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La società italiana OVS si riconferma leadear nel Fashion Transparency Index.

By : Aldo |Luglio 23, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menoconsumi, obiettivomeno rifiuti, plasticfree |Commenti disabilitati su La società italiana OVS si riconferma leadear nel Fashion Transparency Index.
OVS

Spesso si parla dei brand legati alla moda e ci si domanda quali siano i loro impegni nel campo della sostenibilità.

Tali quesiti sono cresciuti soprattutto con il passare degli anni e in relazione alle nuove inchieste nel campo tessile.

    

OVS primeggia nella moda

OVS la società d’abbigliamento italiana (dall’acronimo Organizzazione Vendite Speciali), primeggia per il terzo anno di fila nel Fashion Transparency Index.

Il brand si trova al primo posto, tra i 250 principali brand e retailer di moda al mondo, per la terza volta consecutiva. Il premio rappresenta in toto l’impegno della società nel campo della sostenibilità e quindi il suo investimento in un futuro migliore.

   

OVS si occupa dell’industria tessile e di tutto quello che concerne la loro produzione, sviluppando al contempo progetti anche nel sociale. Perciò ha raggiunto un grande risultato, valutato sulla base di molteplici criteri che spaziano dall’amministrazione alla produzione, fino alla comunicazione delle loro azioni.

    

Fashion Transparency Index 2023

Per quanto si parli di fast fashion, grandi merche e alta moda, bisogna soffermarsi sulla definizione del Fashion Transparency Index.

È un’indagine condotta annualmente su 250 fra i più grandi brand o rivenditori di moda e lusso, classificati in base alla loro trasparenza in vari temi. Tra questi i diritti umani, le politiche ambientali, l’impatto delle loro attività a partire dalla filiera, includenco 2 dei pilastri della sostenibilità: ambiente società.

Inoltre, si guarda anche alle pratiche di acquisto e al monitoraggio delle attività produttive per l’attivazione di azioni di miglioramento.

   

Nel 2023 OVS si posiziona al primo posto del Fashion Transparency Index con un punteggio dell’83% grazie ai miglioramenti in quattro dei cinque ambiti analizzati. Ovvero Policy and Commitments, riguardanti l’accessibilità delle policy aziendali rispetto la sostenibilità e la descrizione dei processi aziendali a supporto.

Mentre Governance, Know, show and fix, Spotlight issues valutano la chiarezza nel raccontare le azioni attivate in risposta ai fattori di rischio ambientali e sociali.

    

Inoltre, il gruppo ha incluso dati correlati alle emissioni di CO2 e all’utilizzo di acqua dei fornitori e dichiarato obiettivi destinati a supportare i lavoratori. Ha per giunta condiviso i piani di intervento con cui ha affrontato alcune criticità nella catena di fornitura.

L’indice descritto è un’idea del movimento Fashion Revolution di cui abbiamo già parlato nell’articolo sul “Bonus riparazione tessile”.

      

OVS e i suoi impegni

OVS è comunque molto impegnata nel campo sostenibile per via di molteplici progetti volti al miglioramento dell’azienda stessa e degli effetti che comporta all’ambiente. Non a caso da anni monitora tutti gli aspetti del suo business attraverso strumenti di tracciabilità e processi di controllo.

  

Per esempio, nel 2021 il gruppo ha pubblicato il piano di decarbonizzazione che prevede un’ulteriore riduzione del 46,2% di emissioni di CO2 entro il 2030. In aggiunta ha comunicato tutti i dati relativi alla performance ambientale e sociale della catena di fornitura.

   

É comprensibile quanto la trasparenza sia una un concetto fondamentale nella strategia di sostenibilità del gruppo, per accelerare il miglioramento anche dei suoi impatti. Se non altro è importante anche nei confronti della responsabilità che ha nei confronti degli stakeholder, visto anche la posizione da leader del mercato.

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Comieco: aumenta la differenziata e calano i consumi di carta e cartone.

By : Aldo |Luglio 22, 2023 |Arte sostenibile, bastaplastica, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Comieco: aumenta la differenziata e calano i consumi di carta e cartone.
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La raccolta differenziata resta uno dei temi principali se si parla di sostenibilità ed economia circolare.

In Italia continua ad essere un problema in alcune città e una virtù per altre, ma sicuramente negli anni, la situazione sta migliorando.

    

Il Rapporto Comieco

Il Comieco ha presentato recentemente il 28° Rapporto sulla raccolta, il riciclo e il recupero di carta e cartone, annunciando notizie positive per il settore.

Infatti, sembra che la raccolta differenziata della carta in Italia, stia migliorando sempre più anche se a piccoli passi.  Stando ai dati dell’analisi, la differenziazione dei rifiuti cartacei ammonta a 3 milioni 600 mila tonnellate, con una media nazionale pro-capite di oltre 61 kg.

   

Tale risultato descrive senza dubbio un miglioramento delle abitudini dei cittadini e anche ad una maggiore attenzione dei produttori agli imballaggi. Atteggiamenti virtuosi che possono effettivamente portare ad un cambiamento, pratico ma anche ideologico e d’immagine del Belpaese.

Non a caso proprio grazie alla sensibilizzazione dei cittadini e ai loro comportamenti, gli imballaggi in carta e cartone che hanno superato l’81% di riciclo. Questa una cifra importante poiché conferma il superamento degli obiettivi europei al 2025 e il progressivo avvicinamento ai target fissati per il 2030.

    

La crescita nelle regioni

Il Comieco detiene 972 convenzioni con 6.840 Comuni o loro gestori all’interno dell’Accordo Quadro Anci-Conai, pertanto, presenta studi complessivi della situazione italiana da 25 anni. Così è stato redatto un rapporto con cifre specifiche per ogni regione, descrivendo una situazione più o meno omogenea del Paese. Ovviamente non mancano eccezioni positive e negative, ma di certo si registra una tendenza crescente.

