Come ogni anno, si sta avvicinando il periodo di un grande incontro globale, che pone nuovi target, obiettivi e cerca di risolvere delle importanti questioni internazionali riguardanti la sostenibilità, quindi l’ambiente, la società e l’economia. Quest’anno la COP si svolgerà a Baku in Azerbaigian, location che già lo scorso anno ha fatto discutere molti per via di politiche, diritti e processi poco chiari rispetto l’ambiente. Ovviamente a tale evento partecipano centinaia di paesi e l’Europa si presenta con delle idee e richieste ben chiare.
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La COP
La COP (Conference of Parties) è un incontro annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Nasce nel 1992 per affrontare il cambiamento climatico come organo decisionale supremo della convenzione e riunisce 198 Paesi per negoziare azioni concrete contro il riscaldamento globale. Il suo obiettivo è quello di promuovere la cooperazione internazionale sul clima definendo politiche globali per migliorare la sostenibilità del mondo.
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Nel corso degli anni ce ne sono state varie di grande rilevanza, sia per gli accordi sottoscritti o i nuovi obiettivi fissati come la COP 21, grazie alla quale nascono l’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi. In altri casi, gli incontri sono stati quasi fallimentari o controversi a seconda del Paese che ospitava l’incontro o a causa della poca efficienza dell’evento.
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Tra un mese si svolgerò la 29 esima edizione della COP nella capitale dell’Afganistan, Baku. Non sno mancate ovviamente le critiche per la scelta dello stato, vista la situazione dei diritti umani e del contesto politico del paese. In particolare, le autorità azere sono accusate di repressione politica, con arresti di attivisti e giornalisti, e censura delle voci critiche. Tale situaizone preoccupa tutti poiché la chiusura dei media e la limitazione della libertà di espressione potrebbero controllare in modo improprio l’evento. Inoltre, c’è preoccupazione che la conferenza diventi un’operazione di greenwashing per migliorare l’immagine del governo, compromettendo la credibilità della COP e le sue finalità climatiche.
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L’ideale europeo
L’Unione Europea ha definito la sua strategia per la COP29, che si terrà a Baku, Azerbaijan, a novembre 2024. Sebbene non vi siano novità rilevanti, l’UE conferma il proprio impegno a rispettare l’Accordo di Parigi, mantenendo il riscaldamento globale entro 1,5-2°C rispetto ai livelli preindustriali. L’Unione ribadisce l’obiettivo di eliminare gradualmente i combustibili fossili entro il 2050, con l’obbligo di presentare entro il 2025 nuovi impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDC). Tuttavia, alcuni attivisti ritengono che l’Europa dovrebbe accelerare l’uscita dal carbone entro il 2030, dal gas entro il 2035 e dal petrolio entro il 2040.
La finanza climatica sarà al centro dei negoziati. I Paesi ricchi, compresa l’UE, hanno faticato a rispettare l’impegno di versare 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo nella transizione climatica. Nonostante le pressioni per aumentare i contributi, l’UE non ha previsto fondi aggiuntivi. Un altro punto di discussione sarà il ruolo della Cina, che non contribuisce ancora, essendo classificata formalmente come “Paese in via di sviluppo”. Tuttavia, data la sua attuale potenza economica, Europa e Stati Uniti spingono per un suo maggiore coinvolgimento, anche se la Cina ribatte che le responsabilità storiche del cambiamento climatico ricadono principalmente sull’Occidente.
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Le grandi questioni
In vista della COP29, c’è attesa per eventuali nuovi impegni climatici da parte dei governi europei. Nonostante ciò, alcuni attivisti, come Climate Action Network Europe, sostengono che l’UE debba accelerare il suo piano per raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Così facendo, eliminerebbe il carbone entro il 2030, il gas entro il 2035 e il petrolio entro il 2040. Tuttavia, molti Paesi, come l’Italia, continuano a investire in infrastrutture per i combustibili fossili, sollevando dubbi sulla possibilità di abbandonarle a breve termine.
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Il tema centrale della COP29 sarà la finanza climatica. I Paesi ricchi, pur con difficoltà, stanno cercando di rispettare l’impegno di destinare 100 miliardi di dollari l’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ad ogni modo, non sono previsti contributi aggiuntivi, nonostante le richieste dei Paesi più vulnerabili. Un altro grande obiettivo è quello coinvolgere la Cina. Poiché tale nazione ancora non contribuisce ancora in quanto classificata come “Paese in via di sviluppo” nonostante sia oggi una forza economica molto diversa rispetto al 1992. Pechino, però, sottolinea che la responsabilità storica del cambiamento climatico ricade principalmente sull’Occidente, a causa della Rivoluzione industriale.
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Quindi l’Europa si presenterà a Baku, con la speranza che la Cina cambi le sue prospettive riguardo lo sforzo finanziario necessario per aiutare i Paesi a rischio. Inoltre, L’Unione è in attesa anche delle elezioni statunitensi del 5 novembre, che con una eventuale vittoria di Donald Trump cambierebbero completamente lo scenario delle politiche climatiche.
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La posizione italiana
In tutto ciò, la premier italiana Giorgia Meloni ha espresso in Parlamento la sua posizione riguardo alla decarbonizzazione, affermando che perseguire questo obiettivo a discapito dell’industria sarebbe un errore fatale. Questa idea rafforza il pensiero della parte più conservatrice del settore imprenditoriale italiano. Così facendo però si trascurano, i grandi risultati derivati dagli investimenti in tecnologie verdi rappresentano una fonte di crescita economica e creazione di posti di lavoro. Soprattutto in Europa, Stati Uniti e Cina.
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Tuttavia, la politica italiana sembra operare su due fronti: da un lato, fa dichiarazioni interne rivolte all’elettorato, e dall’altro sottoscrive accordi internazionali che spesso vanno in direzione opposta. Un esempio di questa contraddizione è il contrasto tra le parole di Giorgia Meloni e il documento approvato dal Consiglio dell’UE, che sottolinea i benefici di un’azione climatica ambiziosa per migliorare la vita, l’economia e la sostenibilità. Infatti, nel testo, si afferma che investire in una transizione verde, attraverso istruzione e innovazione, è essenziale e meno costoso rispetto all’inazione.