e la biodiversità.

   

Le categorie di intervento oggetto di incentivo sono di tre tipologie:

  • le “Pratiche ecologiche” nei campi e lo sviluppo di poli consortili per lo sfruttamento del digestato;
  • la sostituzione di trattori obsoleti con quelli alimentati a biometano;
  • interventi per l’efficienza degli impianti già esistenti per la produzione di biogas.

Gli interventi

Tra gli interventi previsti si possono citare quelli legati agli impianti a biogas. I progetti che mirano al loro sviluppo hanno la grande maggioranza delle risorse, ben 124 milioni di euro. Attualmente in Italia se ne contano circa 1.803 con una produzione di 2,5 miliardi di m3 di gas rinnovabile. Quest’ultimo è poi destinato alla produzione elettrica e termica rinnovabile e al consumo di biometano per i trasporti.

  

Per quanto riguarda i biofertilizzanti sono stati stanziati 54 milioni di euro, specificamente per la produzione e l’utilizzo di concime organico e l’adozione di macchinari più efficienti. Inoltre serviranno per la creazione di poli consortili dedicati al trattamento centralizzato del digestato. Il digestato non è altro che un materiale prodotto dal processo di digestione anaerobica di biomasse vegetali, scarti di allevamento e sottoprodotti animali. Essendo ricco di nutrienti come azoto, fosforo e potassio è un ottimo biofertilizzante.

   

E infine i trattori, per i quali sono stati devoluti 15 milioni di euro, per la sostituzione di quelli vecchi con quelli nuovi e più efficienti. Il bonus è previsto solo per mezzi alimentati a biometano e dotati di strumenti per l’agricoltura di precisione. Tecnica (quest’ultima) che permette di usare i trattori come supporto all’operatore che garantiscono maggiore sostenibilità e maggiore efficienza operativa.

 

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New York: il consigliere Gennaro propone una legge contro le capsule per il bucato.

By : Aldo |Marzo 25, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su New York: il consigliere Gennaro propone una legge contro le capsule per il bucato.

Abbigliamento e fast fashion, fibre sintetiche, bassi prezzi e produzioni che hanno un elevato impatto sull’ambiente. Ormai non c’è dubbio che le microplastiche ritrovate in mare siano correlate principalmente al nostro abbigliamento e quindi al suo lavaggio. Ora però la lotta si è ampliata alle famose pods.

   

Microplastiche nel mondo

Le microplastiche derivanti dal lavaggio di tessuti rappresentano un’importante e preoccupante fonte di inquinamento ambientale su scala mondiale. Le stime affermano che, circa il 35% delle microplastiche presenti nei mari e negli oceani derivino direttamente dal rilascio di fibre plastiche durante il lavaggio dei tessuti. Questo fenomeno è particolarmente diffuso in tutto il mondo che purtoppo consente alle microplastiche di infiltrarsi nei cicli naturali dell’acqua diventando una minaccia per tutti gli esseri viventi, uomo compreso.

    

A livello europeo, non cambiano le percentuali previste per l’intero pianeta. Anche qui, il particolato correlato alle microfibre di plastica costituisce fino al 30% delle microplastiche rilevate nei sedimenti marini e costieri dell’Unione Europea. Questo problema è stato riconosciuto dall’UE, che ha adottato misure per contrastare l’inquinamento da microplastiche, tra cui normative per ridurre l’uso di microplastiche nei prodotti e per migliorare la gestione delle acque reflue contenenti microplastiche. Neanche l’Italia si sottrae a tale tendenza, poiché il 20% delle microplastiche presenti nel Mediterraneo sono costituite da fibre di tessuto.

    

Si tratta quindi di un problema che va affrontato e risolto urgentemente a livello mondiale, con politiche e nuove norme anche per le grandi aziende tessili. Quello che possiamo fare noi cittadini è semplice: prestare attenzione alle etichette dei vestiti, comprare il più possibile tessuti naturali e non solo. Una mossa importante è quella di scegliere adeguatamente i detersivi, questa è la lotta intrapresa dalla startup Blueland e dal consigliere municipale Democratico James Gennaro.

