Sport e ambiente sono due categorie che ultimamente vengono affiancate con una maggiore frequenza. In particolare, sono sempre più numerose le iniziative in cui gli sportivi svolgono attività di sensibilizzazione sul tema ambientale e della sostenibilità. Tuttavia, in un caso recente, questi due ambiti sono stati temi di discussione e proteste da parte di un’intera popolazione.
Teahupo’o
Teahupo’o è un villaggio che si trova nella costa sud-occidentale di Tahiti (Polinesia francese). È un noto paradiso che si divide tra terra e mare, nonostante, quest’ultimo sia artefice delle onde più pericolose al mondo. Non si tratta di onde alte (la più grande misura “solo” 3 metri) ma di tubi veloci e molto potenti, che attirano surfisti da tutto il mondo.
È superfluo dire che il turismo di questo posto è molto legato al surf. Le sue acque vennero scoperte nel 1986 e da lì in poco tempo divennero famose e uniche al mondo per la loro caratteristica. Si iniziò a diffondere il messaggio ed oggi ospita l’annuale Billabong Surf Pro Tahiti, tappa del Campionato Mondiale (WCT) della Association of Surfing Professionals. Il livello è talmente alto che durante questi campionati, la Marina francese proibisce a tutti di entrare in acqua, pena l’arresto.
L’arrivo delle Olimpiadi
Il surf è stato inserito il surf nel programma olimpico, solamente nella XXXII Olimpiade, quella di Tokyo 2020 (svoltasi nel 2021 causa COVID). Pertanto, nel 2024 rivedremo i surfisti di tutto il mondo competere in territorio francese molto lontano da Parigi. Proprio Teahupo’o è stata scelta come meta per lo svolgimento gli eventi del surf di Parigi 2024. La Francia non poteva scegliere luogo migliore di questo, peccato però, che la preparazione delle strutture olimpiche abbia già sollevato varie proteste.
Sicuramente, portare un evento così peculiare come le Olimpiadi, in un posto tanto distaccato dal resto del mondo non è facile. Ma ora è ancora più difficile proseguire con i lavori poiché la popolazione di Teahupo’o sta manifestando contro la realizzazione di una grande torre d’acciaio. Di cosa si tratta?
Nelle gare di surf svolte a Tahiti, i giudici sono sempre stati collocati in una piattaforma rialzata di legno in mezzo al mare. Questa posizione serve per poter osservare e giudicare adeguatamente le prestazioni degli sportivi in acqua. Ma la scelta della struttura (la sua composizione, altezza, grandezza) non è casuale ed è il motivo per il quale surfisti e cittadini di Teahupo’o hanno iniziato a protestare.
No alla torre di acciaio
La commissione olimpica e gli organizzatori delle Olimpiadi vogliono costruire una torre di 14 metri di acciaio per valutare da vicino le gare. Si tratta di una struttura necessaria come spiegato prima, che prevede una serie di standard da rispettare, per una migliore permanenza dei giudici. Nella torre ci saranno aria condizionata, internet ad alta velocità, toilette e servizi per garantire un minimo di comfort e sicurezza a giudici ed operatori. La richiesta di tali prestazioni richiede una struttura di un certo tipo, lavori di grande rilevanza e quindi un impatto maggiore sull’ambiente. Questa è la ragione alla base di proteste e manifestazioni da parte dei cittadini di Teahupo’o e dei surfisti di tutto il mondo.
Non sfidate Teahupo’o e la sua onda leggendaria. Il messaggio è chiaro ed è ovvio che non si riferisca solamente alle onde marine, ma anche ai movimenti coesi dell’intero popolo. Effettivamente la costruzione servirebbe per soli 3 giorni di competizione, ma i suoi impatti saranno molto più duraturi nel tempo. Al contrario della torre in legno usata in tutte le precedenti gare, a Teahupo’o che, veniva montata e poi successivamente smontata.
La struttura ideata dalla commissione olimpica ha bisogno di basi più solide e lavori che, impatteranno pesantemente sul reef e la barriera corallina dell’area. Potrebbe influenzare in modo particolare anche il delicato equilibrio di faglie, correnti e conformazioni sottomarine e quindi la formazione delle onde stesse. O almeno questo è quello che pensano i surfisti, le comunità di Tahiti e tutti coloro che si battono per lo stesso scopo. Una costruzione simile potrebbe modificare negativamente gli equilibri biologici di quel paradiso e disturbare sistemi ecologici rari e preziosi. La critica è rivolta anche verso le misure spropositate della nuova struttura, rispetto alla sua funzione.
Vivendo di surf (per turismo e abitudini), la comunità è conscia del fatto che una torre per i giudici servirà ma avanza una proposta. Anziché pensare a una nuova torre (di € 4 milioni) basterà utilizzare quella in legno ed eco-progettata vent’anni fa, che ha sempre funzionato. E soprattutto non arreca danni alla natura.
La controparte
Nonostante ciò, gli organizzatori spingono per la realizzazione dell’opera negando i rischi indicati finora da surfisti e dalle associazioni. Spiegano infatti che la nuova torre, la quale ospiterà giudici, medici e produzioni televisive, sarà pensata per avere un “basso” impatto sugli ecosistemi. In più, affermano che risulterà un valore aggiunto anche per le competizioni future e che possa avere altre funzioni nei prossimi anni. L’esempio usato è quello di alcune piattaforme offshore, le cui basi, nel tempo, sono diventate casa per coralli ed ecosistemi.
Purtoppo le 400 persone mobilitate non tranquillizzano i polinesiani sul futuro del loro immenso tesoro e la loro preoccupazione resta altissima. Anche se fosse a “basso impatto” come promette la commissione olimpica, il reef subirà un’influenza maggiore rispetto all’erezione della struttura in legno. È anche vero, che la torre in acciaio, comprende una serie di criteri e standard in ambito di sicurezza e salubrità dettate da un regolamento interno.
Nei prossimi mesi, vedremo se questa opposizione (pacifica) riesca a portare ad una soluzione concreta e opportuna per entrambe le parti. In ogni caso, si spera sempre che decisioni di questo tipo prendano sempre più in considerazione un punto così importante come la salvaguardia dell’ambiente.