La COP29, svoltasi a Baku dall’11 al 27 novembre 2024, si è svolta in un contesto di tensioni geopolitiche. Tra resistenze dei Paesi ricchi a finanziare adeguatamente il Sud globale, la crescente sfiducia nel processo multilaterale e una presidenza controversa affidata a un petro-stato. Il focus esclusivo della conferenza è stato il New Collective Quantified Goal (NCQG), mirato a definire i flussi finanziari necessari per sostenere la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo.
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Risultati Principali
Per quanto riguarda la finanza climatica, il target è stato fissato a 300 miliardi di dollari annui a partire dal 2035, una cifra lontana dai 1.300 miliardi richiesti dal Sud globale. Di questi, solo i 300 miliardi sono vincolanti, mentre il resto rimane un’aspirazione, un invito senza obblighi concreti. Tuttavia mancano chiarezza e sicurezza sulle fonti finanziarie, che includono privati e bilaterale. È stato però confermato il principio di non indebitamento per i Paesi poveri e istituita una roadmap per raggiungere l’obiettivo più ambizioso, sebbene priva di dettagli concreti.
Il tema della parità di genere ha ricevuto scarsa attenzione. Non si è raggiunto un accordo sull’estensione del piano d’azione, e le richieste di finanziamenti dedicati sono state respinte dai Paesi ricchi. Divisioni linguistiche hanno portato alla rimozione di termini come “intersezionalità”, mantenendo solo riferimenti generici ai diritti umani.
Sebbene dopo nove anni di attese, sono state adottate delle regole per il mercato dei carbon credit attese, il sistema rimane incompleto e insufficiente. Sul fronte della mitigazione climatica, non si è raggiunto alcun accordo concreto sulla transizione dai combustibili fossili, con il tema rinviato alla COP30. Si è evitato però un riferimento ambiguo ai “combustibili di transizione” come il gas naturale.
Criticità e Insoddisfazioni
Il Sud globale ha espresso insoddisfazione per la scarsità dei fondi stanziati e per l’assenza di impegni concreti. Temi fondamentali come la mitigazione climatica e la parità di genere sono stati affrontati in modo marginale o rinviati, evidenziando il peso delle lobby fossili, che hanno ostacolato i progressi e aggravato le già delicate tensioni geopolitiche.
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Il target finanziario include una considerevole quota di prestiti, una scelta particolarmente contestata dai Paesi in via di sviluppo. Nonostante l’impegno a triplicare i finanziamenti ai fondi ONU entro il 2030 e a riesaminare il tema alla COP30, queste misure sono state giudicate insufficienti. L’India, in particolare, ha criticato il processo decisionale, denunciando l’approvazione del testo finale senza un consenso condiviso.
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Prospettive Future
La COP30, che si terrà in Brasile, rappresenterà un momento decisivo per affrontare temi rinviati come la mitigazione climatica. Attori centrali come l’Unione Europea, la Cina e il Brasile stesso, avranno un ruolo strategico a Belém 2025. Mentre l’UE intende garantire finanziamenti non legati a nuovo debito, la Cina prosegue con progetti bilaterali senza vincoli multilaterali, Brasile, in qualità di ospite, sarà il mediatore tra Nord e Sud globale.
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Un elemento chiave sarà il coinvolgimento del settore privato, incoraggiato a investire in progetti sostenibili e rispettosi delle comunità locali, senza generare nuovo debito. Sebbene l’accordo della COP29 sia stato considerato debole, come un bicchiere mezzo vuoto, non è stato totalmente vuoto. Infatti potrebbe costituire una base di partenza per il futuro, che tuttavia richiederà un rafforzamento della volontà politica e un maggiore impegno privato.
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Sembra assurdo affermarlo, ma sembra che ogni anno, più si ha la consapevolezza scientifica e pratica dei cambiamenti e più ogni anno cresce l’indifferenza di certe popolazioni. Non a caso, certi processi sono resi più complicati dalla possibile nuova uscita degli USA dall’Accordo di Parigi e dal negazionismo di vari capi di stato.
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Senz’altro è fondamentale che si cambi rotta anche per quanto riguarda gli host. Non è più accettable che i petro-stati possano ospitare dei summit globali di questo genere, in quando hanno un’influenza rilevante che da 3 anni si impone sugli accordi, con velate intimidazioni e degli obiettivi insufficienti o poco concreti.
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Già lo scorso anno, Al Gore aveva criticato aspramente gli Emirati Arabi Uniti per aver nominato Sultan al-Jaber, CEO di ADNOC, presidente della Conferenza. Definì tale atto, come un abuso della fiducia pubblica accusando la leadership della conferenza di non essere imparziale. Inoltre, evindenziò l’aumento delle emissioni di gas serra degli Emirati nel 2022, sottolineando il conflitto d’interessi nella gestione delle negoziazioni sul clima. Gore criticò inoltre la presenza delle compagnie petrolifere e la promozione di tecnologie come la cattura del carbonio, accusando queste aziende di proteggere i loro profitti a scapito della salute del pianeta.
Nonostante i limiti, la COP29 ha evitato un fallimento totale e ha posto le basi per il futuro, ma la strada verso una vera transizione ecologica rimane difficile, richiedendo determinazione, rigore scientifico e capacità di adattamento.