  

I dati riportano un +0,4% al Nord, ossia 8 mila tonnellate in più rispetto al 2021, con Valle d’Aosta, Lombardia ed Emilia-Romagna in crescita. Il loro ottimo lavoro compensa però il calo di Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige, mentre Friuli-Venezia Giulia e Liguria restano stabili.

Meglio il centro, che con +0,5% determina un aumento di 4 mila tonnellate per merito di Toscana e Umbria che portano a +12 mila tonnellate. Anche qui, Marche e Lazio non sono riuscite a migliorare anche a causa dei gravi problemi presenti a Roma.

Il sud invece sovrasta tutti con il suo +0,8% registra un aumento di quasi 8 mila tonnellate: la Campania resta stabile. Calano invece Sardegna e Abruzzo al contrario delle altre regioni che crescono ad un ottimo ritmo. Tuttavia, il caso meridionale, rappresenta una grande possibilità di sviluppo e di grande crescita del settore. Questo perchè proprio nel sud è disponibile oltre il 50% delle 800 mila tonnellate di carta e cartone che si stima finiscano ancora nell’indifferenziato.

           

C’è da dire anche, che spesso sono le grandi città ad ampliare le dinamiche nazionali, visti i numeri di abitanti che le contraddistinguono. Si pensi che solo i grandi agglomerati urbani rappresentano il 13% di tutti gli italiani e producono 4 milioni circa di tonnellate di rifiuti annui. Di questi vengono raccolti 1 milione e 800 mila tonnellate, di cui 500 mila sono di carta e cartone (esattamente il 14%).

     

Il contesto storico

La crescita positiva del campo è determinata anche da vari fattori dipesi da eventi che ultimamente hanno cambiato l’assetto del pianeta.

Dapprima la pandemia, seguita dalla guerra in Ucraina e l’intensificazione del cambiamento climatico. Sono questi gli eventi che hanno modificato in modo diverso il nostro mondo e che continueranno a farlo. Perciò i loro effetti sono stati tenuti in considerazione anche nella redazione del 28° Rapporto Comieco, proprio per spiegare meglio le differenze con gli anni precedenti.

   

In primo luogo, stiamo vivendo una crisi economica per cui sono calati gli acquisti e di conseguenza anche la produzione di rifiuti. Nonostante ciò, tale fenomeno non ha inciso sui volumi di raccolta differenziata della carta e del cartone.  È più probabile che la cosiddetta “policrisi”, abbia ridotto la produzione di rifiuti di un milione di tonnellate. Precisamente sembra che calo degli acquisti alimentari abbia inciso sulle vendite di imballaggi in carta e cartone.

   

Il Comieco, parte integrante dell’ente Conai, ha descritto con il suo studio annuale, una nuova realtà. L’Italia in questo settore, riesce a raggiungere gli obiettivi europei grazie ai comportamenti sostenibili dei cittadini e una migliore amministrazione.  

  

Sicuramente con controlli precisi e una continua formazione degli abitanti di ogni città, le cose potranno solo migliorare. Tuttavia, è fondamentale che a capo della gestione dei rifiuti ci sia un’organizzazione adeguata ed efficiente. In questo modo da non vanificare tutti gli sforzi e le azioni positive della popolazione.

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Gardaland è il primo parco divertimenti in Italia certificato “Rifiuti Zero”.

By : Aldo |Luglio 20, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Gardaland è il primo parco divertimenti in Italia certificato “Rifiuti Zero”.
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Come noto, l’economia circolare non si limita ad un solo settore o ad un solo tipo di ente. La circolarità è una caratteristica applicabile in ogni ambito e per la prima volta se ne parla in relazione ad un parco divertimenti.

  

Gardaland a Rifiuti Zero

Gardaland Resort di recente è diventato il primo parco divertimenti italiano a ottenere la certificazione “Rifiuti Zero”.  Una grande realtà con 200 dipendenti fissi e i 1.500 stagionali che non delude mai le aspettative di grandi e bambini.

Il parco situato in provincia di Verona è la seconda attrazione turistica dell’Italia per numero di biglietti venduti, superata solo dal Colosseo. È a tutti gli effetti è il sesto parco europeo per numero di visitatori: 2.950.000 nel 2022.

La sua rilevanza nel territorio italiano è indiscutibile e pertanto, la sua certificazione “Rifiuti Zero” determina un ottimo progresso verso un futuro sostenibile. Se non altro, rappresenta un modello per gli altri parchi tematici, divertimenti, che possono prendere spunto per migliorarsi.

    

La sostenibilità del Resort

Gardaland è stato certificato come primo parco divertimenti italiano a “Rifiuti Zero” grazie al lavoro dell’intera azienda e della scrupolosa indagine di AENOR.

Già dal 2019, il Parco era riuscito nell’impresa di azzerare la plastica monouso a favore di materiali compostabili e biodegradabili all’interno dei punti ristorazione. Un cambio rilevante poiché la plastica monouso è diffusa per la sua comodità, quindi più agevole anche con i bambini che frequentano il parco.

Ma non si parla solo della plastica: l’azienda ha puntato molto sulla raccolta differenziata, all’interno di tutto il Resort potenziando i processi circolari. In più, l’ente si è occupato di investire in una loro gestione virtuosa.

   

La determinazione dell’azienda è stata possibile grazie al coinvolgimento di tutto l’entourage che con piccole azioni ha cambiato totalmente abitudini quotidiane o automatiche. Pertanto, nel 2022, il parco ha raggiunto il traguardo del 93,4% di rifiuti valorizzati sul totale dei rifiuti prodotti. In questo modo, il gruppo ha contribuito allo sviluppo di nuove iniziative sostenibili, con operazioni di recupero e di economia circolare.