    

La proposta di legge di New York

Il consigliere municipale Democratico James Gennaro ha presentato una legge dal nome “Pods Are Plastic”. La campagna mira a portare l’attenzione su prodotti di uso comune come le pods, piccole capsule contenenti vari tipi di detersivi usate per i lavaggi in lavatrice. Con tale legge il consigliere vuole ribadire un concetto semplice a volte trascurato, ossia che anche queste pods sono composte di plastica, in particolare di PVA o PVOH (alcool polivinilico).

    

Si tratta di plastica, sintetica a base di petrolio e dunque inquinano tanto quanto gli altri tipi di plastica, come ricordato nello studio dei ricercatori dell’Arizona State University. L’analisi da loro compiuta nel 2021 ha incrementato l’attenzione su questo tema, con grande impegno per sensibilizzare sempre più cittadini. Tuttavia, a questa proposta, le aziende hanno risposto in maniera negativa o con dati riferiti ad analisi della American Cleaning Institute. Quest’ultimo si è fatto portavoce delle aziende, ribadendo che

il PVA si scompone in componenti non tossici, rendendolo un’alternativa più sostenibile alle plastiche tradizionali, quando viene esposto all’umidità e ai microrganismi”.

Tuttavia, secondo lo studio universitario, il 77% del PVA (circa 8mila tonnellate all’anno) che arriva negli impianti di trattamento delle acque reflue viene poi rilasciato intatto nell’ambiente. Questo succede perché spesso non ci sono i microrganismi giusti negli impianti. Oppure il tempo di permanenza del materiale è troppo breve, con un massimo di una settimana, quando sarebbero ideali 60 giorni, per una degradazione del 90%.

   

Le critiche

Alla proposta di legge del consigliere Gennaro, ha risposto lo stesso American Cleaning Institute, che invece lo accusa di aver supportato la sua proposta con dati non veritieri. Ed inoltre afferma che la stessa startup Blueland, abbia creato una campagna di disinformazione sul tema, servendosi proprio della ricerca dell’Arizona State University.

    

Un’altra forte opposizione arriva dall’ U.S. Environmental Protection Agency, la quale ha rigettato ogni richiesta dell’impresa, riguardante la rimozione del PVA dall’elenco delle sostanze chimiche sicure. L’ente nazionale ha affermato che le base dati sarebbero incomplete e che gli studi invece confermino la sicurezza del composto.

   

L’unica cosa su cui concordano tutti i ricercatori è che la sorgente di diffusione di microplastiche più vicina ai cittadini è la lavatrice. I dati sono certi e nel 2019 si paralava di ben 1,5 milioni di microfibre di plastica per kg di tessuto lavato. Microparticelle che poi arrivano in mare ogni anno, con un peso specifico tra i 200.000 e le 500.000 tonnellate.  Nel frattempo, Blueland si fa strada nella sostenibilità con la produzione di prodotti di detersione in compresse vegane, prive di PVA, parabeni, fosfati, ammoniaca, candeggina, ftalati e tanti altri elementi chimici nocivi per l’ambiente.  

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Ecopneus: il progetto sul riciclo dei PFU che premia le scuole.

By : Aldo |Marzo 21, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Ecopneus: il progetto sul riciclo dei PFU che premia le scuole.

La formazione dei ragazzi è la soluzione più efficace per crescere delle persone che abbiano una consapevolezza del loro ruolo nel mondo e di quello che li circonda. Per questo sono molto importanti progetti ed iniziative scolastiche che riguardino tutti gli ambiti della vita di una persona, dall’aspetto personale, sportivo a quello di educazione civica, come il progetto Ecopneus.


Il problema dei PFU

I Pneumatici Fuori Uso (PFU) rappresentano un’importante categoria di rifiuti nell’ambito dell’economia circolare. Nel mondo, si stima che vengano generati circa 1,5 miliardi di PFU ogni anno, con una percentuale significativa proveniente dall’Europa. Secondo i dati più recenti, l’Europa produce circa il 25% dei PFU mondiali, pari a circa 375 milioni di pneumatici all’anno. In Italia, invece, se ne generano approssimativamente 180.000 tonnellate annue rappresentando circa il 12% del totale europeo.

