Dal 2018 esiste il World Clean Up Day che si svolge nel mese di settembre per ripulire la natura dai nostri rifiuti.
Ma qualcuno ha pensato bene di occuparsi anche dei rifiuti “invisibili” e di sensibilizzare il mondo intero.
L’evento
Il 18 Marzo si è svolto il Digital Clean up Day, ovvero una giornata rivolta alla sensibilizzazione per quanto riguarda i rifiuti digitali.
Questo evento è stato pensato a seguito di attenti studi correlati alla quantità di dati conservati nei server e l’inquinamento che ne deriva.
Un problema sottovalutato che è stato riportato a galla da World Clean up Day France che lanciò l’iniziativa nel 2020 come di Cyber World CleanUp Day.
Difatti l’invito avanzato è quello di dare una seconda vita ai dispositivi digitali, ripulire le loro memorie e di non inviare mail e messaggi superflui.
Tale iniziativa è stata condivisa (per ora) da 91 paesi in tutto il mondo.
Inquinamento digitale in cifre
I dati che girano nella rete sono infiniti, ma essendo numeri e codici chiusi in un mondo invisibile, non vengono presi in considerazione come rifiuti.
In realtà, messaggi, mail, video, foto e lo streaming hanno un costo molto elevato che solitamente viene ripagato a spese dell’ambiente.
In Italia l’evento è stato condiviso dal presidente della no-profit “Let’s do it Itay”, Vincenzo Capasso, che ha condiviso un elenco dettagliato di dati importanti.
Gli esempi riportati riguardano il mondo dello streaming, le e-mail e la messagistica e le emissioni di CO2 legate a tali attività.
Infatti, se 70 milioni di abbonati in streaming, riducessero la qualità dei video, si taglierebbero mensilmente 3,5 milioni di tonnellate di CO2 .
Tale cifra è pari al 6% del consumo mensile di carbone negli USA, si tratta quindi di un inquinamento abbastanza rilevante.
Ancora, le e-mail sono un altro fattore importante al centro di questa situazione.
Secondo le analisi il 60% delle e-mail non viene aperto, e di norma ne vengono inviate 62 trilioni in spam. Per questo si consiglia di disiscriversi dalle mailing list per evitare di creare nuovi dati superflui che verranno tenuti nel server per mesi.
Si citano anche le videochiamate: mezzo di comunicazione che favorisce gli incontri a distanza, sempre più in voga soprattutto dopo la pandemia.
È stato stimato che se un impiegato segue 15 ore di riunioni online, con la videocamera accesa, emette 9,4 kg di CO2 al mese. Mentre solo spegnendo la videocamera, si ridurrebbe la stessa quantità di emissioni create dalla carica notturna di un telefono per tre anni.
Anche i bitcoin hanno il loro ruolo, poiché il mining, richiede tanta energia quanta quella consumata in Nuova Zelanda in un anno.
Consumo energetico
Ovviamente non si parla solo di emissioni di gas serra ma anche del consumo di energia legato a questo settore.
Non a caso tutti questi “rifiuti digitali” si trovano nei backup dei server, che con i servizi di cloud usano costantemente energia elettrica.
Per esempio, Google, usa 15.616 MWh di energia al giorno, che sono più di quelli prodotti dalla diga di Hoover. In pratica Google potrebbe alimentare un paese di un milione di abitanti per un giorno.
Forse il problema più grande sta nel fatto che internet è alimentato principalmente da combustibili fossili. Quindi foto, video, click, email ecc superflui, oltre allo streaming passivo, determinano l’emissione di 870 milioni di tonnellate di CO2 .
In conclusione, il mondo del web è immenso e allo stesso tempo invisibile si nostri occhi, ma grazie a tali studi lo conosciamo in maniera più approfondita.
Sarebbe auspicabile quindi che ognuno cambi ulteriori abitudini ma ancor di più che si sensibilizzi il mondo intero su questo argomento così importante.