   

Inoltre, ha adottato un approccio ottimizzato nella gestione dei rifiuti indifferenziati, destinandoli a impianti di selezione e cernita. Ovvero, con tale procedimento si massimizza il recupero delle risorse. Questa iniziativa mira a massimizzare l’ammontare di rifiuti, riducendo quasi completamente la quantità di materiale destinato alle discariche.

Inoltre, l’attività descritta ha permesso anche la collaborazione con una Cooperativa Sociale. Grazie al suo coinvolgimento è nato un progetto per il riutilizzo delle divise dismesse e la loro integrazione nel mercato equo solidale.

     

AENOR e la certificazione

La certificazione del Gardaland Resort è arrivata per mezzo di un’attenta e scrupolosa analisi di AENOR. Tale azienda è tra i 10 dieci enti certificatori internazionali più importanti al mondo ed è riconosciuta in ben 90 paesi. L’ente si occupa principalmente di individuare e certificare le aziende capaci di gestire in modo virtuoso i rifiuti, massimizzando le azioni di prevenzione e recupero.

Nel caso specifico, l’organizzazione ha valutato ogni documento per qualsiasi passaggio della filiera correlata alla gestione dei rifiuti, comprendendo ciascun settore e attività del parco. Tra questi i rifiuti derivanti da negozi e uffici, che comprendevano scarti alimentari indumenti, scarti dei negozi come giocattoli rotti, pile, carta e cartone.

     

Senza dubbio una valutazione così importante, per un parco divertimenti, attira l’attenzione su un nuovo ambito. Gardaland così diventa un modello per tutte le aziende del settore sia italiano che europeo.

Soprattutto perchè un parco di quel genere è a tutti gli effetti una piccola città. Include edifici abitabili, bagni, ristoranti, veicoli, negozi e uffici amministrativi. Dunque, non sarebbe assurdo pensare che anche tali realtà si impegnino (per quanto possibile) nel raggiungimento di obiettivi sostenibili di vario tipo.

La riduzione delle loro emissioni potrebbe essere la prossima meta?

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Decreto Aree Idonee Rinnovabili: arriva la bozza e circolano i primi dati.

By : Aldo |Luglio 19, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, obiettivomeno emissioni, obiettivomeno rifiuti |Commenti disabilitati su Decreto Aree Idonee Rinnovabili: arriva la bozza e circolano i primi dati.

La transizione ecologica non è un’ipotesi, ma la soluzione, una delle più importanti per poter (almeno) rallentare il cambiamento climatico.

Al suo interno, la transizione energetica è ugualmente fondamentale, proprio per poter ridurre le emissioni di CO2 dall’atmosfera.

   

Il decreto

Giovedì 13 luglio è stato trasmesso il decreto alla valutazione della Conferenza Unificata. Si parla di un decreto atteso da più di un anno, necessario per portare avanti la transizione energetica italiana. L’annuncio è stato dato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante il Question Time alla Camera.

Il testo è rilevante per la determinazione di criteri e obiettivi in merito all’individuazione delle aree idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile. Inoltre, serve per quantificare l’ipotetica potenza che l’Italia potrebbe raggiungere grazie a maggiori fonti “green” attivando pratiche ferme da anni.

La bozza presenta anche il cosiddetto “burden sharing” ossia gli obiettivi minimi da raggiungere nel rispetto dell’obiettivo nazionale al 2030. Con l’impegno di tutti e l’aiuto delle nuove tecnologie si compiranno impegni fissati dal PNIEC derivanti dall’attuazione del pacchetto “Fit for 55”. Senz’altro si risponde anche ai requisiti del pacchetto “Repower UE”.

    

Pratiche e potenza

È previsto che le 19 regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno spartirsi gli 80 GW di nuova capacità rinnovabile. Questa è attesa per la fine del decennio e sarà ripartita in porzioni diverse a seconda delle caratteristiche di ogni regione.

Così facendo il piano aiuterà a velocizzare e semplificare la realizzazione dei grandi impianti fotovoltaici ed eolici in Italia. Per fare ciò, serve appunto un testo che spieghi come un’area possa essere considerata o meno “idonea” all’installazione di FER.

   

Per quanto riportato nel decreto ad ogni territorio è stata assegnata una potenza minima da raggiungere ogni anno dal 2023 al 2030. Precisamente la Sicilia dovrà installare 10,3 GW di rinnovabili, la Lombardia 8,6 GW, la Puglia 7,2 GW. Mentre l’Emilia-Romagna la Sardegna circa 6,2 GW a testa.

Nel conteggio annuale verranno presi in considerazione tutti i nuovi impianti a terra entrati in esercizio a partire dal 1° gennaio 2022.  In più si tiene conto della potenza nominale aggiuntiva derivante da interventi di rifacimento o ricostruzione integrale.  In caso dei nuovi impianti rinnovabili offshore si tiene conto invece solo del 40% della potenza nominale delle installazioni.

  

Sarà il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica insieme al Gestore dei Servizi Energetici a monitorare tutte le operazioni del caso.

    

Termini e condizioni

Per il raggiungimento degli obiettivi, Regioni e Province autonome dovranno identificare aree idonee entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Tale procedimento dovrà necessariamente rispettare dei principi di minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio. Tutto ciò sarà possibile grazie all’adozione o integrazione di strumenti opportuni del governo del territorio.

Nel caso in cui questo non accadesse entro i limiti delle leggi, l’ente predisposto proporrà al Presidente del Consiglio, schemi di atti normativi di natura sostitutiva.

  

Le aree classificate idonee hanno dei requisiti che si  differenziano sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto, scelto dall’amministrazione. Nonostante ciò, per individuare le aree adeguate, gli enti burocratici possono usare la piattaforma digitale, integrata dai dati sull’uso del suolo agricolo desumibili dal SIAN.

Lo schema del decreto presenta una classificazione delle aree: superfici e aree idonee, superfici e aree non idonee, e aree soggette alla disciplina ordinaria. Di certo una zona definita idonea per il fotovoltaico potrebbe non esserlo per l’eolico, per il quale ci sono altri criteri di scelta.

