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“Archeoplastica”: il museo virtuale sulla plastica raccolta in mare e in spiaggia.

By : Aldo |Maggio 16, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su “Archeoplastica”: il museo virtuale sulla plastica raccolta in mare e in spiaggia.

Quando si parla di rifiuti è scontato che si arrivi a discutere della plastica: del suo ruolo nelle nostre vite, della sua comodità, ma anche dei problemi che sta causando al pianeta. C’è poi chi pensa che debba essere eliminata totalmente, chi è favorevole ad una graduale riduzione e chi invece non si fa problemi nell’utilizzarla in modo spropositato. Oggi però si parla di chi ha fatto della plastica, un ricordo, un cimelio storico da osservare e studiare in un museo innovativo.

Il fondatore

Enzo Suma è una guida naturalistica di Ostuni, laureato Scienze ambientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha sempre nutrito una forte passione per la natura, pertanto dopo la laurea ha iniziato una carriera dedita alla sua protezione. Tornato in Puglia, intraprende dei percorsi lavorativi nelle aree protette pugliesi specializzandosi nell’educazione ambientale, diventando così una guida naturalistica professionale. Successivamente, la sua attenzione viene catturata dai cosiddetti “ulivi monumentali” tipici della sua terra natia, Ostuni.

L’interesse verso questi esemplari fu tale da far nascere creare un progetto apposito chiamato “MILLENARI DI PUGLIA” volto alla valorizzazione degli ulivi monumentali pugliesi. In questo modo ha sensibilizzato la popolazione sul valore di questi alberi, che senza guida molti non avrebbero avuto modo di conoscere.

Il fondatore di Archeoplastica non si è fermato a questo; infatti, ha continuato a lavorare nell’ambito, per la protezione del fratino e della tartaruga marina. Insomma, si tratta di una persona totalmente dedicata alla salvaguardia della natura, che spazia dal settore botanico a quello zoologico. Ma dal 2018, ha investito il suo tempo anche in un’altra iniziativa che in breve tempo è diventata rilevante sotto vari punti di vista ed anche virale.

Le origini del museo

Nel 2018 decide di impegnarsi anche in un altro fronte e si attiva organizzando giornate di pulizia delle spiagge. Ed è proprio durante tali attività che si rende conto di aver raccolto dei rifiuti di plastica che risalivano addirittura alla fine degli anni ’60. Da quel momento ha fatto sì che la gente controllasse bene i rifiuti che trovava in modo da sensibilizzare “sul campo” i volontari dell’iniziativa.


Raccolta dopo raccolta, Enzo aveva tenuto da parte ben 200 reperti di questo genere ed ha avuto l’idea che lo ha reso virale in poco tempo. Si tratta del suo museo interattivo sui “cimeli” di plastica raccolti durante le pulizie delle spiagge. Così nasce Archeoplastica, un progetto che prevede la creazione di un museo virtuale e mostre fisiche mirati alla sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento marino e dell’impatto della plastica sul mondo. Questo messaggio sarà veicolato proprio grazie alla mostra degli oggetti recuperati.

Il progetto è stato ufficializzato poi nel 2021, quando, dopo aver raccolto ben 200 rifiuti “antichi”, è stato possibile creare un museo digitale. Questo vuol dire che Musa, con dei collabatori si è impegnato a ricostruire la storia di ogni oggetto, proprio come in una mostra o in un museo storico.

“Archeoplastica”

Da qualche raccolta in spiaggia al museo digitale, fino ad una vera e propria mostra; Arecheoplastica p diventata il simbolo della sensibilizzazione sul tema, soprattutto online. Partiamo dal museo virtuale, che occupa una sezione del sito dell’ente. Questa è dedicata totalmente ai reperti catalogati: ognuno riporta un’immagine, un nome (solitamente correlato al marchio che lo ha prodotto), una breve descrizione sul suo utilizzo e l’anno di riferimento. Sono anche divisi per annate dagli anni ’60 fino agli ’80. Inoltre è possibile avere un’esperienza diversa nella sezione 3D, nella quale si possono guardare a 360° solo alcuni dei reperti in mostra.


Successivamente è stata allestita una mostra itinerante, un progetto espositivo che racconta la storia senza fine della plastica accumulata nei nostri mari. Si tratta di un’esperienza educativa rivolta a cittadini, turisti e studenti che sottolinea tanti aspetti di questo tema tra cui:

  • l’importanza della sostenibilità
  • l’impatto umano
  • l’impatto della plastica e la sua durata.

Nel tempo poi sia il museo che la mostra sono sbarcati sui social tanto da rendere il progetto virale tanto da poter dire che esiste una vera e propria community sui social. Le cifre toccano il mezzo milione di follower, un numero enorme per il tema di cui si parla e per i messaggi che si diffondono.

Il lavoro di Enzo Suma è stato meticoloso e innovativo ed ha permesso la sensibilizzazione di un grandissimo bacino di persone, cosa non semplice da attuare e di grande rilevanza per il nostro futuro.

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Barriere fonoassorbenti fotovoltaiche arrivano anche nelle autostrade italiane.

By : Aldo |Maggio 13, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Barriere fonoassorbenti fotovoltaiche arrivano anche nelle autostrade italiane.

Quando si pensa alle nuove strutture, bisogna sempre tenere conto della sostenibilità di tale opera. In alcuni casi è più complesso, dispendioso in altri è semplice ed intuitivo. Tuttavia, un buon approccio alla tematica è quella di capire come un nuovo prodotto o una nuova struttura, possa ridurre il suo impatto sull’ambiente o come possa creare vantaggi in questo senso. Autostrade per l’Italia ha pensato di unire un’esigenza ad un beneficio creando delle nuove barriere.

Le strutture

Le strutture fonoassorbenti lungo le autostrade e le ferrovie giocano un ruolo fondamentale nel mitigare i livelli di rumore generati dal traffico. Secondo studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il rumore del traffico stradale può superare i 70 decibel (dB) durante il giorno, superando di gran lunga i livelli considerati sicuri per la salute umana, che si aggirano intorno ai 55 dB. Le barriere fonoassorbenti installate lungo le autostrade possono ridurre di significativamente il livello di rumore fino a circa 10-15 dB, ossia una riduzione del rumore percettibile fino al 50%.

Nel caso delle ferrovie, dove il rumore prodotto dai treni può essere ancora più elevato, le strutture fonoassorbenti possono ridurre il livello di rumore fino a 20-25 dB, garantendo un importante beneficio per le comunità circostanti. Inoltre, un rapporto della Commissione Europea indica che investire in barriere fonoassorbenti lungo le autostrade può portare a una diminuzione dei costi sanitari correlati al rumore del traffico fino al 20%, evidenziando l’importanza di tali infrastrutture per la salute pubblica e il benessere delle comunità locali.