Queste cifre sottolineano la necessità di nuove ed efficaci strategie di gestione dei rifiuti, del loro riciclo e riutilizzo per uno smaltimento corretto e sostenibile dei PFU. Ad oggi ci sono varie tecniche di riciclo di questo materiale tra le quali:

  • Triturazione e granulazione, che consentono il loro impiego nell’edilizia o nel settore stradale o ancora per la produzione di tappeti per parchi giochi e pavimentazioni in gomma;
  • Riciclo del tessuto in fibra, sempre usata per tappeti, materassi o isolamento acustico;
  • Riciclo dell’acciaio e della fibra di nylon, materiali estratti dagli pneumatici, recuperati e usati in altri settori.

In particolare, la prima soluzione è stata al centro di un grande progetto nelle scuole italiane volto alla sensibilizzazione sul tema del riciclo dei PFU. Il programma è stato promosso dalla società Ecopneus che ha conferito premi “unici” alle scuole.

   

Ecopneus

Ecopneus è una società senza scopo di lucro, responsabile del rintracciamento, della raccolta, del trattamento e del recupero degli Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia. Venne fondata dai principali produttori di pneumatici nel paese, ed è obbligata secondo l’articolo 228 del Decreto Legislativo 152/2006 a gestire una quantità di PFU equivalente a quella immessa nel mercato nell’anno precedente, seguendo il principio della Responsabilità Estesa del Produttore. Inoltre, si occupa del loro tracciamento e della rendicontazione verso le autorità, oltre a promuovere l’uso della gomma riciclata e sensibilizzare sul riciclo. Il suo obiettivo è quello di garantire il recupero di circa 200.000 tonnellate di PFU all’anno.

    

Attualmente, conta 50 soci, ossia aziende di produzione o importazione di pneumatici che si sono volontariamente affiliate a Ecopneus.  La società venne incaricata di questo ruolo nel 2011, poiché mancava un sistema nazionale strutturato per la gestione completa dei PFU. Quindi con questo investimento si assistì ad un grande cambiamento, visto che ogni anno in Italia circa 350.000 tonnellate di pneumatici, equivalente a oltre 38 milioni di pneumatici per auto, raggiungono la fine della loro vita utile.

    

Da quel momento la filiera è organizzata su un modello innovativo che racchiude una rete di aziende qualificate, incaricate di tutte le operazioni necessarie. Quindi dalla raccolta al trasporto dei PFU agli impianti specializzati per il trattamento e il recupero, garantendo il raggiungimento degli obiettivi ambientali al minimo costo. Ecopneus però è anche impegnata molto nella sensibilizzazione sul tema e proprio dal 2012 porta avanti questo programma anche nelle scuole per mezzo di differenti iniziative.

 

I progetti educativi nelle scuole

Ecopneus in collaborazione con Legambiente, hanno creato un programma di sensibilizzazione sul tema dei PFU diffuso in tutta Italia. Ad oggi ha coinvolto 11 regione italiane, circa 12.000 studenti e 4.200 docenti e inoltre ha donato ben 11 superfici sportive per la riqualifica delle palestre. In più ha dotato le suole di nuove infrastrutture sostenibili e performanti che rappresentano spazi sportivi e di aggregazione. I beneficiari di tali opere sono i giovani studenti e gli atleti delle associazioni sportive territoriali. Questa volta, hanno partecipato le scuole secondarie di primo e di secondo grado dell’Umbria. Gli educatori di Legambiente hanno aiutato i ragazzi ad approfondire i temi del riciclo in generale e della gomma riciclata da PFU nello specifico.

    

A vincere la XII edizione del premio sono state le classi dell’Istituto Comprensivo Pianciani-Manzoni di Spoleto con il video Nuova vita ai PFU-Ecopneus sei un eroe e quelle del Liceo Linguistico Gandhi di Narni Scalo con il video Destinazione Futuro. I lavori dei ragazzi erano incentrati sul corretto riciclo del materiale in esame e sono stati giudicati dai tecnici del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di Ecopneus e Legambiente. La società, quindi, premierà le due scuole, con un campo da basket 3×3 in gomma riciclata, per promuovere anche la legalità e la tutela ambientale.

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L’esempio virtuoso del biodinamico abruzzese.

By : Aldo |Marzo 14, 2024 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Home |Commenti disabilitati su L’esempio virtuoso del biodinamico abruzzese.