     

Di seguito sono riportate quelle che sono considerate superfici e aree idonee secondo il DM:

  • siti dove risultano già installati impianti rinnovabili che sfruttano la stessa fonte e i cui lavori di riqualifica, ristrutturazione, potenziamento ecc. Inoltre, non che devono comportare una variazione dell’area occupata superiore al 20% (fotovoltaico escluso);
  • aree oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V;
  • cave e miniere abbandonate o in condizioni di degrado ambientale o porzioni delle stesse non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
  • siti e gli impianti del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, dei gestori di infrastrutture ferroviarie e delle società concessionarie autostradali. Analogamente a quelli delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali;
  • aree non ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela e che non ricadono nella fascia di rispetto. Quindi 3 km dal perimetro dei beni sottoposti, 500 metri per gli impianti fotovoltaici;
  • esclusivamente per gli impianti fotovoltaici e di produzione di biometano, le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distano non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi SIN, cave e miniere. Le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti e quelle classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distano non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri;
  • i beni del demanio militare in uso al Ministero della Difesa, dell’Interno, della Giustizia (e uffici giudiziari), e da quello dell’Economia e delle Finanze;
  • le superfici degli edifici, delle strutture e dei manufatti su cui vengono realizzati impianti fotovoltaici rientranti nel regime di manutenzione ordinaria.

Sarà questo il passo che serve all’Italia per cambiare rotta? Sicuramente è un programma di grande spessore che deve entrare in vigore il prima possibile per iniziare un nuovo percorso verso un futuro migliore.

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Giovani, Minecraft e smart cities: quando la scuola forma a 360° gli adulti di domani.

By : Aldo |Luglio 18, 2023 |Arte sostenibile, Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare |Commenti disabilitati su Giovani, Minecraft e smart cities: quando la scuola forma a 360° gli adulti di domani.
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Troppe volte i videogiochi dei ragazzi sono stati giudicati poco opportuni o diseducativi. Oggi però esistono delle nicchie per le quali il videogame può incrementare la crescita e la formazione del giocatore e non solo.

     

Minecraft per il futuro

È curioso pensare che nel 2023 si cerchino giocatori di Minecraft per progettare le città del mondo. No, non si tratta di un film ma della realtà.

Il progetto Schools Reinventing cities (di C40) è un’iniziativa in collaborazione con Minecraft Education, il famoso videogioco d’avventura.

L’iniziativa prevede che gli studenti delle scuole medie e superiori di tutto il mondo, ridisegnino in modo “sostenibile” le proprie città. In questo modo, i ragazzi, gli adulti del futuro, potranno modificare i centri urbani che abitano, a prova di futuro.

   

Il programma nato a Londra è approdato anche a New York, Buenos Aires e Calgary, con la speranza di farlo arrivare in tanti altri Stati.

L’obiettivo più grande è proprio quello di coinvolgere le nuove generazioni nella gestione cittadina sostenibile. A tal proposito, gli studenti saranno protagonisti dei cambiamenti necessari per un futuro migliore, ovvero il loro.

   

In breve, rappresenta una vera e propria sfida alla pianificazione urbana delle proprie città.

    

Schools Reinventing Cities

É importante che i giovani studenti delle scuole medie e superiori, abbiano la possibilità di ideare e creare una città diversa da quella che conoscono. È rilevante per molteplici motivi che in alcuni casi vanno oltre il “semplice” studio della sostenibilità.

    

Sicuramente è un sistema che aiuta i ragazzi a conoscere sotto vari aspetti, magari anche sconosciuti il luogo in cui vivono. Tale conoscenza li rende consapevoli di tutti i servizi che il centro abitato offre, o in altri casi non presenta. Proprio così gli studenti potranno avere una panoramica della situazione per poi studiare quali modifiche apportare nel loro modello digitale.

   

Vista l’entità del piano, i cambiamenti da proporre riguardano il settore della sostenibilità dunque, i ragazzi dovranno studiare bene le loro mosse. Sicuramente si potrebbe mirare sull’ aggiunta di aree verdi, spazi collettivi e di mobilità sostenibile, oppure sulla riduzione delle isole di calore. Così facendo i giovani si avvicinano anche alle nuove tecnologie utili per la transizione ecologica quindi per le modifiche che proporranno.

   

Tuttavia, la collaborazione tra il videogioco più in voga negli ultimi anni e un progetto per le smart cities offre anche un altro beneficio. Quello della formazione degli adulti del futuro.

Infatti la scuola non dovrebbe anche aiutare i ragazzi a formarsi come cittadini del mondo, con obiettivi e sogni da raggiungere e realizzare. Perciò è fondamentale la possibilità di far conoscere loro, nuove passioni, gli impieghi del futuro, dimostrargli studi e carriere che potranno intraprendere dopo le scuole superiori.

Questo importante punto è centrato pienamente dal progetto, poichè gli studenti interpretano il ruolo dei professionisti quotidianamente incaricati di gestire l’ambiente costruito anche per un solo giorno. Quindi capiranno di cosa si occupa un architetto, un pianificatore, un direttore delle costruzioni piuttosto che un ingegnere o un designer.

   

Dunque saranno in grado di avvicinarsi a determinate professioni, o ad allontanarsi nel caso capissero che quel tipo di impiego non fa per loro.

In entrambi i casi si tratta di formazione di un certo tipo, che raramente si trova negli istituti italiani, nei quali, inoltre, il progetto non è ancora arrivato.

      

L’entità C40

C40 è l’ente all’origine di questo grande progetto. È una rete globale di circa 100 sindaci delle principali città del mondo, che insieme vogliono affrontare la crisi legata al cambiamento climatico.