Autostrade per l’Italia e le nuove tecnologie

Attualmente, secondo dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circa il 40-50% della rete autostradale nazionale è dotata di barriere fonoassorbenti, mentre la copertura delle ferrovie è stimata intorno al 30-40% delle tratte principali. L’installazione e la manutenzione di queste strutture sono gestite principalmente da enti pubblici come ANAS per le autostrade e Rete Ferroviaria Italiana per le ferrovie. Per queste infrastrutture il governo italiano investe una media di circa 200-300 milioni di euro per la loro realizzazione e il loro miglioramento. Tuttavia, è importante sottolineare che l’allocazione dei fondi e l’implementazione di progetti specifici possono variare da anno a anno in base alle priorità di investimento e alle disponibilità finanziarie.

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Quest’anno però Autostrade per l’Italia vuole intraprendere un progetto innovativo, presentando le barriere fonoassorbenti fotovoltaiche. Di preciso il piano prevede l’installazione di impianti fotovoltaici integrati nelle barriere antirumore dell’autostrada, sulla A1 Milano Napoli. Il tutto è stato ideato in collaborazione con Elgea, società del Gruppo impegnata nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il tratto che sarà interessato da tale cambiamento riguarda l’area sud di Roma, verso lo svincolo di Valmontone.

Barriere e nuovi vantaggi

Le barriere antirumore fotovoltaiche sono una tecnologia che unisce pannelli solari e barriere fonoassorbenti per ridurre il rumore e generare energia solare. Introdotti in Svizzera nel 1989, si sono diffusi in Europa, specialmente in Germania e Svizzera, con varie configurazioni. I moduli fotovoltaici offrono diverse opzioni di installazione: possono essere posizionati inclinati sul tetto, verticalmente come prolungamento della struttura grazie alla tecnologia bifacciale, oppure integrati direttamente nel corpo dell’edificio come scandole o stringhe sulla superficie.

L’obiettivo di questa iniziativa è quello di installare 4.000 metri di nuove barriere antirumore, di cui 2.500 in direzione nord e 1.500 in direzione sud. La caratteristica e la novità del progetto sta nell’introduzione di pannelli fotovoltaici che consentiranno alle comuni barriere, di produrre energia. 300 m delle nuove barriere saranno infatti dotati di 432 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino. Nello specifico saranno inserite ben 72 stringhe per una potenza di picco di 140 W posizionati tra i 3 e i 9,5 metri dal piano della carreggiata. Questa disposizione rappresenta consente il massimo grado di irraggiamento, con un’inclinazione di 33° ed esposizione a sud. Si stima che l’energia prodotta dalle nuove barriere sarà di circa 80MWh, contribuendo all’alimentazione del casello di Valmontone.

In questo modo una struttura usata da decenni solo per ridurre il rumore dovuto al traffico e di conseguenza il suo inquinamento acustico, garantisce un doppio beneficio dal momento in cui può produrre energia. La massimizzazione di tale opera rientra nel pensiero di un progetto innovativo sostenibile per quanto possibile. 
Magari in futuro tutte le autostrade avranno tale caratteristica.

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Pellicole e packaging a base di alghe? Grazie a “Sway” nasce una nuova circolarità.

By : Aldo |Maggio 09, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Pellicole e packaging a base di alghe? Grazie a “Sway” nasce una nuova circolarità.

Quando si parla di circolarità o di economia circolare è facile imbattersi in opinioni contrastanti derivanti da esempi inesatti o comportamenti errati. C’è una cosa che però ultimamente ai giovani riesce bene, ossia la creazione di startup incentrate sulla circolarità di prodotti, cibi o strumenti. Un esempio è quello di Sway, startup californiana attiva nell’ambito del packaging sostenibile a base di alghe.

I packaging e le pellicole

Le pellicole sono materiali plastici sottili e flessibili comunemente utilizzati per una vasta gamma di scopi, dalla fotografia e il cinema alla conservazione degli alimenti e l’imballaggio. Generalmente composte da polimeri come polietilene (PE), polipropilene (PP), poliestere (PET) o PVC, offrono una combinazione unica di proprietà come trasparenza, flessibilità e resistenza alla lacerazione.

Le pellicole plastificate sono ampiamente diffuse in tutto il mondo e si stima che nel 2020 la produzione globale di pellicole in plastica abbia superato i 60 milioni di tonnellate, con un tasso di crescita annuo intorno al 4%. In particolare, il loro uso nell’imballaggio rappresenta circa il 40% di tutta la plastica utilizzata per questo scopo.

Nonostante rappresentino una grande comodità quotidiana, tali prodotti hanno un impatto significativo sull’ambiente. La loro produzione e smaltimento contribuiscono in modo significativo all’inquinamento plastico, poiché le pellicole sono spesso difficili da riciclare e possono persistere nell’ambiente per centinaia di anni. E come ogni altro prodotto di matrice polimerica, si disperdono in microparticelle che inquinano e danneggiano interi ecosistemi.

SWAY la nuova frontiera

Per affrontare questa sfida, è necessario promuovere pratiche di consumo più sostenibili, riducendo l’uso delle pellicole in plastica e investendo in alternative biodegradabili e compostabili. Senza dubbio è fondamentale migliorare i mezzi e le strutture per il riciclo e sensibilizzare le persone.

In questo senso la designer Julia Marsh ha investito il suo tempo e le sue conoscenze per poter creare una startup che offrisse una soluzione a tale problema. Per questo ha lanciato insieme a Matt Mayes (COO) e Leland Maschmeye, “Sway” una startup fondata a Berkeley che produce sostituti compostabili a base di alghe del mare al posto degli imballaggi in plastica. Il gruppo nato nel 2020, ha impiegato i primi anni nella ricerca e sviluppo di questo materiale innovativo che segue dei precisi criteri e principi della sostenibilità in ogni sua fare di produzione e sviluppo. E non si tratta dei soliti ragionamenti fatti per apparire “green”, poiché il pensiero della CEO è ben preciso:

Crediamo che i materiali di uso quotidiano debbano contribuire a rifornire il Pianeta, dal mare al suolo. Il lancio dei nostri materiali termoplastici a base di alghe rappresenta un progresso tangibile verso un futuro più circolare”.