Si sa che l’Italia è impegnata a mantenere salde certe tradizioni, che non riguardano solo l’aspetto culinario ma anche produttivo. Il Paese che vanta secoli di storia detiene anche grandi esempi di virtuosità legati al settore sostenibile. Ecco il caso della biocantina Orsogna.

    

Il virtuoso Abruzzo

L’Abruzzo è una regione che si distingue per il suo forte impegno ambientale per mezzo di importanti progetti e politiche. Non a caso oltre il 30% del territorio è parte di riserve naturali e aree protette, tra cui

  • il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise;
  • il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga;
  • il Parco Nazionale della Majella.

Tale attenzione è determinata anche dall’elevata percentuale di biodiversità che presenta tra flora e fauna, che va oltre il 40%. Inoltre, la regione spicca per la sua riduzione significativa delle emissioni di CO2 del 20% negli ultimi dieci anni.  Un ulteriore settore rilevante per il territorio è quello della produzione biologica, che rappresenta oltre il 10% della produzione agricola totale. Questa specialità è talmente importante e che negli ultimi 5 anni, il 15% delle aziende agricole hanno adottato pratiche biologiche. Tale scelta influisce non solo sulla produzione e sul consumo di alimenti di qualità, ma ha un forte impatto anche nell’economia locale, favorendo inoltre il turismo ecologico. Quest’ultimo è cresciuto del 25% valorizzando la natura, le tradizioni e la produzione e favorendo sviluppo sostenibile della regione.

    

L’Abruzzo si sta rinnovando attraverso un nuovo modo di pensare il consumo del suolo e la produzione di cibo, rispettando gli ecosistemi, incrementando la sostenibilità del territorio stesso.

   

Il caso della Bio Cantina Orsogna

La virtuosità della regione è dovuta anche o principalmente alle scelte delle aziende, che decidono di approcciarsi alla produzione in maniera innovativa. Tra i tanti nomi però spicca quello della Bio Cantina Orsogna, un esempio di eccellenza nell’ambito della sostenibilità.

    

Nel 1964 35 viticoltori idearono la Cantina Sociale del paese per unire le loro produzioni agricole. Sin dall’inizio, la produzione vinicola era una delle attività principali della zona, non a caso si contavano più di 40 grandi cantine cooperative. La rilevanza della cooperativa è evidente poiché si impegna non solo nelle sue attività ma si sviluppa su un concetto complessivo di produzione. Per questo è sempre stata attiva nella salvaguardia ambientale, la conservazione delle conoscenze e la produzione di vini di qualità.

    

Nel 1995 è iniziato percorso di conversione al biologico ha coinvolto il 100% della superficie vitata nel 2022 contava 1400 ettari, mentre il 45% è dedicato all’agricoltura biodinamica (Demeter) dal 2003. Grazie a tale impegno e dal 2022 tutti i vignaioli della cooperativa sono stati certificati per la biodiversità degli agroecosistemi (Biodiversity Friend®).

    

La produzione

È chiaro che si tratti di una realtà che ha a cuore il suo territorio e non solo. Perché questo tipo di dedizione e di approccio alla produzione con una filosofia totalmente nuova è frutto di una grande attenzione anche verso le generazioni future. Precisamente la cooperativa segue la “filosofia agricola” ispirata al pensiero di Rudolf Steiner, il quale creò una visione quasi spirituale della produzione di alimenti.

    

Una filosofia che introduce nella cura della vigna, una serie di riti, attenzioni e pratiche per la creazione del miglior prodotto. Si tratta di un modello “biodinamico” che unisce pratiche per la coltivazione al concetto di energia vitale del suolo. Un nuovo modo si pensare l’agricoltura che tuttavia non si ferma alle nuove generazioni, perché la cooperativa è disposta a formare i viticoltori della zona che possano comunque portare avanti le tradizioni con la loro esperienza e la loro manodopera.

     

Un’altra eccezione di questa realtà è il suo successo, perché al contrario di quello che si possa ipotizzare, la Bio Cantina produce tra i 2 e i 2,5 milioni di bottiglie all’anno. In particolare, vende Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia, Moscato, Passerina, Cococciola, Pecorino, Chardonnay, Montepulciano e Sangiovese. In più, lavora con fermentazioni spontanee, grandi vasche interrate o anfore d’argilla per la Malvasia.