Il piano intende creare una collaborazione basata su un approccio inclusivo e scientifico. L’obiettivo è quello di dimezzare le emissioni di ogni città, entro il 2030, e di costruire comunità sane, eque e resilienti attraverso una diplomazia internazionale. Inoltre, si punta a facilitare investimenti in lavori verdi e progetti che migliorano la resilienza nelle città.
   

La partecipazione all’iniziativa non si basa sulle tasse ma sulle prestazioni di ogni città che a tal proposito ha dei doveri da rispettare.

Come già detto deve presentare un piano d’azione per il clima resiliente e inclusivo in linea con l’ambizione di 1.5 °C dell’accordo di Parigi. In questo senso servirà poi un regolare aggiornamento di tale piano, anche in virtù del fatto che l’impegno deve essere portato avanti fino al 2024. Successivamente sarà rinnovato per il 2030.

     

Tali modifiche avverranno grazie a strumenti di vario tipo per affrontare la crisi climatica, integrando i propri obiettivi climatici nei processi decisionali maggior impatto. Senza dubbio servono innovazioni e iniziative inclusive e resilienti per affrontare le emissioni al di fuori del controllo diretto del governo della città.

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Economia circolare: in Francia nasce il bonus riparazione tessile.

By : Aldo |Luglio 16, 2023 |Emissioni, Home, obiettivomeno emissioni, plasticfree, Rifiuti |Commenti disabilitati su Economia circolare: in Francia nasce il bonus riparazione tessile.
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L’economia circolare si basa su vari principi tra i quali il riciclo e il riuso, due concetti validi in qualsiasi ambito e per qualsiasi prodotto.

Tuttavia, la riparazione è un’azione basilare per poter sviluppare tante altre attività: per questo la Francia sta dando una grande lezione a tutti.

  

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Questo il nome in francese di quello che noi definiamo il “Bonus riparazione”, la nuova iniziativa francese per il settore tessile.

Il fondo in questione è stato creato sulla base di due azioni principali con l’obiettivo di migliorare l’economia circolare del paese.

Il primo punto è il “bonus”, ovvero uno sconto applicato in fattura, per coloro che portano a riparare i propri capi d’abbigliamento o le calzature. Tale sconto sarà diverso in funzione del lavoro da svolgere, per un minimo di €6 ad un massimo di €25. Per esempio, sostituire la pelle consumata di un paio di scarpe fino a €25 o incollare una scuola staccata a €8.

    

Il secondo invece è un’iniziativa che indica le azioni complementari al bonus, si tratta di campagne di sensibilizzazione sul servizio, pubblicizzazione e formazione degli operatori.

L’obiettivo è quello di sostenere gli artigiani del settore, aumentando i posti di lavoro, ma anche quello di ridurre sprechi ed inquinamento dell’industria tessile.

Così si mira a prolungare la durata dei beni di consumo, ridurre i rifiuti e cambiare l’approccio culturale agli sprechi. Inoltre, si vuole aumentare il volume di capi d’abbigliamento e scarpe riparati in Francia del 35% entro il 2028.

   

Con questo nuovo sistema, si crea un grande incentivo per i cittadini francesi, i quali potrebbero pian piano cambiare abitudini, aiutando il pianeta.

      

La collaborazione con Refashion

Lo stato ha collaborato con l’organizzazione per la moda sostenibile Refashion. Questa si  occuperà della piattaforma online per l’iniziativa e si impegnerà nella verifica dei requisiti necessari dei negozi, per ricevere i fondi per la riparazione.

Il programma sarà lanciato quando il governo avrà incluso almeno 500 realtà nella nazione entro la fine dell’estate. Così facendo il servizio verrà attivato da ottobre 2023 e sarti e calzolai registrati saranno “etichettati” come partecipanti.

Questa rete consentirà di comprendere gli artigiani senza limitazioni relative alle dimensioni dell’azienda o ai loro rapporti con i grandi brand della moda. Pertanto, i negozi registrati, non potranno rifiutarsi di aggiustare prodotti di firme diverse da quelle con cui hanno collaborazioni.

  

Al momento ben 250 esercenti hanno mandato la loro domanda di adesione.

    

La legge anti-spreco

Il progetto conta finanziamenti per i prossimi 5 anni grazie al fondo dedicato da 154 milioni di euro, raccolti per lo scopo dal 2020.

È un piano che si aggiunge ad una serie di provvedimenti per ridurre i rifiuti, grazie alla cosiddetta legge anti-spreco del 2020. Grazie ad essa sono state vietate varie pratiche abitudinarie che producono grandi quantità di rifiuti inutili.

Quindi sono stati vietati i sacchetti di plastica nei supermercati e le confezioni monouso nei fast food. In più è stato introdotto bonus riparazione per elettrodomestici, giocattoli e altri prodotti e costruito fontanelle negli spazi pubblici.

   

Un ulteriore incentivo è l’eco-score, una certificazione (volontaria) dei prodotti con la quale si indica il loro impatto ambientale e la riparabilità (attiva dal 2024). Queste pratiche favoriscono sempre più i processi circolari che creano benefici sia per l’ambiente che per l’economia del paese.

 

Il contesto ambientale e il fast fashion

Tutte queste attenzioni, soprattutto verso il settore tessile, dipendono da una situazione ben precisa e abbastanza critica.

Per l’ONU, il settore tessile rappresenta attualmente una delle attività umane con l’impatto ambientale più alto a livello mondiale. L’industria è causa di acque reflue piene di componenti chimici, elevate emissioni di CO2, dispersione di microplastiche e una grande quantità di rifiuti. Di preciso annualmente in Francia vengono buttate via 700 mila tonnellate di vestiti, di cui sono 1/3 viene riutilizzato.

     

A questo si aggiungono i problemi correlati al fast fashion, i quali incrementano e velocizzano i danni sopra elencati.  Secondo la Banca Mondiale, il totale di rifiuti a livello globale sarà di 3,4 miliardi tonnellate all’anno entro il 2050. Questa moda mette in pericolo l’intera industria tessile, danneggiando non solo l’ambiente ma anche e i piccoli artigiani.

