Spesso la natura che noi stessi dovremmo proteggere, ci regala delle soluzioni a problemi da noi creati.
Proprio per queste capacità sarebbe importante studiarla sempre meglio, usufruendone nel migliore dei modi possibili.
La scoperta della “natura”
È recente lo studio pubblicato nel Journal of Hazardous Materials che spiega come le cozze possono aiutarci nel ridurre le microplastiche in acqua.
L’analisi condotta dal Plymouth Marine Laboratory afferma che i filtratori, possano intrappolare le microplastiche, concentrandole nelle loro feci.
Nello specifico si tratta della cozza azzurra (Mytilus edulis), un mollusco filtrante e verace caratterizzato da un un guscio blu-nero.
In questo momento, la ricerca svolta ha dato ottimi risultati che tuttavia non sono la soluzione a questo grande problema, ma sicuramente un grande aiuto.
Gli step dell’analisi
I ricercatori hanno scelto queste cozze da un allevamento in Cornovaglia e le hanno sottoposte a vari test.
Nella prima prova i bivalvi vengono situati in un contenitore d’acciaio, nel quale viene pompata l’acqua carica di microplastiche.
Con questo primo test, gli studiosi hanno visto che i filtratori consumano circa due terzi delle microplastiche presenti nel serbatoio. Successivamente le secernono dal loro corpo attraverso le loro feci.
Dopo un primo successo, si è attuata una seconda prova in un porto locale, precisamente in un’insenatura soggetta ad inquinamento da imbarcazioni. Dunque, l’ambiente risulta altamente inquinato anche per le fuoriuscite di inquinanti o materiali legate a scarichi delle stesse imbarcazioni.
300 esemplari sono stati riposti in cestini disposti in vasche calate in acqua: ognuno di questi contenitori ha un setaccio per catturarne le feci. Intanto uno sbocco in un altro serbatorio permette all’acqua di ritornare nell’ambiente originale.
A quel punto, gli scienziati hanno confermato il fatto il che le feci con le microplastiche affondano rapidamente nel mare. Pertanto, risulta più facile raccoglierle, al contrario delle particelle sospese in acqua.
Le cifre della ricerca
È stato calcolato che 5 kg di cozze in un porto urbano possono raccogliere circa 240 (±145) microplastiche, ma è importante la loro localizzazione.
Perchè si, le cozze filtrano l’acqua dai contaminanti, ma allo stesso tempo le loro concentrazioni non possono eccedere nel piccol corpo dell’esemplare. Tale attenzione è fondamentale per non rovinare l’habitat e permettere una vita sana al bivalve.
In concreto con circa 3 miliardi di cozze, poste in prossimità di un estuario si potrebbe estrarre il 4% delle microplastiche che arrivano dai fiumi.
L’incertezza dello studio
I test hanno portato ad un risultato sorprendente: i bivalvi in esame sembrerebbero capaci di rimuovere circa un quarto di un milione di particelle all’ora.
Nonostante tale scoperta sia un passo in avanti, non risulta essere una soluzione definitiva, ma un processo da affiancare ad attività di maggiore impatto.
Questo perchè per fare la differenza serve una quantità immensa di individui in tante aree diverse. Si tratta più o meno di 2 milioni o più di cozze che filtrano 24 ore al giorno (costantemente) per trattare una baia del New Jersey.
Tale situazione è abbastanza irreale poiché le condizioni descritte non sono compatibili con la natura. D’altra parte, instaurando una grande quantità di bivalvi in una determinata area, si romperebbero gli equilibri dell’ecosistema scelto.
Le conclusioni
Questo studio dimostra come dei piccoli esseri, possano aiutarci nella lotta contro la plastica, dannosa per l’ambiente e per noi.
Sembra addirittura che da queste microplastiche si possa creare biofilm, così da rimuovere l’inquinante per trarne dei benefici, attuando anche in questo caso un’economia circolare.
Sicuramente serviranno ulteriori studi e test per poter dichiarare questa pratica come efficiente. Nell’attesa è importante ricordare che la prima azione di grande impatto resta sempre il cambio delle nostre abitudini nell’uso e consumo della plastica.