   

Si tratta a tutti gli effetti di una produzione a ciclo chiuso, autosufficiente e sostenibile, poiché niente viene sprecato o lasciato a se. Oltre alle pratiche già note, come l’utilizzo del letame per la concimazione del suolo, la pratica del sovescio, il pascolo di ovini nei vigneti, si punta a innovare ancora di più il sistema. Infatti l’idea della cooperativa è quella di coltivare piante erbacee tra le viti, per ridurre al minimo la monocoltura intensiva (pratica diffusa e altrettanto negativa per gli ecostistemi).

   

Il tutto è pensato per produrre alimenti, vini ed altro riducendo al minimo l’impatto umano sulla terra. In questo caso, la Bio Cantina Orsogna ne è un modello impeccabile.

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La UEFA introduce il “Carbon footprint calculator” per cambiare il mondo del calcio.  

By : Aldo |Marzo 11, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su La UEFA introduce il “Carbon footprint calculator” per cambiare il mondo del calcio.  

La sostenibilità è un argomento sempre più importante dei nostri giorni, dalla quotidianità dei cittadini agli investimenti delle aziende. Di recente però, questo tema ha raggiunto un grande settore nell’ambito dello sport europeo, la UEFA.

L’impatto del calcio

Il calcio ha una grandissima influenza sulla società e l’economia internazionale. È probabilmente lo sport più seguito e popolare con oltre 4 miliardi di fan in tutto il mondo, un gioco che unisce tutti ed elimina qualsiasi tipo di barriere linguistiche, culturali e socioeconomiche. In questo modo contribuisce alla coesione sociale e comunitaria (nonostante ultimamente si siano verificate situazioni spiacevoli sotto questo punto di vista).

Tale portata è riflessa, anche in modo ampliato, all’economia globale, non a caso le entrate mondiali legate a questo sport hanno toccato i 30 miliardi di dollari annui. Tale processo è definito attraverso le grandi competizioni, come le famose “Coppe” della FIFA, la UEFA, la Champions Legue, l’Europa Legue e tanto altro. Questi eventi hanno un enorme impatto sociale, mediatico, turistico e dunque economico perché i tifosi si spostano, conoscono nuovi luoghi, frequentano ristoranti e alloggiano in hotel, compreranno gadget ed altro.

Sebbene sia una macchina gigante con alle spalle un mercato infinito, non sono solo questi gli ambiti in cui ha un impatto rilevante. Infatti, il calcio, con le sue molteplici attività, iniziative ed altro ha un grande impatto anche sull’ambiente: emissioni di carbonio, consumo di risorse naturali, trasferte, sono solo alcuni dei fattori analizzati.

Il “calcio” all’ambiente

Come citato pocanzi, sono tantissime le attività correlate al calcio, che hanno degli effetti più o meno negativi sul pianeta. In primis si parla di trasferte, che rappresentano il 40% dell’inquinamento ambientale correlato alla mobilità dei tifosi, mentre una partita europea produce ben 4,2 tonnellate di emissioni di CO2 (750 ton l’anno). Senza contare quanto spazio occupano le infrastrutture degli stadi che determinano una maggiore urbanizzazione e all’uso intensivo del suolo, con conseguenti impatti sulla biodiversità e sulle risorse idriche. E poi ovviamente i consumi di energia e tutti i servizi necessari a supportare migliaia di persone ogni weekend negli spalti.

Ovviamente tutto ciò non vuol dire che il calcio abbia solo lati negativi, ma allo stesso tempo ha un’influenza talmente importante che, se potesse apportare dei cambiamenti potrebbe fare veramente la differenza.

Già alcune società hanno iniziato a investire nelle energie rinnovabili per alimentare i propri stadi ma serve di più. Ed è per questo che la UEFA ha presentato il nuovo progetto, per cambiare il settore calcistico e migliorare la sua sostenibilità.

Carbon footprint calculator

Proprio il 6 marzo la UEFA ha presentato il progetto al quale lavorava da ben 2 anni: il cabron footprint calculator. Si tratta del primo calcolatore di impronta carbonica dedicato a tutte le organizzazioni calcistiche europee, uno strumento che le guiderà ad una maggiore sensibilizzazione e approccio alle innovazioni green nel settore. Il programma è stato introdotto dal direttore Social and Environmental Sustainability Michele Uva, durante una conferenza all’Emirates Stadium di Londra, che ha descritto tutte le novità e le iniziative di tale progetto.