    

Da qui la scelta del nuovo fondo.

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L’Europa approva la Nature Restoration Law: obiettivi, target e disaccordi.

By : Aldo |Luglio 14, 2023 |Arte sostenibile, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su L’Europa approva la Nature Restoration Law: obiettivi, target e disaccordi.

L’Unione Europea è una delle comunità più virtuose per quanto riguarda la sostenibilità e l’ambiente. A volte però in Parlamento, non sono tutti d’accordo e degli obiettivi importanti faticano ad essere raggiunti.

    

L’atteso “SI”

Finalmente dopo vari tentativi, è stata approvata la legge per il ripristino della natura (Nature Restoration Law). La norma è passata al voto più volte ma mercoledì 12 luglio il parlamento europeo l’ha approvata con ben 366 voti favorevoli.

Questa vittoria, raggiunta con fatica, determina un punto di svolta per la salvaguardia della natura, dei suoi habitat e non solo.

Già a maggio 2020 venne pubblicata la strategia europea per la biodiversità (per il 2030). Durante il 2021 ci sono stati vari incontri per definire i punti della nuova norma proposta poi a giugno 2022.

La legge è stata approvata con 366 voti favorevoli e 300 contrari. Purtoppo questo risultato dimostra come ancora molti governi non abbiano capito l’importanza della proposta, che porterebbe benefici sia al pianeta che all’uomo.

   

Cosa prevede la legge

Gli obiettivi della legge mirano al ripristino degli ecosistemi, degli habitat e delle specie delle terre e dei mari dell’unione europea.

Questo per consentire il recupero duraturo e sostenibile della biodiversità e della natura resiliente. In più è necessaria per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’UE in materia di mitigazione e clima adattamento al clima.

Un ulteriore motivo per il quale era opportuno approvare questa legge è quello di rispettare gli impegni internazionali. Questi obiettivi saranno supportati da svariati target che determinano la riuscita di tale “sfida” con il cambiamento climatico.

  

I target

Lo scopo generale è quello di proteggere almeno il 20% delle aree marine e terrestri dell’UE entro il 2030. Con esse tutti gli ecosistemi che hanno bisogno di un ripristino entro il 2050. Questo sarà possibile per mezzo di tante azioni specifiche sviluppate in ogni paese dell’Unione, descritte di seguito.

Un primo ambito è quello legato alla legislazione esistente, (per zone umide, foreste, praterie, fiumi e laghi, brughiera e macchia, habitat rocciosi e dune). Si intende migliorare e ripristinare gli habitat su larga scala e le popolazioni di specie migliorando e ampliando i loro habitat.

    

Nello specifico verranno sviluppati progetti di salvaguardia di habitat e specie, tra questi programmi per:

   

  • gli insetti impollinatori, fondamentali per l’agricoltura e quindi anche per l’uomo. Per questo, servirà un’inversione del declino delle loro popolazioni entro il 2030, anche grazie alla riduzione dei pesticidi chimici del 50% entro il 2030;
  • il settore agricolo, per il quale la legge la legge mira all’aumento delle farfalle dei pascoli e degli uccelli dei terreni agricoli. Si parla inoltre di un aumento dello stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati e di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche di elevata diversità. Infine, si punta alla riumidificazione delle torbiere prosciugate per un maggiore assorbimento di carbonio;
  • gli ecosistemi forestali, per i quali si ripristineranno la connettività forestale, l’abbondanza di uccelli forestali comuni e non solo. Saranno inclusi progetti per lo stock di carbonio organico e il ripristino di foreste irregolari e invecchiate.
  • gli ecosistemi urbani, che non dovranno subire alcun tipo di perdita netta di spazio urbano verde entro il 2030. In più si richiede un aumento (minimo del 10%) della superficie totale coperta da spazio urbano verde entro il 2040 e il 2050.

Passando invece all’ambito marino e acquatico, sono previsti altri piani (più o meno simili a quelli della terra ferma. Si parla quindi di:

   

  • ripristino di habitat marini. Tra questi fondali marini o fondali sedimentari che definiscono grandi benefici anche per mitigare il cambiamento climatico. Tuttavia, c’è una maggiore attenzione per le specie marine ioniche come delfini e focene, squali e uccelli marini.
  • connettività fluviale. In questo campo, si vuole identificare e rimuovere le barriere che impediscono la connettività delle acque di superficie. Questo serve affinché almeno 25 000 km di fiumi siano ripristinati in uno stato di flusso libero entro il 2030.

 

La legge fondamentale per il recupero di biodiversità, garantendo una maggiore sicurezza alimentare e che porterà benefici anche economici…. Non poteva non essere approvata. Si stima infatti che gli investimenti in tali progetti porteranno fra gli 8 e i 38 euro in benefici, per ogni euro speso.

     

È una vittoria che dimostra anche quanto si sia ampliata la consapevolezza delle persone. Infatti, oltre alle associazioni ambientaliste d’Europa, i giovani dei movimenti verdi si sono schierati 6000 scienziati europei. Oltre a loro numerosi accademici e oltre 1 milione di cittadini che hanno firmato un appello per il “sì”.

    

Gli investimenti dell’UE ammontano a 10 milioni di euro. A questi si aggiungeranno i cofinanziamenti di 16 Paesi europei, che metteranno a disposizione i propri mezzi per le attività di ricostruzione del capitale naturale.

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Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.

By : Aldo |Luglio 12, 2023 |Emissioni, Home, i nostri figli andranno ad energia solare, menomissioni, obiettivomeno emissioni |Commenti disabilitati su Bando “Parco Agrisolare”: 1 miliardo di euro per rendere rinnovabili le campagne.
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I centri urbani si stanno evolvendo per abbracciare la sostenibilità nel miglior ed efficiente modo possibile, determinando un trend che aumenta ogni giorno di più.