La bio resina TPSea

La startup ha studiato una tecnologia che, per la prima volta, consentirà la sostituzione della tipica pellicola di plastica flessibile con un film composto di alghe del marine.  Il prodotto creato è una nuova resina biopolimerica di alghe termoplastiche denominata TPSea. È un ingrediente 100% biologico, compostabile e privo di microplastiche ottenuto per mezzo di una coltura oceanica rigenerativa in grado di ricostituire gli ecosistemi e sostenere le comunità costiere. Tale elemento viene usato per la produzione di sacchetti, buste per la vendita al dettaglio e packaging alimentari e non solo. Perché nel sito di SWAY si vende anche il “polimero” sfuso, per dare spazio alla fantasia del cliente.

La prima apparizione del prodotto è avvenuta a Parigi durante il Biofabricate 2024 a gennaio, dopo essersi aggiudicata il primo posto al Tom Ford Plastic Innovation Prize powered by Lonely Whale lo scorso anno. Dopodiché il progetto ha ottenuto un grande successo che gli ha permesso di ricevere un finanziamento da 5 milioni di dollari da Third Nature Investments (che include investimenti anche da parte di altri investitori allineati al settore della eco sostenibilità).

Una caratteristica fondamentale di questo programma è la sostenibilità relativa anche alla coltura delle alghe, che si basa su specifici principi quali:

  • la coltura internazionale, poiché l’azienda collabora con allevatori di tutto il mondo. Questo è importante perchè consente alla startup di restare indipendente dai fornitori e dalle aree di coltura. Inoltre, diventa un fattore di sicurezza nella produzione, poiché se una coltura subisce degli eventi estremi, non intacca l’intera società;
  • la rimozione dell’alga prevede il solo taglio in superficie e non l’eradicazione, in modo tale da non rimuovere totalmente e in modo ripetuto le alghe. Così facendo si assicurano i vantaggi tipici di questi organismi nei vari ecosistemi in cui si trovano;
  • i fornitori sono stati scelti a seconda di standard ambientali e sociali imposti dalla Aquaculture Stewardship Council.

Il futuro di SWAY sembra luminoso e pronto o in fase di preparazione ad una produzione su larga scala, mirato oltre che ai marchi di moda anche al cibo e agli articoli per la casa.

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Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

By : Aldo |Maggio 03, 2024 |Arte sostenibile, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Il nuovo grattacielo di Londra a zero emissioni di “18 Blackfriars Road”.

Gli skyline del mondo offrono dei paesaggi mozzafiato, soprattutto se vissuti all’interno di uno dei migliaia di grattacieli che esistono. Senza dubbio si parla di strutture straordinarie, con impieghi commerciali e forme particolari, ma sono pur sempre edifici immensi di cemento con un impatto significativo sull’ambiente circostante, per questo a Londra si mira alla sostenibilità con il nuovo progetto di “18 Blackfriars Road” .

Lo skyline di Londra

Lo skyline di Londra, si trova principalmente nella zona finanziaria conosciuta come “The City”, un’area con una vista mozzafiato. Tale paesaggio rappresenta la fusione tra l’antico e il moderno concentrando in una sola zona la finanza della Capitale.  Infatti, i grattacieli presenti sono principalmente adibiti ad uffici, rappresentando il cuore pulsante delle attività commerciali e finanziarie della città.

I primi esempi furono il “Tower 42” e il “NatWest Tower” (ora noto come “Tower 42”), costruiti negli anni ’70 e ’80, segnando l’inizio di un’epoca di crescita verticale nella skyline londinese. Attualmente, si contano più di 30 grattacieli tra cui il più alto è “The Shard”. Si tratta di un’icona architettonica di 310 metri di altezza, che offre una vista spettacolare sulla capitale britannica e oltre.

Questi edifici, con le loro forme particolari e le loro diverse funzioni, sono testimoni della prosperità, dell’innovazione e della vitalità di Londra come centro globale. Ma è proprio per la loro rilevanza che due grandi società hanno deciso di conferire un nuovo ruolo e un nuovo valore al prossimo grattacielo londinese.

La sostenibilità edilizia

Nell’ambito dell’edilizia sono ancora tanti i passi in avanti da compiere, soprattutto se ci si concentra nel tema della sostenibilità. È fondamentale, infatti, realizzare progetti e quindi costruire nuovi edifici con la consapevolezza delle nuove necessità a livello ambientale, sociale ed economico, nonché sanitario.Non a caso il complesso di Southwark “18 Blackfriars Road” progettato da Foster + Partner ha ricevuto l’ok, per poter erigere i nuovi edifici. La particolarità però non sarà l’altezza o il numero di edifici, ma la possibilità di ottenere la prima certificazione WELL Community Gold di Londra.

La promessa di tale valutazione deriva dal fatto che il piano delle società è quello di creare il grattacielo Net Zero (a zero emissioni di carbonio) che al contrario riattiverà il 150% di biodiversità. Se il progetto riuscisse nell’intento, diventerebbe il primo edificio londinese ad aggiudicarsi tale riconoscimento.

Le specifiche del progetto

La sostenibilità del piano parte dall’area scelta dalla società progettista. Per l’appunto i due edifici verranno costruiti in un terreno soggetto a riqualificazione della superficie di 2 acri, inusato per 20 anni. Il programma prevede la realizzazione di 2 blocchi residenziali da 400 unità, di cui il 40% è destinata ad alloggi con prezzi accessibili e una torre di 45 piani per uffici innovativi.

Per rispettare l’ambiente, il piano prevede la piantumazione di oltre 100 nuovi alberi e altri elementi verdi, in modo tale da riattivare addirittura il 150% della biodiversità. Mentre, la domanda di calore di uffici e alloggi sarà soddisfatta al 95% da pompe di calore geotermiche che condividono, immagazzinano e compensano l’energia. Per quanto riguarda la costruzione vera e propria, è previsto un miglioramento del 39% rispetto alle norme più recenti sull’edilizia sostenibile.

Tuttavia, è importante ricordare che una struttura è sostenibile anche se crea vantaggi e benessere alle persone che la frequentano. Ovviamente il progetto di 18 Blackfriars Road non ha lasciato nulla al caso. Il piano è quello di creare un’area di case, uffici e negozi ma anche di luoghi e strutture per la cultura e la comunità e le attività pubbliche. Così facendo, il grattacielo non è più simbolo di finanza e di un’elite inarrivabile, ma rappresenta un concetto di condivisione non solo di spazi ma anche di idee e proposte per il futuro della città.

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G7. La Carta di Venaria non stupisce e non eccelle per novità ed impegni.

By : Aldo |Maggio 02, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su G7. La Carta di Venaria non stupisce e non eccelle per novità ed impegni.