Come prima cosa bisogna sottolineare che l’iniziativa promuove un software gratuito che permetterà a tutti i club e federazioni di seguire un metodo unico e certificato, per calcolare la propria impronta. Il programma è basato sul GHG Protocol, un metodo di calcolo certificato a livello internazionale che aiuta aziende, società, amministrazioni ed enti nel conteggio della CO2 emessa. La particolarità di questo progetto riguarda il coinvolgimento delle squadre stesse come l’Arsenal, la Roma e il Manchester City, le Federazioni calcio francese, olandese, austriaca, la Premiere League ma anche l’ONU e l’UNFCCC.

Per quanto riguarda le principali voci di emissioni di CO2 considerate, si citano:

  • la costruzione di nuovi stadi;
  • gli spostamenti di squadre e tifosi;
  • l’elettricità consumata durante gli eventi;
  • la gestione dei rifiuti.

Si tratta di poche voci ma significative, soprattutto quella legata agli spostamenti che sappiamo non essere proprio attenti all’ambiente e ai consumi di energia. Anche perché tutto questo non vale solo ed esclusivamente per i grandi club, ma anche per tutto il mondo dilettantistico o professionale ma di categoria inferiore. Infatti, si conta che ogni settimana 40 milioni di ragazzi in Europa giochino a calcio: questo significa che si spostano, muovendo famiglie e staff. Se poi ci aggiungiamo anche i 450 mila tifosi l’anno per la UEFA, il quadro della situazione è abbastanza chiaro.

In conclusione

Il progetto mira a cambiare l’impegno del calcio, per far si che la sua grande influenza possa anche portare un beneficio ambientale e quindi un miglioramento della vita di tutti. L’idea è quella di calcolare le emissioni di CO2 della finale di Champions, per poi moltiplicare quella quantità per il prezzo di una tonnellata di anidride carbonica (attualmente tra i 50 e i 60 euro, ndr). Così facendo si raccoglierebbe una somma destinata a finanziare progetti sostenibili, nelle squadre di territori più difficili o di piccole squadre, per aiutarle a migliorarsi. Quindi in occasione dei Campionati europei in Germania, è stato aperto un fondo per aiutare  i club dilettantistici che investono sull’ambiente. Un piano da 7 milioni di euro che conta già 1700 richieste.  

  

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Nasce il nuovo database per la neutralità climatica delle regioni italiane.

By : Aldo |Marzo 07, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Nasce il nuovo database per la neutralità climatica delle regioni italiane.
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Che l’Europa si stia muovendo per una neutralità climatica è evidente. Norme, iniziative e obblighi sono all’ordine del giorno e dovrebbero essere anche per i suoi Stati membri. In Italia, per esempio, si è palesata la volontà di monitorare maggiormente le condizioni delle regioni in questo senso. Ecco perché è nato il database CIRO.

    

Neutralità climatica

La sfida della neutralità climatica rappresenta un obiettivo cruciale per il quale, il mondo intero, considera urgente la necessità di ridurre le emissioni di gas serra e mitigare i cambiamenti climatici. In Italia, il percorso verso la neutralità climatica è iniziato con l’adozione di diverse iniziative chiave, tra cui l’approvazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile nel 2017 e l’impegno nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) nel 2020.  Questi testi fissano obiettivi ambiziosi, sebbene la strada verso la neutralità climatica sia ancora lunga e con grandi sfide da affrontare.

    

Ad oggi, l’Italia ha fatto progressi importanti in questo senso con una riduzione delle emissioni di CO2 del 27% rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per raggiungere gli obiettivi stabiliti e superare le sfide legate alla decarbonizzazione di settori dell’economia fondamentali, come l’energia, i trasporti e l’industria. Tale transizione richiederà un enorme sforzo e impegno costante da parte di tutti, dal governo ai cittadini per mezzo di nuove politiche, abitudini e adeguati finanziamenti.

    

Il database CIRO

Italy for Climate ha scelto otto “temi” per valutare le prestazioni climatiche delle Regioni italiane, tra cui emissioni, energia, rinnovabili, edifici, industria, trasporti, agricoltura e vulnerabilità. Questi ambiti sono considerati fondamentali per valutare i progressi verso la neutralità climatica dei territori ma non solo. Sono necessari per comprendere gli effetti delle azioni intraprese finora a livello locale, ma anche i rischi derivanti dal riscaldamento globale a seconda dell’area e delle comunità.