Ma questo avanzamento tecnologico si sta verificando anche nelle campagne, in modo da renderle ancora più “green” di quanto già lo siano.

     

Nuovo bando PNRR

Il nuovo bando “Parco Agrisolare” mette a disposizione ben un miliardo di euro del PNRR per efficientare il consumo di energia delle aziende agricole. Si tratta di un investimento per l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei fabbricati agricoli, per produrre e vendere energia.

Un bando del genere era già uscito ma non prevedeva tante delle nuove caratteristiche per migliorare le prestazioni nei terreni coltivati. Le principali novità vertono sul consumo e la produzione di energia, ma anche sull’incremento dei contributi a fondo perduto.

Ovviamente le imprese che avranno la possibilità di godere di questo bando sono quelle correlate al settore. Parliamo di imprese e cooperative agricole, agroindustriali, consorzi, associazioni temporanee e raggruppamenti temporanei di impresa e infine all’agriturismo.

    

Nuovi finanziamenti

La nuova pubblicazione prevede la divisione dei finanziamenti per molteplici attività legate ad imprese di produzione e trasformazione di prodotti agricoli.

Il primo cambiamento fondamentale è l’incremento del contributo a fondo perduto, che con l’ultimo aggiornamento coprirà l’80% della spesa. Successivamente si riscontra un raddoppio della spesa massima ammissibile per i sistemi di accumulo e ricarica.

  

Si tratta di un aumento delle spese, che ammonta a 100.000 euro (prima pari a 50.000 euro), eventualmente integrabile ad un’ulteriore quota. È prevista una spesa fino a 30.000 euro, se si installano dei dispositivi di ricarica elettrica per la mobilità e le macchine agricole. Ma non è tutto.

 

Nella stesura della gara è stato introdotto un nuovo concetto di autoconsumo condiviso. In pratica ci sarà la possibilità di installare impianti di autoconsumo condiviso, per aziende che svolgono lo stesso tipo di attività. Per l’installazione degli impianti sono stati stanziati 700 milioni di euro (per la produzione) e 150 milioni di euro per le aziende di trasformazione. Mentre una quota maggiore sarà destinata alle PMI, soprattutto se in aree svantaggiate.

 

Novità energetiche

Nel campo energetico invece, si riportano delle novità che possono cambiare a tutti gli effetti il settore agricolo (sia di produzione che di trasformazione).

Senza dubbio, un passo in avanti è stato definito dall’eliminazione (in alcuni casi) del vincolo di autoconsumo. Pertanto, sarà possibile per la prima volta, ricevere dei contributi designati per la vendita dell’energia prodotta. Mai prima d’ora i bandi si erano spinti così oltre ed oggi si promuove l’installazione di impianti per la vendita sul mercato di energia prodotta.

 

La novità sta nel fatto che non ci saranno limiti nell’autoconsumo, l’unico criterio imposto riguarda il posizionamento dei sistemi. Questi devono essere installati esclusivamente sulle coperture. I beneficiari sono ancora le imprese di produzione primaria e quelle di trasformazione, che potranno attingere ad un contributo di 75 milioni di euro.

 

Mentre se si parla di tecnicismi è importante ricordare i nuovi target per la potenza installabile. Infatti, i nuovi impianti ammessi, devono avere una potenza maggiore uguale a 6kWp ma non superiore a 1000 kWp. Si tratta di cifre raddoppiate rispetto all’ultima pubblicazione.

In aggiunta saranno possibili interventi per la sostituzione delle coperture di amianto dei fabbricati agricoli (totale o parziale) per mezzo dei nuovi impianti. Dunque, sono inclusi interventi mirati al loro efficientamento energetico.

    

Con bandi e iniziative simili, si potrà trasformare un settore primario fondamentale soprattutto per l’Italia, rendendolo più sostenibile.

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CDP: solo il 3% delle aziende è veramente impegnato nella lotta alla desertificazione.

By : Aldo |Luglio 11, 2023 |Emissioni, Home, menorifiuti |Commenti disabilitati su CDP: solo il 3% delle aziende è veramente impegnato nella lotta alla desertificazione.

Gli impegni a favore dell’ambiente sono tanti e vari e le aziende sono le prime a dover rispettarli a pieno.

Tuttavia, in alcuni settori si notano ancora troppi pochi sforzi e in alcuni casi poca trasparenza nelle azioni sviluppate.

    

Carbon Discolure Project

Carbon Discolure Project è un’organizzazione no-profit che amministra il sistema di divulgazione globale per specifici settori. In pratica investitori, aziende, città, stati e regioni vi si affidano per gestire i propri impatti ambientali.

L’organizzazione è leader mondiale (definito anche gold standard) del reporting ambientale, poichè possiede il data set più ricco e completo sull’azione aziendale e urbana.

     

L’obiettivo è quello di costruire un’economia sostenibile che funzioni a lungo termine, per mezzo di azioni concrete e trasparenti, per un successo collettivo.

Nello specifico, il CDP misura e gestisce rischi e opportunità sul cambiamento climatico, la sicurezza idrica e la deforestazione dei suoi membri.

Attualmente conta più di 5.800 aziende europee, 18.700 a livello globale; più di 150 governi locali europei e 1.100 in tutto il mondo. Inoltre, il ministero francese, tedesco ed italiano sono partner governativi di CDP Europe.

   

L’ultimo report CDP

Nell’ultimo report riguardo la deforestazione, il CDP riporta dati che sottolineano l’importanza di una modifica dell’approccio nei confronti della deforestazione.

Lo studio dichiara che solo il 3% delle aziende traccia il rischio di deforestazione lungo la filiera, ossia garantiscono la piena tracciabilità dei propri movimenti. Quindi tali realtà sono le uniche ad effettuare valutazioni di rischi delle foreste, includendo la mappatura e la segnalazione dell’ubicazione delle operazioni e dei fornitori.