Il 28 Aprile si è aperto a Venaria Reale, il G7 Clima, Energia e Ambiente del 2024, che, come tanti altri importanti incontri, non prometteva grandi cambiamenti. Il 30 aprile si è infatti chiuso il meeting con una “Carta” che tuttavia non riporta sostanziali novità. Al contrario sembra rendere tutto più vago e indefinito, con pochi nuovi obiettivi, azioni vaghe e misure poco restrittive.

La coalizione per l’acqua

Tra i vari impegni sottoscritti con la “Carta di Venaria”, i 7 Stati hanno portato alla luce un’importante criticità da risolvere, spesso oscurata da altri problemi. Infatti, per la prima volta si parla di una vera e propria “Coalizione per l’acqua”, ossia un impegno comune per far fronte alle rilevanti questioni legate alla fonte primaria di vita.

Questa novità deriva dal riconoscimento dell’importanza di tale risorsa in ogni ambito vitale, quindi per la pace e la serenità. Soprattutto se si parla di sostenibilità, per la quale servono azioni concrete e mirate. Il lavoro ipotizzato dai Paesi membri è quello di

 

identificare obiettivi e strategie comuni per catalizzare ambizioni e priorità condivise per affrontare la crisi idrica globale e sottolineare il ruolo degli approcci multisettoriali; integrare l’acqua e la sua rilevanza intersettoriale in modo efficace e coerente nell’esistente forum e processi, anche aumentando l’attenzione politica sull’acqua a livello globale”.


L’ipotetico phase out del carbone

Anche in questo caso si parla di “prime volte”, poiché è stata definita una data entro la quale escludere l’attuale produzione energetica a carbone. Questa un’iniziativa non scontata visti gli interessi di vari Stati partecipanti come il Giappone che ancora non ha impostato nessuna politica nazionale in tal senso. Oppure la Germania che ha fissato l’impegno entro il 2038. Il testo riporta quindi un impegno (molto flessibile) firmato da tutti, per

 

[…] eliminare gradualmente l’attuale produzione di energia da carbone nei nostri sistemi energetici durante la prima metà del 2030 o in una tempistica coerente con il mantenimento di un limite di aumento della temperatura di 1,5°C a portata di mano, in linea con i percorsi net-zero dei paesi”.

Inoltre, per raggiungere questo obiettivo, non si esclude anzi, si favorisce la cooperazione internazionale anche con il settore finanziario, per eliminare l’approvazione di nuove centrali elettriche alimentate a carbone, il prima possibile. 

Gli altri obiettivi del testo

Nel documento è stato riservato un capitolo anche per l’energia nucleare da fissione. In questo caso gli Stati si impegnano prima di tutto a promuovere iniziative di ricerca e sviluppo su tecnologie nucleari innovative. In più si è parlato dell’impiego di reattori modulari avanzati e di piccole dimensioni, per favorire un accesso maggiore agli strumenti di finanziamento. Mentre per quanto riguarda la fusione, è previsto un lavoro di gruppo, per condividere le migliori pratiche ed esplorare aree di cooperazione reciproca tra paesi.

Per quanto riguarda il gas, è stato condiviso un impegno comune per ridurre a zero le importazioni di gas dalla Russia, investendo su altro.

Si è discusso anche delle emissioni, concordando la riduzione del 75% delle emissioni di metano da combustibili fossili, legate anche alle operazioni di petrolio e gas entro il 2030. In questo senso si è trovato un accordo anche per quello che concerne la decarbonizzazione dei trasporti a favore di una transizione all’elettrico.

Durante l’incontro poi sono stati introdotti altri temi per i quali sono stati avviati nuovi impegni quali:

  • presentare NDC che dimostrino progressi e la massima ambizione possibile, con obiettivi di riduzione assoluta a livello economico, che coprano tutti i gas serra, i settori e le categorie, in linea con 1,5°C;
  • utilizzare la Conferenza sui materiali e minerali critici al fine di accelerare l’attuazione del “Piano in cinque punti per la sicurezza dei minerali critici” stabilita al G7 di Sapporo;
  • sviluppare una Agenda volontaria su tessile e moda circolari;
  • assicurare una transizione giusta verso l’energia pulita nei paesi in via di sviluppo, con particolare riferimento all’Africa;
  • contribuire a sestuplicare la capacità degli accumuli di energia al 2030, portandola fino a 1.5 TW, a livello globale.

Come tanti altri summit, non sembra che il G7 di Torino abbia fatto grandi passi in avanti. Di certo piccoli cambiamenti sono utili e fondamentali per il futuro, ma da Paesi così rilevanti ci si aspetta sempre di più. Nonostante ciò, in questo incontro è stato evidenziato un particolare non indifferente, anzi basilare per un vero e proprio sviluppo in tali ambiti.

Per la prima volta i Paesi G7 riconoscono ufficialmente che servono migliaia di miliardi di dollari per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Dunque, qualsiasi impegno o obiettivo può essere raggiunto solo con una mobilitazione straordinaria di risorse pubbliche e private.

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A Torino il G7 sull’ambiente: cosa ne sarà della riunione 2024.

By : Aldo |Aprile 29, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su A Torino il G7 sull’ambiente: cosa ne sarà della riunione 2024.

La discussione sulle tematiche ambientali e la ricerca di soluzioni sostenibili sono fondamentali per garantire un futuro prospero e equo per le generazioni presenti e future. Affrontare le questioni ambientali, come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento, richiede un impegno globale e coordinato. Ed è per queste ragioni (e non solo) che sono stati istituiti vertici come il G7.

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Il G7 sull’ambiente

Il G7, o Gruppo dei Sette, è un forum internazionale composto da sette delle economie più industrializzate e avanzate del mondo. È nato originariamente come G6 nel 1975 per iniziativa del ministro delle finanze francese Valéry Giscard d’Estaing e del cancelliere tedesco Helmut Schmidt, con l’obiettivo di discutere e coordinare politiche economiche a seguito della crisi petrolifera del 1973. Successivamente, nel 1976, il Canada si unì al gruppo, trasformandolo nel G7.  Tra questi si contano: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Giappone, Italia, Canada.

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Il G7 si tiene annualmente come un vertice dei capi di stato e di governo dei paesi membri, durante il quale vengono discusse questioni economiche, politiche e di sicurezza globale di interesse comune. Oltre ai leader dei paesi membri, solitamente partecipano anche rappresentanti della Commissione europea. Le discussioni nel contesto del G7 possono riguardare una vasta gamma di argomenti, tra cui:

  • Politiche economiche e finanziarie globali
  • Sviluppo sostenibile e lotta al cambiamento climatico
  • Sicurezza internazionale, terrorismo e conflitti regionali
  • Cooperazione commerciale e investimenti internazionali
  • Diritti umani e democrazia

Le decisioni prese nel contesto del G7 non hanno valore giuridicamente vincolante, ma le dichiarazioni e gli impegni assunti possono influenzare le politiche nazionali e internazionali dei singoli paesi membri. Tuttavia, è stato criticato per la sua composizione limitata e il suo ruolo relativamente esclusivo nel prendere decisioni globali, con alcune voci che chiedono un maggiore coinvolgimento di paesi emergenti e in via di sviluppo.

Venaria Reale 2024

Torino, più precisamente Venaria Reale ospiterà da domenica 28 a martedì 30 il G7 dedicato al clima, all’energia e all’ambiente. I principali temi che verranno discussi saranno quelli riguardanti la riduzione delle emissioni di CO2 e i finanziamenti dei Paesi in via di sviluppo. I ministri degli stati partecipanti sono pronti alla 3 giorni di argomentazioni nonostante nessuno di loro è in linea con gli obiettivi fissati al 2030. Questo vertice, come gli altri in questione, servono per arrivare al summit dei capi di Stato e di governo del G7 che si terrà a Borgo Egnazia, in Puglia, dal 13 al 15 giugno. Evento in cui non si avrà tempo di affrontare ogni singolo tema; dunque, i vari paesi arrivano con delle proposte già discusse e curate in precedenza.

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In questo caso, i paesi riuniti sono tra quelli che hanno le maggiori responsabilità storiche in fatto di emissioni di CO2. Per questo (e anche in virtù della loro forza economica e tecnologica) è richiesto loro lo sforzo maggiore in fatto di decarbonizzazione. Nonostante ciò, sembra sia difficile raggiungere obiettivi comuni e attuare un concreto piano di azione che possa essere rispettato nei tempi e nei goal.

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Le proposte

I temi specifici che verranno affrontati saranno molteplici, tra cui, inquinamento, consumo e produzioni sostenibili, economia circolare e uso efficiente delle risorse. Ci sarà anche focus sulle materie prime critiche e quello sulla biodiversità ed il benessere degli ecosistemi di terra e di mare. Inoltre, i ministri si confronteranno sulle misure mirate all’azzeramento delle emissioni di gas serra, come previsto dalla Net-zero agenda. Un altro argomento chiave sarà l’amministrazione delle risorse idriche, in particolare in collaborazione con Paesi come l’Africa, con dispositivi e tecniche messi a punto per la creazione di nuove infrastrutture e per il monitoraggio.

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Nello specifico l’Italia si presenta con idee chiare per rendere questo incontro più concreto possibile e pieno di ambizioni. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha presentato il programma con l’obiettivo di

imprimere una forte spinta allo sviluppo delle rinnovabili e allargare gli orizzonti a tutte le fonti che, con il supporto scientifico, possano garantirci la sicurezza energetica, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi ambientali».

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Inoltre, sarà dedicata particolare attenzione alle richieste e alle proposte dei giovani, nonché i protagonisti del futuro. Questo sarà possibile grazie all’iniziativa tenutasi in occasione della Giornata della Terra, il 22 aprile, organizzata da Earth Day Italia, un incontro degli Stati Generali dell’ambiente per i giovani, riuniti per preparare un documento di intenti proprio per il G7. 

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In questo caso gli under 30 chiedono la diffusione di informazioni verificate e attendibili sui problemi attuali con soluzioni innovative e concrete e esortano gli stati ad adottare politiche coerenti ed effettive per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità previsti. Sottolineano anche l’importanza della sensibilizzazione dei cittadini sull’impatto delle azioni quotidiane nel mondo.

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Le opposizioni

Nonostante le grandi previsioni e promesse, ci sono molti dubbi sull’efficienza di questo summit, visti gli andamenti dei vari partecipanti. Per questo l’associazione Climate Analytics ha analizzato i piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7, descrivendo una situazione non positiva. Infatti, nessuno degli Stati è in linea per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030, al massimo possono raggiungere la metà delle riduzioni entro lo stesso anno.

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Non a caso si richiede la definizione di Ndc (Contributi determinati a livello nazionale) molto più ambiziosi degli attuali con l’istituzione di politiche più adeguate e funzionali. Un problema alla base di tale argomento è proprio l’utilizzo e il finanziamento dei combustibili fossili. In particolare, l’Italia e il Giappone sono tra i primi 5 Paesi che sovvenzionano progetti di combustibili fossili nel G20. Mentre gli Usa e il Canada restano tra i principali produttori mondiali di gas fossili.

Un secondo problema è quello del nucleare, al quale la Germania ha rinunciato, mentre la Francia continua a puntarci e l’Italia che vorrebbe seguirla.

 

Bisognerà aspettare la fine di questo summit per capire come si muoveranno gli Stati membri nel futuro prossimo. Di certo non ci si può aspettare un cambio epocale con queste premesse, ma si può sempre sperare per dei piccoli passi in avanti.  

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Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

By : Aldo |Aprile 22, 2024 |Arte sostenibile, Home |Commenti disabilitati su Giornata internazionale della Terra. Stop alla plastica e il doodle di Google.

Da anni si parla di salvaguardia della natura, della protezione del nostro pianeta e di come salvare il nostro futuro. Col tempo la ricerca sul tema è avanzata, così come la consapevolezza, gli strumenti per contrastare i problemi e la nostra sensibilità. Oggi, 22 aprile 2024 si celebra la Giornata Internazionale della Terra, precisamente la 50° giornata dedicata ad un tema fondamentale, come quello della protezione e della cura del nostro Pianeta.

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La Giornata Internazionale della Terra

La Giornata della Terra, celebrata il 22 aprile di ogni anno, è un momento dedicato all’ambiente e alla protezione del pianeta. Questa iniziativa venne promossa per la prima volta dalle Nazioni Unite, dopo la pubblicazione, nel 1962, del libro manifesto ambientalista “Primavera silenziosa” della biologa statunitense Rachel Carson. Dopodiché nel 1969, in una conferenza dell’UNESCO a San Francisco, l’attivista per la pace John McConnell propose una giornata per onorare la Terra e il concetto di pace. Queta ricorrenza venne poi istituita con una proclamazione dell’attivista firmata dall’allora Segretario generale dell’ONU, U Thant.

Così, partendo da una manifestazione studentesca, è stata istituita una giornata all’insegna dell’educazione e della sensibilizzazione a tematiche oggi discusse quotidianamente. Il 22 aprile del 1970, 20 milioni di cittadini americani, rispondendo a un appello del senatore democratico Gaylord Nelson, si mobilitarono in una storica manifestazione a difesa del nostro pianeta. Di seguito venne istituito l’Earth Day Network (EDN), un’organizzazione diventata poi internazionale per coordinare le iniziative dedicate all’ambiente durante tutto l’anno.

La sfida del 2024

La tematica principale di quest’anno, comunicata dal sito ufficiale dell’Earth Day, riguarda la riduzione della plastica nel mondo. Di preciso si pone come obiettivo quello di ridurre del 60% la produzione di tutte le plastiche entro il 2040. È stato scelto questo argomento, perché effettivamente unisce tutti in un impegno rilevante, ossia quello di chiedere la fine della plastica per il bene dell’intero pianeta. La meta di una tale manifestazione è quella di un futuro sano per tutti gli ecosistemi.

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la piattaforma, attraverso una serie di azioni concrete legate alla nostra quotidianità ma non solo. Si parla infatti della sensibilizzazione delle persone sul tema ma anche sui danni causati dalla plastica alla salute di tutti gli organismi viventi. In secondo luogo, si ricorda la necessità di eliminare tutte le plastiche monouso entro il 2030 per poi arrivare e per fare ciò servono delle leggi adatte. Questo è un altro punto fondamentale, poiché con le leggi, certi processi avvengono più velocemente e in maniera controllata. Senza dubbio, bisogna investire nelle nuove tecnologie e nelle innovazioni al fine di creare un modello di sviluppo o concepire una vita senza plastica.

Non solo plastica

Tuttavia, come detto precedentemente, la Giornata della Terra non affronta una sola tematica. Ossia si sensibilizza sulla protezione del Pianeta, un processo possibile grazie ad un’ampia varietà di cambiamenti, azioni concrete e tanto studio. Di certo si discute dei temi attuali e dell’impatto negativo e delle possibili rimedi; senz’altro si può citare l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, la perdita di biodiversità e la distruzione degli ecosistemi. Ed è proprio così, che Google ha voluto celebrare questo giorno, attirando l’attenzione di tutti.

Il motore di ricerca, oltre ad essere il più usato al mondo è anche molto famoso per i suoi doodle che ci accompagnano da oltre 20 anni. Tali alterazioni speciali e temporanee del logo sulla Home page di Google, vengono usate per commemorare eventi, personaggi storici e festività. Sono sempre più interattivi e spesso mirano all’informazione, semplice ma diretta.

Quest’anno Google ha deciso di creare un doodle dedicato all’impatto visivo; una serie di foto volte a  ricordare il motivo per cui oggi, si celebra Madre Terra. Infatti, possiamo notare che il nome del motore di ricerca sia scritto con lettere “naturali”, ovvero forme createsi sulla Terra che dimostrano come l’impatto dell’uomo abbia cambiato il pianeta.

In particolare:

  • la G è formata dalle Isole Turks e Caicos che ospitano importanti aree di biodiversità, minacciate dal cambiamento climatico;
  • la prima O rappresenta il Parco Nazionale di Scorpion Reef nel Messico, il quale ospita, la più grande barriera corallina nel sud del Golfo del Messico (area marina protetta e riserva della biosfera Unesco);
  • la seconda O è tratta dal Parco Nazionale di Vatnajökull, Islanda, patrimonio mondiale dell’UNESCO, protegge l’ecosistema intorno al più grande ghiacciaio d’Europa;
  • la seconda G associata al Parco Nazionale di Jaú, Brasile, la quale accoglie le riserve forestali più grandi del Sud America
  • la L descrive la Grande Muraglia Verde, in Nigeria, sito sotto osservazione e oggetto di studi contro la desertificazione;
  • e la E che mostra le Riserve Naturali delle Isole Pilbara, Australia, in cui si proteggono habitat ed ecosistemi fragili e rare con specie minacciate di estinzione.

Con lo scorrere di varie foto di possono notare i grandi cambiamenti di questi territori, spesso molto lontani da noi, ma pur sempre importanti per tutto il mondo. Non c’è da dire che il doodle abbia fatto centro, anche con i giochi interattivi riguardanti l’importanza delle api e del loro ruolo sul Pianeta. 

Ognuno di noi, può fare la differenza ogni giorno, in modi diversi ed anche con semplici cambiamenti. Oggi potrebbe essere il giorno giusto per prendere nuove abitudini, informarsi maggiormente e rispettare sempre più la nostra amata Terra. 

 

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Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

By : Aldo |Aprile 17, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Trec: il primo progetto contintale per il monitoraggio delle coste.

Si sa, la ricerca è un lavoro fondamentale in qualsiasi ambito ed ha ancora più potere se portata avanti in collaborazione tra nazioni, enti ed associazioni. Che sia in campo scientifico, culturale, tecnologico o artistico, si tratta sempre di un’importante attività che ci garantisce uno migliore sviluppo e un futuro all’avanguardia. Così anche il progetto continentale Trec, il primo nel suo genere, avrà il suo ruolo nel nostro futuro, grazie al suo lavoro di monitoraggio delle coste europee.

  

La collaborazione nella ricerca

La ricerca nel campo della biologia e dell’ambiente rappresenta una pietra miliare nel nostro impegno per comprendere e preservare il mondo che ci circonda. La collaborazione europea tra nazioni, istituti di ricerca e associazioni riveste un’importanza fondamentale in questo contesto. Grazie alla condivisione di risorse, conoscenze e tecnologie, gli scienziati possono affrontare sfide complesse su una scala più ampia e con una prospettiva interdisciplinare. Tale cooperazione garantisce lo scambio di idee e la creazione di connessioni che accelerano il progresso scientifico.

   

Inoltre, la cooperazione consente la standardizzazione dei metodi di ricerca e dei protocolli, garantendo la coerenza e la riproducibilità dei risultati ottenuti. In questo modo è possibile affrontare questioni globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la gestione sostenibile delle risorse naturali in modo più efficace ed efficiente. Infine, con valori condivisi e collaborazioni tra istituti, si favorisce lo sviluppo di politiche basate su evidenze scientifiche solide, che possono guidare azioni mirate per la protezione dell’ambiente e la promozione della salute pubblica.

  

Quindi la collaborazione europea nel campo della ricerca biologica e ambientale non solo favorisce la crescita della conoscenza scientifica, ma anche la salvaguardia del nostro pianeta per le generazioni future. Ed è proprio da queste esigenze che nasce il primo progetto continentale per il monitoraggio delle coste chiamato Trec.