     

Per rendere questo monitoraggio possibile è stato inventato CIRO (il database delle Regioni sul clima) il quale ha identificato due o più “indicatori chiave” per ciascun tema. Così facendo è in grado di mostrare una panoramica aggiornata e dettagliata dei cambiamenti nel tempo. Italy for Climate, per questo programma si è avvalsa dei dati di istituzioni italiane autorevoli nel settore dell’ambiente, dell’energia e della mobilità, tra cui Ispra, Istat, Enea, Gse, Terna, Aci, Mims, Mipaaf. In tal modo le istituzioni sono capaci di migliorare le condizioni del proprio territorio con nuove pratiche per affrontare la sfida della neutralità climatica. Le 8 tematiche evidenziate dall’istituzione, comprendono ben 26 indicatori su cui nasce CIRO.

   

Le emissioni

Gli indicatori considerati per valutare le emissioni in una regione includono le “Emissioni pro capite di gas serra”, che considerano i livelli di consumo energetico, l’uso di fonti fossili, e le attività industriali e agricole, e gli “Assorbimenti”, che misurano le emissioni di gas serra assorbite dai sistemi naturali, soprattutto forestali, in rapporto alla superficie regionale. Valori negativi indicano che le emissioni superano l’assorbimento, come nel caso della Sicilia.

    

Per l’energia Energia e le rinnovabili

In questo caso si valutano i consumi energetici regionali considerando:

  • i consumi finali pro capite, che rappresentano il fabbisogno energetico individuale e includono contributi da tutti i settori,
  • il mix energetico primario ossia la percentuale di energia derivante da fonti, sia fossili che rinnovabili, per soddisfare il fabbisogno energetico regionale.

Secondo dei dati già 14 regioni italiane sono coal free (quindi non consumano più carbone).

Mentre per le fonti energetiche rinnovabili, l’Italia si concentra sullo sviluppo dell’eolico, del solare e dell’idroelettrico. Tra i suoi indicatori sono compresi:

  • La quota di consumi energetici da rinnovabili;
  • Nuovi impianti rinnovabili;
  • Comunità energetiche rinnovabili (attivate nel 2022). Il Veneto si distingue per la maggioranza di 13 nuove.

Per le infrastrutture e trasporti

Per gli edifici si ha una suddivisione in 4 parti quali:

  • Emissioni pro capite di gas serra degli edifici;
  • Consumi di energia degli edifici;
  • Quota di consumi elettrici negli edifici;
  • Quota di edifici in classe A.

In questo caso per mancano i dati della Campania e della Sardegna. Insieme alle infrastrutture, i trasporti rappresentano un punto cruciale della transizione. Infatti, in questo caso gli indicatori riguardano:

  • Emissioni pro capite di gas serra dei trasporti
  • Numero di automobili (ogni mille abitanti)
  • Passeggeri trasportati dal trasporto pubblico locale
  • Quota di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni

Per il settore industriale, agricolo e la vulnerabilità 

Anche nell’industria ha il suo dovere e deve portare le sue modifiche e a tal proposito si parla si individuano i seguenti criteri:

  • Emissioni di gas serra dell’industria per valore aggiunto: tonnellate di CO2 equivalente emesse per milione di euro di valore aggiunto dei settori manifatturiero e edile:
  • Consumi di energia per valore aggiunto: tengono conto di tutte le fonti fossili e rinnovabili (come le biomasse), oltre che dei consumi elettrici.

Per concludere si cita anche il settore dell’agricoltura che come già evidenziato ha un grande impatto nell’ambito delle emissioni. Anche qui ritroviamo le emissioni pro capite seguite dai “capi bovini allevati (ogni 1000 abitanti)”, la “quota di agricoltura biologica” e “l’utilizzo di fertilizzanti” (kg di azoto per ettaro). E infine si descrive la vulnerabilità, per descrivere quali aree e regioni siano più soggette a danni ed effetti del cambiamento climatico in base al tasso di consumo del suolo e delle perdite della rete idrica e la quota di popolazione esposta al rischio alluvione.

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