 

Ancora, il 60% delle imprese campionate ha delle misure anti-disboscamento, tuttavia sono poche quelle veramente virtuose.  Concretamente significa che 6 imprese su 10 sono trasparenti sull’impatto delle loro attività nelle foreste del mondo. Mentre il 10% ha dei programmi saldi e validi per ridurre la deforestazione a zero nell’arco di 2 anni. Ed infine, esclusivamente l’1% oltre alla deforestazione zero, si impegna nella tutela sociale ed economica per i lavoratori.

     

Deforestazione nel 2023

Quello della deforestazione sfortunatamente resta uno dei principali argomenti trattati se si parla di cambiamento climatico. In genere si discute della situazione in cui versano le foreste amazzoniche che sono state distrutte come mai prima d’ora.

Attualmente i dati a riguardo sono controversi poiché, nei primi 6 mesi del 2023, il tasso di deforestazione è calato del 34% rispetto al 2022. Purtroppo, però, determinate attività sono continuate in tutta tranquillità e nello stesso periodo sono stati rasi al suolo 2650 km2 di foresta tropicale.

 

Anche per quanto registrato dal CDP si può osservare una grande ripresa o crescita, accompagnata da dati meno positivi. Per esempio, dal 2017 le aziende che comunicano alcuni dei rischi del proprio business, legate alla deforestazione, sono cresciute del 300%. Nonostante ciò, azioni e piani validi per la salvaguardia delle foreste risultano pochi e poco efficaci.

In breve, ci sono tante parole e pochi fatti.

     

Economia

Come detto nel paragrafo precedente, il CDP si occupa anche di economia dimostrando nei suoi report cifre legate ad attività nell’ambito del “polmone verde”.

Quello che si legge nell’ultima analisi, afferma che gli investimenti per mitigare i rischi della deforestazione convengono più della noncuranza di un’azienda.

Il totale delle perdite potenziali, ossia perdite legate alla compensazione de danni provocati è di 330 milioni di dollari per azienda. Quando per le misure di mitigazione servono appena 17 milioni di euro.

Anche in questo caso la prevenzione conviene sotto tutti i punti di vista.

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I contenziosi climatici possono effettivamente contrastare il cambiamento climatico?

By : Aldo |Luglio 06, 2023 |Acqua, Efficienza energetica, Emissioni, Home |Commenti disabilitati su I contenziosi climatici possono effettivamente contrastare il cambiamento climatico?
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Negli ultimi anni l’attenzione verso la questione climatica è cresciuta per via di una maggiore informazione, nuovi studi e corsi universitari.

Contemporaneamente si è ampliato il campo dell’attivismo che cerca quotidianamente di cambiare le cose… Ma gli attivisti riusciranno davvero a fare la differenza?

   

Gli esiti positivi

Secondo il monitoraggio annuale della London School of Economics, i casi positivi di processi per il clima contro governi e imprese sono in crescita.

L’analisi presenta cifre rilevanti di cui però si parla poco. Questi dati dovrebbero essere resi noti ad una maggior parte della popolazione, di modo che tutti capiscano quanto sia importante l’attivismo al giorno d’oggi.

Infatti, lo studio afferma che in tribunale gli esiti positivi sono più del 50% e di solito le aziende sono gli enti più accusati.

    

Nonostante ciò, a prescindere dall’esito del contenzioso, portare in tribunale un’impresa o un governo, ha sempre un grande impatto nel mondo.

L’analisi, infatti, riporta che le cause sul clima hanno comunque degli effetti indiretti significativi, anche per chi viene accusato. Questo perchè, un contenzioso, anche se climatico, può diventare un precedente per processi futuri. A quel punto l’accusato è obbligato a correggere il tiro delle sue azioni, per non incappare nuovamente in un caso simile, partendo però svantaggiato.

    

I numeri dell’attivismo

La crescita di tali pratiche ha registrato un picco di 2.341 casi totali nel 2021: di questi 1.557 (ossia i 2/3) risalgono a dopo il 2015.  

Nell’arco di un anno, tra maggio del 2022 e maggio del 2023 sono stati avviati altri 190 contenziosi, di cui 7 in paesi ancora “intonsi”.  Tra questi Bulgaria, Cina, Finlandia, Romania, Russia, Thailandia e Turchia.

Seppur le cause contro i governi sono diminuite dal 70% al 54%, le imprese continuano ad essere condannate maggiormente per quanto riguarda il climate washing.

   

Le aziende nel mirino

Le cifre parlano chiaro: negli ultimi 7 anni sono state intentate 81 cause di cui 27 nel 2021 e 26 nel 2022.

Solitamente le aziende vengono chiamate in giudizio proprio per le loro pubblicità ingannevoli (che si tratti di climate o green washing). Precisamente vengono contestati i contenuti, la comunicazione e la veridicità degli impegni climatici delle aziende, poiché spesso sono falsi o si basano su programmi inappropriati.

    

Un ulteriore dissenso riguarda l’enorme potere che tali realtà hanno, con il quale influenzano il mondo, ma in maniera negativa. Se invece tale potere venisse usato opportunamente, si potrebbe contrastare il cambiamento climatico più facilmente e rapidamente.

Ma la poca trasparenza e coerenza delle azioni delle imprese non consentono tale opposizione ed è per questo che le aziende vengono portate in tribunale.

Gli accusatori sono generalmente enti amministrativi o grandi associazioni di attivismo e non dei singoli. Così facendo si è più sicuri che la causa venga presa in considerazione vista l’importanza di chi si espone in primo luogo.

    

Dallo studio si percepisce quanto sia importante la collettività e la collaborazione tra enti, associazioni e cittadini per dare una svolta al futuro.

Nuovamente si ripresenta l’idea che il singolo ha un potere ben specifico che, se unito a quello di tanti altri individui, può effettivamente fare la differenza.

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