  

Trec

Trec è il primo progetto al mondo di portata continentale con l’obiettivo di monitorare le coste europee. La spedizione partita un anno fa, intende infatti, monitorare lo stato di tutte le coste dell’Europa e ne studierà tutte e tre le sfere nelle loro diverse caratteristiche. Mare, terra, atmosfera saranno tutte esaminate attraverso metodologie diverse per poi descrivere un quadro complessivo delle coste del continente.

   

L’idea del programma è quella di studiare la salute di un’area precisa, in ogni suo elemento, organismo vivente e substrato. Di preciso le zone costiere sono spazi di transizione preziosi per la qualità delle condizioni di tutti gli ambienti che incrociano aria, acqua e suolo. Non a caso lo studio si concentra sul punto di incontro tra mare e terra, e nei 300 metri verso l’entroterra e nei mille verso il mare aperto a partire dalla battigia.

   

Lo studio prevede la collaborazione tra enti e istituti tra cui:

  • Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (Embl), che guida il programma;
  • la Tara Ocean Foundation;
  • il consorzio Tara Oceans;
  • l’European Marine Biology Resource Centre (Embrc).

Oltre a loro sono inclusi oltre 150 gruppi di ricerca, 70 istituzioni, partner locali dei 21 Stati coinvolti.

    

Criteri, metodologie e strumenti.

Il piano prevede che una squadra di campionatori viaggi tra i paesi dell’Unione europea e replichi le stesse condizioni di recupero di campioni e di analisi. Tale lavoro serve per uniformare i dati ricavati e standardizzare la metodologia, così da consolidare e condividere le ricerche svolte.

    

Tutto questo è possibile grazie alla goletta Tara e all’Advance Mobile Laboratory dell’Embl, ossia un “camion-laboratorio” altamente specializzato. Il camion, infatti, si “apre” diventando un centro analisi da 40 m2, che consente agli studiosi di svolgere i loro studi durante le tappe più ricche e impegnative. In tal modo, i campioni possono essere analizzati in loco, evitando il (solito) processo di congelamento che può alterare alcune caratteristiche del campione.

   

Oltre a questi due mezzi, in Italia sarà coinvolta la nave oceanografica del Cnr Gaia Blu, che contribuirà allo studio della biodiversità microbica, con attenzione particolare alla biogeochimica.

   

Il viaggio di Tara.

La goletta ha già percorso le coste nord-europee e oceaniche, dal mar Baltico al mare del Nord fino all’Oceano Atlantico. Ora invece spetta al Mar Mediterraneo tutta l’attenzione di questa ricerca: si partirà dalla Spagna per arrivare fino in Grecia passando per l’Italia.

   
A tal proposito, nella nostra Penisola sono state individuate specifiche città in cui svolgere le analisi previste. Nella lista figurano Pisa e Napoli, Amendolara (Calabria), Lesina (Puglia) e Chioggia (Veneto), scelte poiché tutte diverse tra loro per avere dei campioni differenziati, quindi un’immagine più completa.

   

Il 15 aprile la goletta è arrivata a Pisa dove, per l’occasione sono state organizzate una serie di attività per bambini e ragazzi proprio per diffondere l’importanza di questo lavoro. Senza dubbio è una modalità che coinvolge i più giovani facilmente e può far accrescere in loro la curiosità e l’interesse verso questo settore.

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Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

By : Aldo |Aprile 15, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Economia circolare: sempre più importante, secondo il sondaggio di Conou.

Conoscere e studiare le opinioni di una popolazione è fondamentale per capire le tendenze sociali, economiche dei cittadini. Questo discorso vale soprattutto se si trattano temi che comportano delle novità, poiché possono prevedere le tendenze future, le reali necessità dei cittadini e le possibili soluzioni. L’indagine presa in esame in questo articolo è quella condotta dal CONOU sull’economia circolare.

   

Il CONOU

Il CONOU,è il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Usati. Si tratta di un ente italiano nato nel 1991 con l’obiettivo di gestire in modo efficiente e sostenibile gli oli lubrificanti esausti provenienti da motori e macchinari. La sua importanza in Italia è significativa poiché con il suo lavoro riduce l’impatto ambientale derivante dalla loro dispersione nell’ambiente. Grazie alle sue attività, il CONOU contribuisce inolre la salvaguardia della salute pubblica, garantendo che gli oli usati vengano smaltiti in modo sicuro e conforme alle normative vigenti.

   

La sua rilevanza è nota a livello europeo poiché è un modello all’avanguardia per cui si viene rigenerato circa il 99% dell’olio lubrificante usato raccolto. Questo è un processo che comporta minori emissioni di CO2, riduzione del consumo di acqua e suolo e costi inferiori nella bolletta energetica.


Ecomondo

Ecomondo invece, è una fiera italiana che si svolge annualmente ed è diventata uno dei principali eventi nel panorama europeo dedicato all’ambiente e alla sostenibilità. La sua prima edizione risale al 1997, e da allora è cresciuta costantemente in termini di dimensioni e rilevanza. La fiera rappresenta un punto di incontro per professionisti, istituzioni, aziende e esperti del settore ambientale, offrendo uno spazio per presentare le ultime innovazioni, tecnologie e soluzioni per la gestione sostenibile delle risorse e la protezione dell’ambiente.

    

Ecomondo è importante perché offre un’ampia panoramica su tematiche cruciali come il riciclo, l’energia rinnovabile, la gestione dei rifiuti, la mobilità sostenibile e molto altro ancora. Vi partecipano aziende leader nel settore, istituzioni nazionali e internazionali, associazioni, ONG e centri di ricerca, creando un ambiente ideale per lo scambio di conoscenze e per promuovere collaborazioni. La fiera solitamente dura diversi giorni e si svolge presso il quartiere fieristico di Rimini, offrendo un’esperienza completa e immersiva per i partecipanti.

   

Ed è proprio durante la 26° edizione di questa cornice “green” e innovativa che il CONOU ha deciso di presentare un sondaggio sull’importanza dell’economia circolare. Forse si tratta di un’analisi che non riguarda l’intera popolazione visto il contesto abbastanza specifico, ma riporta pur sempre dei dati interessanti per l’ambito.

 

L’indagine per il futuro

L’indagine svolta dal CONOU presenta dei dati di vario tipo che rappresentano conoscenza e la percezione dei visitatori sul tema dell’economia circolare. Quest’ultima sembra essere una materia sempre più importante nella società odierna tanto che 8 persone su 10 la ritengono indispensabile (passando dal 74% del 2022, al 79%). Quasi 9 su 10 associano, il concetto di Economia Circolare al riciclo e recupero dei rifiuti, mentre si riduce la percentuale di persone che ha ancora un pensiero tradizionale sulla questione (dal 18% al 12%).

   

A livello demografico, rispetto al 2022, è aumentata la partecipazione di:

  • Donne, passate dal 35% al 43%;
  • Adulti, poiché il 73% è maggiore di 24 anni.

Tali cambiamenti dimostrano un approccio consapevole da parte dei cittadini, evidenziando come sempre più giovani si avvicinino a certe tematiche.

Per quanto riguarda obblighi, doveri, il 55% degli intervistati attribuisce ai governi la responsabilità di doversi far carico delle urgenze ambientali. Contemporaneamente il 35% crede che il contrasto all’emergenza climatica spetti principalmente alle industrie e alle imprese. Solo il 9% delle persone invece, pensa sia compito dei cittadini e delle organizzazioni, quello di attivarsi per cambiare le cose.

   
Come descritto con questi dati, il concetto di economia circolare sembra aver cambiato connotati nell’arco di pochi mesi. Anno dopo anno infatti, prende sempre più un’accezione positiva e fondamentale per il futuro. A maggior ragione se si parla di investimenti, non a caso il 63% degli intervistati, ritiene necessario il finanziamento di progetti di economia circolare.

 

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L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

By : Aldo |Aprile 11, 2024 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’impresa agricola torna di moda tra i giovani. Ecco il nuovo bonus.

L’Italia è un paese pieno di natura, di materie prime, di tradizioni e culture.  Senza dubbio molte di queste vengono tramandate di generazione in generazione per poterle conservare anche se i tempi sono cambiati e certe usanze non trovano un vero e proprio riscontro nel presente. Tuttavia, c’è un’attività che sta prendendo piede tra i giovani che è tutt’altro che innovativa. Il settore agricolo torna in voga grazie alle nuove tecnologie e agli investimenti.

  

L’agricoltura in Italia

L’agricoltura in Italia ha radici profonde che affondano nei tempi antichi, risalendo all’epoca dell’Impero Romano e oltre. La sua diffusione ha contribuito significativamente alla formazione dell’identità nazionale e alla diversificazione culturale delle varie regioni italiane. Oggi, l’agricoltura rimane un pilastro dell’economia italiana, anche se la sua importanza relativa è diminuita rispetto al passato. Secondo dati recenti, il settore agricolo contribuisce ancora significativamente al PIL nazionale, rappresentando circa il 2% del totale, con una produzione annua che supera i 50 miliardi di euro.

   

Dal punto di vista demografico, l’agricoltura ha subito una significativa trasformazione nel corso degli ultimi decenni. Infatti, se in passato rappresentava il principale impiego per la maggior parte della popolazione, oggi il numero di agricoltori è diminuito vertiginosamente a causa dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione. Tuttavia, l’agricoltura rimane ancora un importante datore di lavoro, soprattutto nelle aree rurali, e svolge un ruolo chiave nel mantenimento delle tradizioni culturali e della biodiversità.

   

Una tradizione da rinnovare

Per quanto riguarda l’interesse dei giovani nei confronti dell’agricoltura, ci sono segnali di un nuovo interesse verso questo settore. Nel 2024, i dati indicano che circa il 15% dei giovani italiani è coinvolto direttamente o indirettamente nelle pratiche agricole. Ossia, sono veri e propri agricoltori e contadini, oppure investono in aziende agricole o progetti correlati. Tale movimento sta registrando un aumento rispetto agli anni precedenti, indicando una crescente consapevolezza dell’importanza dell’agricoltura per l’economia e l’ambiente.

   

Tuttavia, nonostante questa crescita, i giovani rappresentano ancora una minoranza rispetto agli anziani (o persone di età intermedia) nel settore agricolo. Ciò evidenzia la necessità di incentivare ulteriormente l’interesse dei giovani verso l’agricoltura e creare opportunità per il loro coinvolgimento attivo in questo settore vitale. Proprio per tale esigenza, è stata approvata una nuova legge che possa incentivare i ragazzi italiani ad intraprendere una carriera in questo settore.

   

Bonus per i giovani agricoltori

La legge 36/2024 pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 26 marzo scorso, è entrata in vigore mercoledì 10 aprile e mira a grandi incentivi per i giovani. Tale legge prevede l’istituzione di un fondo che mette a disposizione 15 milioni di euro all’anno per il cofinanziamento di programmi regionali per favorire lo sviluppo del ricambio generazionale.

   

Si articola in vari tipi di supporto per diverse tipologie di attività, ma tutti i finanziamenti hanno l’obiettivo di integrare i ragazzi nel settore agricolo. Come scritto nel paragrafo precedente, non si tratta di un incentivo alla mansione di agricoltore, ma una serie di aiuti, finanziamenti e sviluppo di progetti che possano innovare e soprattutto rendere sostenibile l’agricoltura per via del lavoro fisico e mentale dei giovani.

    

In concreto il bonus lavora in 4 principali ambiti quali:

  • Contributi a fondo perduto per chi avvia un’impresa: un fondo annuo di 15 milioni di euro per sostenere giovani imprenditori agricoli tra i 18 e i 41 anni e le imprese agricole con soci che rispettano tali requisiti. I fondi saranno erogati per l’acquisto di terreni, strutture e beni strumentali, o di aziende già operative.
  • Sconti sulle tasse per gli atti di acquisto dei terreni: riduzione del 40% delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, con il versamento del 60% rispetto alle tariffe ordinarie. Inoltre, è valido uno sconto del 50% sugli onorari notarili per gli atti di compravendita fino a 200.000 euro. Infine ci sono ulteriori agevolazioni per l’acquisto di terreni confinanti con diritto di prelazione, privilegiando giovani agricoltori con specifiche competenze (quali diploma, laurea o corsi inerenti al settore).
  • Regime forfettario per i primi cinque anni: agevolazioni fiscali per le nuove attività gestite dai giovani (a chi non ha esercitato nei tre anni precedenti altra attività d’impresa agricola), con un’imposta forfettaria al 12,5% sull’intero reddito agricolo, sostituendo Irpef e Irap.
  • Credito d’imposta per la formazione: previsto fino all’80% delle spese per corsi di formazione in gestione e innovazione agricola, valido anche per giovani imprenditori dal 1° gennaio 2021.
  • Posti riservati ai giovani nei mercati comunali: disposizioni per agevolare la commercializzazione dei prodotti delle suddette imprese, riservando loro almeno il 50% degli spazi nei mercati per la vendita diretta di prodotti agricoli gestiti dai giovani.

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