L’atteso rapporto IPCC è arrivato ed ha colpito il mondo intero. Sicuramente i dati non sono positivi, ma la fiducia è riposta nell’uomo e nelle sue soluzioni.
Report
Il nuovo rapporto sul riscaldamento globale era atteso da ormai nove anni ed è finalmente arrivato come un pugno nello stomaco.
Il report firmato da migliaia di scienziati è definito come la nuova ed ultima guida (per i governi) per cambiare rotta.
Conclude il Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) unito al rapporto di Sintesi (Syntesis Report – SYR), che includono risultati di altri lavori. Tra questi, “Le basi fisico-scientifiche” (2021), “Impatti, adattamento e vulnerabilità” (2022), “Mitigazione dei cambiamenti climatici” (2022).
E di tre rapporti speciali “Riscaldamento Globale di 1.5”, (2018), “Climate Change and Land” (2019), “Oceano e Criosfera in un clima che cambia” (2019).
Questo ciclo di studi si è protratto per otto anni, terminando proprio domenica 19 marzo in Svizzera con l’approvazione del Rapporto di Sintesi.
Previsioni
Il report si indentifica come una guida per i governi dei 195 Paesi membri delle Nazioni Unite e manda un chiaro segnale al mondo.
Infatti, conferma che le emissioni di gas serra (originate dalle attività umane) siano le responsabili della crisi climatica che stiamo vivendo. Ma allo stesso tempo dichiara la possibilità di invertire la rotta, per poter mitigare il drastico cambiamento in corso.
Se non si cambia direzione le previsioni sono negative per l’intero pianeta. Ma sono chiari da tempo i possibili effetti del cambiamento climatico e quali siano le condizioni di base per poterli innescare.
Misure
Il documento quindi riporta le misure chiave per poter invertire la rotta e limitare i danni di tale fenomeno.
Difatti è affermato con sicurezza che esistono opzioni “multiple, fattibili ed efficaci” disponibili ora, quindi nessuno può tirarsi indietro.
Si tratta di un un’ampia varietà di soluzioni anche a livello intersettoriale: la prima in assoluto riguarda il taglio delle emissioni di CO2. Tra le varie transizioni serve principalmente quella energetica, dal fossile alle rinnovabili, seguita da altri accorgimenti.
La gestione sostenibile (e protezione) delle foreste e dell’agricoltura, per assorbire CO2 e migliorare i servizi ecosistemici quindi le condizioni di vita di molte popolazioni.
Fondamentale anche lo sviluppo resiliente al clima, poiché le strade sostenibili possono effettivamente garantirci un futuro migliore.
Le tecnologie pulite legate all’energia, minori emissioni di carbonio e quindi un efficientamento dei più importanti servizi ai cittadini, migliorerebbero la vita di tutti. Dunque si punta ad un benessere complessivo, quindi ambientale e sanitario.
Insomma, bisogna considerare tutte le strade possibili, al massimo delle loro capacità, per frenare questo grande problema.
Politica
Il lavoro dell’IPCC non è solo un documento scientifico, ma ha infatti ha anche un contenuto politico perché è stato revisionato ed approvato dai delegati di tutti i 195 Stati membri.
É certo che il cambiamento di ognuno di noi possa fare la differenza, ma non c’è dubbio che il grande lavoro debba essere svolto dalla politica.
Non a caso un grande conflitto che non permette una progressione positiva, è proprio quello tra i paesi più ricchi e quelli in via di sviluppo.
I primi, hanno letteralmente scaturito la crisi climatica, mentre i secondi che hanno bisogno di uno sviluppo industriale ne stanno pagando le conseguenze.
Inoltre, è fondamentale la questione degli investimenti portati avanti dai governi rispetto a tali transizioni. Purtoppo ancora non raggiungono i livelli adeguati a trasformare le politiche ambientali, quindi rimane un’altra questione aperta, da risolvere velocemente.
Agire ora
Per tale motivo, il report ribadisce l’importanza di “agire ora”. Non si può aspettare un minuto, visto che questo sembra essere il decennio definitivo, dopo il quale sarà sempre più difficile cambiare rotta.
Quindi è d’obbligo lo stop immediato ai combustibili fossili e il via a dei finanziamenti per le aree più vulnerabili. Se non altro serve dimezzare le emissioni nell’arco dei prossimi 7 anni, per mantenere il target di Parigi di +1,5 gradi.
Proprio Guterres avanza:
“Chiedo agli amministratori delegati di tutte le compagnie petrolifere e del gas di essere parte della soluzione, presentando piani di transizione credibili, completi e dettagliati in linea con le raccomandazioni del nostro gruppo di esperti ad alto livello sugli impegni net zero”.
Dunque, anche se la realtà è abbastanza minacciosa, nessuno ha parlato di una vera e propria fine, anzi.
C’è speranza nella collaborazione internazionale, soprattutto nelle soluzioni già presenti per lo sviluppo resiliente, e socialmente accettabili. Serve un vero e proprio salto di qualità nell’azione per il clima, facendo particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili.