Le piante assorbono più nanoplastiche se le temperature aumentano.

By : Aldo |Febbraio 13, 2025 |Emissioni, Home |Commenti disabilitati su Le piante assorbono più nanoplastiche se le temperature aumentano.

Tutti sappiamo bene che ruolo hanno le piante nel nostro pianeta, tutte, dalla più semplice alla più complessa, da quella di ornamento fino agli ortaggi. La loro salute spesso e volentieri, determina anche la nostra e quella di tutti gli esseri viventi nel mondo.
Allo stesso modo, siamo tutti a conoscenza della pericolosità delle microparticelle di plastica, della loro veicolazione negli ecosistemi e come possono danneggiarli in modo pratico. Pertanto sono stati condotti degli studi, per capire la correlazione tra l’assorbimento delle nanoplastiche da parte delle piante e i cambiamenti climatici.

Jackie DiLorenzo - Unsplash

Le nanoplastiche

Le nanoplastiche, frammenti derivati dalla degradazione di microplastiche di origine antropica, rappresentano una preoccupante forma di inquinamento. A differenza dei nanomateriali, fabbricati intenzionalmente, le nanoplastiche si formano dalla scomposizione casuale di plastiche più grandi attraverso processi biologici, chimici, fisici e meccanici. Le fonti primarie di queste particelle includono la degradazione di macro e microplastiche derivanti da rifiuti urbani come pellicole agricole, sacchetti di plastica, bottiglie, attrezzi da pesca e pneumatici. E ancora dall’emissione di particelle da prodotti industriali come cosmetici, prodotti per la pulizia e materie prime per la fabbricazione di plastica, nonché dal lavaggio di fibre tessili.

Queste particelle sono diffuse in tutto il pianeta, dai poli artici alle profondità oceaniche, coesistendo con le microplastiche in mari, fiumi, acque superficiali e persino nella neve delle Alpi, indicando la loro capacità di essere trasportate dall’aria anche a grandi distanze. La loro presenza è stata rilevata anche in quantità modeste nelle acque potabili trattate e in alimenti come riso e verdure, nonché in diverse specie di pesci, molluschi e frutti di mare, entrando potenzialmente nella catena alimentare. Si stima che centinaia di migliaia di tonnellate di nanoplastiche galleggino negli ecosistemi marini, contribuendo all’inquinamento globale. Al momento, gli eventuali danni che potrebbero causare all’essere umano sono ancora oggetto di studio.

Lo studio di Pisa

Tra le varie tematiche affrontate e d’interesse in questo settore, è presente anche il processo di assorbimento delle nanoplastiche da parte delle piante. In particolare, un recente studio condotto dall’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista Plant Physiology and Biochemistry ha evidenziato come le alte temperature possano amplificare l’assorbimento delle particelle da parte delle piante. Questa ricerca rappresenta un passo significativo nello studio dell’interazione tra cambiamenti climatici e inquinamento ambientale, analizzando per la prima volta il ruolo del riscaldamento globale nell’accumulo di micro e nanoplastiche nei vegetali.

Il lavoro è stato realizzato dal gruppo di Botanica della professoressa Monica Ruffini Castiglione e da quello di Fisiologia Vegetale della dottoressa Carmelina Spanò, con la collaborazione delle ricercatrici Stefania Bottega e Debora Fontanini. La sperimentazione è stata condotta nei laboratori dell’Università di Pisa utilizzando come organismo modello Azolla filiculoides Lam, una piccola felce acquatica galleggiante. Questa pianta, grazie alle sue radici sottili e fluttuanti, assorbe facilmente le sostanze disciolte nell’acqua, rendendola ideale per studiare l’accumulo di inquinanti. Per l’esperimento sono state impiegate nanoplastiche di polistirene, una delle plastiche più diffuse nell’uso quotidiano. Tale materia è impiegata nella produzione di posate e piatti usa e getta, imballaggi, contenitori da asporto e seminiere per l’ortoflorovivaismo.

I risultati della ricerca

L’analisi dei dati ha rivelato che a 35°C la quantità di nanoplastiche assorbite dalla pianta aumenta significativamente rispetto alla temperatura ottimale di 25°C. Questo fenomeno ha determinato un deterioramento dei parametri fotosintetici, accompagnato da un incremento dello stress ossidativo e della tossicità nei tessuti vegetali. L’utilizzo di particelle fluorescenti ha inoltre permesso di monitorare con precisione il loro percorso all’interno della pianta, evidenziando la loro distribuzione nei diversi organi e tessuti.

Le ricercatrici coinvolte nello studio hanno sottolineato come l’aumento dell’assorbimento di nanoplastiche in condizioni di temperature elevate possa avere ripercussioni sulle colture agronomiche, con il rischio di facilitare l’ingresso di tali inquinanti nella catena alimentare. Hanno inoltre evidenziato che i cambiamenti climatici non solo intensificano gli effetti negativi dei rifiuti plastici, ma possono anche creare interazioni pericolose tra fattori ambientali e contaminanti, aggravando ulteriormente le problematiche ecologiche. Questo, a loro avviso, dovrebbe incentivare una maggiore consapevolezza e spingere verso comportamenti più sostenibili, come la riduzione dell’uso della plastica monouso.

In conclusione

Questa ricerca apre nuove prospettive sulla comprensione delle interazioni tra inquinamento e cambiamenti climatici, evidenziando la necessità di strategie per limitare la dispersione delle nanoplastiche nell’ambiente.

Le piante, essendo organismi altamente sensibili ma al tempo stesso resilienti agli stress ambientali, rappresentano modelli ideali per studiare l’impatto dei contaminanti sugli organismi viventi, specialmente nel contesto del riscaldamento globale. In questo ambito, le ricerche condotte dal gruppo, in collaborazione con l’Ibbaa Cnr e l’Università di Siena, sono state pionieristiche nello studio delle interazioni tra piante e nanomateriali, dimostrando per la prima volta, a livello ultrastrutturale, l’assorbimento e la traslocazione di nanomateriali plastici nelle cellule vegetali.

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